Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |      
Autore: Blam_    05/09/2014    2 recensioni
Il Cubo è un mondo informatico inviolato e inviolabile che il 31 dicembre di ogni anno scatena il caos per ricordare all'umanità di essere mortalmente fragile e orribilmente deperibile. Puntualmente ogni anno gruppi di Hacker professionisti, per quanto possano esserlo nella loro illegalità, cercano di violare il Cubo per dimostrare l'impossibile e confutare una dei grandi proverbi naturali secondo il quale l'uomo è nato per morire.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Aprii gli occhi. All’inizio la luce bianca delle lampade al neon ,amplificate dal colore anch’esso bianco della stanza, mi annebbiò la vista e mi fece male alla testa.
Il problema delle carceri qui è che non sanno cosa sia una via di mezzo. Le celle sono troppo buie, i corridoi troppo luminosi.
So che è una forma di tortura. Metaforicamente parlando,  è come se un’agente venisse a gridarti dall’altra parte della porta blindata grigia, quella porta che ogni carcerato fissa con la speranza di riuscire ad aprirla con la forza del pensiero nelle ore di “siesta”, quelle poche ore in cui possiamo rimanere seduti in un angolo a leccarci le ferite infieriteci poco prima da qualcuno in uniforme, “Sei al buio. Abbiamo il potere di toglierti anche la luce di un corridoio perché tu meriti di rimanere nell’oscurità”.

Ma alla fine, il dolore alla pupilla che brucia a contatto con tutto quel bianco puro e ossigenato è il minore dei dolori che possano infliggerti qui e lo accantonai con gli altri. Portai il palmo della mia mano sugli occhi schermandomi dall’intensità della luce, lasciando uno spazietto tra l’indice e il medio per consentirmi di vedere l’ambiente attorno a me.
 Era la stanza degli interrogatori verbali, quelli in cui ti tartassavano di domande inutili, di cose che già sapevano ma che avevano il bisogno di ascoltare di nuovo per torturarti ancora facendoti rivivere tutto ciò che fuoriusciva dalla tua bocca. Il trucco stava nel convincerti di non aver vissuto certi eventi, nel raccontare una verità-bugia. L’unica cosa che volevo era farmi umiliare da un tizio a cui non fregava nulla della mia storia e che era lì per il puro scopo di spezzarmi ed incassare la sua paga mensile, piangendo.
Non cè nulla di più umano del pianto e se mai avessi pianto, se mai una lacrima fosse uscita da un mio occhio, giurai a me stessa di cavarlo con la forchetta del pranzo. Un comportamento così crudele non meritava una cosa così umana.

Mi sedetti sulla sedia che avevo davanti appoggiata ad un tavolo e guardai davanti a me. Probabilmente mi stavano osservando da uno di quei falsi specchi con la doppia faccia che si mimetizzava con la parete e quindi invisibile alla persona nella stanza ma che permetteva la visione dell’interno all’esterno.
Cercai di assumere uno sguardo calmo, fermo. Non volevo che trasparisse tutto il carico di rabbia repressa con cui mi avevano riempita negli ultimi anni, ciò significava punizione, violenza, altro dolore.
Non temo il dolore, il dolore è il sentimento che mi caricava di rabbia, rabbia che non temevo di far trasparire dal comportamento del mio corpo.
Il mio era un atteggiamento di sfida: non meritavano alcuna mia reazione, solo freddezza, pura, bianca e calcolata freddezza, indifferenza e so che  ciò che più gli manda in bestia è il non contare nulla per altri.

Io non ho fatto nulla.
Sono innocente per legge, ho dato un mio contributo all'umanità.
Non fa niente se giusto o sbagliato, la giustizia può diventare soggettiva: positivo o meno lascerò un insegnamento, uno stimolo di protesta contro la dittatura che ci impongono tutti i giorni.
L’umanità ha sempre imparato dai suoi sbagli, come un bambino impara che il fuoco brucia toccandolo, Anche se essa ha sempre bisogno di ricordare che il fuoco brucia.
Io vi ho risvegliati ragazzi.

Entrò un uomo con la camicia bianca e la cravatta azzurra che si sedette di fronte a me. Il mio intervistatore aveva le occhiaie sotto gli occhi celate dietro un paio di occhiali da sole, la cravatta allentata e dall'odore avrebbe dovuto lavarsi già da un paio di giorni.  Evidentemente il mio caso si stava rivelando più duro di quanto non sembrasse. Sorrisi compiaciuta: la mia mente si stava rivelando più inviolabile di quanto non lo fosse già.
Poi lui mi guardò con la stessa intensità delle lampade al neon e sentì bruciarmi la testa.

-Rispondi “si o no” alle mie domande. Devo verificare che tu sia ancora mentalmente stabile, per quanto sia possibile. Allora…tu sei Fion Turner, detta Dragon-OFF-Ages?-

-Si-

-Nata ad Elderfort, figlia di Aaron e Diana Turner?-

-Si, si, ho ventidue anni, capelli neri, alta un metro e settantadue, una cicatrice da bruciatura sulla spalla destra che si dirama sul braccio. Capo, conosco la filastrocca a memoria, possiamo saltarla. Quali altre domande avete escogitato per oggi? Avete finito l’ispirazione? Un po’ di fantasia su, la vita qui è monotona, noiosa…..-, prima che potessi finire, una scarica elettrica si diramò per tutto il  corpo e mi immobilizzò per pochi istanti. Il dolore fu così intenso che non lo sentì ma iniziarono le convulsioni e caddi dalla sedia, per terra, sbavando schiuma rossa.
Mi rialzai dopo quella che mi sembrò un’oretta, gli occhi fissi dell’uomo ancora su di me che riuscivo ad immaginare anche attraverso le lenti degli occhiali. Mi ripulii la bocca con la manica della camicia arancione, uniforme da detenuto standard, e con tutta la calma possibile, cercando di controllare gli spasmi del braccio destro mutilato tempo addietro, mi sedetti e continuai a fissarlo anch'io.

-Le avevo chiesto di rispondere a monosillabi, signorina Turner, il tempo è oro-

-Come se non le bastasse quello che ha già-.
Lui alzò una mano verso la parete dietro le sue spalle, forse un segnale per fermare il tizio al posto di comando che si apprestava a mandare le punizioni elettriche al mio corpo. Avevo ragione, c’era uno specchio.

-Già, un’altra ora con me stesa sul pavimento non farebbe che rallentarla. Prego, continui con le domande inutili, così non perderà tempo.-
Continuava a fissarmi impassibile.
Avevo trovato un degno avversario in fatto di irremovibilità.

-Bene. Solo un’altra domanda per accertarsi che le scosse non abbiano apportato danni: Lei è ed era il Cubo?-

-Si. C’è altro?-

Si tolse gli occhiali permettendomi di vedere le sue pupille arrossate, guardandomi dritta negli occhi.

-No, devo solo comunicarle che la GUM, Giuria Mondiale Unita, ha deciso per la sua eliminazione, portando avanti la tesi che, affermata la sua non collaborazione al problema del Cubo, è dunque inutile cercare di spendere energie e risorse al problema quando si può debellare alla radice.-

-Bene. Sono pronta a morire per la mia causa ma vi avviso: uccidere me non ucciderà una cosa così immateriale quale è il Cubo. Il Cubo sono io e solo io posso controllarlo, solo io ho i codici chiave per distruggerlo. Essendo il Cubo, la mia mente non potreste mai ucciderla. E’ un’idea, un’affermazione e anche una domanda. Il Cubo esiste non esistendo. Quindi ucciderete me, il mio corpo, non la mia mente.-


Non scorderò mai quella luce, così bianca, così pura, che vidi poco prima di decidere di morire.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Blam_