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Autore: _Teartheheart    04/09/2014    1 recensioni
Due epoche differenti, 2014 - 2114.
Due ragazzi che sono divisi da uno spazio temporale, due ragazzi che possono parlarsi ma non possono toccarsi, due ragazzi che si ameranno, due ragazzi che non potranno mai realmente incontrarsi.
Un amore, una guerra, due vite, il tormento.
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Queste gioie violente hanno fini violente. 
Muoiono nel loro trionfo, come la polvere da sparo e il fuoco, che si consumano al primo bacio. 
Romeo e Giulietta, atto II. 


I Capitolo. 
L'impossibile. 

 
Non era mai uscita per andare nel bosco a quell'ora, preferiva andarci di primo mattino, prima di andare a scuola, quando ancora il sole era alto,  le piaceva l'aria fresca che sfiorava le sue guance rosee, e il sole che faceva brillare l'azzurro dei suoi occhi. 
Eppure quel pomeriggio di fine estate, Clarke ,  decise di andare nel bosco, era sola a casa, i genitori negli ultimi tempi lavoravano sempre e lei era sempre costretta a stare da sola a casa, visto che non le era possibile uscire spesso con gli amici. 
Qualche volta però riusciva a svignarsela, proprio come quel pomeriggio, sarebbe tornata in tempo prima che i suoi genitori tornassero dal lavoro. 
Con lo zainetto verde oliva e i capelli biondi sciolti sulle spalle, Clarke inizia a camminare nel bosco. C'era quiete quel pomeriggio, gli uccellini volevano da albero ad albero, canticchiando, l'aria sfiorava le guance di Clarke, proprio come piaceva a lei, in modo delicato, rinfrescando quel suo viso bagnato dal sudore di fine estate. 
Stava camminando e ad un certo punto si ritrovò qualcosa di insolito, si ritrovò davanti qualcuno. La quiete che poco fa aleggiava intorno a lei era sparita, adesso quel qualcuno che le era di fronte aveva scatenato il rumore che adesso fischiava nelle sue orecchie, vide un ragazzo di schiena, era solo,  eppure sentiva chiasso come se ci fosse qualcun'altro insieme a lui. 
Era una cosa così strana, era come se stesse li da tanto tempo , ma Clarke non ricorda di averlo mai visto, passava sempre da quel sentiero e mai aveva visto qualcuno aggirarsi li tanto meno aveva mai visto quel recinto che adesso era visibile ai suoi occhi, per dir la verità aveva anche paura.  
Il ragazzo era alto, i suoi capelli erano scuri, vestiva con un giubbotto grigio e dei pantaloni larghi dello stesso colore. 
Rimase ferma a fissarlo, non sapeva se parlare o semplicemente scappare, decise di balbettare qualcosa, in modo che il ragazzo la potesse sentire, era troppo curiosa per svignarsela, ma il ragazzo non si voltò continuò a sistemare dei legni vicino al recinto, un lungo recinto che nascondeva qualcosa. 
La curiosità la stava assalendo, così decise di parlare non poteva restarsene li, senza dire niente, doveva sapere, doveva scoprire, e doveva vedere il viso di quel ragazzo «Scusami?» chiese lei con un filo di voce. 
Il ragazzo si voltò impaurito, avendo tra le mani  un fucile, Clarke indietreggiò all'istante ancora più impaurita «Chi sei?» chiese il ragazzo, Clarke alzò le mani sentendo le gambe tremare, impaurita deglutì iniziando a balbettare « ... Chi sei tu? Lo sai che portare armi qui è vietato?» chiese lei a raffica, il ragazzo la guardò ridendo «Ti faccio ridere?» chiese ancora lei, il ragazzo la guardò ancora e ancora, voleva capire chi fosse, perché era li ma anche Clarke voleva capirlo, e più lei faceva domande, più lui non rispondeva a nessuna di esse. 
«Sei una di loro? Sei una terrestre?» chiese il ragazzo, Clarke abbassò le mani, quasi infastidita dimenticandosi che il ragazzo avanti a se, impugnava un fucile che la puntava minacciosamente «Tu credi che risponderò alle tue domande? Quando tu, non hai risposta nemmeno ad una delle mie?» 
Aggrottando la fronte il ragazzo la guardò «Il mio nome è Bellamy, se non avessi delle armi io e il resto dei ragazzi che vivono qui saremmo morti al primo attacco, e si ... mi fai ridere ... adesso dimmi chi sei tu» rispose lui, Clarke lo guardò «Sono una terrestre, come lo sei tu, non vorrei dirtelo sai, ma tutti gli abitanti della terra si chiamano 'TERRESTRI' perché appunto ci vivono, genio ... Ah ed il mio nome è Clarke» rispose, facendo ironia. Continuava a fissare però quell'arma, vederla ancora li puntata sul suo corpo la faceva rabbrividire. 
Il ragazzo spalancò gli occhi, fece per sparare, Clarke urlò ma il ragazzo non sparò sul suo corpo, bensì in aria, per spaventarla e ci riuscì. 
Ansimando Clarke lo guardò «Sei matto? La polizia arriverà a breve, te l'ho detto non è permesso portare armi qui» disse lei con la voce ancora tremante. 
«Polizia, permessi ... di che diamine stai parlando? Ti guardi intorno? Siamo nel bel mezzo del nulla, i terrestri ci stanno studiando, vogliono ucciderci, siamo stati mandati qui dall'Arca, sulla terra a morire, e tu mi parli della polizia? Da dove sei uscita?» diceva il ragazzo con tono furioso.
Clarke lo guardò perplessa, rise del discorso che il ragazzo aveva appena fatto, non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito, rideva a crepapelle come se quello che il ragazzo dai capelli scuri aveva appena detto era una storia comica «Si certo, è chi guida quest'Arca? Noè? Tu sei da manicomio» 
Bellamy la guardò, aggrottando la fronte «Da dove arrivi tu?» domandò lui, Clarke lo guardò continuando a sorridere «Da casa mia, proprio da lì, la strada per arrivare in città» disse lei indicando un punto lontano tra gli alberi, Bellamy guardò quel punto come per cercare qualcosa, nel frattempo a Clarke squillò il cellulare, sfilandolo dalla tasca guardò il display, era Charlie il suo migliore amico, Clarke prima di risponde guardò Bellamy «Aspetta, rispondo al telefono e poi continuiamo quest'imbarazzante conversazione ...  Ah e per favore abbassa quell'arma» 
Si spostò un attimo accettando la chiamata «Pronto? Clarke? Ma dove sei, sono venuto a casa tua e non c'è nessuno» 
«Charlie, oddio scusami me ne ero proprio dimenticata, senti ti chiami appena arrivo  a casa, adesso sto facendo qualcosa di importante, scusami»
«Aspetta Clarke» la conversazione s'interruppe, non aveva detto niente di quello che stava accadendo, eppure un ragazzo sconosciuto che sembrava avere problemi psichiatrici le stava puntando un arma addosso, ma chissà perché lei decise di non dire nulla. 
Bellamy la guardò camminando avanti e indietro «Cos'è? Insomma un telefono? Non esistono più, tu come lo hai avuto? C'è qualcun'altro che ... dio mio ... » 
Clarke lo guardò «Tesoro, siamo nel 2014, tutti hanno un telefono non mi sembra chissà quale scoperta non credi?» 
«Come scusa? Cosa hai detto?» chiese allarmato il ragazzo «Che tutti hanno un telefono?» disse Clarke guardandosi intorno «Prima» continuò lui gesticolando con le mani nervosamente
«Che siamo nel 2014» 
«Quindi non ti eri sbagliata, hai proprio detto 2014 ... non può essere» 
«Tu stai male» disse Clarke facendo un passo indietro come per andarsene ma Bellamy la fermò «Aspetta, non può essere ... perché qui è il 2114, che mese è da te?» 
'Da te?' perché stava dicendo quelle cose, come se fossero in mondi diversi, più passava il tempo e  più per Clarke quella conversazione diventava ridicola. «Siamo Agosto, 17 Agosto 2014» Rispose ugualmente, anche se tutto quello era assurdo, voleva sentire quello che quel pazzo avesse ancora da dire, quali cose avesse ancora da inventare. 
«Tre mesi prima del disastro» sussurrò lui «Cosa?» domandò Clarke, Bellamy la guardò poi mettendo l'arma dietro la schiena disse: «So che impossibile da credere, non so se crederci nemmeno io, ma ... qui dove sono io è il 2114, siamo 100 ragazzi mandati sulla terra dopo 100 anni che nessuno - o almeno così pensavamo -  ci metteva piede, dopo la bomba nucleare che il governo aveva fatto esplodere, il mondo era andato distrutto, l'atmosfera era stata cambiata non permettendo così alla gente di viverci. Insomma siamo in due epoche diverse, ma siamo qui l'uno davanti all'altro ... è impossibile» 
Clarke adesso si rese conto che era l'ora di andare, non poteva rimanere li a sentire altre assurdità, non poteva sentire un pazzo che credeva che il mondo stesse per finire, e che lui vivesse in un altra epoca, cento anni dopo, non poteva. 
«Senti forse è meglio che chiami qualcuno, tu no stai davvero bene» Non scherzava più, si era fatta seria, e si era pentita di non aver detto nulla a Charlie «Senti, Clarke nemmeno io ci sto capendo nulla, nemmeno io posso crederci, ti sembra che sia facile credere quello che sto dicendo? Ma come mi spieghi tutto ciò? Tu casa tua, il tuo modo strano di parlare, il telefono che hai in mano ... come puoi spiegarmi questo?» 
«Non lo so, forse tu hai avuto un trauma da bambino e ti sei ritrovato a  vivere in un bosco, non lo so, ma non posso spiegarmi tutto ciò pensando che parli con qualcuno che vive cento  anni dopo sulla terra, e che tra tre mesi la terra verrà spazzata via da una bomba, lanciata dal governo» 
«E le altre persone che vivono oltre quel recinto? Siamo tutti pazzi?» 
Clarke guardò Bellamy che puntava oltre il recinto, dove prima Clarke sentì il brusio «Bene, mettiamo il caso che la tua assurda storia sia vera, io non potrei passare da te giusto? Sennò mi ritroverei cento anni dopo, in un epoca che non è mia, sarei morta, giusto?» chiese lei, dicendo cose altrettanto assurde, Bellamy ascoltò le sue parole guardandosi intorno «Guarda» disse indicando i due alberi che paralleli a loro erano esattamente uguali, il loro tronco era grosso, ricoperto di crepe, i rami erano arricciati verso l'alto e le loro foglie erano di un verde-giallo. 
«Questi due alberi, potrebbero rappresentare la linea  temporale che ci divide, uno di noi può provare a passare ...» propose lui,  Clarke incrociò le braccia al petto «Questa storia è assurda» sospirò, alzando le mani in segno di resa bofonchiò  «Okay, passerò io ... così ti farò capire che tutto questo non è reale, che non esiste che è assurdo, e che forse sei scappato da una clinica e che tu non ricordi niente» disse lei, facendo scappare un sorriso dalle labbra del ragazzo, divertito da quello che Clarke aveva appena detto. 
Clarke avanzò verso la linea che avrebbe dovuto dividere le due 'epoche' così camminò lentamente,  respirando a fondo,  si fermò prima di riprendere fiato e fare un passo verso di lui, in quell'istante si sentì travolta da qualcosa, il suo corpo fu sbilanciato indietro con ferocia, un urlo partì dalle sue labbra, Bellamy fece un passo indietro guardando la scena impaurito e incredulo, Clarke finì contro un mucchio di foglie che erano rimaste li dallo scorso autunno, indolenzita cercò di alzarsi ancora incredula, non poteva credere a quello che era appena successo, non poteva credere che quello che aveva detto lo 'svitato' davanti a se, fosse vero.
Come poteva credere a tutto quello? Chi poteva crederci? 
«Clarke, stai bene?» chiese lui.  Con fatica si alzò zoppicando, deglutendo si avvicinò ma non troppo vicino alla linea temporale, guardando Bellamy negli occhi, occhi marroni, occhi che fino ad un momento prima non si era soffermata fissare, occhi che adesso non sembravano così pazzi «Non posso credere a tutto ciò» riuscì a dire lei gemendo dai dolori che il suo corpo ancora indolenzito le mandava «Nemmeno io, credimi» 
«Adesso ti credo ...» 


 
____________________________
Tadà, prime impressioni?
Dopo mesi, ho finalmente postato il primo capitolo. 
Ne è vals ala pena aspettare? Questo lo lascio decidere a voi. 
Alla prossima. 
=D 
   
 
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