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Autore: Fanny    16/01/2005    7 recensioni
E' la mia prima one-shot. Sono delle riflessioni di una donna che ripensa alla sua vita. Mi raccomando, recensite!
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE STREETS OF MY LIFE

THE STREETS OF MY LIFE

di Fanny

La strada. Di città o campagna, non importa! Ogni strada significa qualcosa per qualcuno o è importante per qualcosa che vi è accaduto.

Ognuno di noi ha delle strade e dei luoghi che gli suscitano dei ricordi al solo camminarvici.

Questo è quello che è successo a Sara.

Correre, essere soli con l’unico rumore prodotto dalle scarpe da ginnastica che urtano l’asfalto; sentirsi liberi, perché nessuno ti giudica, ti condanna o ti umilia per chi sei o cosa hai fatto. Lasciare che il vento porti via le tue preoccupazioni, che i pensieri fluiscano liberi nella tua mente.

Corro in un pomeriggio d’estate, quando il sole fa capolino dalle nubi e asciuga le pozzanghere causate da un temporale estivo durato nemmeno mezz’ora; mezz’ora che basta a rinfrescare l’aria e l’animo di molta gente, accaldata o no. Corro e mi ritrovo a passare dalla mia vecchia scuola elementare, quella in cui ho passato cinque anni della mia infanzia, imparando a scrivere e a leggere, gli anni in cui ero ancora convinta dell’esistenza di Babbo Natale e della Befana e passavo il tempo libero giocando con le Barbie e guardando i cartoni animati, intelligenti o spazzatura che fossero. Non vedevo l’ora di crescere, allora! Immaginavo il mio futuro come cantante, nonostante sia stonata peggio di una campana, come dottoressa o parrucchiera, attrice o infermiera. Ed ora rimpiango quei bei tempi andati, la spensieratezza che mi accompagnava in ogni piccolo gesto che facevo, le giornate in cui la mia unica preoccupazione, oltre a quei pochi compiti che avevo, era di trovare le figurine che mi mancavano per completare l’album, e me ne andavo con il mio bel pacchetto di doppioni in giro cercando di far scambio.

Corro, corro e mi ritrovo al fast-food che frequentavo con gli amici la sera, durante le medie. Tutto è rimasto come allora, la tv che trasmette solo i videoclip dei cantanti più alla moda, i sedili circolari rialzati accanto ai tavoli, quattro tavoli singoli che erano soggetto di litigate per chi doveva occuparlo perché assicurava al gruppo di restare unito, poster dei cantanti in voga. Solo quelli sono cambiati! Al posto di Renato Zero e Celentano ci sono i poster dei Blue e di Tiziano Ferro, di 50Cent e Beyonce. L’aria è la stessa di sempre: un odore di patatine fritte si confonde con quello dei panzerotti e delle pizze appena sfornate, anche se è ancora presto prima che il locale si riempia completamente di ragazzi. Anche se un rottame oramai, è ancora parcheggiata la solita moto, fuori dal locale, sulla quale ogni sera un gruppo consistente di ragazzi alle prese con i problemi d’amore e dell’adolescenza restano lì per un bel po’, prima che scatti il coprifuoco e tutti tornino a casa.

L’adolescenza, l’età in cui si hanno cambiamenti nel proprio fisico e nel carattere, vedi i ragazzi sotto una luce diversa, sei spesso nervosa ed insofferente verso gli altri e sfoghi l’ansia che hai dentro di te, provocata da tutti questi cambiamenti, prendendotela con tutti. E’ questo il periodo che ricordo di più. Non con rimpianto, perché ricordo bene il senso di ineguatezza che albergava nell’animo di tutti, eravamo troppo piccoli per fare alcune cose e ci sentivamo troppo grandi per farne altre, ma con nostalgia perché è l’età dei primi amori, del primo tanto desiderato bacio, dato al ragazzo più grande che spiavo di nascosto all’uscita da scuola. Quel ragazzo che poi mi ha spezzato il cuore mettendosi con una ragazza più grande, una con la quinta di reggiseno e niente cervello, che al mio confronto, a detta di altri, ma in cuor mio la pensavo allo stesso modo, vale meno di zero.

Continuo a correre e mi ritrovo davanti al liceo che ho frequentato per cinque anni, i più belli, quelli che ricordo con più rimpianto. In quegli anni ero nel fiore della giovinezza. Ero alta e magra, con lucenti capelli rossi invidiati da tutti. Quelli stessi capelli che oggi sono marroni, con qualche ciuffo bianco che mi ricorda bene il tempo passato via troppo in fretta.

Mi ricordo ancora l’ansia che provavo il primo giorno in cui sono entrata in quella scuola: non conoscevo nessuno e mi sono seduta al primo banco libero che ho trovato. Poco prima dell’inizio delle lezioni è entrata lei, Melissa, che si è seduta accanto a me: è stato l’inizio della più bella amicizia della mia vita, l’unica vera che ho mai avuto e che non si è mai affievolita nel tempo. Siamo molto amiche ancora adesso che i discorsi sulla bellezza di cantanti e attori sono stati sostituiti dai guai che combinano i nostri figli, che le serate passate insieme a ripassare per un compito in classe sono state rimpiazzate in scorrazzate per prendere sempre loro, i nostri bambini che guarda caso hanno la stessa età, dalle varie feste alle quali sono invitati e ai rientri pomeridiani a scuola.

Corro lasciandomi dietro questi pensieri felici, ma allo stesso tempo tristi perché so che non rivivrò mai più quei tempi spensierati.

Corro e senza volerlo arrivo alla spiaggia. La spiaggia, luogo magico di sera se illuminato da un falò, sede di numerose feste con gli amici, belli o brutti che siano. Mi fermo. Ricordo ancora quella notte magica della festa di fine anno. Le cantate attorno al focolare, lo scrosciare lento del mare, la nuotata di mezzanotte con addosso solo la biancheria e la radio che emanava musica rock, succeduta da lenti. Proprio durante uno di questi lenti, dopo la mezzanotte, lui mi prese per mano e mi portò via dalla calca. Io, sorpresa, lo segui fino ad un angolo lontano da tutti. Rammento ancora cosa successe con lui: aveva preparato tutto, una coperta distesa sulla sabbia, una bottiglia di spumante e due bicchieri, la gioia provata nel momento in cui smettevo di essere una bambina per diventare una donna.

Corro perché a quei ricordi belli se ne succedono di brutti: un mese dopo lo beccai con un altra ragazza, in quella stessa spiaggia, sulla stessa coperta, al tramontare del sole. Lo lasciai su due piedi, consapevole del male che mi aveva fatto e che mi stavo facendo.

Torno a casa. Lui è lì, mi aspetta. Lo conobbi all’università, seguivamo la stessa facoltà. Con i suoi capelli neri, gli occhi azzurri che gli conferivano uno sguardo magnetico e le labbra piene, era il più ammirato. Lui scelse me. Sì, me: la ragazza alta, con capelli rossi, occhi scuri e i tratti del viso molto delineati, che era graziosa e non di più, che non poteva minimamente competere con le altre che gli correvano dietro.

Quella stessa ragazzina che ora non c’è più, sostituita da una donna matura con quarant’anni sulle spalle, madre di due figli.

E’ guardando loro che ricordo la mia giovinezza, perché se per me il futuro è già stabilito e cerco di non pensarci, ma di vivere la vita così come mi viene, per loro il futuro è un libro aperto e sono loro che continueranno a scriverlo, anche quando non ci sarò più.

Perché la vita continua nonostante le avversità che lei stessa ci propone!

* * *

Ciao a tutti, questa è la mia prima one-shot. L’idea mi è venuta in mente in una giornata di Giugno e ci sono voluti sette mesi prima che io mi decidessi a sedermi per scriverla. E’ venuta su da sola ed ora vorrei sapere cosa ne pensate. Chi vuole, può recensire (ne sarei grata!), non la concludo in modo che fra un mese rispondo alle recensioni (sperando che ce ne siano!!!). Mi raccomando, anche se fa schifo, ditemelo senza pietà!

La storia è completamente inventata e non c’è nessun riferimento a esperienze personali (anche perché sono più piccola della protagonista!).

Personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice. Ogni somiglianza con persone esistenti ed esistite e fatti è puramente casuale.

Vi ricordo di lasciare una recensione a chi legge. Ringrazio tutti, chi legge, chi recensisce, chi apprezza e chi no.

Ciao,

Fanny.

  
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