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Autore: Macy McKee    05/09/2014    5 recensioni
[Post Friend in Need]
Dopo Higuchi, Gabrielle è rimasta sola e tenta di proseguire la sua missione a difesa di coloro che hanno bisogno d'aiuto nella terra dei Faraoni. Xena veglia su di lei dall'aldilà, varcando le barriere fra i Mondi per incontrarla ogni volta che le è possibile , ma essere uno spirito le impedisce di proteggerla come vorrebbe.
E proprio quando grazie all'intervento di Ares e alla comparsa di una misteriosa sacerdotessa il ricongiungimento fra Xena e Gabrielle sembra essere vicino, la situazione comincia a precipitare.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Ares, Gabrielle, Xena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: Benvenuti al terzo e ultimo capitolo. Ringrazio tutti per avermi seguita fino a qui, e vi assicuro che nei prossimi giorni risponderò a ciascuno di voi personalmente. Grazie a tutti quelli che hanno resistito fino a questo punto e che mi hanno incoraggiata. Siamo alla fine di questa storia relativamente corte (sono tre capitoli, ma di una certa lunghezza) e spero che vi sia piaciuto il viaggio intrapreso arrivando qui. Spero non mi odierete troppo per questo capitolo *si nasconde e si dilegua preventivamente per evitare linciaggi*
Grazie mille a tutti di cuore. 

 
When love and death embrace
Parte terza

Come aveva potuto lasciarla andare?
Aveva visto Gabrielle partire davanti ai suoi occhi e non l’aveva fermata.
Peggio: era stata lei a mandarla via.
Gabrielle non avrebbe mai capito. Non l’avrebbe mai perdonata.
Gli abitanti di Menfi correvano attorno a lei, fuggendo dai soldati che incedevano senza pietà.
Non poteva fare nulla per aiutarli. Aveva detto ai loro guerrieri tutto ciò che sapeva sui Romani, e così il suo compito si era concluso.
Per la seconda volta consecutiva, Xena si sentiva impotente. Non poteva combattere, non poteva soccorrere i feriti. Non poteva fare altro che guardare e cercare di non vedere il volto angosciato di Gabrielle che si allontanava da lei ogni volta che chiudeva gli occhi.
‹‹Di chi è questo cavallo?›› tuonò una voce in lontananza, interrompendo i suoi pensieri.
La donna raddrizzò la schiena all’istante e socchiuse gli occhi per vedere meglio.
In piedi su una duna poco lontana, stagliata contro il Sole, c’era la sagoma di un cavallo.
Era Argo. Xena l’avrebbe riconosciuta ovunque.
La guerriera giunse ai piedi della duna in pochi minuti, in tempo per rendersi conto di non essere stata l’unica a notare la sua cavalla: da un lato stavano sopraggiungendo tre soldati romani con le spade in pugno. Dovevano aver pensato che un cavallo incustodito fosse un facile bottino; si erano sbagliati. Xena cambiò direzione all’improvviso, correndo verso di loro. Urlò, portando le mani dietro la schiena per fingere di estrarre un’arma.
Non era in grado di ferire quegli uomini, ma loro non potevano saperlo.
I soldati esitarono, rallentando. Si scambiarono un’occhiata, facendo scorrere lo sguardo dalla cavalla a Xena. La donna li vide fermarsi e riprendere la marcia nella direzione opposta.
Soddisfatta, tornò verso Argo. Appena raggiunse la cavalla, il sorriso scomparve dalle sue labbra.
‹‹Argo, dov’è Gabrielle?››
Guardò verso il deserto, e quello che vide la fece incupire all’istante: in lontananza, una muraglia di sabbia avanzava inesorabile fra le dune.
Era così densa da coprire completamente l’orizzonte, inghiottendo tutto ciò che si trovava sulla sua strada. E Gabrielle era lì in mezzo.
Xena appoggiò le mani sulla schiena di Argo, pronta a saltare in sella, ma le sue dita attraversarono il manto della cavalla. La guerriera urlò di frustrazione, dando un calcio al terreno.
Un istante dopo, stava correndo verso il centro di Menfi.
Aveva bisogno di aiuto, ma non sapeva a chi chiederlo nella città in tumulto.
Si fermò un secondo per riflettere. Aveva visto Gabrielle parlare con una giovane, la sera prima. Poteva essere un inizio.
Trovò la ragazza nascosta all’interno del tempio, seduta ai piedi di una colonna.
‹‹Ho bisogno del tuo aiuto›› le disse. La giovane sussultò, ma il suo viso si distese quando vide che si trattava di Xena.
‹‹Eri con quella ragazza.››
La guerriera annuì. ‹‹Sì, e ho bisogno del tuo aiuto per trovarla. Credo che sia in pericolo. Credo che sia nel deserto.››
‹‹Ma c’è una tempesta di sabbia. Non può stare nel deserto›› esclamò la ragazza, sgranando gli occhi. ‹‹Cosa posso fare?››
‹‹Ho bisogno di sapere chi conosce il deserto abbastanza bene da mettersi alla sua ricerca. Io non posso farlo›› rispose Xena. Tese la mano verso la colonna più vicina e la toccò, attraversandola. La giovane sobbalzò leggermente, ma nei suoi occhi comparve un barlume di comprensione.
‹‹Andrò io. Conosco il deserto, e voglio aiutarla.››
Xena scosse la testa. ‹‹Non posso chiedertelo.››
‹‹Dovrò aspettare che la tempesta si plachi, o nessuna di noi due tornerà, ma appena il vento si sarà calmato mi metterò in viaggio. E non me lo stai chiedendo. Lo sto decidendo.››
 
***
 
Gabrielle fu svegliata dall’eco di voci lontane e urla smorzate. Le sue palpebre tremarono, combattendo contro la fatica. Il suo braccio ebbe uno spasmo quando lo mosse per controllare che tutti i suoi muscoli funzionassero. Sentiva un dolore acuto all’altezza del petto, ma respirava. Era un sollievo riempirsi i polmoni d’aria e non sentire la sabbia raschiarle la gola.
La sabbia.
I ricordi invasero la sua mente con violenza. Il tempio, la sacerdotessa, Xena, la lite, il deserto, la tempesta.
Ritrovò la lucidità all'istante, svegliandosi completamente. Aprì gli occhi di colpo.
La prima cosa che vide fu la luce della luna che entrava dalla finestra. La sua mente registrò che doveva essere notte fonda, lasciandola confusa. Era certa che fosse giorno pieno quando era stata travolta dalla tempesta. Quanto tempo era passato? Poi il significato di ciò che stava vedendo si fece strada fra i suoi pensieri: “Una finestra? Dov’è finito il deserto? Dove sono?”
Sbatté freneticamente le palpebre, cercando di mettere a fuoco ciò che la circondava, e il suo sguardo si posò su una sagoma in piedi accanto a lei. Vide lunghi capelli scuri che accarezzavano un viso chiaro e grandi occhi azzurri fissi su di lei.
‹‹Xena›› mormorò, mentre un sorriso affiorava sulle sue labbra senza che lei se ne rendesse conto.
La guerriera si chinò su di lei, tendendo una mano verso il suo viso. Le sue dita rimasero sospese nell’aria, senza toccarla.
‹‹Cos’è successo?›› le chiese Gabrielle. I suoi occhi indugiarono sulle sue labbra e sul suo viso. Era così felice di vederla accanto a sé, dopo aver creduto di averla persa per sempre. Era stata così sicura di morire e di non avere più la possibilità di riempiersi la mente del suo volto e della sua voce, che il solo averla accanto cancellava tutto il resto.
‹‹Ricordi la lotta al tempio?›› domandò Xena.
Gabrielle annuì.
‹‹Ti sei inoltrata nel deserto da sola, dopo. C’è stata una tempesta di sabbia.››
‹‹Come hai fatto a trovarmi?››
Xena esitò per qualche secondo prima di rispondere. ‹‹Ti stavo cercando. Ho visto Argo tornare senza di te, e ho pensato che avessi bisogno di me.››
Gabrielle le sorrise. ‹‹Avevi ragione.››
‹‹Ma non sono stata io a trovarti›› proseguì la guerriera. ‹‹È stata Mira.››
‹‹Mira?›› domandò Gabrielle, aggrottando la fronte nello sforzo di associare quel nome a un volto. ‹‹Oh, la ragazza che mi ha indicato il tempio.››
Xena annuì. ‹‹È stata molto coraggiosa. Ha attraversato il deserto da sola per riportarti indietro.››
Gabrielle fece per aggiungere qualcosa, ma la guerriera la interruppe. ‹‹Adesso basta. Hai chiacchierato abbastanza per oggi. Devi riposare.››
‹‹Ma…››
‹‹Ti prometto che sarò ancora qui quando ti sveglierai. Te lo prometto. Ma ora devi riposare, e non accetto obiezioni.››
Gabrielle aprì la bocca per protestare, ma all’improvviso si rese conto di sentire la testa pesante e le labbra impastate. Si oppose per qualche istante al suo corpo esausto, cercando di resistere, ma la stanchezza ebbe la meglio.
Le palpebre si chiusero contro la sua volontà mentre scivolava in un sonno profondo.
Spalancò gli occhi nel momento esatto in cui si rese conto di essere sveglia e si guardò freneticamente intorno. Fece scivolare lo sguardo sul letto su cui era sdraiata, sullo sgabello vuoto, sulle pareti: nella stanza non c’era nessun altro a parte lei.
‹‹No, no›› esclamò, alzandosi. La testa cominciò a girarle nel momento esatto in cui i suoi piedi toccarono il pavimento, ma riuscì mantenere l’equilibrio. Ignorando i tremiti che scuotevano le sue gambe, si trascinò fino alla porta della capanna e uscì all’aperto.
‹‹No. L’avevi promesso›› mormorò, avanzando lentamente lungo la strada. Proseguì senza sapere dove stesse andando, fino a ritrovarsi vicino alla riva di un piccolo specchio d’acqua circondato da palme. Si diresse verso il laghetto, guardandosi attorno freneticamente. ‹‹L’avevi promesso.››
Si sedette sulla riva, quasi lasciandosi cadere a terra. Il mondo girava davanti ai suoi occhi, confondendosi in una macchia di luci scintillanti e ombre nere.
‹‹Ti avevo detto di riposarti›› disse la voce di Xena al suo orecchio. Gabrielle alzò lo sguardo sul suo viso, credendo per un istante che si trattasse di un’allucinazione causata dalla stanchezza. Ma quella era la sua voce, con quel tono di materno rimprovero che le rivolgeva ogni volta che lei non le dava retta. Non era un’allucinazione.
‹‹Pensavo… pensavo che fossi andata via.››
Xena le sorrise, sedendosi accanto a lei e guardando verso il lago.
‹‹L’avevo promesso.››
‹‹Ma… Come hai fatto con Ade?››
‹‹Mmm, non me lo ricordare. Ho chiesto aiuto a qualcuno di piuttosto spiacevole.››
‹‹Ares?››
La guerriera annuì con una smorfia.
‹‹Ti lascerà mai in pace?››
‹‹Se mi permette di vedere te, può continuare a tormentarmi per il resto dell’eternità. Non m’importa di lui.››
Gabrielle sorrise, volgendo a sua volta gli occhi verso il lago. L’acqua era così calma da fornire un riflesso perfetto di entrambe, e lei lo ammirò.
‹‹È bellissimo›› bisbigliò, e non sapeva se si stesse riferendo al paesaggio o all’avere di nuovo Xena al suo fianco.
‹‹Lo è.››
‹‹Ascolta, Xena. Mi disp…››
‹‹Shhh. È tutto passato.››
La giovane annuì. Sapeva che non era vero, ma per quella notte voleva crederle. Che male le avrebbe fatto convincersi per un po’ che fosse davvero tutto alle sue spalle?
‹‹Avevo paura che non ti avrei più rivista›› esordì all’improvviso, alzando lo sguardo sulla guerriera.
‹‹Anch’io. Quando ho visto Argo tornare senza di te in sella, ho pensato…››
‹‹No, non è quello che intendo. Ho avuto paura di non rivederti mai più. Nemmeno nell’aldilà. E se fossi morta senza avere la possibilità di riconciliarmi con te? Ho temuto di perderti per sempre, e sapevo di averti detto delle cose terribili. Avrei voluto che le mie ultime parole per te fossero diverse.››
‹‹Cos’avresti voluto dirmi?›› domandò dolcemente Xena. Gabrielle poteva leggere nei suoi occhi che la donna aveva capito e che la stava aiutando. Da sola non sarebbe riuscita a esprimere ciò che stava per dire. Accanto a Xena, invece, non c’era nulla che lei non potesse fare.
‹‹Avrei voluto dirti che sei tutta la mia vita. Avrei voluto dirti che quando ti ho conosciuta ho cominciato a capire davvero cosa significasse vivere. Sei la parte più importante di me, Xena. Sei l’unica parte importante di me. Mi hai mostrato il mondo e mi hai insegnato cosa significasse avere qualcosa per cui valesse la pena combattere, morire addirittura. Senza di te, non avrei mai imparato ad amare.›› S’interruppe, prendendo un respiro profondo. ‹‹Ti amo, Xena.››
‹‹Ti amo›› le fece eco Xena. Gabrielle la guardò, sorpresa, poi le rivolse il sorriso più caloroso che le riuscì. Lentamente si sporse verso di lei, avvicinandosi al suo viso.
‹‹Gabrielle, no. Non puoi…›› La guerriera cercò di fermarla, ma la giovane la ignorò. Si fermò a meno di un centimetro dalle sue labbra, così vicina che se Xena fosse stata nel suo corpo Gabrielle avrebbe potuto sentire il suo respiro sulla sua bocca. Rimase immobile in quella posizione a lungo, chiudendo gli occhi. Avrebbe voluto toccarla, ma se si fosse avvicinata ancora avrebbe trovato solo aria. Non poteva baciarla, non poteva sfiorare il suo viso. Avrebbe voluto appoggiare le mani sulle sue spalle e attirarla a sé, ma se ci avesse provato le sue dita la avrebbero attraversata.
Una lacrima scivolò giù dalle sue ciglia, ma Gabrielle non vi fece caso. Sarebbe potuta rimanere così per sempre, con il battito del suo cuore che le rimbombava nelle orecchie e il viso di Xena di fronte al suo. In quel momento, nient’altro contava.
‹‹Promettimi che non mi lascerai mai più›› sussurrò, muovendo appena le labbra.
Xena non rispose. Ferita, Gabrielle aprì gli occhi e indietreggiò leggermente. ‹‹Xena?››
Nessuna risposta.
‹‹Tu hai intenzione di andartene ancora›› sussurrò, alzandosi in piedi. Vacillò sulle gambe deboli, ma non cadde.
‹‹Te lo prometterei, se potessi.››
‹‹Ma perché? Hai detto che Ares ti sta aiutando! Può continuare ad aiutarti! Domani mattina mi rimetterò in viaggio. Sono rimasta indietro, ma non ho intenzione di smettere di tentare. Troverò quella donna. Poi potrai tornare da me.››
Xena scosse lentamente la testa. ‹‹Non voglio che tu ti metta in viaggio.››
‹‹Cosa?››
‹‹E se trovassi quella sacerdotessa e lei non potesse aiutarti? E se non la trovassi? Passerai il resto della tua vita cercando un modo di rimanere con me? Questa non è vita. Io voglio che tu vada avanti. Gabrielle, due volte ho rischiato di perderti e due volte non ho potuto fare nulla per salvarti. Quando ti ho vista tornare insieme a Mira, respiravi appena. Ho pensato… E sarebbe stata colpa mia. Se non fosse stato per me, niente di tutto questo sarebbe successo. Sono sempre stata pericolosa per te, ma quando ero in vita avevo almeno la possibilità di rimediare in qualche modo, proteggendoti come potevo. Ora sono impotente: non posso neanche toccarti. Come posso tenerti al sicuro se non posso nemmeno stringerti il polso per assicurarmi che respiri? Non voglio commettere un’altra volta l’errore di vederti andare via senza averti detto addio, ma ho bisogno di sapere che tu vivrai la tua vita. E non puoi viverla se dedichi tutto il tuo tempo a cercare di portare indietro un fantasma. Sono morta, Gabrielle. Dobbiamo accettarlo entrambe.››
Gabrielle scosse violentemente la testa. ‹‹Non puoi dire sul serio.››
‹‹Avevi ragione: non sono mai stata in grado di lasciarti andare, perché avevo bisogno di te. Ho ancora bisogno di te, ne avrò sempre. Ma non posso continuare a tenerti legata a me mettendoti in pericolo. Devi capire quello che ti sto dicendo.››
‹‹No. No, no. Non capisco. Non puoi andartene!››
‹‹Sarò sempre con te, anche se non mi vedrai. Ovunque tu vada, io ti seguirò.››
‹‹No, ti prego. Non lasciarmi. Non puoi…››
Xena tese una mano verso la sua guancia, attraversandola. Gabrielle trattenne il respiro.
‹‹No…›› sussurrò. Vide una traccia lucida sulla pelle di Xena brillare alla luce della luna. I suoi occhi scintillavano, umidi.
Un istante dopo, Gabrielle era sola. Guardò freneticamente verso il lago, cercando il riflesso di Xena accanto al suo, ma tutto ciò che vide furono case e sabbia.
Cercò di alzarsi, ma le sue gambe cedettero. Si rese conto di stare cadendo e non si oppose.
Era rimasta sola di nuovo.
‹‹Aiutatemi. Aiutatemi, vi prego››  mormorò, alzando lo sguardo verso l’alto. Non sapeva se la sua preghiera fosse rivolta agli dei dell’Olimpo, a quelli del Paradiso o a quelli degli Inferi. Voleva soltanto che qualcuno la aiutasse. ‹‹Riportatela da me.››
Rimase a terra a lungo, fino a quando un rumore sordo attirò la sua attenzione. Tentò di guardarsi attorno, ma si rese conto di essere troppo esausta per riuscirci.
‹‹Ho sentito bene? Qualcuno ha bisogno del mio aiuto?›› domandò una voce profonda, coprendo l’eco dei suoi singhiozzi.
Gli occhi di Gabrielle incontrarono la sagoma di un uomo in piedi di fronte a lei. Cercò di mettere a fuoco la figura, ma quando si rese conto di chi fosse il suo viso si incupì.
‹‹Non ho bisogno di niente da parte tua, Ares›› sbottò, asciugandosi violentemente le lacrime.
Il dio alzò un sopracciglio in un’espressione dubbiosa. ‹‹Non mi sembra.››
‹‹Lasciami sola, per favore.››
‹‹Perché tu e la tua amica non volete darmi ascolto? Possiamo aver avuto qualche rancore in passato, ma abbiamo trascorso anche delle belle avventure insieme, giusto?››
‹‹Questo non è un buon momento, Ares. Per favore, vai via.››
Il dio scosse la testa. ‹‹Almeno ascolta quello che voglio dirti. Ho aiutato Xena a lasciare il mondo dei morti per far arrabbiare Ade, ma se lei ha deciso di non valicare più le barriere fra i modi per tenerti al sicuro, il mio piano non andrà molto lontano, non credi? Per questo è anche nel mio interesse che tu convinca la tua preziosa principessa guerriera a continuare a farti visita.››
‹‹Puoi farmi parlare con lei?›› domandò Gabrielle, stupita. Lui annuì con arroganza. ‹‹Non c’è nulla che io non possa fare.››
‹‹Devi portarmi da lei. Devi portarmi da lei subito.›› All’improvviso una nuova ondata di energia aveva attraversato il suo corpo, cancellando la stanchezza. Prima ancora di rendersene conto si era alzata e aveva fatto un passo verso il dio.
‹‹Come desideri›› replicò Ares, posando una mano sul suo braccio. Per un istante Gabrielle ebbe l’impressione di scorgere una luce cupa negli occhi del dio, ma non ebbe il tempo di rifletterci né di ritrarsi, perché il mondo aveva già cominciato a dissolversi davanti a lei. Il lago si fece trasparente, mentre al suo posto sorgeva un prato verde che sembrava estendersi all’infinito. Le case furono sostituite da un fiume impetuoso che ruggiva dietro di lei, mentre il cielo notturno lasciava il posto a un firmamento azzurro come il mare più limpido.
Si guardò intorno, cercando freneticamente Xena. La donna era in piedi sull’argine del fiume, immobile come una statua. Aveva gli occhi chiusi e la bocca contratta in un’espressione di dolore che fece fremere Gabrielle.
‹‹Xena!›› la chiamò, avanzando verso di lei. La guerriera si voltò nella sua direzione, aprendo immediatamente gli occhi. ‹‹Cosa fai qui? Non dovresti essere qui. Gabrielle, cos’hai fatto?››
‹‹Non preoccuparti, non sono morta. Sono ancora perfettamente viva, se è questo che ti stai chiedendo. Mi sono fatta dare un… mmm… un passaggio qui.››
‹‹Ares?››
Gabrielle fece un cenno di assenso mentre Xena la scrutava, preoccupata. ‹‹Non dovresti fidarti di lui.››
‹‹Tu l’hai fatto.››
‹‹E tu sei quasi morta, per questo.››
‹‹Non è stato a causa sua. E nemmeno a causa tua, se è questo che credi. Sono stata io ad addentrarmi nel deserto da sola. Io e nessun altro. Nessuno mi ha costretta, nessuno oltre a me è responsabile di ciò che ho fatto. Non è colpa tua, Xena.››
Gabrielle avanzò verso di lei, ma l’altra donna la fermò con un gesto. ‹‹No, non avvicinarti al fiume. È il Lete, il fiume dell’oblio. Se bevi la sua acqua, cancellerà i tuoi ricordi.››
La giovane non la ascoltò, continuando ad avanzare. ‹‹Starò attenta, non preoccuparti. Mi sento meglio, ora. È proprio un bel posto, questo.››
‹‹Un bel posto per i morti. Non dovresti essere qui: tu non appartieni a questa terra.››
‹‹Nemmeno tu.››
Gabrielle avanzò ancora, accostandosi a lei e fronteggiandola. ‹‹So perché sei andata via, Xena. Davvero, lo capisco. Ma andarsene non risolverà niente: sarò sempre in pericolo, che tu sia al mio fianco o no. La differenza è che io voglio che tu ci sia. Ho scelto di passare il resto della mia vita con te, non importa quali siano i rischi. E lo penso ancora, anche dopo tutti questi anni. Sceglierei ancora te, se dovessi. Sceglierei sempre te.››
Un sorriso cominciò a farsi strada sulle labbra di Xena. ‹‹Sei diventata grande.››
‹‹È merito tuo. Torna a casa con me, adesso. Troveremo quella sacerdotessa ed escogiteremo un modo per aggiustare tutto. Risolveremo anche questa faccenda, vedrai. Vieni con me.››
Gabrielle mosse un passo indietro, tenendo gli occhi fissi sul volto di Xena per cogliere qualunque indizio che indicasse un cedimento. Era così concentrata sui suoi lineamenti che non si rese conto che l’erba era bagnata.
Fece un altro passo indietro. Il suo piede scivolò. Sentì le rocce cedere sotto le sue gambe e percepì il suo stesso corpo cadere all’indietro. Lottò per mantenere l’equilibrio, ma non aveva più nulla su cui appoggiarsi sotto di sé. Agitò le braccia alla cieca, sentendo l’aria fischiarle accanto alle orecchie mentre si sentiva trascinare verso il basso. Le rocce le graffiarono le mani mentre tastava la pietra alla ricerca di un appiglio che non esisteva.
‹‹Gabrielle, no!›› urlò Xena, gettandosi in avanti per prenderla. Le sue dita sfiorarono il suo polso, ma quando richiuse la mano era troppo tardi: afferrò soltanto aria. Gabrielle cadde con un tonfo sordo fra le acque del fiume impetuoso, scomparendo fra gli schizzi.
‹‹Trattieni il fiato! Non bere!›› gridò la donna, un attimo prima di riempirsi i polmoni d’aria e serrare le labbra. Si tuffò con un movimento agile.
La corrente gelida la accolse con violenza, afferrandola all’istante per trascinarla sul fondo. Xena cercò di orientarsi, ma davanti ai suoi occhi c’era solo l’oscurità profonda del letto del Lete. Le sue mani incontravano solo acqua, ovunque si muovessero.
Diede una bracciata vigorosa per tornare in superficie, opponendosi alla corrente con tutte le sue forze. Sentiva l’acqua premere sulle sue labbra e cercare di insinuarsi nella sua bocca, ma doveva resistere. Si spinse con tutta l’energia che rimaneva nelle sue gambe, e finalmente sentì l’aria fresca della superficie sulla pelle bagnata del viso. Si guardò attorno, determinata. Gli schizzi le impedivano di vedere, ma non poteva fermarsi. Più di una volta le sue mani si strinsero attorno a qualcosa di duro, ma non si trattava mai di Gabrielle. Erano sempre rocce o rami spezzati che venivano spinti verso di lei. I polmoni le bruciavano, ma non osava aprire la bocca per prendere un respiro profondo: se avesse bevuto l’acqua del Lete, tutto sarebbe stato perduto, disperso nell’oblio. Gabrielle sarebbe morta per causa sua un’altra volta.
A un tratto, quando le sue braccia si erano fatte così pesanti per lo sforzo da renderle quasi impossibile muoversi ancora, qualcosa di chiaro scintillò nell’acqua di fronte a lei. Si gettò in avanti e le sue dita sfiorarono qualcosa di liscio. Unì le mani davanti a sé, abbracciando l’acqua, e sentì finalmente la schiena di Gabrielle contro i suoi polpastrelli. La tirò verso di sé, stringendola al suo petto. L’acqua la ostacolava, cercando di spingere entrambe sul fondo con violenza feroce, ma Xena non poteva cedere. Si spinse in avanti con il solo aiuto delle gambe, nuotando disperatamente alla volta della riva. La terra sembrava così lontana, così irraggiungibile, e la corrente era troppo forte per pensare di avere una speranza.
Non aveva importanza. Avrebbe lottato fino a consumare tutte le sue energie, fino a dissolversi, se fosse stato necessario. L’unica cosa che contava era portare Gabrielle sulla riva.
E alla fine le sue mani toccarono la superficie rugosa delle rocce. Senza perdere tempo, spinse Gabrielle sull’argine, aiutandosi con i gomiti e con le spalle. Il fiume cercava di strapparla dalla riva e trascinarla verso il centro del letto, ma la sua determinazione era più forte. Quando Gabrielle fu al sicuro a terra, Xena compì un ultimo sforzo per issarsi al suo fianco. Boccheggiava, ma ce l’aveva fatta.
Rimase distesa sul terreno per qualche istante, aspettando che il suo corpo si riabituasse alla terraferma. Quando sentì che le sue braccia riacquistavano forza, si mise a sedere e si chinò immediatamente su Gabrielle. La giovane era sdraiata scompostamente a pancia in giù, così come lei l’aveva lasciata, e pareva svenuta. Xena la voltò delicatamente, rendendosi conto che quella era la prima volta dopo tantissimo tempo che poteva toccarla. Le accarezzò lentamente una guancia, quasi incredula di poter finalmente appoggiare le dita sulla sua pelle.
Sentire il suo viso sotto i suoi polpastrelli fu come ricominciare a vivere.
Gabrielle tremò, aprendo piano le palpebre. Tossì, piegando la testa in avanti per lo sforzo. Xena le passò le dita sulle labbra dolcemente, lisciandole i capelli con l’altra mano.
‹‹È tutto a posto›› sussurrò, chinandosi su di lei.
Gabrielle socchiuse le labbra per parlare, ma un colpo di tosse più violento la scosse. Lentamente, inesorabilmente, un rivolo d’acqua uscì dalla sua bocca e cadde sul suo mento. Scivolò lungo la sua pelle, bagnandole il collo e scendendo fino ai suoi abiti.
Xena fissò le gocce che scintillavano alla luce.
‹‹No›› mormorò. Aiutò Gabrielle a sedersi, stringendola contro il suo petto. ‹‹No, no.››
Non poteva essere vero.
Non poteva essere accaduto.
Non poteva essere tutto perduto.
Gabrielle tossì di nuovo fra le sue braccia. Xena si scostò un poco per osservare il suo viso e inorridì: le sue labbra violacee spiccavano sul volto bianchissimo, pallido come quello di un cadavere. Solo in quel momento la guerriera si accorse che Gabrielle era gelida.
Gli occhi della giovane si alzarono sulla compagna, vedendola ma incapaci di metterla a fuoco.
Xena fece correre le dita sul suo polso, stringendolo freneticamente. Il battito era debolissimo.
‹‹Devi respirare, Gabrielle. Fai respiri profondi›› le ordinò, aprendole le labbra con la punta delle dita. ‹‹Devi respirare.››
Gabrielle strizzò gli occhi, cercando di distinguere i contorni del suo viso.
‹‹C-cosa… chi?›› farfugliò, annaspando. Tossì ancora, e un altro fiotto d’acqua sgorgò dalle sue labbra. I suoi occhi si spalancarono, mentre lottava per respirare.
‹‹Respira, Gabrielle›› implorò Xena. ‹‹Non capisco. Stavi bene. Cosa succede?›› bisbigliò, chinandosi sulla sua bocca e appoggiando le labbra sulle sue. Soffiò aria fresca con tutta la forza che aveva, cercando di non pensare al fatto che non sentiva il petto della compagna muoversi. La pelle della giovane era ghiacciata contro la sua.
‹‹Pensavo conoscessi meglio il nostro mondo, principessa guerriera. Il Lete non cancella soltanto la memoria: è detto fiume dell’Oblio perché le anime bevono da esso per rimuovere i ricordi della propria vita passata e reincarnarsi. Se non conti la reincarnazione come vita, il Lete è il fiume della morte. Se un’anima beve la sua acqua, deve trovare un nuovo corpo. Se si trovava già in un corpo, deve lasciarlo.››
Xena si voltò di scatto, volgendo gli occhi lucidi verso Ares. Era in piedi alle sue spalle, così vicino che se avesse allungato la mano avrebbe potuto appoggiarla sulla schiena della guerriera.
Era stato lì, invisibile, tutto il tempo? Il pensiero che il dio avesse assistito alla scena le fece rivoltare lo stomaco, riempiendo la sua espressione di disgusto. La sua mano tremò per la furia, ma la donna si controllò: non c’era tempo per lasciarsi sopraffare dall’ira.
‹‹Aiutala.››
Ares strinse le labbra, scuotendo leggermente la testa. ‹‹Mi dispiace, ma non credo che lo farò.››
‹‹È colpa tua›› ringhiò lei.
Ares scosse ancora la testa, ma Xena aveva capito. All’improvviso, vedeva con chiarezza ciò che avrebbe dovuto scorgere dall’inizio.
‹‹Tu sapevi tutto. Sapevi che sarebbe finita così, non è vero? Era il tuo piano fin dall’inizio. Non volevi aiutarmi: volevi che io tornassi da Gabrielle perché lei venisse qui. Avevi progettato tutto. Non è mai esistita una lite fra te e Ade. Era un inganno.››
‹‹Non volevo che finisse così. Volevo solo che litigaste e che tu ti rendessi conto che tu appartieni a questo mondo, lei no. Volevo che tu capissi che il tuo posto è qui, dove sono io. Non c’è più nulla per te nel mondo dei Vivi, ma c’è ancora un posto per te al mio fianco. Ti posso dare tutto ciò che vuoi›› rispose Ares, lentamente.
‹‹Voglio Gabrielle.››
Il dio distolse lo sguardo dal viso di Xena, posandolo sulla giovane donna priva di sensi.
‹‹È troppo tardi.››
‹‹Vai all’inferno›› ringhiò la guerriera, scoprendo i denti. Riportò lo sguardo a Gabrielle, la smorfia di rabbia che si addolciva mentre i suoi occhi si posavano sulle sue guance pallidissime. “Dei, è così bianca.”
‹‹Gabrielle? Gabrielle, mi senti?›› bisbigliò, accostando le labbra al suo orecchio. Gabrielle tremò, ma i suoi occhi rimasero vacui. Aveva l’espressione di chi non riesce a svegliarsi dal peggiore dei suoi incubi nemmeno sollevando le palpebre.
‹‹Gabrielle, ascolta la mia voce. Tu sei forte. Sei più forte di tutte le divinità dell’Olimpo e dei loro sortilegi. Puoi sconfiggere qualunque cosa. Puoi vincerli tutti. Non arrenderti, non lasciarti andare. Devi aggrapparti alla mia voce, d’accordo? Ascolta la mia voce e seguila, ti porterò fuori da qui.›› Le guance di Gabrielle tremarono, scosse da un fremito.
‹‹Sì, così. Così. Devi continuare a lottare. Sei sempre stata la migliore, in questo. Sei sempre stata la più forte fra noi, e ho bisogno che tu continui a essere forte dove io non posso. Non posso andare avanti senza di te: non ce la faccio. Mi senti? Io non posso lasciarti andare. Ho bisogno di te al mio fianco.››
Fece scorrere delicatamente una mano sul suo viso, accarezzando la sua fronte. ‹‹Non fai che parlare di come io ti abbia salvata, e non ti sei mai resa conto che in realtà è sempre stato il contrario: sei stata tu a salvare me, fin dall’inizio. Mi hai salvata in modi che vanno oltre il curare le ferite: mi hai trovata quando avevo perso la speranza e mi hai mostrato un motivo per non arrendermi. Hai cambiato la mia vita molto più di quanto tu creda, e non puoi lasciarmi ora. Ti ho detto che avrei rinunciato a te per il tuo bene, ma non ho mai avuto la forza di farlo davvero. Io non sono in grado di permetterti di andartene. Tu sei tutto ciò che ho. Non questo mondo, né la guerra, né qualunque altra cosa. Sei tu l’unica cosa che abbia importanza, Gabrielle, e questo è qualcosa che nemmeno gli dei possono toglierci. Possiamo essere più forti di qualunque sortilegio, insieme. Ti seguirei nelle profondità del Tartaro, se fosse necessario. Combatterei contro il mondo intero, per te, perché so che tu mi daresti tutta la forza di cui ho bisogno per affrontarlo. Sei sempre stata la mia forza, sempre. Perciò non puoi arrenderti, Gabrielle. Non arrenderti. Non lasciarmi.››
Le labbra di Xena scivolarono dolcemente lungo la sua guancia. Un istante dopo, la sua bocca era premuta su quella della compagna.
‹‹Torna da me›› mormorò sulle sue labbra, chiudendo gli occhi.
L’universo sembrò trattenere il respiro e farsi silenzioso, scomparendo. All’improvviso, non esisteva nient’altro al di fuori di loro. Tutto ciò che aveva importanza erano le sue mani strette attorno alla schiena di Gabrielle e i loro visi che si toccavano.
Xena respirava sulla bocca della compagna e ogni respiro pareva pulsare nella sostanza dell’universo stesso. Ogni respiro sembrava scuotere la realtà, rimbombando fra i mondi.
I pensieri vorticavano nella sua mente, sovrapponendosi e fondendosi fra loro. La paura di perderla, la gioia di stringerla di nuovo a sé, la rabbia verso se stessa per averla lasciata andare. Niente aveva più un nome, niente aveva più un senso. Ricordi lontani e speranze per il futuro si univano, diventano una sola storia. Tutto ciò che era stato e tutto ciò che poteva essere si mescolava in un turbine di sogni e speranze e memorie vivide.
Tutto ciò che avevano visto insieme tornava a vivere lì, in quel momento, come se stesse accadendo di nuovo. Ogni parola scambiata fra loro, ogni tocco distratto, ogni pensiero taciuto prendeva vita sulle loro labbra.
Era un momento così giusto, così perfetto, da poter durare per l’eternità e non essere ancora abbastanza.
Xena sentì un respiro flebile fluire nella sua bocca e aprì gli occhi. Le memorie che avevano ripreso vita davanti a lei s’infransero e scomparvero, lasciando il posto al viso di Gabrielle che socchiudeva le labbra. Per la prima volta da quando aveva ripreso i sensi, sembrava vedere il mondo che la circondava. Quando il suo sguardo si posò su Xena, la sua bocca si contrasse in un sorriso flebile.
‹‹Xena…›› sussurrò. Gli occhi della guerriera si spalancarono.
‹‹Sì, così. Torna da me›› la incoraggiò dolcemente.
Il sorriso di Gabrielle si allargò, raggiungendo gli occhi. ‹‹Grazie›› bisbigliò. La sua fronte ebbe uno spasmo, mentre il suo petto sussultava. Tossì, piegandosi completamente in avanti. Xena la prese al volo, impallidendo.
‹‹Cosa succede? Parlami. Parla con me.››
Gabrielle aprì la bocca, ma non uscì alcun suono.
Sottile, come un alito di nebbia disperso dal vento, un soffio d’aria scura fluttuò fuori dalle sue labbra. Scintillava tetramente alla luce ultraterrena del Regno dei Morti, come se il bagliore lo riconoscesse come parte di sé.
‹‹No!›› urlò Xena, allungando istintivamente le mani per afferrare il soffio. Ma non era un soffio, e lei lo sapeva: era un’anima.
Lo spirito s’infranse contro le sue dita aperta, passando attraverso la sua mano. Lentamente, inesorabilmente, si ricompose e fluttuò verso l’alto, danzando come una nuvola pigra sospinta da una brezza leggera.
Il corpo di Gabrielle si fece pesante fra le sue braccia.
Il mondo scomparve in una chiazza di pelle bianchissima e occhi verdi che si facevano ciechi. La mano di Xena scivolò sul collo della compagna, alla ricerca di un battito. Tutto era silenzio e immobilità e il petto di Gabrielle che no, per gli dei, no, non si muoveva.
La mano di Xena si abbatté sul suolo, sollevano zolle di terra e frammenti d’erba.
Non poteva essersene andata.
Non poteva finire così.
Non era possibile.
Urlò, afferrando Gabrielle per le spalle. La scosse, affondando il viso nella pelle della sua spalla.
Era la fine.
Non poteva essere la fine.
La sua mente era un inferno di confusione e dolore e pensieri che si scontravano, andando in frantumi.
Doveva tornare da lei. Non poteva essersene andata, non così. Non in quel momento. Non lei.
Le avrebbe promesso di non lasciarla mai più. Sapeva di essere stata sul punto di giurarlo, quando Gabrielle l’aveva raggiunta. Aveva visto i suoi occhi brillare di pura forza e aveva saputo con certezza che, per quanto potesse tentare di opporsi, non avrebbe potuto separarsi da lei di nuovo. L’aveva vista correre verso di lei attraverso i prati del Regno dell’Oltretomba e le era parsa così viva, così potente, così giusta. L’aveva vista tornare dopo aver creduto di essere stata in grado di rinunciare a lei e si era resa conto che non se ne sarebbe mai potuta allontanare di nuovo.
Non poteva perderla dopo tutto questo.
Scosse di nuovo il suo corpo, accarezzandole i capelli. Doveva svegliarsi, doveva muoversi. Doveva aprire gli occhi e dirle di non preoccuparsi, dirle che tutto sarebbe andato bene. Doveva dirle che era stata sciocca a pensare che esistesse al mondo una forza in grado di dividerle.
Doveva dirle che sarebbero appartenute l’una all’altra per sempre.
Gabrielle era il suo mondo. Come poteva averla persa?
‹‹Se n’è andata›› disse Ares, chinandosi su di lei. Xena sentì un fremito di rabbia scuoterle il corpo. Aveva dimenticato la sua presenza.
Quando alzò lo sguardo verso di lui, i suoi occhi erano pieni d’odio.
Desiderava colpirlo con ogni muscolo del suo corpo, ma non voleva allontanarsi da Gabrielle. Gabrielle che era fredda e immobile fra le sue braccia. Gabrielle che le era sfuggita fra le dita quando tutto stava per aggiustarsi.
‹‹Se n’è andata. Vieni con me›› La voce di Ares s’insinuava con prepotenza nella sua mente, inarrestabile. Xena avrebbe voluto coprirsi le orecchie per non ascoltarlo, ma all’improvviso si era resa conto di non avere la forza per farlo. Che importanza avevano le sue parole, a questo punto? Che importanza aveva qualunque cosa? ‹‹Prendi la mia mano, e ti prometto un’eternità di felicità e gloria. Regneremo sui mondi insieme. Non puoi riavere Gabrielle, ma puoi dimenticarla: io ti restituirò la pace. Puoi dimenticare tutto questo dolore, tutta questa solitudine, e avere in cambio qualunque cosa desideri. Tutto ciò che devi fare è accettare. Stringi la mia mano, e avremo un accordo.››
Il dio tese il braccio verso di lei.
Alle sue spalle, il Fiume dell’Oblio luccicava invitante. Le sue acque sembravano chiamarla.
 
I will stay forever here with you
My love
The softly spoken words you gave me
Even in death our love goes on

Even in Death, Evanescence
 
   
 
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