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Autore: The Stranger On The Moon    03/09/2014    1 recensioni
La Bella e la Bestia, il Gigante e la Bambina, la Spada e la Rosa, così li chiamavano.
Poi la Bella ha domato la Bestia, la Bambina ha piegato il Gigante e la Rosa ha spezzato la Spada.
Come, chiedete?
Lui un tempo l'ha chiamato Peccato,
Lei un tempo l'ha chiamato Amore.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexander Andersen, Enrico Maxwell, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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12. Wicked Game

 

Si alzò a sedere di punto in bianco.

Si guardò intorno: penombra, come al solito.

Portò una mano alla bocca per coprire uno sbadiglio, poi si fregò un occhio. Controllò l'ora: le sette della mattina. Il suo orologio biologico era preciso come un prete rompicoglioni.

L'unico problema era che quel prete non stava facendo il solito fracasso della malora. Anzi, quel prete non c'era proprio.

Si strinse nelle spalle. Forse aveva pensato di lasciarla dormire un po' di più, però lei non aveva più sonno.

Chissà perchè, chissà.

Brontolando lanciò le gambe giù dal letto e andò ad alzare le tapparelle.

Guardò fuori: era una bella giornata di fine Maggio. Visto che non aveva allenamento sarebbe stato piacevole passare qualche ora all'aperto. Poteva portarsi dietro qualche libro... Oppure poteva fare un salto all'orfanotrofio: era un po' che non andava a trovare i bambini, e Yumiko l'avrebbe certamente accompagnata.

Fece per stiracchiarsi, ma le spalle le esplosero in un dolore lancinante che la costrinse a piegarsi in due, portandosi le mani alle ferite.

Già.

Non era nulla di grave - aveva avuto una fortuna sfacciata - però faceva un male cane se non stava attenta ai movimenti bruschi.

Sospirò. Niente allenamento per due o tre giorni. Minimo.

Lanciò un'occhiata alla sé stessa nello specchio: aveva i capelli sciolti e nessuna voglia di rifarsi la sua treccia chilometrica. Decise di lasciarli così com'erano.

Agguantò un cambio pulito dall'armadio, una camicia bianca e un paio di jeans chiari, e si cambiò velocemente.

Uscì dalla stanza e scese per le scale a passo allegro.

 

-Suor Elisa, suora Grazia, buongiorno!Come andiamo stamani?

Le due novizie - l'una di tre anni più grande di lei, l'altra di un anno più piccola - la salutarono con un sorriso luminoso, facendole posto al loro tavolo. Si sedette reggendo un bicchiere di latte e tre biscotti, poi si guardò intorno.

Rivolse un sorriso cordiale a padre Rossi e al cardinal Giannini, uno più largo al brizzolato fra' Francesco e rispose con un sorrisone a quello di Heinkel, due tavoli più in là. Incrociò anche gli occhi viola di Maxwell e chinò rispettosamente la testa, ricavandone un sorriso compiaciuto: sempre così, quello.

Ma di Andersen nessuna traccia.

-Yumiko?- Chiese a suor Elisa, addentando un biscotto. Era solita sedersi con loro, ma quella mattina non la vedeva in giro.

-Oh, una missione- Rispose l'altra -Tornerà nel pomeriggio.-

-Perfetto- Sorrise, prendendo un sorso di latte -Se non è troppo stanca le chiederò di accompagnarmi all'orfanotrofio...È tanto che non vedo i bambini.-

-Uh, come no.

-Huh?

Le due suore la fissarono con un sorriso furbetto.

-Vai per i bambini, eh?

-S-sì-Rispose confusa.

-Non è che ne cerchi uno in particolare...- Alluse suora Grazia.

-Alto, magari...- Continuò suor Elisa.

-Robusto...

-Biondo...

-Con gli occhi verdi...

-Gli occhiali...

-E una cicatrice...

-...Esattamente come lo cercavi cinque minuti fa?

-Oh, andiamo ragazze- Bofonchiò, coprendosi la bocca con un tovagliolo -Mi stavo solo chiedendo dove si fosse cacciato.-

-Certo, certo...Intanto sei tutta rossa- Insinuò la più giovane, ridacchiando.

-Non è vero!Io...

-Ah, via Miryam. Sei giovane, non hai preso l'abito...Non te ne faremo certo una colpa: a noi puoi dirlo.

-Ma vi pare!Non potrei mai!- Protestò, imbarazzata.

Poi vide gli sguardi indagatori delle suore e capì che non la bevevano affatto.

-D'accordo, forse...Un pochino potrei- Borbottò, fissando un biscotto con aria truce -Ma proprio un poc...-

-Quantifica.

Guarda 'ste due che si fanno Beautiful sui cazzi miei pensò sospirando.

-Beh...Gli voglio bene. Un sacco di bene. Un sacco un sacco un sacco di bene. Però...

-Però lui è un prete- Completò suor Elisa a bassa voce.

-Ed è un po' troppo vecchio per me. Insomma, ha quarant'anni da quanto?Vent'anni?Dai.

-Peeerò?

-Però cosa?Ve l'ho detto!

-Miryam...

La ragazza sbuffò, alzando le mani.

-D'accordo, d'accordo!Mi piace come persona, ha un bel carattere!Fine delle trasmissioni!

-E?

-Ragazze!- Nascose il volto negli avambracci poggiati sul tavolo -Cosa mi fate dire?-

-La verità. Sputa il rospo.

L'interrogata emise un suono disarticolato e poi ammise:

-D'accordo, non è nemmeno brutto.

-Ecco qua- Commentò soddisfatta suora Grazia.

-Anche se de gustibus non disputandum est- Aggiunse suor Elisa, arricciando il naso.

-Su, Miryam, non è la fine del mondo- La incoraggiò la più grande, battendole una mano sulla spalla -Una bella confessione e passa tutto.

-Occhio però al confessore!- Esclamò l'altra ridacchiando e trascinando nell'ilarità anche le altre due.

 

Stava passeggiando sotto i portici del Vaticano, immersa nella lettura di un libro, quando qualcuno le posò una mano sulla spalla.

-Buongiorno.

Chiuse il libro di scatto e si voltò: Maxwell la stava guardando da sotto le lenti degli occhiali.

-Non intendevo spaventarla...Miryam.

'Sta confidenza la dai a tua sorella, pensò, ma chinò la testa e rispose:

-Oh, no, Sua Eccellenza, ero solo assorta.

-Ah, capisco. Leggeva?

-Sì, Eccellenza, stavo studiando. Dal momento che non posso allenarmi...

Sperò di scrollarselo di dosso con quella risposta, ma lui iniziò a passeggiarle affianco.

-E cosa stava studiando, di preciso?

-Filosofia- Rispose, asciutta.

-Interessante- Commentò, con l'aria di sapere tutto sull'argomento. Che non li conosceva abbastanza gli uomini per sapere che cercava solo un pretesto per fare il figo.

-Platone?Aristotele?Socrate?Antistene?- Snocciolò infatti, ostentando sicurezza.

-Zenone di Cizio- Lo interruppe, prendendolo in contropiede. Vide il suo sguardo vacillare per un attimo, confuso.

Hah!Nel culo, saccentone.

-Lo stoicismo, Eccellenza- Spiegò cortesemente.

-Ah!Ma certo,- Si riscosse, salvandosi in corner -Marco Aurelio. Me n'ero quasi dimenticato.-

-La trovo una disciplina affascinante, la filosofia- Commentò, rigirandosi il libro fra le mani -Non trova anche lei, Sua Eccellenza?

-Sa che le dico, Miryam?Ce ne sono abbastanza a chiamarmi “Eccellenza”. Mi chiami solo...Enrico.

-D'accordo, Enrico- Rispose, suo malgrado. Vide che la guardava, in attesa, e si odiò per quello che doveva dire.

-Può darmi del tu, se vuole.

-Altrettanto.

Eccolo là. Adesso si credeva chissà quanto soddisfatto perchè le toccava chiamarlo per nome e dargli del tu. Che bastardo arrogante.

Vabè, forse lui poteva aiutarla.

-Enrico...

-Sì?-Rispose subito lui, alzando la testa.

-Hai visto padre Andersen?

-Ah. Andersen. No.- Disse secco, e poi serrò le labbra in una linea sottile.

-Perchè ti interessa?

-Nulla. È solo che non l'ho visto a colazione-Spiegò.

Maxwell alzò le spalle, infastidito-A volte capita. È lunatico.-

Poi la investì con una profonda occhiata indagatrice.

-Come ti trovi con lui?

-Beh, bene-Rimase leggermente stupita da quella reazione-Voglio dire, è un ottimo maestro.-

-Tutto qua?

-Che altro?

-Mi è stato riferito- Cominciò, congiungendo le punte delle dita -Che passate la maggior parte del tempo insieme, al di fuori degli allenamenti.

-Oh, sì.-Sorrise gentilmente, inclinando la testa di lato.

-In fondo ha provato a salvarmi dalla strada. Gli voglio bene come ad un padre. E poi è una bella persona.

A quelle parole il vescovo si rilassò visibilmente.

-Ah, come ad un padre...Capisco. Be', sì. Suppongo sia così anche per me.

Proprio. Figurati se lo sputtano con uno come te.

Improvvisamente lui si fermò e si voltò completamente verso di lei, che a sua volta smise di camminare.

-Miryam-Disse in tono solenne, portandosi la mano destra al petto e la sinistra dietro la schiena, in un inchino-Mi faresti l'onore di cenare con me, questa sera?

Checkmate.

Ma era normale che tutti quegli ecclesiastici la invitassero a cena?Mah.

Rifiutare non poteva: era pur sempre il suo capo.

-Con piacere-Rispose quindi, fingendo un bel sorriso.

Lo guardò esibirsi in un impeccabile baciamano e sopportò l'ennesimo sorrisetto compiaciuto col quale l'uomo si congedò, reprimendo un brivido di disgusto.

Quello là era viscido come un serpente e leccato come un vitello.

Pessima combinazione.

 

Lesse ancora un po', a spizzichi e bocconi, ma Maxwell le aveva messo un fastidio tremendo addosso, come un irritante prurito sottopelle.

Decise quindi di muoversi e andarsene a cercare Andersen, se non altro per stare con qualcuno che non fosse tutto cerimonie e salamelecchi.

Chiese di lui ad una suora e poi ad un frate che stavano nell'atrio, ma non l'avevano visto scendere.

Andò a chiedere a padre Rossi, che si occupava della biblioteca, ma nulla. Domandò a quelli dell'armeria: zero assoluto. Nemmeno Heinkel sapeva dirle qualcosa.

Concluse perciò che doveva essere rimasto in camera.

Di solito lei non era affatto una persona invadente, anzi: odiava che le toccassero i propri spazi e per questo non sconfinava in quelli altrui.

Ma se padre Andersen rimaneva in camera sua fino alle dieci e mezza allora doveva proprio essersi sentito male.

Bussò alla sua porta, preoccupata. Caprone com'era poteva starsene là dentro tutta la giornata senza dir niente a nessuno.

-Avanti- Le rispose lui, la voce attutita.

Entrando notò che le tapparelle erano ancora abbassate: la stanza era immersa nella penombra, e la mole dell'uomo si profilava sotto le coperte.

-Padre?- Mormorò, fermandosi accanto al letto e chinandosi appena su di lui.

Il prete sporse la testa e la guardò con un'espressione annebbiata: aveva gli occhi lucidi, era rosso in viso e non sembrava affatto in salute.

-C...Christiane?- Balbettò, confuso.

-Miryam, padre.

-Ah, Miryam...- Si alzò la coperta fino al naso.

Lei gli posò una mano sulla fronte, preoccupata.

-Ah, sei fresca...- Sospirò socchiudendo gli occhi.

-Lei invece scotta come un tacchino bollito, secondo me ha l'influenza. S'è misurato la febbre?

Andersen scosse la testa e lei sospirò, raddrizzandosi.

-Un momento solo...

Uscì, per poi ricomparire con un termometro che gli sistemò sotto braccio. Attese qualche minuto e poi lo recuperò.

-Quaranta di febbre!-Esclamò, leggendo-E ci credo che non mi riconosceva!

Il prete sospirò, fissando il soffitto.

-Padre! A fine Maggio!

-Dopodomani sarò in piedi-Assicurò debolmente lui-Sono pur sempre un Rigeneratore.

-Sarà-Commentò l'altra, stendendogli sopra una coperta-Ma io resto qua con lei. Si faccia un pisolino: qualsiasi cosa le serva non ha che da dirmelo.

Prese una sedia e s'accomodò di fianco al letto. Quando alzò gli occhi su di lui dormiva come un sasso.

 

Si assopì anche lei, alla fine, ma non per molto.

Ad un tratto, nel suo riposo, percepì un'anomalia: qualcuno le stava toccando i capelli senza il suo permesso.

Sospirò brevemente. Non c'era da chiedersi chi potesse essere.

Ed infatti eccolo lì, seduto con la schiena appoggiata alla testiera, intento ad esaminare una ciocca dei suoi capelli come se fossero una bestia rara.

Si schiarì la voce e lui alzò lo sguardo, sorridendo.

-Hai i capelli sciolti, oggi.

-Però padre, che intuito-Sorrise lei di rimando, senza cattiveria.

-Non li tieni mai sciolti...

-Anche questo è vero.

-Vorrei che li lasciassi così più spesso-Concluse, arrotolandosi la ciocca intorno all'indice-Stai meglio.

-Lo farò.

Il prete sorrise di nuovo, lievemente malinconico.

-Mi ricordi tanto tua madre...

Pensò che forse era il momento giusto per farsi raccontare qualcosa.

-Può parlarmi un po' di lei, padre?Io la ricordo tanto poco...

-Hm, beh...Da dove cominciare? Le piaceva la musica, come a te, però lei preferiva suonare l'organo. Passava la maggior parte del suo tempo libero ad esercitarsi, perchè era una persona molto precisa: sempre troppo severa con sé stessa e troppo indulgente con gli altri. Aveva la rara dote di farsi amare da chiunque le stesse intorno, probabilmente perchè aveva sempre una parola buona ed un pensiero gentile per tutti. Adorava prendersi cura delle reclute perchè, diceva, tutti quei ragazzi le sembravano “pulcini bagnati”. Spesso e volentieri mi aiutava con l'orfanotrofio: metà delle camere le ha riempite lei coi suoi trovatelli. Era una donna molto dolce e portata alla carità.

-Era brillante, amava la cultura e le arti: disegnava parecchio bene, che io mi ricordi, ma ovviamente si perfezionava di continuo. Siete molto simili, ma la differenza sostanziale fra voi due è, credo, che lei era molto più aperta di te. Faceva amicizia e si fidava degli altri molto facilmente...Troppo, forse. Ma aveva un carattere molto forte, poteva sopportare che le si voltassero le spalle. Perdonava difficilmente, ma se lo faceva si poteva star sicuri che per lei la questione era morta e sepolta: non ci sarebbe più tornata sopra. Avete assolutamente in comune due cose, tu e lei: la risata e quel vizio di mordicchiarvi le labbra quando siete concentrate.

Miryam - che sino a quel momento aveva ascoltato mordicchiandosi, appunto, il labbro - si riscosse e sorrise.

-E quando combatteva?

-Ah, siete identiche. Alle volte mi pare di avere ancora lei, affianco...- Disse il prete, assorto.

-Aveva dei soprannomi?

-Oh, sì, parecchi. I suoi preferiti erano Arcangelo, Braccio della Morte e Maschera. Portava infatti questa maschera d'avorio che si toglieva solo nel momento in cui uccideva qualcuno. Si diceva che fosse così bella che valeva la pena di morire in battaglia per vedere il suo viso come ultima immagine.

-Questo però è lusinghiero- Ridacchiò la ragazza.

-Ah, presto o tardi lo diranno anche di te. Non ci sono molte donne nell'Iscariota, e così belle poi...

-La pianti- Rise lei, lanciandogli un cuscino che lui prese al volo. Poi controllò l'orologio e constatò che era ora di pranzo.

-Vado a prendere qualcosa da mangiare. Si misuri la febbre, intanto.

-Comunque ero sincero- Mormorò al vuoto quando fu uscita dalla stanza.

  
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