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Autore: Dragon_Flame    05/09/2014    1 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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14.



 

Lidia non ebbe l'occasione di chiarire le sue intenzioni con l'appiccicoso Gianluca, perché questo se ne era andato intorno all'una e mezza dal locale, adducendo come scusa il fatto che la mattina dopo doveva presentarsi presto a casa dei genitori per il pranzo domenicale.

Intorno alle due anche lei era già a casa, pronta a infilarsi subito sotto le coperte del letto. Si era fatto più freddo nelle ultime notti. L'aria di metà agosto cominciava a rinfrescarsi durante la sera e Lidia aveva deciso di aggiungere un plaid leggero alle lenzuola di cotone del proprio letto, dato che lei il freddo non riusciva proprio a sopportarlo.

Rintanata sotto le coperte, la giovane stava navigando in Internet col proprio Samsung, cercando su Facebook un possibile profilo di Ivan. Non gli aveva chiesto se era iscritto a qualche social network, ma pareva di no, a giudicare dall'assenza di un profilo del sito ricollegabile a lui.

Il pensiero dell'uomo la fece intristire. Era da giorni che non lo sentiva più. Chissà come stava. Chissà come stava Emma, intrappolata nell'occhio del ciclone da sola, senza nessuno che la potesse confortare. L'impellente e urgente bisogno di sentire la voce dell'infermiere, di farsi dire una qualsiasi frase da lui cominciò di nuovo a tentare fortemente la ragazza.

In fondo, sono le due di mattina. Se tiene il cellulare accanto a sé mentre dorme o fa un turno di notte, magari mi risponderà, considerò tra sé, dicendosi poi che tentar non nuoceva e che avrebbe rischiato di meno chiamandolo a quell'ora tarda. In più, la situazione per lei era favorevole: Eva, che condivideva la stanza con lei, non era a casa quella notte perché era rimasta a dormire presso un'amica, la quale, compiendo gli anni proprio in quel weekend, aveva deciso di organizzare un pigiama party, e invece i suoi genitori erano entrambi assenti. Sara, infatti, aveva un turno di notte in un reparto ospedaliero diverso rispetto a quello in cui lavorava Ivan, mentre Domenico era fuori città, a Siena, presso la casa dei nonni paterni delle sue figlie, dove si era recato per trascorrere l'intero fine settimana presso la madre dalla salute perennemente fragile e cagionevole e il padre taciturno e pacifico.

Lidia aveva la casa libera.

Ivan. Il nome dell'uomo riverberò nella sua mente, facendola cedere alla tentazione di chiamarlo al telefono.

Sulla schermata del Samsung argentato della ragazza apparve presto la digitazione del numero di Ivan. Chiamandolo, la giovane si sorprese ad essere trepidante, smaniosa di poter sentire la voce dell'uomo il prima possibile. Il telefono squillò una volta, due, tre. Quattro. Cinque. Al sesto squillo la ragazza stava per gettare la spugna, colta dall'amarezza. Forse era al lavoro e aveva lasciato il cellulare nel proprio armadietto dello spogliatoio. O forse, più semplicemente, aveva impostato la modalità silenziosa per il telefono in modo da non essere disturbato da nessuno durante la notte.

Stava per chiudere la chiamata, quando il settimo bip dell'attesa di risposta fu bruscamente interrotto.

"Pronto?"

Un filo di voce flebile e impastata giunse all'orecchio della castana, seguito da un sonoro sbadiglio. Evidentemente Ivan era a dormire nel proprio letto.

"Chi è?"

Sì udì una domanda dall'altra parte del telefono. Lidia si sentì leggermente in colpa, perché aveva svegliato l'uomo.

Comunque, la risposta della ragazza non si fece attendere.

"Ciao, Ivan. Sono io."

"Io chi?"

"Lidia."

"Lidia?"

"Sì, proprio io."

Lidia soffocò una risatina.

"E' successo qualcosa? Non mi hai mai chiamato di notte..."

Ora il tono di voce dell'infermiere aveva assunto una sfumatura preoccupata, ma la serietà che quella domanda avrebbe potuto ispirare fu infranta dal lungo sbadiglio che si udì successivamente.

"Mi manchi" rispose semplicemente la ragazza, immalinconendosi.

Lidia si aspettava una replica acida o un rimprovero da parte dell'uomo, per esempio: 'mi hai chiamato solo per questa cazzata?', oppure 'ma che, mi stai prendendo in giro? Io ho bisogno di dormire, non di ascoltare le tue lamentele'. Più di una volta le erano capitate reazioni simili, da parte di genitori, sorella, amici ed ex-ragazzo.

Ma la sorpresa che la colse fu enorme quando ascoltò la risposta dell'infermiere.

"Davvero? Anche per me è lo stesso... Grazie per avermi chiamato, Lidia. Pure tu mi manchi tantissimo."

La voce dell'uomo era debole, appena sussurrata, ma intrisa di dolcezza e malinconia insieme, quasi melanconica, nostalgica dei giorni idilliaci trascorsi sulle Alpi.

"Non sai che giorni infernali sono stati questi. Con Alessia la situazione è diventata insostenibile. Emma soffre molto per tutto ciò e quindi l'ho portata a trascorrere il weekend da mia madre, in modo da tenerla lontana dalle nostre liti. Averti sentita adesso, però, mi fa stare molto meglio. Mi ha confortato molto. Davvero."

"Ivan... Vuoi parlarne? Vuoi sfogarti? Fa male tenersi tutto dentro. Tu lo hai fatto per troppo tempo. E' meglio che ti confidi un po', forse. Ma solamente se tu vuoi."

"Tranquilla, Lidia, io sono forte. E sopporterei questa situazione per altre cento e mille volte, se solo non ci fosse in mezzo anche mia figlia. Emma ne sta risentendo molto."

Il pensiero della bambina catturò l'attenzione della castana.

"Come sta la piccola?"

"Emma, per quanto concerne il piano fisico, sta benone. Il problema è Alessia. Provoca continuamente delle liti tra me e lei. Vuole far recepire alla mia bambina un'immagine sbagliata di me, del suo papà, ma non ha capito che i suoi tentativi sono miseri e destinati al fallimento. Io mi controllo e sopporto di tutto, ma mia figlia si prende tutte le batoste e soffre. Io non so come fare. Non so proprio come fare. Sta andando tutto male, con lei. Cerco di renderla contenta in ogni modo: la porto fuori per tenerla lontana dall'atmosfera tesa che abbiamo in casa, le compro tutto quel che vuole, cerco di trasmetterle la serenità e l'affetto che le mancano, ma non ce la faccio da solo. Alessia deve rendersi conto che così rischia di rovinare la felicità della mia bambina!"

Quelle parole piene di enfasi e rabbia repressa, quasi disperata, abbatterono Lidia. Emma soffriva a causa dell'insensibilità di una madre egoista, capricciosa, testarda e litigiosa e lei non poteva fare niente per esserle di conforto. La castana le aveva promesso che le sarebbe stata accanto nelle difficoltà, che l'avrebbe aiutata, se ne avesse avuto bisogno. E invece Lidia era impotente, senza poter far nulla per consolarla. E la stessa cosa valeva per Ivan. Soprattutto per lui.

La collera montò furiosamente dentro di lei. Alessia aveva il diritto di stare con chi le pareva, ma non di arrecare così tanto dolore alla fragile sensibilità della figlia senza curarsi di lei. Dopotutto era stata proprio la donna a mettere al mondo la bambina e avrebbe dovuto crescerla e garantirle una vita serena, fino a quando avesse potuto tutelare la sua felicità. Invece, per Alessia, Emma passava in secondo piano, e ciò non era giusto nei confronti della bambina.

"Ivan, tu devi fare presente questo al giudice, quando comincerà il processo di divorzio! Emma non può essere affidata ad una madre del genere" sbottò ad un certo punto la ragazza.

"Non credo che una tale argomentazione sia utile. Molti dei genitori che litigano per la custodia di un figlio si comportano così, lo so per esperienza. Tuttavia non vengono penalizzati nei processi per l'affidamento."

La replica di Ivan fu incontestabile, ma non bastò a far tacere Lidia.

"Ci dev'essere un qualche modo, un qualche punto debole nel comportamento di Alessia che possa tornare a tuo favore nel processo... Emma non può esserle affidata. Almeno, non per mezzo di una custodia esclusiva."

"Io non so cosa dirti, Lidia. Non capisco nulla di queste sottigliezze legali, per cui lascio fare tutto all'avvocato divorzista. E poi, solitamente, nei processi di separazione ci si mette d'accordo sull'affidamento congiunto, per cui potrò vedere mia figlia regolarmente. Il problema principale sta nel fatto che Alessia vuole trasferirsi in Germania con Giacomo e intende portare via con sé Emma. Non so fino a dove la legge potrà tutelarmi su tale questione, per cui ho già chiesto consulenza legale. L'unica cosa che posso fare, adesso, è di evitare di cadere in uno dei tanti trabocchetti che Alessia mi tende per far emergere qualche pessimo lato del mio carattere che lei possa riutilizzare nel processo per sottrarmi la custodia di Emma. Soprattutto, per il bene di mia figlia, devo riuscire a renderla serena. Non felice, perché non ce la posso proprio fare, ma almeno devo provare a renderle questo periodo meno difficile."

Dall'altro capo del telefono Lidia udì un sospiro pesante, stanco, sfinito.

"Mi dispiace per questa situazione complicata, Ivan. Vorrei poter fare qualcosa per aiutarvi, a te e ad Emma. Odio dover ammettere di essere impotente di fronte a certe circostanze."

La replica della ragazza era sincera e non poté non provocare un sorriso all'uomo, nonostante non ci fosse proprio nulla di cui rallegrarsi.

"Tranquilla, tesoro. Tu fai molto più di quanto in realtà potresti. Ti preoccupi per me ed Emma, mi fai sentire il tuo appoggio e sei la custode delle mie confidenze e dei miei dispiaceri. Tu fai molto per noi. Ci sei vicina. Mi sei vicina."

A quella parola Lidia fremette. Era la prima volta che l'uomo la chiamava tesoro. Mai nessuno l'aveva chiamata così, a parte i genitori, i nonni e Céline. Roberto non l'aveva mai soprannominata così. E, soprattutto, Ivan, con quella sua voce calda, maschia e profonda, l'aveva pronunciato con un calore e una dolcezza infiniti, tanto da farle perdere un singolo battito del cuore.

A quella parola Lidia si era sentita veramente importante per Ivan. E il suo animo aveva esultato di gioia.

"Se lo dici tu..." mormorò a bassa voce, abbozzando un mezzo sorriso con le morbide labbra scarlatte, attorcigliandosi una ciocca di capelli ondulati con l'indice destro.

"Perché lo dici con quel tono? Credi che potrei mai mentirti?" la stuzzicò l'uomo.

Lidia trattenne una risata.

"Secondo me lo dici solo per non farmi sentire completamente inutile" lo provocò, tormentando il labbro inferiore con un candido e appuntito canino.

All'orecchio le giunse il rumore di un sospiro d'esasperazione appena trattenuto.

"Certo... magari, aggiungi anche che queste parole non le ho dette io, ma un registratore applicato al mio telefono che ogni tanto si accende e ti lascia ascoltare qualche frase precedentemente preparata per te."

La battuta di Ivan era di certo pessima, ma non per questo Lidia non scoppiò a ridere a voce alta, provocando stupore nel suo interlocutore.

Dopo qualche istante di sorpreso silenzio dall'altra parte del telefono, improvvisamente le arrivò un'esclamazione allarmata.

"Lidia, smetti di ridere così forte! Altrimenti i tuoi familiari si sveglieranno!"

"Io non credo proprio" lo contraddisse la castana con tono convinto. "E' alquanto improbabile che loro possano destarsi per una mia risata."

"Sei sicura che qualcuno non ci possa sentire?"

Il tono di voce di Ivan lasciava trasparire una leggera preoccupazione.

Lei scosse la testa, sorridendo tra sé.

"Sta' tranquillo, Ivan. Non ti avrei chiamato se non fossi stata sicura di non farmi scoprire. Ovviamente non disturberò il sonno di Eva, che è a dormire a casa di una sua amica, né quello di mamma, che ha un turno di notte all'ospedale, né tantomeno quello di mio padre, che è a Siena dai nonni per il fine settimana. Al massimo, potrei temere di disturbare il sonnellino del gatto della mia vicina, se effettivamente se ne è andato a nanna invece di girovagare per l'intero quartiere come ogni notte" replicò la ragazza, sbuffando una risatina.

Ivan si sentì sollevato a quella risposta. Anche lui rise lievemente, sebbene il suono della sua risata fosse arrivato all'orecchio della castana come una serie di rapidi sbuffi.

Una folle idea folgorò improvvisamente Lidia, che dalla posizione stesa balzò agilmente a sedere sul materasso del suo letto, entusiasta.

"Ivan, tu adesso sei da solo, giusto?" gli chiese tutt'a un tratto.

L'uomo rimase in silenzio per qualche istante, perplesso per quella domanda inaspettata.

"Be', sì. Emma è a dormire da mia madre e da Giovanni, come ogni sabato, e Alessia se ne è andata a passare la notte da Giacomo. Ma perché me lo domandi?"

"Anche io sono da sola. Che ne dici se ti raggiungo a casa tua? E' tanto che non ci vediamo."

L'uomo, a quella domanda, rimase basito.

"Cosa? Alle due e dieci di notte? Ma stai scherzando, Lidia?! Io non ti lascio da sola a vagare con lo scooter per Firenze a quest'ora del sabato notte! Piuttosto, preferisco venire io da te." Si fermò un momento a riflettere. "No, aspetta un secondo. Io e te da soli, di notte? Che hai intenzione di combinare, Lidia?"

La voce dell'uomo risuonò alterata al suo orecchio, ma la ragazza non sapeva decidere se quella era una distorsione del tono vocale provocata dalla linea telefonica oppure un'alterazione della voce dell'uomo, magari a causa di qualche dubbio o perplessità.

"Voglio soltanto vederti, Ivan... è da un sacco di tempo che non ci sentiamo né incontriamo. Mi manchi" ammise in un soffio la castana, sperando che l'uomo non avesse frainteso la sua reale intenzione.

Perché, effettivamente, quella richiesta poteva facilmente essere malcompresa, specialmente da uno come Ivan che si faceva film mentali e costruiva teorie fantascientifiche praticamente su ogni cosa.

"Non so, Lidia... domani mattina vado a casa di mia madre per prendere Emma e per partecipare al pranzo domenicale, per cui mi devo alzare presto."

A quelle parole scoraggianti la giovane sospirò rassegnata, incupendosi.

"Ma sai che ti dico, invece? Al diavolo il sonno, è meglio perderne un'oretta per passarla con te piuttosto che trascorrerla a ronfare solitariamente nel mio letto. Concedimi venti minuti di tempo e sarò arrivato."

Quell'improvvisa decisione fece gioire la ragazza.

"Puoi rimanere da me anche due o tre ore, se ti va!" esclamò ridacchiando, per poi salutarlo rapidamente e riattaccare prima che lui potesse replicare.

Lidia balzò quindi giù dal letto e corse a premere il tasto dell'interruttore, precipitandosi al guardaroba per tirare fuori una dozzina di magliette. La luce intensa e forte rischiarò la sua camera, disordinata.

"Cosa mi metto? Cosa mi metto?!" si domandò indecisa e agitata, in preda all'impazienza per l'imminente incontro con l'uomo. "E devo anche riordinare un po', caso mai venissimo qui! Di certo non ci mettiamo a sedere nelle poltrone, che attirano un caldo pazzesco, né in cucina, che è disordinatissima! Come faccio?!"

Il solo pensiero di essere sola con lui, di notte, nella propria casa deserta, le provocò un tuffo al cuore, trascinando il flusso delle sue riflessioni su ben differenti argomenti. Chissà cosa sarebbe potuto succedere se fossero saliti in camera sua, si fossero lasciati trascinare dalla passione, tentati dal privilegio della solitudine che era concesso loro... No, no, no. Ferma e riavvolgi il nastro dei tuoi pensieri. Ivan era un uomo affidabile e rispettoso. Era serio e morigerato. Non l'avrebbe nemmeno sfiorata, almeno non nel senso che intendeva lei. Poteva stare tranquilla.

Quel pensiero però la lasciò anche insoddisfatta, perché Lidia, ogni qualvolta si lasciasse trasportare dalle sue riflessioni sulla sua relazione con Ivan, si immaginava puntualmente il momento in cui avrebbero fatto l'amore insieme per la prima volta. La sua prima volta con un uomo. La sua prima volta con lui. La sua prima, primissima volta in assoluto.

Un pensiero del genere la fece innervosire, ma lei si affrettò a scacciarlo dalla mente, per poi tornare a concentrarsi sulla questione precedente: cosa poteva indossare di accettabile al posto del proprio sbracato pigiama estivo?

 

***
 

Ivan, come promesso, parcheggiò l'auto davanti all'abitazione della famiglia Draghi proprio una ventina di minuti dopo la telefonata, andando poi a citofonare al cancello per far presente a Lidia di essere arrivato a destinazione.

Mentre attendeva che venisse aperto, l'uomo vide il portone d'ingresso aprirsi, quindi una sagoma svelta e appena delineata nell'oscurità scattare rapida verso il cancello per aprirlo. Sotto la luce del lampione Ivan poté scorgere per un fugace istante i brillanti occhi azzurri di Lidia, poi avvertì due braccia cingergli il collo e due gambe affusolate avvinghiarsi al suo bacino. Le braccia muscolose del moro istantaneamente le avvolsero la vita, tenendola stretta al proprio corpo.

Due iridi di zaffiro apparvero sovrastanti davanti a lui, scintillanti di felicità ed eccitazione.

"Eccoti, finalmente!" esclamò Lidia con un lieto e candido sorriso, per poi reclinare dolcemente il capo sul volto dell'uomo, sfiorandone le labbra sottili con un bacio entusiasta.

"Lidia" mormorò Ivan contro la sua bocca, calandola piano dalle proprie braccia per poi stringere a sé la figura della ragazza in un forte abbraccio.

I due si baciarono nuovamente, a lungo, stavolta con passione, sotto la fosca volta celeste senza stelle che ammantava Firenze, incuranti della singola macchina solitaria che passò per la strada adiacente alla casa, felici di potersi riabbracciare dopo così tanti giorni.

Le grandi mani dell'infermiere scivolarono tra i capelli sciolti della ragazza, andando ad intrecciarsi in strani ghirigori con quelle ciocche scure, per poi scendere lungo la linea della mascella ad accarezzare con delicatezza i lineamenti del volto di lei.

"Sei ancor più bella di come io ti ricordi" sussurrò semplicemente, rivolgendole un sorriso amorevole.

Lidia rise brevemente con una punta di sarcasmo nella voce.

"Devi aver davvero bisogno di un paio di occhiali se affermi di trovarmi bella" lo provocò, per poi tuffare la testa nell'incavo del collo dell'uomo, cingendogli il torace e facendo affondare leggermente le dita nella sua schiena possente, beandosi di quel contatto virile e della presenza tangibile di quel corpo solido e compatto, atletico.

"E tu necessiti proprio di uno specchio in cui guardarti, ogni tanto. E anche di un criterio di autovalutazione meno severo" replicò lui, accarezzando la schiena levigata della ragazza che stringeva a sé.

"Sei sempre tanto acido?" gli chiese lei sciogliendo l'abbraccio.

Gli prese una mano e cominciò a camminare verso il portone d'ingresso spalancato, seguita dall'uomo.

"E tu sei sempre tanto gentile?"

Lidia rise ironica, facendolo entrare nell'atrio della casa.

"Dove mi stai portando?" chiese lui, notando che la ragazza stava salendo le scale.

"In camera mia. Ma sta' tranquillo, non ho intenzione di tentarti" scherzò lei, spalancando la porta della sua stanza e accendendo la luce per poi sedersi sul suo letto, trascinando con sé anche l'uomo.

Ivan osservò brevemente la camera, notando soprattutto i poster dei cantanti e dei gruppi preferiti della castana affissi alle pareti e alle ante dell'armadio, le mensole a muro zeppe di libri e volumi che lui riconobbe come storie e romanzi di varie correnti letterarie antiche o recenti, di cui alcuni in lingua straniere, e la fila ordinata di CD disposti con precisione meticolosa su uno scaffale sovrastante la scrivania vicina all'unica, ampia finestra che dava sul balcone della stanza. Gettò un'occhiata ai voluminosi libri della gloriosa cultura germanica, scritti rigorosamente tutti in tedesco perfetto, disposti ordinatamente su almeno uno degli ampi scaffali alla parete. Vide che la stanza era stata riordinata in fretta ma con accuratezza e che il letto su cui era seduto - o, per meglio dire, steso - era stato rifatto da pochissimo, perché, se tendeva una mano al di sopra del lenzuolo leggero, si avvertiva ancora da sotto le coperte tese il calore del corpo di Lidia che precedentemente vi stava riposando.

Ivan immaginò per un momento di poter avvertire quello stesso calore sulla propria pelle, di poter stringere a sé quel corpo ardente e invitante, di poter entrare piano, con dolcezza e snervante lentezza, dentro di lei, di unirsi e fondersi insieme nel piacere di un orgasmo...

Fermati, Ivan, altrimenti non riuscirai a trattenerti al minimo contatto fisico, si ammonì mentalmente, imponendosi di contenere i propri istinti.

Ma non sarebbe stato facile, per lui che da troppo tempo li reprimeva e li soffocava era una grossa sfida. Soprattutto, il fatto di essere soli in una grande casa, seduti su di un letto, con lei che gli stava al fianco, le gambe accavallate, un sorriso sulle labbra che le dava un'aria ingenua e sensuale insieme, quella di una giovane donna inconsapevole della propria magnetica, innocente e seduttiva bellezza, costituivano per lui un serio rischio di tentazione. Rischiava di poter fare qualcosa di sgradevole se non riusciva a contenersi. Doveva reprimersi. Lidia era troppo giovane ed inesperta per sperimentare la brutale rudezza e le svelte maniere di un uomo, accecato dal desiderio del suo corpo delicato, che sopprimeva i propri impulsi sessuali da alcuni anni e che non ci avrebbe messo nulla a passare alle vie di fatto.

Lidia si accoccolò accanto all'uomo, puntellando un gomito sul materasso per poi posarvi il volto. Abbozzò un sorriso.

I pensieri di Ivan si dissolsero a quel lieve, tenero contatto.

"So che potresti avere strane idee in testa riguardo a questa mia decisione, ma la questione, in realtà, è molto più semplice: dato che il divano del salotto rilascia sempre un sacco di calore e per di più è anche scomodo, ho pensato che sarebbe stato meglio accoccolarci qui" gli spiegò, cancellando i suoi dubbi a proposito di quella scelta.

"Non ho detto nulla" fu la sua replica piccata.

"Ma lo hai pensato, per cui è come se l'avessi detto. Credi che io non riesca a percepire ciò che pensi? Lo vedo dai tuoi sguardi, dai tuoi gesti, dai tuoi silenzi... dalle tue parole, a volte. Non sei l'unico dotato di intuito, qui sulla Terra." E squittì divertita.

"Non credevo che fossi una fan così sfegatata di Serj Tankian" sussurrò Ivan, cambiando argomento per evitare di dover parlare ancora dell'allusione fatta da Lidia a proposito del sesso.

"Ivan, non cambiare argomento, perché prima o poi dovremo comunque affrontarlo" lo ammonì lei. Il suo sguardo era eloquente. "La nostra non sarà per sempre una relazione meramente platonica. Io voglio di più, e così credo che anche per te sia la stessa cosa. Finiremo per essere amanti in modo completo, per cui è inutile che eviti di parlare di quando ciò accadrà. E non mi convincerai con le solite balle sulla differenza d'età o sul fatto che sei ancora legalmente sposato e che non ti vuoi abbassare al livello dell'adultera Alessia."

L'uomo sospirò pesantemente, sentendosi incastrato in una situazione quasi surreale.

"Voglio soltanto che tu sia ben sicura di ciò che faremo, Lidia. Tu non vorresti avere una relazione normale? Io, fondamentalmente, ho vent'anni più di te e sono sposato..."

"Ti stai separando" puntualizzò la ragazza, interrompendolo bruscamente.

"... Sarò ancora sposato fino a che il divorzio non sarà ufficiale" affermò l'uomo, lanciandole un'occhiataccia. "Tu non vorresti una storia tranquilla, magari con un coetaneo?" Fece una pausa. "Sappi che lo dico solo per il tuo bene, Lidia, perché se decidi di intraprendere questa strada, per te non ci sarà nulla di semplice."

"Neanche per te nulla è semplice, tuttavia non ti concedi facilitazioni. Io non voglio lasciarti da solo, Ivan. Voglio affrontare con te i nostri momenti più brutti, così come gli istanti più belli. Non mi convincerai a lasciarti."

La determinazione di Lidia si rifletteva nelle sue iridi azzurre e austere. Ivan avvertì su di sé quello sguardo inflessibile e tuttavia si commosse, pensando a quanto lei gli dovesse voler bene per scegliere di rimanergli accanto e di confortarlo quando ne avesse avuto bisogno.

"Voglio soltanto che tu sia consapevole di ciò che comporterà per te questa relazione nella tua vita."

"Ho già considerato questo aspetto e, te lo dico con franchezza, non m'importa un cazzo di ciò che accadrà. A me basta stare con te."

Il bruno sospirò di sollievo a quelle parole, poi le sue labbra si schiusero in un sorriso esultante.

"Sono felice di sentirtelo dire, perché per me sarebbe impossibile lasciarti andare. Sei entrata a viva forza nella mia vita e l'hai stravolta, ma hai portato con te anche quella felicità che mi mancava da tanto tempo. Non rinuncerò a te. Non ora che il mio sentimento nei tuoi confronti si è fatto più forte."

Il braccio dell'uomo si mosse verso la vita della ragazza, cingendola e attirandola a sé. Il moro mando a fanculo tutti i buoni propositi che gli erano frullati nel cervello cinque minuti prima.

In un attimo la situazione si ribaltò, perché Lidia fu sovrastata dal suo fisico possente, mentre le sue labbra lambivano dolcemente il collo di lei trasmettendole brividi di eccitazione. Ivan sfoderò i denti appuntiti, lasciando uno scherzoso morso sul lobo dell'orecchio della giovane, poi essi catturarono una piccola porzione della tenera pelle in corrispondenza della clavicola.

Lidia gemette a quel contatto. Cominciò a contorcersi sotto il tocco delicato delle carezze avvincenti della sua mano, supplicandolo con un filo di voce di non interrompersi. Il nervosismo iniziale che aveva provato entrando in quell'argomento era fluito via quasi subito per lasciare il posto a una crescente eccitazione. Le dita della giovane scivolarono sotto la maglietta scura e aderente che fasciava il torace dell'uomo, affondando poi le unghie nella pelle calda e liscia del dorso, tracciando piccoli segni sottili e lineari.

Le labbra dei due si ricongiunsero nuovamente, assaporandosi a fondo con un dolce contatto fra le loro lingue che si accarezzavano lentamente in una languida danza. Lidia cinse il collo di Ivan con entrambe le braccia, abbandonando la presa sul suo torace, per poi attirare finalmente a sé il fisico allettante dell'uomo che si era mantenuto sollevato sui palmi delle mani fino a quell'istante. Avvertì improvvisamente un peso gravoso sul proprio petto, poi sentì il mondo intorno a lei vorticare furiosamente, per ritrovarsi infine seduta sopra all'addome dell'infermiere, accoccolata e stretta al suo petto e coinvolta in un bacio che di casto aveva poco o nulla.

Muovendosi leggermente verso le gambe dell'uomo, tutt'a un tratto la giovane percepì contro la propria intimità un turgore sconosciuto. Quell'improvviso contatto con la semierezione di Ivan le tolse il fiato, facendola sussultare appena e bloccarsi subito dopo.

Era la prima volta che sentiva l'eccitazione di un uomo così vicina alla sua apertura virginea e inviolata. Anche se qualche approccio fisico c'era stato, emmeno con Roberto si era spinta così in là, dato che allora lei rifuggiva qualsiasi contatto troppo spinto con il fidanzato. Sapeva che lui l'avrebbe potuta prendere con la solita rudezza e fretta che lo caratterizzavano e lei non ricordare vivere la sua prima volta con rimpianto e dispiacere. Voleva una prima volta indimenticabile e bellissima, non certo una semplice scopata. Fare l'amore era unirsi nel sangue ad una persona per la quale si provavano sentimenti fortissimi, era fondersi in un unica anima con colui che ti penetrava nel profondo, nella mente, nel cuore, nello spirito, nel corpo, fino a farti raggiungere l'estasi, fino a farti assaporare il nettare degli déi. Fare l'amore era donarsi corpo e anima alla persona amata, non fare sesso veloce e insoddisfacente con un uomo accalorato.

Così pensava che fosse Roberto, un giovane, belloccio ragazzetto senza cervello in perenne calore con la voglia di infilarlo da qualsiasi parte gli fosse concessa.

La nuova sensazione che Lidia provò la eccitò tantissimo, ma, paradossalmente, acquietò anche la sua smania di concedersi a Ivan in quell'istante, travolta com'era dal desiderio e privata del sacrosanto diritto a ragionare. Non doveva.

La ragazza avvertì una vampa di calore al viso, segno inequivocabile di un arrossimento, e poi le guance infiammate per l'imbarazzo.

Ivan intuì immediatamente l'improvviso blocco di Lidia. Nemmeno per un istante gli passò nella mente il sospetto che quello, per la castana, fosse il primo approccio differente con la sessualità maschile. Imputò subito il motivo di quella reazione alla poca conoscenza che c'era fra loro e si fermò immediatamente, ponendo subito fine all'imbarazzo della ragazza.

Ivan fece scivolare la castana accanto a sé, serrando la sua vita nella morsa ferrea del suo braccio destro, e le schioccò un bacio veloce sulle labbra scarlatte e dischiuse, per poi mormorare contro di esse parole dolci e appena bisbigliate, stringendo Lidia con delicata fermezza tra le sue braccia vigorose.

"Scusami. Non avrei dovuto lasciarmi trasportare così dall'impulso... La prossima volta mi controllerò" la rassicurò, scostando poi una ribelle ciocca di capelli ondulati dal suo volto ormai purpureo.

Lei tentennava appena il capo in segno di assenso, mordendosi la lingua per vincere la tentazione di dirgli che la causa del suo imbarazzo non erano stati quegli istanti di passionalità sfogata, ma piuttosto la propria, stupida reazione al primo contatto della sua intimità con quella di un uomo.

Quanto aveva voglia di confessargli che era vergine... almeno, se e quando avrebbero affrontato insieme la loro prima volta, ci sarebbe andato piano, dolcemente, in modo da non farle male e da farle gridare di piacere e non di dolore.

Invece tacque, tenendosi tutto dentro, intimorita dalla concreta possibilità che lui si facesse film mentali sulla cosa appena l'avesse saputo. Perché Ivan era così. Aveva tutte le qualità del mondo, ma era così serio... ed esagerato. Sì, estremo. Come, per esempio, si poteva intuire dal suo modo di affrontare la questione della loro differenza d'età. E da come reagiva al silenzio autoimpostosi riguardo alla sua relazione segreta con la figlia di una collega e amica.

"Tranquillo" riuscì a spiccicare infine Lidia, piano, cercando poi disperatamente un modo di interrompere quell'inaspettato silenzio sceso su di loro, così pesante ed opprimente da poterlo quasi toccare con mano.

 

***



N.d.A.
Salve a tutti!
Eccomi qui a rompere nuovamente dopo due settimane! ^^ Le vacanze mi ci volevano proprio, nuove idee malsane frullano epr il mio cervellino acerbo di scrittrice perdigiorno xD
Comunque, spendo due paroline sul capitolo prima di ringraziare i recensori e dileguarmi. Dunque dunque dunque... Non ero sicura se postare il capitolo o meno, perché qui non succede molto, almeno non a livello di fatti, mentre la narrazione si proietta più sull'introspezione dei due protagonisti in un momento di solitaria intimità.
Be', adesso vorrei ringraziare controcorrente, che mi lascia sempre giuste osservazioni sulla storia e sui personaggi, Daisy90 <3 che mi sostiene tantissimo e che è veramente fantastica, e marta1982, nuova recensitrice (si dice recensitrice? ... boh.).
Bon, ora mi dileguo. Ah già... grazie anche a chi legge la storia e la segue senza esporsi con recensioni o commenti. Grazie comunque, perché se lo fate ciò vuol dire che la storia vi interessa e magari vi piace pure! Grazie mille!
E ora ci si saluta: alla settimana prossima! Bacione :*


Flame

  
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