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Autore: Lilith9312    05/09/2014    1 recensioni
Sono più in alto di tutti, e mi sto elevando fiera sopra ogni cosa.
Apro le braccia, le mie ali che avevo riposto da troppo tempo, e mi lascio cadere.
L’aria passa violenta attraverso e intorno me, ma non fa male. E’ come se mi volesse strappare via ogni cosa negativa, e io la lascio fare senza opporre resistenza.
Finalmente sento qualcosa, finalmente avverto l’adrenalina. Chiudo gli occhi e sorrido.
Io sto volando.
Leggera.
Libera come un battito d’ali.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Andrea si muoveva a scatti attraversando il locale gremito di gente. Non era ancora mezzanotte, ma quelle notti di inizio estate erano l’ideale per divertirsi e lasciarsi andare.

Dopotutto anche lui era lì per lo stesso motivo: dopo una settimana estenuante di lavoro fuori città, era rientrato proprio circa due ore fa. Doveva passare a trovare la sua ragazza, Carmen, se questa non gli avesse dato pacco lasciandolo.

“Non possiamo stare insieme, siamo così diversi”

Queste le sue parole. Questo era anche il motivo per cui aveva deciso di andare in quel locale, giusto per bere qualcosa, divertirsi e distrarsi. Ma si era trovato subito abbastanza a disagio, e la folla che lo urtava qui e lì mentre ballavano o saltavano lo stava irritando. Tutto quello che voleva era allontanarsi il più possibile, magari raggiungendo il bancone.
Spinse un paio di persone, un ragazzino che già mezzo ubriaco dondolava a destra e sinistra, e riuscì a sedersi sullo sgabello.

“Un cosmopolitan, grazie”
“Subito”
Ecco adesso che era lì fuori dal macello stava sicuramente meglio, e la musica era anche più bassa. Si girò verso l’ammasso di gente dietro di lui con aria di superiorità, tenendo il suo bicchiere in mano.

Fu in quel momento che la vide. L’abito bianco fluttuante che diventava di un blu fluo sotto le luci del locale. Si muoveva sciolta in mezzo alle persone, scansandole, ma con una grazia che Andrea non riusciva a spiegarsi dato la fatica che aveva fatto lui per arrivare fino a lì.
Avanzava piano, distinguendosi da tutti gli altri. Aveva un qualcosa di affascinante e stava venendo verso di lui.

Appena arrivò sotto le luci del bancone, l’uomo la poté osservare meglio. I capelli castani lunghi alle spalle che le contornavano il viso e quel trucco che le risaltava gli occhi verde-nocciola, facevano sicuramente in modo che non passasse inosservata. Avevo uno sguardo particolare. Freddo.

“Carlo, per me il solito.” Il tono della ragazza era sensuale e deciso, quasi severo, mentre prendeva posto vicino ad Andrea guardandolo e sorridendogli. Un sorriso dolce e amaro allo stesso tempo.

“Certo, cara.”

Andrea rimase affascinato da quella presenza, e si voltò verso il barista di nuovo.
“Fammi qualcos’altro di forte”

“Cosa devi dimenticare?”
Era la ragazza ad avere parlato, e lo stava guardando con aria quasi innocua. Andrea non rispose, rimase un attimo perplesso.

“In che senso?”

“Beh sei qui, seduto a bere, chiedendo roba forte, mentre tutto il locale si diverte alle tue spalle. Hai l’aria di qualcuno che vuole dimenticare qualcosa, e che vuole trovare un modo per divertirsi no?”
Sorrideva mentre parlava. Ma era un sorriso distaccato.

“Io..”

“Dai, bevi quella cosa che hai in mano, e vieni. Andiamo a divertirci!”

Andrea non sapeva chi era quella ragazza, ma in quel momento non poteva che fare quello che gli aveva detto.
La ragazza lo trascinò per la pista, lo mise davanti a sé facendogli vedere un po’ come poteva muoversi. Andrea stava meglio: la folla che prima lo irritava adesso era parte integrante di lui. Lui era la folla.

La ragazza lo condusse qui e lì nel locale, facendogli perdere quasi il senso dell’orientamento, facendogli bere di tutto e di più.
Poi la ragazza si staccò un attimo dalla massa, e l’uomo la seguì. Lei lo guardava con uno sguardo invitante, facendogli cenno di seguirla e sorridendogli. Si muoveva velocemente e si voltava di tanto in tanto per vedere se l’uomo la seguiva.
Lo stava conducendo verso una specie di magazzino dietro il locale. Lei si muoveva sinuosa e lui ne era completamente preso.
Arrivò nella stanza, nemmeno troppo grande. La ragazza davanti a lui, con le spalle a muro, aveva un piede appoggiato alla parete, sollevando un po’ la gonna del vestito.

“Avevo detto che ti avrei fatto divertire no?”
Andrea non capiva nulla, non sapeva nemmeno chi era al momento, ma si avvicinò. Lei gli venne incontro prendendolo per la cravatta e spingendolo addosso alla parete baciandolo. Le mani cominciarono a muoversi per tutto il corpo. L’uomo non si aspettava sicuramente un esito della serata del genere.

La ragazza lo prese per il collo, e cominciò ad accarezzarlo e baciarlo. Andrea era preso dal piacere.
Poi un dolore proveniente gli fece spalancare gli occhi. La ragazza gli aveva infilato una lama nel petto.

Sentiva il cuore pulsare, e vedeva la macchia di sangue allargarsi sulla sua camicia. La ragazza davanti a sé aveva un’espressione vuota, non sembrava provare nulla. Lo guardò un istante negli occhi prima di estrarre la lama.

“Mamma non te l’ha mai detto di non fidarsi degli sconosciuti?”

Gliela piantò una seconda volta, questa volta colpendo appieno il cuore. Andrea non poté fare nulla per impedirglielo. E non fece nemmeno in tempo a
realizzare di essere solo una delle tante vittime di quella donna prima che la sua mente cadesse in un oblio scuro.

E questa volta eterno.

---

“Da grande voglio essere una maestra! Magari così troverò il mio principe azzurro e avremo tanti figli!”
“Io la ballerina! Poi incontrerò un uomo ricco e mi sposerò, e saremo felici e contenti!
“Io voglio fare la mamma! E la casalinga, mentre aspetto che mio marito torni a casa dal lavoro. E tu, Alidea? Che cosa vorresti fare?”
“Io voglio fare la donna che lavora. Voglio provare ogni tipo di sensazione. Voglio avere una casa mia e una vita solo mia. Non voglio dipendere da nessuno, anzi…saranno gli altri a dipendere da me. ”
“Cosa stai dicendo...un giorno anche tu ti sposerai e sarai mamma!”
“No, non mi interessa!”
“Ma succederà!”
“Perché?”
“Perché è così che funziona! Troverai un uomo, ti sposerai, e avrai dei figli. Così mentre tu accudirai i figli e la casa, tuo marito porterà a casa i soldi dal lavoro. E vivrete tranquilli!”
“Ma a me non piace tutto questo. Io voglio girare il mondo e vedere posti nuovi.”
 
Ma non mi è bastato nemmeno questo. Non mi è bastato vedere il mondo.
Così alla sera mi ritrovo sul mio letto, nella mia camera, a fissare il soffitto. Vuoto. Il Nulla.

Il nero mi perseguita anche quando chiudo gli occhi, anzi, soprattutto quando gli chiudo. Non c’è pace per me, perché ce n’è troppa. Non c’è niente per me.

Non ricordo di aver visto molti altri colori nella mia vita. E questo da quanto ormai?
Da tanto, troppo tempo.

Ho avuto tutto quello che ho sempre voluto, non impegnandomi nemmeno troppo. Mi bastava desiderarlo e questo sarebbe arrivato.
Ho una bella carriera, sono molto ammirata nell’ambiente di lavoro: le donne nel campo degli affari devono farsi sempre in quattro per essere considerate, ma adesso che sono al vertice nessuno può dirmi nulla.
Eh sì, forse sono la classica donna in carriera. Di altre come me se ne vedono tante in giro. Abbiamo la fama di essere irraggiungibili, caratteristica che ho sempre visto come mia e che mi ha spinto ad essere quello che sono.

“Sei fredda, non  trasmetti amore.”

Non mi è mai fregato di nessuno a parte di me stessa. Chiamatelo egoismo, se volete. Io lo chiamo “amor proprio”.
Il mondo sa solo prenderti e plasmarti come meglio crede. Se ne fotte appieno dei tuoi sentimenti. Se ne fotte appieno di quello che sei.

Ho smesso di provare qualcosa non appena mi sono resa conto che quella sarebbe stata la mia più grande debolezza. Come lo è di tutti noi, d’altronde: la parte più debole dell’intrinseco macchinario che è l’uomo. Non è tutto più facile senza sentimenti?

Non devi temere di ferire nessuno, non devi preoccuparti di nulla se non della tua vita, e forse nemmeno di quella. Non hai nessun genere di problema, niente. Sei libero di essere chi vuoi essere.

Di calpestare chi vuoi.

Di fare quello che vuoi.

“Non hai un cuore.”

E pensi forse che me ne importi? Io una volta ce l’avevo un cuore, ma me l’ha portato via Lui: un uomo bellissimo di cui mi ero innamorata come mai. Avrei dato la vita per Lui.
Mi ha lasciato, come si lasciano i cani in tangenziale. Mi ha usato come voleva e poi gettato.

Dopo di Lui non ho più provato nulla: amore, amicizia, paura…niente. Non riuscivo più ad avvertire un minimo brivido. Andare a letto con un uomo diverso ogni sera era come dormire da sola. Non avvertivo calore, non sentivo niente, e il mondo diventava sempre più freddo. Più vuoto.

Volevo solamente provare qualcosa, in fondo.

La prima vittima è stato Lui. L’ho aspettato sotto casa, e l’ho ucciso. Non ho mai avuto una scarica di adrenalina come quella. Vedere la vita di qualcuno lasciare il suo corpo…puoi  quasi percepire l’istante preciso in cui smette di vivere, in cui quella fiammella si spegne. E’ bellissimo.

E il sangue…il rosso del sangue è l’unico colore, oltre il nero, che tinge le mie giornate.

Quell’esperienza mi aveva lasciato qualcosa dentro. Mi aveva fatto sentire bene, e volevo provare ancora quelle sensazioni.

Mi chiamavano la “femme fatale”, nel vero senso del termine, dato che con me non c’era via di scampo. Io ti potevo avere come e quando volevo, e nel momento stesso in cui tu eri in mio potere, eri finito.

In tanti mi hanno sempre voluta. In pochi mi hanno avuta.

Volevano prendersi qualcosa di mio, volevano usarmi come trofeo da esporre sopra il caminetto e mostrare agli amici nelle serate in compagnia. Io li anticipavo, prendendo io qualcosa di loro. La vita.

E la cosa mi emozionava, mi sentivo veramente viva. Dopo tanto tempo, provavo qualcosa di nuovo.
Ma non è durato troppo, e lentamente sono ricaduta nella mia apatia quotidiana. Anche quello è diventato piano piano la normalità, e non mi trasmetteva più niente.
Quello che mi serviva, forse, era un’emozione intensa, di quelle così forti che potresti morire.

“Voglio volare.”

Sentire l’aria sul corpo, provare l’ebbrezza del volo e sentirmi finalmente libera da ogni cosa…forse era quello che mi serviva.

Così eccomi qui.
Sono salita sul tetto di un grattacielo. La notte è il momento migliore per stare più vicino al cielo e confondersi con lui, lasciare che il nero dentro di me diventi tutt’uno con esso. La città è piccolissima vista da qui e le persone sembrano tante formichine che si muovono sotto di me.

Sono più in alto di tutti, e mi sto elevando fiera sopra ogni cosa.

Apro le braccia, le mie ali che avevo riposto da troppo tempo, e mi lascio cadere.

L’aria passa violenta attraverso e intorno me, ma non fa male. E’ come se mi volesse strappare via ogni cosa negativa, e io la lascio fare senza opporre resistenza.
Finalmente sento qualcosa, finalmente avverto l’adrenalina. Chiudo gli occhi e sorrido.

Io sto volando.

Leggera.

Libera come un battito d’ali.
 

 
   
 
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