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Autore: A_Typing_Heart    05/09/2014    3 recensioni
Nella cornice di un Giappone moderno schiacciato dalla tirannia di un regime militare Hibari Kyoya e Rokudo Mukuro si ritrovano a inseguire i propri ideali di giustizia e libertà su fronti opposti. Hibari è pronto a separarsi da Mukuro in nome della legge, dell'ordine e della disciplina, lasciando il suo cuore imprigionato in un gelido inverno. Ma altri sono pronti a dare la vita affinchè torni a soffiare un vento carico di petali di ciliegio...
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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-Kyoya.... mi senti? Kyoya? Mi riconosci?-
Hibari si rese conto di avere gli occhi aperti e di vedere delle cose sfocate, agitate, davanti a lui. Subito dopo venne il freddo, un freddo pungente ovunque. Non sentiva altro che voci lontane, confuse quanto quello che vedeva. Pensò che doveva dire che stava bene, così avrebbero taciuto lasciandolo in pace, ma non riusciva a parlare. Gli ci vollero lunghi minuti per capire che aveva qualcosa davanti alla bocca.
-Kyoya, resisti, ti portiamo in ospedale subito!-
Quella frase riportò alla mente qualcosa a Hibari. La prima volta che aveva sentito quella voce si trovava in ospedale. No, no, non era la prima volta, però gli pareva che fosse così. Che cosa strana...
-Com'è potuto svanire un elicottero, razza di idioti?!- tuonò un'altra voce vagamente familiare non lontano da dove si trovava. -Trovatelo, trovatelo, scoprite dove l'ha preso, vi faccio ammazzare tutti!-
Improvvisamente Hibari ricordò tutto. Ricordò la folle corsa, l'inseguimento solitario dietro a Mukuro, lui che cadeva e poi si lanciava dal ponte, aggrappandosi alla scaletta calata da un elicottero... e lui che aveva fatto lo stesso, senza riuscire a trovare un appiglio... poi era precipitato nell'acqua, e... e poi?
-Co... cos'è successo?- domandò Hibari, la voce soffocata dal respiratore che aveva sulla bocca.
-Kyoya! Stai bene? Come ti senti?- domandò Tanaka, avvicinandosi a lui.
-Bene.- mentì lui, rendendosi conto che era su un'ambulanza. -Cos'è successo?-
-Sei... caduto nel fiume mentre inseguivi Rokudo Mukuro.- rispose Tanaka in tono mesto, quasi fosse lui a essere caduto e doversi vergognare. -Hai impattato l'acqua con la testa e la schiena, hai perso i sensi.-
Hibari si passò la mano fra i capelli. Erano fradici e gelati. Che cosa stupida aveva fatto, gettarsi nel vuoto, schiantarsi contro l'acqua gelida metri e metri sotto... poteva morire, poteva annegare... se non fosse stato per Tanaka. Non se ne era accorto subito, ma era bagnato anche lui, spogliato dell'uniforme e avvolto in una coperta calda, la stessa che aveva lui addosso. Gli aveva salvato la vita e nemmeno voleva dirglielo... per salvaguardare il suo orgoglio, forse?
-... Grazie.- disse alla fine, chiudendo gli occhi per non dover guardare lui o altro.
-Di... di cosa?-
-Non sono stupido, Saeki.-
-Ah...- fece lui, in evidente imbarazzo. -Era... era il mio dovere. Io... non devi ringraziarmi.-
Restarono immersi in un relativo silenzio, attorniati da ordini affibbiati strepitando, stivali che battevano sulla strada, rumori di motori, altre voci. Il medico a bordo dell'ambulanza tolse la mascherina a Hibari intimandogli però di restare lì al caldo, poi scese a dare man forte ad altri. Da quel poco che udiva, altri soldati della sicurezza erano stati storditi o drogati...
-Sembra che il mio augurio non ti sia servito, tenente Hibari.-
Hibari aprì gli occhi e osservò la figura che si stagliava davanti all'ambulanza. Riconobbe immediatamente il bel capitano che era venuto da lui all'ospedale per interrogarlo sull'incidente al settore sette. A quanto pareva era destinato a cercarlo sempre quando era in custodia presso dei medici.
-Capitano.-
-Agente di sorveglianza Tanaka.- fece lui, chinando il capo a mo' di saluto. -Sono felice di vedere che entrambi state bene. Avete fatto un ottimo lavoro.-
-Non si direbbe.- borbottò Hibari contrariato.
-Siete gli unici soldati che sono stati in grado di liberarsi e procedere all'inseguimento. Avete anche obbligato Rokudo Mukuro a mostrarci per quale via è fuggito, dandoci importanti indizi.-
Hibari non rispose, ma era combattuto, e afflitto. Mukuro aveva citato l'ennesimo momento trascorso insieme, memorie di un altro tempo, eppure non l'aveva degnato di uno sguardo, era scappato senza una parola confortante. Solo ora si rendeva conto di quanto avesse contato per lui sapere che dopotutto Mukuro non lo riteneva un nemico, che lo proteggeva, che si proteggevano a vicenda. Avrebbe voluto sapere cosa voleva fare, dissuaderlo una volta per tutte, ma questa volta non aveva voluto parlargli. Era solo scappato, senza una parola, come si fugge davanti a un nemico che non si può combattere. Sarebbe potuto morire... se non si fosse liberato Tanaka, sarebbe annegato... Mukuro l'avrebbe lasciato annegare.
-Agente Tanaka, quando il medico lo lascerà andare lo porti a casa.- disse il capitano con aria vagamente preoccupata. -Prendetevi entrambi qualche giorno di riposo, lo meritate. Continuerò io personalmente le indagini sul terrorista.-
Tanaka si aspettava una protesta di Hibari e lo guardò, ma si rese rapidamente conto che il suo senpai non aveva sentito nulla di quello che diceva il capitano. Era distante, immerso nei pensieri a tal punto che sembrava mantenere al minimo qualsiasi altra funzione vitale. I suoi occhi erano come velati. Il biondo tornò al capitano e  annuì con vigore.
-Mi occuperò io di lui. Grazie, Signore.-
Il capitano si congedò lasciandoli di nuovo soli. Hibari si sentiva come se gli avessero asportato tutti gli organi mentre era incosciente: un guscio vuoto e freddo. Forse Tanaka capì senza parole come si sentiva, perchè gli rimboccò la coperta e si limitò a posare la mano sopra la sua, divise solo dal tessuto tiepido e morbido. Istintivamente, senza che lui se ne rendesse conto, le dita di Hibari la strinsero.

Era calata la notte su tutta Namimori, con un coprifuoco anticipato. Il buio e il silenzio erano surreali, aiutati anche dalla neve che aveva iniziato a fioccare nel pomeriggio. Tanaka aprì la porta dell'atrio e vi entrò, facendo un profondo sospiro. Era esausto, dopo tutto quello che era successo nel pomeriggio alla parata. E dopo gli accertamenti in ospedale, aveva portato Hibari a casa, senza che spiccicasse una sola parola o che lo guardasse una sola volta. Lo aveva lasciato nel letto, con qualche canarino appollaiato tra le coperte e i capelli come a confortarlo, ma non era sicuro che stesse bene come diceva il medico. Si era sforzato di andare in caserma a stilare il rapporto e finalmente, finalmente a casa. Anche se in verità stava pensando di andare fino al dodicesimo piano a vedere come stava Hibari. Ma se stava dormendo? Non voleva svegliarlo, il riposo era la miglior cura a qualsiasi cosa lo turbasse...
Appena aperte le porte dell'ascensore al secondo piano Tanaka sospirò e uscì, imponendosi di non preoccuparsi oltre. Sapeva badare a se stesso, in quelle condizioni dove sarebbe potuto andare, che avrebbe potuto fare di pericoloso?
Il ragazzo biondo si frugò nella tasca interrompendo il filo dei propri pensieri. Dov'era finita la chiave? Rivoltò tutte le tasche e la borsa, ma non c'era. Doveva averla lasciata in caserma, forse sulla sua scrivania. Selezionò tre o quattro insulti generici e pensò di salire di sopra da Hibari, a quel punto. Non aveva nessuna voglia di tornare in caserma a prendere le chiavi...
Mosse appena un passo verso l'ascensore prima che qualcosa lo costringesse a tornare alla porta del suo appartamento. Gli era sembrato di sentire qualcosa. Accostò l'orecchio e udì distintamente una bassa musica provenire dall'interno. Accigliato e perplesso, tentò la maniglia e scoprì con stupore che la porta non era affatto chiusa. Sorpreso e incuriosito la spalancò ed entrò.
L'appartamento era buio e non vedeva tracce di esseri umani. Senza fare rumore si tolse le scarpe lasciandole dove capitava, saltò l'asse cigolante nell'atrio e si avventurò al buio. C'era ancora la musica, bassa e lenta, che proveniva dal salotto. Sentiva anche qualcos'altro, uno strano odore, ma prima che potesse pensare di interpretarlo era giunto alla soglia del salotto. Sul divano accanto allo stereo c'era una figura nella penombra, ma le luci del display gli permisero di capire chi era.
-Kyoya?-
Lui non rispose e si portò il bicchiere alle labbra, senza dare segno di averlo visto o sentito. Tanaka si avvicinò e riconobbe finalmente l'odore: era qualche tipo di superalcolico, whisky o rhum.
-Kyoya?- lo chiamò più forte.
-Ehi.- rispose lui piano, dondolando il bicchiere. -Scusa per il whisky.-
-Come?-
-Credo fosse un regalo di Natale di tuo padre.-
-Ah... no, nessun... stai... stai bene?-
-No.-
Hibari svuotò il bicchiere prima che Tanaka potesse fare qualcosa per impedirglielo.
-... Ehm... cosa... cosa c'è che non va?- domandò Saeki, sedendosi accanto a lui sul divano, con il tono più tranquillo e casuale che riuscisse a simulare. -È per Rokudo Mukuro?-
Hibari si fermò mentre stava per versarsi altro whisky e chiuse la bottiglia con un gesto lento. Quando parlò aveva uno strano tono distaccato.
-Una volta lui mi amava.-
Qualcosa di molto simile all'orrore paralizzò la mano del vigilantes biondo nel gesto di afferrare un bicchiere dal centro del tavolo. Senza dire niente, lo prese e si versò da bere.
-Una volta lui mi amava.- ripetè Hibari, come se non riuscisse a credere a cosa diceva. -E io amavo lui.-
Tanaka non avrebbe mai voluto una risposta simile alla domanda che gli aveva fatto in ospedale.
-Perchè... è successo questo? Perchè non ci siamo visti per anni... e anni... e siamo arrivati al punto di... di... lui mi avrebbe lasciato morire! Diceva di fare tutto questo per me! Diceva che il partito mi aveva tolto la primavera dal cuore, che lui l'avrebbe fatta ritornare, invece... potevo morire oggi, e lui non ha cercato di salvarmi!-
-... No... però... però... c'ero... io.- balbettò incerto Saeki. -C'ero io... a salvarti.-
Tanaka non stava tentando di prendersi il merito, ma di spiegare che cosa pensava: che Rokudo Mukuro non l'avesse aiutato solo perchè aveva visto arrivare di corsa lui sul ponte, e che avesse avuto fiducia che sarebbe stato salvato dal suo collega. Non si era espresso molto bene e Hibari infatti non sembrò afferrare il senso che avrebbe voluto.
-Lo so...-
-No, io inten...-
-Lo so, lo so...- lo interruppe Hibari. -Il punto è che tu... ci sei sempre per me... ci sei sempre stato, anche se ci detestavamo e passavamo il tempo a discutere, tu... c'eri per me nel distretto sette... eri in ospedale, ed eri lì oggi... sei sempre tu...-
Davanti a quella strana piega del discorso Tanaka non ebbe più molta voglia di chiarire ciò che intendeva dire e si sentì innegabilmente compiaciuto. Avrebbe potuto ascoltarlo dire cose del genere per tutta la vita.
-Io... d-detto così la fai sembrare una cosa eroica...-
-Non lo è, per te?-
Tanaka si rese conto che lo spazio sul divano fra i loro corpi era scomparso, anche se non sapeva dire chi dei due si fosse spostato verso l'altro. Strizzando gli occhi nella penombra sbirciò la bottiglia del whisky. Considerando il suo bicchiere ancora pieno, Hibari doveva averne bevuto pochissimo. Quindi non era ubriaco per dire cose del genere, le pensava davvero?
-La realtà è che da quando sono nato ho sempre avuto l'impressione che Mukuro fosse l'unico ad esserci per me... i miei genitori mi lasciavano sempre in disparte, e sono cresciuto con un carattere a dir poco... drastico...-
Il ragazzo biondo lo guardò, il profilo spiccava scuro contro la luce del display dello stereo. Avevano parlato molto di varie cose sin da quando era stato ricoverato all'ospedale, ma mai di cose tanto personali come l'infanzia. Hibari Kyoya, poi, sembrava vivere la sua vita come se non ne avesse mai avuta una.
-Non mi sono mai fidato degli altri, pensavo di dover sempre riuscire a fare le cose da solo... poi... ho trovato un gruppetto di persone che mi hanno... costretto ad aprirmi un po'.-
-Tra loro c'è lui?-
-C'era anche lui. Sì. Io non lo sopportavo, era fastidioso, sarcastico, ribelle e sopra le righe... tutto il contrario di quello che sono sempre stato io... silenzioso, serio, disciplinato...-
Al giovane biondo risultava un concetto un po' diverso di "disciplinato", ma non commentò.
-Era diverso... e come avrai notato oggi, la dialettica è sempre stata una sua virtù... e anche la libertà... ha scelto tutto. Ha scelto la sua vita a partire dal suo nome in avanti, senza farsi fermare da niente, nemmeno da me... non mi ha mai dato retta, non ha mai voluto seguire la strada che io volevo per lui.-
-Kyoya... voi due siete stati... amanti?-
Hibari voltò la testa di scatto e lo guardò con una strana espressione, come se mai si fosse aspettato che qualcuno partorisse una così folle idea. Eppure a Tanaka pareva una domanda più che legittima, al punto che non riusciva a reprimere il fastidio di pensare alle mani di Mukuro che lo toccavano ovunque.
-Naturalmente no!- sbottò Hibari seccato, come se solo un idiota potesse pensarlo. -Non siamo mai stati insieme e non siamo mai stati amanti! Non abbiamo avuto il tempo!-
-Co... eh? Il tempo? Che vuol dire?!-
-... Che non abbiamo avuto il tempo. Ci siamo separati molto prima che potesse accadere.- ribattè lui, sempre col tono di chi parla di cose ovvie. -Dopo di allora abbiamo camminato su strade divergenti.-
-Intendi dire che... sarebbe successo?-
-Quando aveva quindici anni non faceva altro che cercare di baciarmi, fare battute sconce e subissarmi di biglietti. L'avrebbe fatto succedere prima o poi. Ma poi è arrivato l'Haido, io lo ritenevo una cosa meravigliosa, lui lo odiava. Quando ha saputo che mi sarei arruolato nella polizia ha detto che non avevamo più niente da dirci. È stata l'ultima volta che l'ho visto, fino al giorno in cui è stata presentata la sua domanda per l'alloggio governativo.-
La canzone in sottofondo sfumò piano nel silenzio, prima che ne iniziasse un'altra altrettanto lenta. Tanaka aveva paura di infilarsi in un tale ginepraio, ma capiva anche che se voleva arrivare a toccare il cuore di Hibari doveva liberarlo dalle spine, in qualche modo. Bevve un sorso di whisky nella speranza che gli desse coraggio, ma gli arrecò solo un gran bruciore in bocca. Si chiese perchè suo padre spendesse un sacco di soldi per bere una tale sciacquatura di piatti urticante.
-Hai... ehm...- si schiarì la voce a causa del whisky. -Hai sofferto... la sua mancanza?-
-Ho sofferto la sua condizione... con tutte le persone che avevano deciso di seguirlo infelici, lui unico responsabile delle loro vite... io lo conosco Mukuro, è come me... non parla a nessuno di quello che prova davvero, della paura che ha. Ed essere sempre soli fa paura.-
-Ma tu stai parlando con me... no?- fece Tanaka con un sorriso.
-Io ho te adesso... ma lui ha qualcuno come te?-
Hibari guardò la notte nevosa fuori dalla finestra, senza fare alcun caso alla mano di Tanaka sulla sua.
-Spero solo che l'abbia... perchè io non so che cosa sarebbe stato di me senza di te...-
Prima ancora che si accorgesse di qualsiasi intenzione o movimento, le loro bocche erano incollate e Tanaka riusciva solo a pensare di aver fatto bene a non accendere la luce, perchè il buio nascondeva le sue orecchie e il suo viso, che con alta probabilità erano di un rosso acceso.
   
 
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