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Autore: Yutsu Tsuki    05/09/2014    2 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5


Invidia







— Tu sei Ken, vero?
— S...sì. — In altri contesti l’avrebbe corretto dicendogli il suo vero nome, ma questa volta non osò contraddire Castiel.
— Beh, ho saputo quello che hai fatto ad Ambra. Uno che riesce ad umiliarla in quel modo non può che meritare la mia stima!
Seguirono cenni di assenso da parte dei seguaci, poi il silenzio. Kentin non poteva credere a quello che le sue orecchie gli avevano fatto udire, né che il suo naso fosse ancora integro. Non sapeva cosa rispondere o se rispondere. Era solo incredulo che il bullo che aveva sempre temuto, ora si stesse complimentando con lui.
Siccome stava passando troppo tempo in silenzio, buttò fuori le prime parole spontanee: — Era ora che qualcuno la mettesse in riga. — Ancora cenni di assenso. Li aveva conquistati. Si rese conto che quello che un tempo era solo un bimbetto piagnucolante, ora era una persona stimabile, qualcuno con del fegato e in grado di fare qualcosa che pure Castiel non avrebbe mai fatto. Evitando accuratamente di far notare questo particolare agli altri, Kentin continuò per qualche minuto a conversare con i ragazzi più grandi, finché non decisero che fosse abbastanza, e se ne andarono dallo spogliatoio soddisfatti.
Ora un sorrisone aleggiava sul volto di Kentin, ma fu presto interrotto da una testa spuntata dalla sua destra: Nathaniel era rimasto lì per tutto il tempo, ed aveva ascoltato l’intera conversazione fra lui e Castiel.
— Che cosa avresti fatto ad Ambra? — Quasi si era dimenticato che loro due erano fratelli.
— Nulla di grave, non preoccuparti — disse con tono autorevole. Non aveva intenzione di farsi mettere sotto da qualcuno che per ben due volte aveva beccato insieme a Candy in atteggiamenti non poco compromettenti.
— Che cosa le hai fatto? Dimmelo adesso. — Gli occhi di Nathaniel avevano assunto un taglio omicida, così Kentin scelse di raccontare la verità: — Ascolta, non devi dare la colpa a me. Tua sorella è un’arpia! Mi ha sempre trattato male, a me e a tutti gli altri ragazzini indifesi. È a causa sua se me ne sono andato da questa scuola...— Col riaffiorare di questi tristi ricordi, Kentin sentì i propri occhi inumidirsi, ma bastò questo particolare per far svanire dal viso di Nathaniel l’espressione minacciosa, al posto della quale se ne fece largo una di compassione sincera.
— Io...ti capisco, hai ragione. Ma non è con la vendetta che si risolvono queste situazioni — disse il biondo sommessamente.
— Lo so, infatti non è stato niente di tremendo. Volevo solo farla smettere di prendersela con gli innocenti. Tutto qui.
Chiarito il problema, Kentin indossò in silenzio la tuta e, senza dare al suo interlocutore la possibilità di rispondere, uscì dallo spogliatoio per la lezione di ginnastica.
La palestra era quasi deserta. C’era solo un gruppetto di ragazze che dopo averlo visto emisero acuti gridolini e parlottarono fra di loro. Ma l’obiettivo di Kentin era solo Candy, che probabilmente in quel momento si stava cambiando.
L’ora di ginnastica passò in fretta. Kentin era stato scelto insieme ad un compagno per formare due squadre per la partita di basket. Quando era toccato a lui scegliere il primo componente del suo team, aveva subito esclamato: — Candy! — anche se sapeva benissimo che era negata in quello sport. Questo però la rese contenta, e fece scattare la gelosia nelle altre compagne.
Alla fine Kentin aveva vinto la partita segnando il maggior numero di canestri, ma al termine della prima ora era distrutto dalla fatica.
Decise che, prima di parlare con Candy, sarebbe andato in bagno a rinfrescarsi un po’. Purtroppo anche quello era tappezzato di specchi.
Sforzandosi di non guardarli, si posizionò davanti ad un lavandino. Doveva stare attento: per poco prima non si faceva beccare da Nathaniel; ora non poteva permettere che qualcun altro lo sorprendesse ad ammirarsi. Però il bagno era vuoto. Che male poteva fare una piccola sbirciatina?
Alzò un occhio. Gli sembrava di avere davanti un estraneo, ma questo non importava. L’unica cosa che contava era che davanti a lui c’era l’essere più affascinante del mondo, e lui aveva la possibilità di vederlo dal vivo. Si avvicinò a lui. Lo sguardo verde era ipnotico, i lineamenti perfetti. I palmi delle loro quattro mani andarono a combaciarsi, i due volti si stavano lentamente avvicinando, quando due ragazzini entrarono di soppiatto in bagno.
— Ma che cosa...? — fece uno di loro. Lo avevano visto. In pieno.
— Che stai facendo? — Kentin tolse subito le mani dallo specchio e li guardò pietrificato. — Nulla — disse con calma, poi entrò in un gabinetto e chiuse a chiave.
Sapeva benissimo che in quel momento si stavano scambiando sguardi di assenso, dato che non potevano parlare a voce alta. Probabilmente pensavano a quanto strano e inquietante fosse stato il suo comportamento, al fatto che forse sarebbe stato meglio parlarne con qualcuno, farlo sapere in giro.
Al solo pensiero Kentin rabbrividì. Proprio ora che era riuscito a togliersi di dosso l’etichetta dell’insignificante bambino capriccioso, le sole parole di quei due ragazzi avrebbero compromesso definitivamente la sua reputazione.
Aspettò che se ne fossero andati. Poi uscì dal gabinetto e si bagnò un po’ i capelli con l’acqua. Ora quell’essere perfetto davanti a lui lo guardava con sguardo triste, e non sembrava più tanto bello.
Cercò di scostare dalla mente quello che era successo. Cosa può fregargliene a quei due? Figurati se vanno a spifferarlo in giro. Non gliene importerebbe niente a nessuno. Si ripeté più volte. Adesso devo andare da Candy, punto e basta. Ed uscì dal bagno.
E se lo sapesse già tutta la scuola? Dovrò andarmene di nuovo? ...No! Candy e basta. Camminò verso la propria aula, evitando lo sguardo di tutti quelli che incrociava, che però non sembravano considerarlo molto.
Arrivato in classe, cercò Candy, ma non la vide da nessuna parte. Stava indietreggiando per uscire, quando andò a sbattere contro qualcuno. Si girò e trovò proprio la persona che stava cercando.
— Candy, ciao! — disse imbarazzato. Lei lo era quanto lui.
— Ah ciao! Senti...a ginnastica non ho avuto modo di dirtelo, ma volevo assicurarti che prima avevo incontrato Nathaniel per pura casualità, io non lo stavo cercando, davvero! — Era l’incarnazione della sincerità. Kentin la guardò con compassione, poi disse: — Va bene, ti credo...però è già la seconda volta che vi vedo in circostanze...diciamo un po’ ambigue.
Candy ci mise un po’ a capire che la prima volta era stata quella in cui Kentin e Castiel li avevano sorpresi a terra una sull’altro, ma quando le venne in mente, rispose: — Intendi ieri? No, davvero! Non l’ho fatto apposta, sono solo scivolata e c’era lui davanti, devi credermi! — Schiettezza pura. Kentin sorrise, sicuro che l’unica spiegazione plausibile fosse che Candy si trovasse nel posto sbagliato al momento sbagliato. Dopotutto, in quella situazione, se avessero voluto fare qualcosa di...proibito, di certo non lo avrebbero fatto in un luogo così esposto come il corridoio della scuola.
Così disse: — Va bene, va bene, ti credo. — E le diede una pacca sulla spalla. Poi aggiunse: — Invece Castiel ti piace?
Il colorito delle guance di Candy assunse una tonalità rossiccia, quasi come quella dei capelli della persona chiamata in causa.
Ci fu un momento di silenzio. Lo sguardo della ragazza passò in fretta da Kentin al pavimento, rivelandone un leggero disagio. Poi, come se niente fosse, Candy fece un’espressione seria e neutrale.
— No, assolutamente no. E poi perché dovrebbe piacermi uno che ti ha sempre trattato male? — domandò con fermezza.
— Non lo so. E da quando è che ti preoccupi per me? — Chiese maliziosamente Kentin. Anche Candy sorrise, ed alzò lo sguardo fino a raggiungere i suoi occhi verdi. Non li aveva mai osservati così da vicino, ma si rese conto di quanto fossero particolari e belli. E questo Kentin lo notò.
Già, penso stia dicendo la verità. Forse è un po’ imbarazzata perché le sto facendo tutte queste domande. E comunque non ci può trovare nulla di interessante in un tipo arrogante come Castiel. La conosco troppo bene, non è una ragazza stupida.
Osservò anche lui gli occhi di lei. Era la prima volta in tutta la sua vita che poteva contemplarli senza venire allontanato o respinto. Erano di un marrone scurissimo, tendente al grigio. In perfetto accostamento con i capelli castani e chiari di Candy.
Si rese conto di quanto fosse attratto da lei. Non era né la tipica ragazza coperta di trucco pesante, né una acqua e sapone. Era ironica, divertente e solare al punto giusto. Il suo sguardo fiero, la sua determinazione e la spontaneità erano le doti che più lo avevano colpito, da quando l’aveva conosciuta. A scuola, poi, era molto popolare. Non stava mai da sola: era sempre in compagnia di qualcuno.
In effetti, ora che ci pensava, dal punto di vista relazionale, erano l’esatto opposto. Se fosse stata Candy a dover lasciare la scuola, di certo al suo ritorno avrebbe ritrovato tutti i suoi amici pronti ad accoglierla. Kentin invece non era stato salutato da nessuno, da quando era arrivato. O almeno, da quando era stata chiarita la sua identità. Anche le persone con cui un tempo parlava, sembravano non essere più interessate a lui. Questa idea fece affievolire il sorriso di Kentin. Dal suo profondo sentì nascere qualcosa nei confronti di Candy. Era forse una punta d’invidia?
Stava rimuginando mentalmente su questi pensieri, quando improvvisamente scattò il segnale assordante dell’altoparlante della scuola, e la voce acuta della direttrice rimbombò brusca nelle loro orecchie, come una lama appena affilata: — A tutti gli studenti del terzo e del quarto anno: recatevi immediatamente nell’aula B per un annuncio urgente. Ora!
— Non c’è bisogno di urlare! — esclamò Candy.
— Devi capirla: essendo vecchia, i suoi timpani non funzionano bene, quindi per ripicca se la prende con i nostri sani e funzionanti — intervenne Kentin.
— Sì, ma così non ci funzionano più!
— È proprio questo il suo scopo!
I due risero di gusto, e, dopo un’occhiata d’intesa, si rassegnarono al volere della preside, incamminandosi verso la classe da lei indicata.



   
 
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