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Autore: whitemushroom    05/09/2014    5 recensioni
Le luci si rispecchiano nei canali della città di Toleno, e la voce di una meravigliosa cantante è il presagio di uno spettacolo fantastico che sta per iniziare. Il sipario si solleva, ma le persone che si muovono sul palcoscenico di Gaya non sono meri attori, ma creature che soffrono, amano ed hanno dei piani per il futuro. La granduchessa di Lindblum si troverà ad un punto di non ritorno, e forse tutto quello a cui ha creduto fino a quel momento può svanire quando l'Hilda Garde si alza in volo e ad attenderla c'è uno stormo di draghi d'argento.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hildagarde Fabool / Lady Hilda, Kuja
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Non un Jenoma - e altri racconti.'
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We must part now, my life will go on.
But my heart won't give you up.
Ere I walk away, let me hear you say
I meant as much to you....



Spero che un giorno Cid si decida ad imporre ai suoi marinai di non bere durante le missioni. A giudicare da quanto facilmente crolla sulla poltrona oserei dire che Erin non sarà in grado di distinguere la destra dalla sinistra se non dopo una dormita di qualche giorno, e l’occhio di un pesce esposto al mercato di Ka’atur è sicuramente più vispo delle iridi velate di rosso di Mako.
Dovrò ubriacarmi anche io per trovare il coraggio di salire a bordo di una nave guidata da questi due, ma la bevanda a base di naj ha bisogno di una modifica o due.
La cosa bella di trovarsi su un palco è il poter sfuggire alla folla e lasciarla ciarlare sotto i propri piedi. Estraggo con calma il contenitore delle erbe e scelgo di cui ho bisogno. L’artemisia mi tenta, ma i suoi grani rossi mi terranno sveglia e nervosa per le prossime notti, quindi mi limito ad una manciata di polvere di dionea. La bevanda passa ad una tonalità azzurra più invitante di prima, e quando porto il bicchiere alle labbra mi basta il contatto di qualche goccia sul palato per rilassarmi.
Nell’intervallo l’orchestra non si ferma neppure per un istante, riempiendo la sala con delle note basse e delicate che velano il brusio generale; affondo le spalle nello schienale, piena della sensazione di annegare tra le nuvole con una nenia deliziosa. Il ricordo di Anya sfuma, allontanato dal pensiero che se Cid fosse qui appoggerei la testa contro il suo petto e rimarrei così ad ascoltare il canto di Draco e Maria anche per tutta la vita. E gli direi anche che lo amo, e che dovremmo andare al teatro dell’opera anche una volta al mese, e che sono stata una sciocca a non aver mai preso lezioni di ballo. L’abito di Rosette non mi starebbe affatto male. Ho sempre trovato il bianco un colore fantastico, e sono sicura che anche Cid approverebbe un walzer con …
Un pizzico, fastidioso come un ago, invade il retro della mia mente.
Esco subito dalla nube di sogni e scuoto la testa per cacciare l’intrusione. Ciò che resta della bevanda cade a terra. Erin e Mako vengono nella mia direzione, ma prima che l’effetto della dionea svanisca mi alzo in piedi alla ricerca della fonte di quell’intrusione.
“Tutto a posto, granduchessa?” chiede Mako mentre fa svanire i frammenti del bicchiere nella sua enorme mano. “Si è addormentata ed ha avuto un brutto sogno?”
Sarebbe bello se fosse un sogno. Ma conosco la dionea. Conosco i suoi sogni ad occhi aperti, e quel pizzico non era un sogno. Era così dannatamente reale che ancora pulsa al centro della testa, qualcosa più vicino alla magia che alle mie erbe, ma dubito che questo particolare possa interessare ad un marinaio superstizioso.
“Sì, scusatemi …” mormoro “… soltanto un brutto sogno”.
La platea è tranquilla, quasi vuota. Un uomo e una donna stanno approfittando di quell’attimo di quiete per scambiarsi qualche affetto, ma a parte loro ed una manciata di signore anziane non c’è nulla fuori posto né alcuna persona sospetta. Persino lo strano uomo dai capelli argentati ed il cappello a tricorno non c’è, il suo palco impeccabile nel silenzio gentile della salone. La clessidra indica che mancano oltre quindici minuti all’inizio del prossimo atto.
Un secondo pizzico, sempre nello stesso punto. E capisco che non mi sono sbagliata.
Magia. Qualcuno sta usando la magia.
Sono passate ere geologiche dall’ultima volta che ho percepito in maniera così precisa la creazione di un incantesimo, e mai in modo tanto acuto, pungente. Il ricordo del tocco dei piccoli incantesimi di mio padre era diverso, come un alito di vento mentre mi mostrava come estrarre il potere dai petali di artemisia; una sensazione che nessuno intorno a noi riusciva a percepire, un segno che soltanto nelle nostre vene scorrevano frammenti di magia. L’uso di un incantesimo risuona in coloro che riescono a sentirlo, come un suono speciale che solo alcune persone possono udire. Ed il terzo pizzico che mi raggiunge al centro del cervello è la prova che non mi sto sbagliando. E che qualunque incantamento sia in corso non è qualcuno che sta preparando una semplice pozione. “Erin … Mako … andiamocene subito da qui”.
“Granduchessa, non si sente bene? Se vuole andiamo a prenderle …”
“No. Recuperiamo Cid e usciamo immediatamente”.
Non c’è bisogno di una sfera di cristallo per capire che si stanno chiedendo chi tra noi sia davvero ubriaco. Ma grazie al cielo sono una granduchessa, ed anche una granduchessa piuttosto capricciosa, scorbutica e potenzialmente pericolosa; Erin lancia uno sguardo triste al calice ancora mezzo pieno, poi scivola al mio fianco mentre il suo compagno chiude la fila.
I bagni sembrano più lontani di quanto avessi pensato.
Cid … quanto ci stai mettendo?
Il pizzico riprende, e stavolta è più simile ad una mano che preme. Stringe e rilascia, e ad ogni colpo tutto il sangue risponde espandendosi nelle vene fino alla punta dei piedi. Non è doloroso, ma qualunque cosa sia non cerca di nascondersi. La magia si muove, mentre la sensazione aumenta ad ogni passo, precisa e costante. Come il battito di un cuore.
L’ala dedicata al bagno degli uomini ci appare alla sinistra. Mako entra senza troppi complimenti ed io mi fingo interessata ad un quadro che rappresenta una scena di caccia ad un animale di cui non saprei dire nemmeno a quale specie appartenga. Un paio di uomini escono e mi lanciano un’occhiata, ma per quel che mi riguarda possono anche sprofondare all’inferno. Voglio solo vedere Cid.
Mako esce, e non mi sfugge lo sguardo rapido che scambia con Erin prima di rivolgermi la parola. “Il granduca non è qui, altezza”.
“Come sarebbe a dire che non c’è? Abbiamo percorso l’unica strada da qui al palco e non lo abbiamo incontrato” rispondo, e come per istinto la mia mano corre alla borsetta alla ricerca della familiare forma rotonda della sfera di cristallo. Potrebbe essere da qualsiasi parte, a conversare con chissà quale nobile o al buffet, ma la sensazione di quella magia in atto inizia a scivolare fino allo stomaco e non ho alcuna intenzione di perdere altro tempo; è una sorpresa ed anche un certo fastidio quando Erin trattiene con gentilezza la mia mano. “Altezza, non si preoccupi. Lei inizi ad uscire con Mako e cercherò io il granduca”.
“Non se ne parla”.
Qualunque cosa stia succedendo, io devo stare con lui. Lui si fida di me. Il battito dentro la mia testa segue il suo ritmo. “Non vado da nessuna parte senza mio marito”.
“Non ho idea di cosa stia succedendo, ma se ci fosse un pericolo il granduca vorrebbe saperla in salvo”.
Continua a guardare la borsetta, evitando il mio sguardo. Ed in quel momento mi accorgo che anche Mako sta facendo altrettanto.
“Erin … tu sai dove si trova Cid, vero?”
Altri occhi verso la borsetta, seguito da uno sguardo profondo, fisso e freddo verso il pavimento. Il lampo che mi attraversa la mente mi fa dimenticare in un attimo del perché ci troviamo in questa situazione e tutto il corridoio, i quadri, le statue ed il mondo iniziano a girare al ritmo della magia; il mio desiderio di poter evocare una palla di fuoco si sta facendo più forte che mai. “Non obbligarmi a chiedertelo una seconda volta”.
Entrambi fanno un passo indietro; forse è solo un’impressione, ma la magia esplosiva rimbomba nella mia stessa voce, come il suono di un tamburo rimasto troppo a lungo silenzioso dentro una gola. Assaggio il loro timore, e per un istante mi sembra di sentirlo bruciare contro il mio palato, una cosa viva con un odore acre che mi arriva fin dentro le narici; la sensazione dura il tempo della frase, ma per quei pochi istanti li ho … sentiti. In qualche modo so, respiro che non riescono a percepire il potere in atto, ma i loro visi rivelano solo la paura della Strega a cui ora devo attingere a piene mani. “I-il granduca probabilmente … p-probabilmente … se non è nel bagno degli uomini …” biascica Erin, e per una volta non sta parlando sotto l’effetto dell’alcol. “D-deve essere andato in –in quello delle donne. Ma altezza, la prego di …”
Svolto l’angolo ed il corridoio inghiotte la sua voce. Se non sono troppo idioti –ho sempre dubitato dell’intelligenza di Mako, ma Erin è una donna e dovrebbe avere una certa sensibilità- non mi seguiranno. E se lo facessero potrei non rispondere di me stessa, soprattutto quando con me ho qualcosa di molto più utile di una sfera di cristallo che in questo momento sfracellerei contro un muro per la collera. Al diavolo la magia.
Al diavolo tutto ciò che esiste e respira in questo maledetto teatro. Potrei sbagliarmi, ma purtroppo su certi argomenti non sbaglio mai.
Dal bagno delle donne non esce nessuno. Anzi, il silenzio quasi innaturale e l’assenza del classico chiacchiericcio mi circondano; entro accompagnata dalle luci soffuse. Per un attimo rimango sulla soglia, fissando le pareti piastrellate di azzurro sperando di non trovare quello che temo. Ma da una porta, l’ultima sulla mia sinistra, vengono dei rumori di respiri mozzi e mani che premono sulla porta. Le parole sono interrotte da baci, sospiri e poi ancora baci, una sequenza che conosco e che amo.
Mi levo le scarpe e mi avvicino, anche se forse le due persone non si accorgerebbero comunque dei miei passi; voglio sentire e sapere, zittire quel campanello d’allarme che si sta trasformando in un’orchestra sinfonica ad ogni passo ed illudermi che il respiro che sento oltre la porta di legno intarsiato non sia quello della persona che ho giurato di amare contro qualunque logica.
“Cid …” ansima la voce di donna, la stessa voce che per un’ora ha fatto palpitare il mio cuore sotto le luci del teatro, la stessa che avrei fatto di tutto per udire una seconda volta. “… devo tornare in scena … non posso …”
“Cinque minuti di ritardo non uccideranno nessuno dei tuoi ammiratori. In compenso … faranno molto felice me”.
Il porco.
Il grandissimo figlio di puttana.
Il solo pensiero che quei due bastardi dei suoi marinai sapessero tutto mi fa pulsare il cuore nelle orecchie, ma non basta a coprire le loro voci che si fanno lentamente più forti fino a sovrastare anche i miei pensieri. Voglio piangere.
E piango.
“Sei sicuro che tua moglie non sospetti nulla?” mormora Rosette, e dal minuscolo spiraglio al di sotto della porta riesco a vedere due piedi scalzi che si sollevano sulle punte per cercare le labbra di Cid. Le trova, perché prima di parlare una terza volta il suo respiro viene catturato da un bacio. Il battito della magia adesso è un temporale dal ritmo martellante. “Ho sentito dire che è una …”
“Dobbiamo proprio parlare di lei adesso, usignolo?”
No. Suppongo di no.
Il pavimento è freddo e umido. Non so come vi sono finite, ma le piastrelle giocano con le mie dita, così vicine che mi osservo del riflesso di marmo su cui cade prima una lacrima, poi un’altra. Non ce la faccio. Non di nuovo, almeno. Cid le mormora ancora qualcosa, ma dentro di me ripete che sono la migliore, che sono diversa da Adele, Alyna e tutte le altre, che mi ama, mi ama e mi ama mille volte. Mi dice di aver sbagliato, di essere un debole e un idiota. Il volto che si specchia sul pavimento lucido ha gli occhi rossi e si morde il labbro nel tentativo di soffocare il pianto disperato che non ha mai cercato di contenere al suono di tutte quelle bugie che ridono e danzano nella sua mente insieme alla magia che detta il ritmo nel loro movimento sfrenato. Le menzogne risalgono come le pagine di un libro antico e si staccano dal corpo, seguendo il vento, ed io sono stanca, stanca, stanca di amarlo. Gli incantesimi nell’aria battono nel mio cuore e profumano di rosa selvatica.
Chiedono di essere presi. Ed usati.
Vorrei incenerirli. O anche trasformarli in statue di ghiaccio, tutti e due o soltanto il porco. La magia che ormai posso persino respirare chiede di uscire, è affamata, stanca e furiosa; coglierla sarebbe una tentazione troppo grande, chiunque stia usando tutto questo potere nemmeno si accorgerebbe dei frammenti incantati che mi servirebbero per creare una piccola sfera infuocata e cancellare il bastardo e quella puttana della sua cantante dalla faccia di Toleno. Ed usare una magia vera … anche solo per una volta …
La fiamma guizza tra le mie dita e svanisce. Non l’ho immaginata. Il bagliore rosso ancora si riflette sui palmi mentre l’aria si riempie di tepore. Cid e quella donna continuano la loro “canzone”, ed ogni loro suono alimenta di nuovo il fuoco; l’incantesimo ritorna in vita senza che io abbia pronunciato alcuna formula o lanciato delle polveri, semplicemente c’è e qualcosa tintinna in ogni angolo del mio corpo per questo nuovo potere. Non brucia. La fiamma si sparge intorno al polso, lo muovo in aria ma lo segue meglio di un guanto a destra e a sinistra, non abbandona la mano e la avviluppa, come se attendesse un comando. Questa è magia.
È bella e spaventosa come una sirena dalla voce soave, in attesa che i marinai cedano al suo potere. Ed è impossibile resisterle.
Una scintilla salta, poi un’altra ancora; guizzano dalla mia mano fin davanti agli occhi e rispondono. Quello che fino ad un istante fa avevo soltanto osato immaginare prende vita e mi accetta, si plasma fino a sembrare un piccolo nucleo cremisi che brucia proprio davanti a me e chiede di essere usato. Respiro e si ingrandisce ancora un po’, regalandomi una tensione alla base della schiena come se tutto il corpo sia proiettato verso l’incantesimo che non vedo l’ora di scagliare per trasformare quei due infami in mucchietti cenere da riversare nel gabinetto per poi attivare lo sciacquone. Sono la corda di un arco in attesa di lanciare morte.
Ma ho fatto una promessa.
E questa si illumina di rosso intorno al mio dito, quella sottile fascia d’oro che adesso è una lingua di fuoco che lo circonda senza emettere alcun calore; l’incantesimo si specchia nell’anello su cui ho giurato amore, e questo brilla sopra qualsiasi scintilla. L’arco si allenta, e prima che io possa formulare anche un solo pensiero decente il globo di fiamme sparisce proprio come è comparso; la magia è ancora nell’aria e detta il battito, ma stringo le dita, cerco la forza e questa non viene. Non viene, non ascolta. Si sente quasi tradita, ma io non posso tradire me stessa. Perché non sono lui.
Ed ho fatto una seconda promessa, proprio quando ho capito che piangere e gridare non ha portato alcun frutto che altri tradimenti; non serviranno oggi, non serviranno mai. Forse nemmeno una palla di fuoco. Vorrei avere un’altra scelta, ma tornare sul palco e sorridere come se niente fosse è qualcosa che non ho intenzione di fare.
La polvere di ghen è molto sensibile al calore. Quando apro il contenitore di cuoio l’aroma mi punge le narici e trattengo il respiro senza pensarci due volte, conoscendo le conseguenze; il minerale azzurro scintilla come una pietra preziosa, imbevuto della magia che sta saturando del tutto anche questo posto. Dieci gocce di estratto di romice cadono nel sacchetto, e non ho ancora terminato di richiudere la fiala che il ghen emana un odore fortissimo in un rivolo di fumo bluastro che si alza dal sacchetto e diffonde nell’area del bagno. Basta un tocco della mia debole magia per innescare la reazione finale: il composto ormai vaporizzato risponde allo stimolo e reagisce cambiando colore fino ad una tinta violacea che sale fino al soffitto e si adagia sopra la mia testa. Non devo respirare. Nemmeno se …
L’anello che Cid mi mise al dito il giorno del nostro matrimonio non risplende, ma pesa come se tutta la reggia di Lindblum vi fosse attaccata. Potrei appoggiarlo davanti alla porta di quel bagno, sicura che Cid lo riconoscerà –sempre che sia riuscito a capire come spostarsi con le quattro esili zampette di uno scaraburi- e capirà che la donna che ha sposato è una persona che mantiene le sue promesse … ma è meglio di no. Questo anello serve anche a me.
“Sei un grandissimo bastardo, Cid”.
Spero solo che nessuna donna abbia la malsana idea di entrare in questo bagno per i prossimi dieci minuti.
No, a dire la verità non lo spero affatto. Vedere qualche principessina ribaltarsi con l’esoscheletro di uno scaraburi sarebbe divertente, e mi dispiace solo non poter osservare la faccia dell’impresario e di tutti quei nobili profumati quando la loro adorata Rosette Mirage canterà una nuova aria di mezzo carattere con la sua sensuale voce da insetto che deve essere piaciuta davvero tanto a Cid. Non ho intenzione di rimanere in questo maledetto teatro un istante di più.
Erin e Mako sono ancora dove li avevo lasciati, gli occhi molto intenti a fissare la punta delle proprie scarpe. Deve esserci qualcosa di davvero molto interessante. “Se non siete amanti di pranzi a base di zanzare e moscerini vi consiglio di non correre subito dal vostro prezioso granduca” suggerisco passando davanti a loro col passo più veloce che mi consente l’abito da sera, ed i due mi scansano come se potessi sputare fuoco da un istante all’altro senza sapere quanto ci sono andati vicino. “E se uno di voi prova anche solo a seguirmi si troverà a gracidare sul fondo dello stagno della regina Brahne, intesi?”
Come se in fondo me ne importasse qualcosa …
Quando raggiungo l’uscita del teatro l’aria fresca mi riempie i polmoni. È notte fonda, ma le luci della città della musica fanno a gara con le stelle disegnando un firmamento artificiale davanti ai miei occhi, lo stesso che stava soltanto prendendo vita quando sono entrata in questo edificio al braccio dell’uomo che pensavo di amare. È bello respirare. Mi sembra di sentire accanto il respiro pesante di Anya Fabool ed il suo aroma di malyon.
Immagino sarebbe stata d’accordo con me. Cerco di fare ordine nella testa, ma l’immagine di Cid martella nella mia testa al ritmo della magia.
La magia …
Cancello con violenza tutti gli altri pensieri. La rete di incantesimi che ha causato tutto questo è ancora nell’aria, e scivola ormai per ogni strada di Toleno diventando sempre più forte ed affamata, un’ondata invisibile di cui nessuno oltre me sembra rendersi conto. Non sembra qualcosa di distruttivo, ma adesso, fuori dal teatro, sprigiona tutta la sua potenza in una forma che non ho mai visto. E, realizzo subito dopo con orrore, il fulcro della magia è a pochi passi da qui, al molo delle aereonavi. Più esattamente a bordo dell’Hilda Garde I.
  
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