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Autore: habanerossosangue    04/09/2014    3 recensioni
Aeroporto di Tokyo
Ore 17.48
Camminava avanti e indietro da più di mezz’ora davanti alle porte d’uscita degli imbarchi. Avvolse numerose volte le ciocche di capelli rosso fuoco intorno al dito, torturandosi le labbra. Guardò nuovamente l’orario nel pannello alla sua sinistra trattenendo il fiato.
Ore 17.49
Sbuffò rumorosamente per poi appoggiarsi ad uno dei pilastri. Il volo ha avuto un ritardo. L’ansia e la preoccupazione si fecero largo nel suo petto.
No.
Non poteva essere.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jiraya, Kushina Uzumaki, Minato Namikaze, Naruto Uzumaki | Coppie: Minato/Kushina
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Aeroporto di Tokyo
Ore 17.48
Camminava avanti e indietro da più di mezz’ora davanti alle porte d’uscita degli imbarchi. Avvolse numerose volte le ciocche di capelli rosso fuoco intorno al dito, torturandosi le labbra. Guardò nuovamente l’orario nel pannello alla sua sinistra trattenendo il fiato.
Ore 17.49
Sbuffò rumorosamente per poi appoggiarsi ad uno dei pilastri. Il volo ha avuto un ritardo.  L’ansia e la preoccupazione si fecero largo nel suo petto.
No.
Non poteva essere.
Sentì comunicare dall’altoparlante che l’aereo che stava aspettando era appena atterrato. Ricominciò a camminare freneticamente davanti a quella maledettissima porta, incurante degli sguardi infastiditi dei presenti.
Qualche minuto dopo un grosso numero di soldati in divisa militare trapelarono dall’uscita con in mano dei borsoni per il cambio. Kushina notò che ognuno di loro era segnato da ferite sia gravi che superficiali, che era segnato psicologicamente da quella guerra durata troppo a lungo persino per loro che avevano anni e anni di carriera dietro le spalle. Ma questo comportava essere nell’esercito: essere spediti negli stati in guerra, stare lontano da casa per settimane, mesi o persino anni e vivere all’interno di una battaglia apparentemente senza fine, senza riuscire ad avere un attimo di tregua. Riuscivano a comunicare con i propri cari grazie alle lettere che arrivavano, però, dopo settimane dalla loro spedizione. Era l’unica cosa che dava loro speranza.
Li osservò uno ad uno con il fiato sospeso e con il cuore in gola, sperando di incontrare il suo volto. Di nuovo la paura la sovrastò.
No.
Lui era vivo.
Doveva esserlo.
Ma la massa di uomini in uniforme era terminata.
Voltò le spalle a quella porta, serrando gli occhi per trattenere le lacrime e stringendo i pugni. Un singhiozzò uscì dalla sue labbra già rosse per il pianto.
«Kushina...»
Era flebile, doloroso, quel richiamo, quasi detto con forza, ma era tranquillo, felice, appagato. Si voltò di scatto facendo ondeggiare i lunghi capelli che anni fa l’avevano fatta innamorare di Minato Namikaze.
«Stavo dimenticando il cappello!»
Con una sonora risata gli corse incontro con le braccia spalancate. Gli saltò addosso avvinghiando le gambe intorno alla sua vita, ignorando le ferite che poteva avere nel corpo, mentre il marito, dopo aver gettato a terra il borsone, l’abbracciò di riflesso inebriandosi di quel profumo che da sei mesi non assaporava. Si baciarono con tutta la foga che possedevano, tra una risata e l’altra, con le lacrime di lei che ancora le rigavano il volto. Si accarezzarono, si toccarono, si abbracciarono per poi ribaciarsi nuovamente, pervasi entrambi dalla gioia di ricontrarsi, di essere di nuovo insieme, mentre il piccolo pubblico dell’aeroporto applaudiva e sorrideva insieme a loro per quella attesa riunione. Minato di malavoglia si staccò da lei con le lacrime agli occhi, per squadrarla velocemente da capo a piedi. A malapena sfiorò la pancia non più completamente piatta. Poi la guardò dritto negli occhi, con sguardo sorpreso, sconvolto, ma consapevole mentre Kushina rispondeva con un grande sorriso, mostrandogli tutta la sua perfetta dentatura. Gli prese il borsone per poi stringergli la mano.
«Non svenire!» gli disse solamente trascinandolo verso l’uscita.
E Minato con gli occhi sgranati e la bocca spalancata, per la prima volta vide suo figlio, il suo bambino, nato da qualche mese, tra le braccia di Jiraya – un suo vecchio maestro che si era presa cura di lui fin da ragazzo -. Si avvicinò cauto all’uomo con le mani tremanti, si sporse maggiormente per vedere tra le coperte del fagottino per poi incontrare un viso tondo, degli occhi azzurri e capelli biondi uguali ai suoi. Rise, mentre Jiraya glielo metteva tra le braccia. Osservò nuovamente suo figlio – perché si, quella piccola creatura  che lo guardavano con un sorriso divertito, era proprio suo figlio Naruto  - scoppiando in un pianto di gioia, stringendolo al petto maggiormente per fargli sentire i battiti accelerati del suo cuore, per fargli comprende – si, far comprendere al suo bellissimo bambino - la gioia di averlo avuto. Si accasciò sulle ginocchia per la pesantezza di tutte quelle emozioni e continuò a piangere, scoppiando certe volte in una fragorosa risata, avvolto dalle braccia della moglie che si era precipitata in quell’abbraccio paterno, rendendosi conto, solo in quell’istante, che era finalmente tornato a casa, dalla sua famiglia, dalla ragione della sua esistenza: Kushina e Naruto. 
  
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