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Autore: JuliaSnape    05/09/2014    3 recensioni
La storia ha come protagonista Jade Rigby, 2° anno Serpeverde, che insieme ai seri problemi che l’attendono a casa (un patrigno violento che tormenta lei e la madre) inizia ad avere ripercussioni anche a scuola.
Sarà con l’aiuto di Severus che la ragazza riuscirà lentamente ad aprirsi mostrando quello che da tanto nasconde e non vuole ammettere neanche con se stessa. Ma questo è solo l’inizio della storia, perché come si sa, risolto un problema ne inizia un altro…
"...Fredda e distaccata. Così erano le Serpi, così doveva essere, così doveva sembrare anche se non lo era.
Le bastò un'occhiata veloce al suo braccio coperto dalla divisa per avere un sussulto impercettibile.
No. Non era nulla. Non era successo nulla. Stava bene e del resto ormai erano passati quasi tre mesi, non c’era neanche più traccia dei segni.
Il dolore però sì, quello c’era, ed era sempre lì insieme alla paura.
Si morse distrattamente l’interno della guancia. Evadere, anche dai suoi pensieri, era questo il trucco, altrimenti l’avrebbero assorbita fino ad arrivare ad un punto di non ritorno e non poteva permetterselo o almeno non ancora..."
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Memory of a Dream or Dream of a Memory

 

“’Giorno”

La figura dell’uomo fece capolino nella cucina stropicciandosi gli occhi, prima di lasciarsi cadere pesantemente sulla sedia.

“Buongiorno”
Replicò Eleonor in tono affettuoso, affrettandosi a porgergli il suo caffè con qualche frittella. Robert guardò il piatto con sdegno.

“Vuoi che ti prepari qualcos’altro? Posso fare delle salsicce con le uova se vuoi…”

“Beh, sarebbe il minimo. Questa questa… roba è molliccia e sa di plastica.”
Tastò la consistenza del cibo con le dita senza neanche assaggiarlo, quindi allontanò da sé il piatto con tanta veemenza da farlo scivolare e infrangere sul pavimento.

La donna non si volto neanche, continuando a cucinare come se nulla fosse. Robert non aveva mai amato i bambini ed Eleonor, così come Jade, lo sapeva bene, per questo doveva fare il possibile per prepararlo alla notizia del ritorno della ragazza.

“Hai dormito bene?”

“Mmm”

Mugugnò mentre beveva il suo caffè senza brio, per poi reggersi con forza le mani sulla testa.

“Mi gira tutto.”

“Mangiando andrà meglio, ne sono convinta.”

Gli sorrise porgendogli il nuovo piatto, iniziando poi a raccogliere i cocci con la scopa.

Quello che un tempo doveva essere stato un sorriso elegante (e che ora si riduceva a un ghigno), si estese sul gorilla , come lo chiamava Jade, che iniziò a mangiare soddisfatto.

“C’è del whisky?” Chiese appena la donna si fu messa seduta.

La domanda era scontata, era ovvio che ci fosse, lo sapevano bene entrambi. Potevano mancare i soldi per le bollette della luce o per reperire i beni di prima necessità, ma si poteva sempre trovare una bottiglia di liquore in casa. Obbediente, la donna si alzò e gli riempì il bicchiere abbondantemente, iniziando il discorso in maniera casuale.

“Oggi è il ventitre dicembre.”

Folriss tracannò rispondendole con un’alzata di spalle.
“E allora? Stanotte non ti fanno lavorare?”

“Sì, devo lavorare, però volevo dirti…”

“Sì?”

La bionda abbassò lo sguardo intimidita, neanche fosse stata  beccata a copiare durante i G.U.F.O.,  come invece era successo anni prima ad una sua cara amica.
“E’ arrivata Jade.”

L’uomo prese un altro sorso e annuì.
“E dov’è ora?”

“Sta riposando in camera sua.”

“Meglio. Non sono ancora pronto ad avere trai piedi quella piccola rana velenosa. Non fa che portar danno ovunque vada.”

Eleonor non lo contraddisse, iniziando a ripulire i resti del suo pasto.

Quello che forse entrambi ignoravano era la sottilità delle pareti, che aveva permesso a Jade di sentire tutto. Non che se ne fosse curata, era abituata a certi discorsi e preferiva non darci troppo peso.
Eppure, sebbene non le importasse, si ritrovava spesso a rievocare quelle scene nella sua mente, spinta a rifletterci su.

A volte le era veramente difficile non credere che fosse realmente lei il problema.
Del resto, se non ci fosse stata sarebbe stato più facile per tutti, per sua madre soprattutto. Ma ormai c’era e doveva convivere con questo sentimento contrastante di esistere.

Si poggiò alla vecchia quercia sospirando per poi di riprendere a disegnare.

Verso la base della collina dove abitavano, vi era quello che un tempo era stato un parco pubblico e che ora assomigliava più ad una foresta vergine.
L’erba alta, i giochi per bambini arrugginiti e il cicalio della natura sempre presente, riuscivano a conferire a quel luogo un che di mistico ed eterno. O almeno per Jade, che riusciva a vedere la bellezza nella tranquillità di quella decadenza.
Una volta era un luogo di ritrovo per i bambini delle famiglie vicine, ora era punto di riunione per la natura, che si ergeva maestosa nello spazio che le era stato concesso.

I motivi per i quali amava quel luogo erano molteplici, non era solo l’abbandono di tutti, tranne lei, che le faceva nascere affetto, ma anche il fatto che sostanzialmente si trovasse in mezzo, a buona distanza da entrambe, tra la sua abitazione e quella dell’altra gente.

Si custodivano i segreti a vicenda lei e quel posto.

Inoltre, quel luogo era stato il palcoscenico del suo sogno di un ricordo o ricordo di un sogno, come lo chiamava lei.
Sorrise al pensiero, ancora a distanza di tempo non sapeva se era tutto reale o tutto irreale, ma vero per lei.
Continuò a disegnare delle ortensie mentre si abbandonava al “ricordo”.

Corse finché non giunse al parco col fiatone, a quell’ora non era frequentato da gente troppo raccomandabile, ma a Jade non importava. Si sentiva sola e aveva bisogno di un posto tranquillo per riflettere… o almeno per piangere senza essere vista.
Il parco era abbastanza grande e pieno di alberi di ogni tipo, ciliegi, pini, aceri e querce che in primavera riempivano l’aria di aromi profumati.

Anni prima, la ragazza andava spesso lì con la madre in quel periodo, ma erano altri tempi.
Quando sapevano ancora divertirsi, quando Robert era ancora impegnato col fratello e non sfogava le sue frustrazioni su di loro, quando sua madre le voleva bene al punto di difenderla ad ogni costo. Non come poco prima…

Con impeto prese un sasso e lo lanciò con rabbia nello stagno, più simile ad una pozza d’acqua, lì vicino.
Era stanca di tutto, voleva solo andarsene lontano dimenticando tutti. Continuò a lanciare pietre mentre le lacrime le scendevano copiose sul volto.

“Se non stai attenta potresti prendere qualche papera.”

Jade sobbalzò e si voltò sorpresa con il sasso ancora in mano.
L’uomo avanzò dalla penombra illuminato da un timido quarto di luna.
Era abbastanza alto e sembrava avere un tono semi chiaro di capelli, con gli occhi ancora umidi non riusciva a scorgergli i dettagli del volto, che vedeva sfocato.

Aveva paura.

L’uomo si accorse che tremava e si affrettò a scusarsi.

“Perdonami, non volevo spaventarti ma non credo sia opportuno lanciare sassi nello stagno… o almeno per le povere papere.”

Le sorrise. Non sembrava pericoloso, ma la ragazza restò comunque in allerta e a debita distanza.
“Come ti chiami?”

“Non si dovrebbe parlare con gli sconosciuti.”

“Se è per questo non si dovrebbe neanche girare da soli per il parco a quest’ora, soprattutto alla tua età.”
Le disse alzando un sopracciglio osservandola con attenzione.

“Io… io non sono piccola! E so difendermi!”
Disse ostentando una sicurezza che non aveva, stringendo i pugni con il sasso ancora in mano.

L’uomo sorrise divertito, per poi ingentilire la voce.
“Non ne dubito, però non credi sia ora di tornare a casa?”

“No. Non ci torno, mi odiano tutti e io non li sopporto più.”
Si sedette sull’erba affranta mentre nuove lacrime minacciavano di scendere. Lui la guardò amareggiato, raggiungendola sull’erba.

“E’ normale avere delle incomprensioni o dei litigi in famiglia, basta però saper mettere da parte l’orgoglio per risolverli. Sai, chiedere scusa per primi non vuol dire necessariamente avere torto, ma tenere di più alla persona che alla motivo del contrasto.”

Jade lo fissava attenta, mentre una brezza leggere accarezzò i dintorni, facendola rabbrividire.

“Inoltre –aggiunse l’uomo misterioso- scappare non serve a nulla. Può sembrare più facile, ma i problemi ci seguono anche e soprattutto se proviamo ad evitarli. E quando si guarda indietro… “
Non finì la frase, teneva lo sguardo fisso sullo specchio d’acqua che rifletteva la piccola luna che in quei giorni sarebbe cresciuta.

Era strano, ma Jade sentiva una certa affinità con lui. Per dire in quel modo, voleva dire che anche lui era in fuga da qualcosa, no?
“Lei… è scappato da qualcosa?”

Sospirò con aria triste, alzando le spalle.
“Tutti scappiamo da qualcosa, chi più, chi meno… e sì, anch’io sono in fuga. Non dalla legge, fortunatamente. –sorrise ricambiato dalla ragazzina- Ed è proprio per questo che ti raccomando di affrontare sempre le cose. E’ importante, fidati.”

Jade fece per parlare, voleva confidarsi con qualcuno, anche se questi era uno sconosciuto incontrato di notte al parco e poteva non essere, all’apparenza, il massimo della sicurezza. Eppure il cerino che aveva dentro sembrava ormai consumato del tutto, polvere e vuoto erano le uniche cose rimaste. Troppo difficili da comunicare.
D’un tratto l’uomo si alzò e con un ultimo sguardò alla luna, prese un sospiro per poi rivolgersi alla ragazza.

“E’ ora di andare.”
Lo guardò perplessa non capendo che intendesse. Per un minuto le era davvero passato per la mente di poter fuggire con lui, ma oltre la potenziale pericolosità del gesto, non avrebbe mai lasciato la madre.

“Andiamo, ti accompagno a casa.”

“Non ce n’è bisogno…”
Riuscì solo a mugolare alzandosi.

Fece per poggiarle la mano sulla spalla, ma all’ultimo cambiò idea, realizzando forse che non era appropriato.

“Si vede che sei una ragazza forte, ma la notte è piena di insidie. Non mi fido a lasciarti sola.”
Gli sorrise in risposta, l’iniziale paura aveva ormai lasciato spazio alla simpatia per quello sconosciuto tanto gentile.

Poteva essere rischioso e sembrare incosciente portare uno sconosciuto vicino casa o anche solo passare del tempo con lui, ma Jade sentiva di fidarsi di lui più di molti altri.

Aveva paura ma al contempo molta speranza che l’uomo incontrasse Robert.

Mentre camminavano, lasciando alle spalle il parco, il vento diede un’altra frustata di freddo e Jade parve ridestarsi dal suo sogno ad occhi aperti.
Era notte e stava camminando con uno sconosciuto verso casa, dopo essere scappata nel pomeriggio.

Erano quasi arrivati, la casa iniziava a comparire in lontananza fino a diventare sempre più vicina, le luci erano spente. Jade ebbe un tuffo al cuore.
Si arrestò guardando l’uomo che ora, grazie alla luce diretta della luna e alla complicità di qualche lampione, riusciva a vedere quasi nei dettagli.

Aveva dei vestiti molto semplici che presentavano piccoli buchi e strappi, con dei segni di graffi all’altezza del collo e delle mani, che nell’insieme gli davano un aspetto non troppo rassicurante.
Ripensò agli abiti che portava di solito e al corpo della madre.
Non le faceva paura, si sarebbe detto uno di famiglia.

“Quella è casa mia… da qui posso andare da sola.”

“Sei sicura?”

Non avrebbe voluto mettere fine a all’incontro con quell’uomo che, in meno di un’ora,  aveva dimostrato gentilezza e interesse nei suoi confronti, come mai  Robert aveva fatto in 8 anni.

“Sì, però grazie… davvero.”

“Non devi ringraziarmi, scusami piuttosto se ti ho spaventata.”

“Non mi ha spaventata, davvero. Grazie ancora, arrivederci.”

Confidava davvero in quella parola, in quella specie di promessa: “arrivederci”, vediamo di incontrarci di nuovo.

“Di nulla cara e sappi che qualunque fosse il motivo della semi-fuga, si risolverà tutto.”
La ragazza avvertì una fitta allo stomaco.

“Lei come lo sa?” Gli chiese in un sussurro.

E se fosse stato un’assistente sociale in incognito? Solo ora le veniva in mente quella possibilità.

“Perché nessuna situazione dura per sempre. Passa tutto… anche le cose brutte.”
Jade si rilassò e ringraziandolo e salutandolo nuovamente si diresse verso casa. Tutto sarebbe andato meglio…

Ci credeva, voleva crederci. Del resto era stato l’uomo del bosco, anzi della luna, a dirglielo.
Egli era rimasto a vegliare sul suo percorso fin quando, arrivata sul perimetro di casa, si era voltata sbracciandosi a salutarlo.

La Serpeverde sorrise un’ultima volta per poi avvicinarsi alla porta.

Jade posò la matita, guardando il disegno senza però vederlo.
Le piaceva pensare a quel incontro, che aveva un che di magico (non nel senso scolastico), ma non a quello che era successo dopo.

Se non poteva essere pienamente sicura che l’uomo fosse ‘vero’ o fosse stato solo il frutto di una sua ennesima fantasia, sul ritorno a casa non aveva dubbi. Quel senso di smarrimento e di paura non l’avevano ancora abbandonata. Fece per riprendere a disegnare, ma come spesso accade quando non si vuole pensare a una determinata cosa, non accentuò altro che i suoi pensieri in merito.

Erano davvero preoccupati per lei?
Provò a girare la maniglia, ma non funzionava.
Provò ancora, ma la porta era chiusa. Le luci all’interno erano spente e nessun rumore proveniva dall’abitazione.
Immediatamente mille pensieri invasero la mente di Jade, devastandola.

Erano usciti a cercarla? Sua madre si era sentita male? Le aveva fatto male? E se fosse finita nuovamente in ospedale perché, con la scusa della sua fuga, lui se l’era presa con lei? Perché non era rimasta a difenderla?
Era un’idiota, colma di egoismo e orgoglio, se non peggio.

Carica di adrenalina iniziò a guardare trai cespugli alla ricerca della chiave di scorta.
Le aveva chiesto di scegliere tra lei e lui, indirettamente, se la fosse venuta a cercare, lei si sarebbe fatta trovare e sarebbero fuggite insieme.
Era tutto così semplice quando le era venuto in mente quel pomeriggio… Peccato però che lei non era venuta (o almeno non l’aveva vista) e forse aveva combinato un disastro ancora più grande.

Iniziò a scavare nel terreno come un cane alla ricerca di tartufi, tremava e le lacrime già minacciavano di scendere, trattenendosi perché la priorità di quel momento era vedere.
Si voltò perfino verso la strada, alla ricerca dell’uomo, ma ormai era sparito.
Quando stava per gettare la spugna, valutando di rompere la finestra, la trovò.
Aprì la porta con mano incerta, per poi entrare chiamando a gran voce.

“Mamma? MAMMA??”

Percorse velocemente tutti i piccoli locali della casa ma fu inutile, era sola.
Tornò in cucina afflitta, respirando velocemente al ritmo dei suoi passi, mentre si chiedeva dove potessero essere e cosa potesse fare.

La polizia era fuori discussione… ma all’ospedale, se avesse chiamato, avrebbero potuto dirle se era lì o meno.
Si diresse verso il telefono, urtando però contro il tavolino per lo zelo. Oltre il dolore alla gamba, aveva procurato la caduta di un foglietto.
Lo raccolse e lo lesse subito avidamente.

“Vado a lavoro, mi hanno cambiato l’orario… Robert va con gli amici. Se vuoi c’è qualcosa in frigo. Ti voglio bene, mamma”
Sua madre aveva un nuovo lavoro, cameriera nel ‘Reddy Fox Inn’, glielo aveva accennato in una delle sue rare lettere.

Un capogiro la costrinse a sedersi. Respirò piano, appoggiando il viso sulle braccia. Andava tutto bene, sua madre stava bene, lei stava bene, Robert non era a casa… tutto perfetto.

Ma allora perché lei stava piangendo e si sentiva infinitamente vuota e triste?
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile si alzò e si diresse in camera sua, dove si addormentò subito stremata dalle emozioni della giornata.

Jade si riscosse, scrollandosi di dosso alcune foglie e, sperava, i brutti pensieri.
Erano quasi le sette e il sole si era già coricato quasi del tutto.

La ragazza si alzò raccogliendo l’album con la matita, non era il massimo, ma stare sola con i suoi disegni e pensieri alle volte le faceva davvero bene. In quei momenti esisteva solo per lei, senza che nessuno la giudicasse o le desse fastidio. Era sola ma felice… o comunque a qualcosa che si avvicinava al non stare male.











L'angolo di Julia

Eccomi di ritorno <3 spero che questo capitolo vi sia piaciuto... è da tanto che era abbozzato e desideravo scriverlo <3 Alcuni giorni fa (prima del 1 Settembre), ho avuto dei sogni che ho ricollegato a questa storia, fin quando proprio l'altro ieri, ho pensato a come si dovessero sviluppare i capitoli successivi. Trovarmi il giorno stesso una nuova recensione da parte di Severia85 (che ringrazio davvero!), è stato l'ulteriore stimolo-segno che mi dovevo dare da fare.
Con mia stessa sorpresa vi annuncio anche che è pronto il prossimo capitolo... sebbene devo correggerlo e aggiungere alcune cose. Spero in una vostra opinione e ringraziando sempre chi segue, ricorda, preferisce ma soprattutto commenta (siete lo sprint ulteriore che mi fa continuare <3 ), vi auguro un buon rientro a scuola (ci si becca in sala comune per i Grifondoro).

A presto!

JuliaSnape
  
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