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Autore: Sunrise173    05/09/2014    2 recensioni
Questa è la mia prima FF ed è una One Shot, spero vi piaccia. Perdonate eventuali errori o dimenticanze. Sono aperta a qualsiasi commento o critica (cercate di essere magnanimi) il fine ultimo dovrebbe essere quello di migliorare. Questa FF è nata dalla mia passione per creature mitologiche di vecchi racconti. Tratta di Stiles e di un problema che deve risolvere e di vecchi scheletri nell'armadio che deve disossare. Scoprirà qualcosa di veramente tetro che lo accompagnerà per tutta la sua vita. C'è un colpo di scena finale, ma non vi anticipo nulla. Per ora è solo un capitolo, non credo di continuarla. Buona lettura, spero tanto vi piaccia
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Stiles Stilinski
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Guidava ormai da ore, la pioggia batteva insistente sul paraurti e i tergicristalli si muovevano ripetitivamente avanti e indietro emettendo un meccanico e incessante ticchettio metallico che gli ricordava quello delle lancette di un orologio. Strinse il volante con le mani e si concentrò sulla strada, ma il ticchettio gli arrivava alla testa come per ricordargli che mancava poco, così si decise ad accendere la radio. La musica invase dolcemente  l’auto, stavano passando "Hallelujah" di Jeff Buckley.  Buttò uno sguardo sulle carte che aveva poggiato sul sedile : ammassi di foto che aveva riguardato milioni di volte, c’era qualcosa nel suo passato  e in quello di sua madre che non tornava, qualcosa che doveva assolutamente scoprire.  L’aveva notato una settimana fa riguardando le sue foto una in particolare aveva colto la sua attenzione: sua madre era al mare girata di spalle in compagnia di un’amica , indossava una maglietta a mono - spalla e  guardando bene sulla sua schiena si potevano intravedere gli stessi segni che erano apparsi sulla sua dopo che Deaton gli aveva fatto l’iniezione di “letharia vulpina” e ora voleva sapere, per questo aveva deciso di  andare dall’amica nella foto.  Accostò e parcheggiò il pick-up, l’indirizzo del negozio era quello : entrò.

Era un’ erboristeria qualsiasi, profumi di erbe si disperdevano tutt’intorno e facevano a gara per entrare nelle sue narici. Due scaffali di Prodotti erano disposti ai lati della stanza e al centro spostato verso la parete c’era il bancone a destra di esso si apriva una piccola porticina che dava su una stanza sul retro. Dietro al bancone di legno erano disposte ordinatamente file e file di boccette contenenti erbe dai  nomi impronunciabili. Era ancora perso ad osservare l’ambiente che lo circondava quando sentì  una voce vellutata  : -Cosa stai cercando esattamente Stiles?-  Si girò di scatto e vide una donna di mezza età che usciva lentamente dalla porticina che dava sul retro del negozio : aveva la carnagione chiara e i capelli corvini, e due rughe che gli solcavano i lati del viso come se fosse invecchiata di colpo, da un giorno all’altro e tutt’ora ne portasse i segni.  –Lei conosce mia madre?- Chiese con la voce tremante, inquietato ancora dal fatto che la donna sapesse già il suo nome , come se fosse stata avvertita in qualche maniera del suo arrivo. –Certo, era una donna magnifica- si fermò un momento a fissarlo – La ricordi molto sai, hai i suoi stessi occhi.- Poi si fece più seria –ma qualcosa mi dice che non sei venuto qui solo per chiedermi se la conoscevo. Parla, ragazzo, cosa vuoi sapere?-  Prese la foto e gliela porse :- Eravate insieme quando è stata scattata questa foto, vorrei sapere se lei sa a cosa sono dovuti i segni che aveva mia madre sulla schiena- La donna non guardò nemmeno la foto : - Li hai ancora?- chiese –Cosa?-  la guardò perplesso : - I segni sulla schiena come quelli di tua madre.  All’inizio pensavi che fossero dovuti all’iniezione, ma non è così. Ormai dovresti averlo capito: sono troppo lunghi e duraturi. Ti sarai accorto anche che si accorciano quando sei con Malia e che ti senti stranamente rinvigorito dopo aver dormito con lei.  So che vuoi sapere che cosa sei e te lo spiegherò, se accetterai di fare tutto quello che ti dirò-.
Accetto, dimmi quello che sai sul mio conto, dimmi il modo di far sparire questi segni.
La donna sospirò sommessamente e lo fissò . I suoi occhi erano di un colore ambrato e lo fissavano con gentilezza e un po’ di rammarico. Gli sguardi sono il tacito consenso dell’anima e in quel momento Stiles capì che quella donna voleva solo il suo bene, per quanto difficile fosse e provò un senso di pace. – Sei un Succube- disse di colpo. Quelle parole gli arrivarono dure e inaspettate come una ventata gelida in primavera. – Cosa? Cos’è esattamente?-  chiese perplesso. – La succube è un demone generalmente di aspetto femminile . Un essere molto seducente e letale che assorbe l’energia dell’uomo per alimentarsi, generalmente portando il soggetto alla morte. Tua madre era una succube e qualche frammento dei suoi geni è finito in te. Quando il Nogitsune ha deciso di venire ad abitare nel tuo corpo ha risvegliato questo minuscolo frammento. Un succube uomo è molto raro, ma non da escludere. Non è curabile ma io sono una maga e potrei prepararti qualcosa per alleviare la sete che ti si presenterà.  In ogni caso  non dovrai più stringere rapporti affettivi con nessuno . Anche se è un lupo mannaro non si salverà quando arriverai a uno stadio avanzato, la sua linfa vitale si prosciugherà-  Portò una mano rugosa sul suo viso – Sei come lei, moriresti per quelli che ami- disse sorridendo dolcemente. – Che intendi dire?- 
-Quando non riuscì più a controllare la sete si lasciò semplicemente andare. Non voleva fare del male a te o a tuo padre. Lottò con la sete che la opprimeva fino all’ultimo e poi morì semplicemente. Mi chiedevo dove avesse trovato una tale forza di volontà ma vedendo te mi è tutto più chiaro. – Non lo guardava più negli occhi, ora il suo sguardo vagava vitreo oltre la grande scrivania fissando un punto imprecisato al di là rincorrendo ricordi dolorosi e irraggiungibili che ormai a poco a poco svanivano nel profondo oblio del tempo.

Uscì dal negozio con la promessa di ritornare la settimana dopo. Stava per infilare la chiave nella serratura ed aprire la portiera del pick-up quando sentì un movimento dietro di sé. Qualcuno si muoveva nell’ombra, lo scrutava, lento e impercettibile come un ricordo nascosto. – Hai sentito tutto, non è vero?-  Due braccia forti lo cinsero da dietro. In un secondo si sentì al sicuro, sorretto da due pilastri possenti e si sciolse finalmente in un pianto . – Non possiamo, non  possiamo più. Ora non è più questione di nasconderlo agli altri e fingere che non accada nulla,  ora potrei ucciderti.  Oh Derek – Disse scrutando i suoi occhi tetri – Non possiamo più continuare con questo -

   
 
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