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Autore: Degonia    05/09/2014    2 recensioni
"Ma forse lui, un bambino non lo era più.. nei suoi occhi lo sguardo di chi, nella morte, ha vinto."
Genere: Introspettivo, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Medioevo
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Quel 29 Ottobre l’autunno, padrone delle foglie cadute e del cielo plumbeo, aveva cominciato a far valere il suo diritto: seppur debole, il vento soffiava sul popolo che attendeva il condannato.
Il processo doveva essere iniziato già da ore e i mormorii della folla non aiutavano a sperare che un miracolo potesse accadere.
Il sole cominciava la sua caduta.. quel sole di cui ci aveva raccontato, quel sole che nelle isole del sud splendeva e che ora, annunciava la fine delle speranze, i desideri e i sogni erano divenuti mere illusioni, distrutte da un destino spietato.
Sul patibolo della fine, il boia attendeva, la scure pesante in una mano, il cappuccio nero a coprirne il volto.. un processo inutile, la storia la scrivono i vincitori.
La piazza continuava a riempirsi, alla gente piacciono così tanto le esecuzioni?
Come possono provar piacere nel veder morire un uomo?
Quando uccisi per la prima volta, piansi, piansi perché, seppur fosse un nemico, io avevo ucciso un padre, un marito, un figlio.. qualcuno, da qualche parte, avrebbe pianto per lui.
Guardai la mia mano, sporca del sangue di mille cadaveri.. da sotto l’ampio mantello scuro, strinsi l’impugnatura della mia spada e giurai a me stesso che mai più questi stupidi sentimenti avrebbero ostacolato il mio cammino.
Alzai la testa, il capo ben nascosto dal cappuccio.. le prime file cominciavano a divenire inquiete e qualcuno urlava “vogliamo la testa del bastardo”.
‘Bastardo’ lui dice, gli avrei ficcato in gola la mia spada se solo ne avessi avuto il coraggio! Perché di coraggio si trattava.. ero l’unico rimasto in vita, quando i miei compagni ad uno ad uno cominciarono a cadere, ferito, mi gettai a terra facendo finta di esser morto.. ho pregato che il dolore della mia ferita fosse così forte da non permettermi neanche di respirare.. codardo, sì lo sono! Codardo, giovane e inesperto.. seppur gli uomini caduti sotto la mia lama siano stati tanti, continuo ad aver paura della battaglia; mio padre mi disse che avrei dovuto imparare a combattere fin da bambino, così mi diede una spada in mano e mi mandò in guerra.. sopravvissi, ma la paura della morte mi attanaglia tutt’ora, serra le sue mani intorno alla mia gola.. lo sento ancora adesso. E quando lo dissi a Lui, questi, dal basso della sua grandezza, disse che, quando la corona sarebbe stata in mano sua e i Regni del Sole riconquistati, avrei potuto smettere di combattere.
Ci credetti.. e ci credette anche lui.
Alzai gli occhi al cielo, il suo colore mutato, tra poco l’astro sarebbe stato nascosto dalle abitazioni che circondavano la piazza, in quel momento mi voltai, davanti a me i rossi raggi del sole si adagiavano violentemente contro la figura in piedi sul patibolo e contro i suoi accusatori. Il Papa Clemente IV aveva dato il suo verdetto, l’ultimo rampollo degli Hohenstaufen è colpevole! Dall’alto Carlo I d’Angiò assisteva, beffardo, all’atto brutale.
Lo chiamano “metodo di esecuzione onorevole”, ma non c’è nessun onore nel recidere la testa ad un bambino!
Ma forse lui, un bambino non lo era più.. nei suoi occhi lo sguardo di chi, nella morte, ha vinto. Nessun passo indietro, ancora adesso, continuava ad inseguire quegli ideali che l’hanno portato alla perdita di tutto, la corona oramai si era allontanata così tanto dalla sua testa.. mentre l’ascia del boia gli era pericolosamente vicina.
Nessun rimpianto, forse solo il rammarico di aver portato i suoi uomini a morire per una causa imperale, ma sono sicuro che lui sappia che loro lo avrebbero seguito sino in capo al mondo, proprio come, prima di lui, avevano seguito suo nonno.
Lo sguardo fiero, mentre chinava la testa alla folla.
Lo guardai, guardai il suo volto vivo per l’ultima volta.. un assassino quale io ero, non dovrebbe piangere.
La folla incitava il boia a commettere il brutale gesto, mi aggiustai meglio il cappuccio, lo calai inconsciamente affinché coprisse l’infame atto, ma in quel momento li vidi.. gli occhi di Corradino di Svevia erano rivolti verso di me. Lui sapeva chi ero, il traditore, il fuggitivo.. sorrise, lui.. sorrise. E non c’era nessun tipo di malizia in quell’increspatura delle labbra.
Per qualche secondo distolsi lo sguardo, troppo codardo per quegli occhi innocenti, quando li rialzai, la scure era a mezz’aria.. chiusi gli occhi ormai pieni di lacrime e sentii un forte tonfo, il ferro aveva incontrato il legno!
Ancora una volta, il patibolo si tinse di rosso.. quel rosso non verrà mai lavato via, quel rosso riecheggerà nella storia come il simbolo dell’ingiustizia compiuta e della violenza riservata all’ultimo discendente del Sacro Romano Imperatore.

Mi voltai facendomi spazio tra la folla, volevo lasciare la piazza più velocemente possibile. La folla urlava e acclamava l’iniquità commessa, com’è probabile la testa del fanciullo fu sollevata dal boia così che tutti potessero vederla; ma io voltai le spalle alla brutale visione. In quel momento però, sentii il verso di un’aquila giungere da lontano, il suo grido riecheggiò in tutta la piazza, la folla guardò in alto. Mi voltai. L’aquila si posò sul patibolo, un’ala si impregnò del sangue reale.. spiccò il volo e la vidi avanzare sempre più su, poi prese il nord.. cos’era stato? Un presagio?
L’aquila, simbolo della casata staufica, aveva fatto la sua comparsa, imbevendo le sue piume nell’ultimo barlume svevo.
 



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Domenica 24 Agosto 2014, nella mia città di Oria (Puglia), c’è stato un evento a cura della compagnia d’arme “Milites Friderici II”, al quale ho assistito. Nella rappresentazione medieval-teatrale, veniva narrata la storia di "Corradino di Svevia". Lo spettacolo è stato splendido e drammatico a dir poco.. straordinario! Nella notte successiva ho sognato Corradino e i suoi accampamenti.. questa fan fiction è una rielaborazione molto romanzata di quel sogno :)
   
 
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