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Autore: ehinewyork    05/09/2014    1 recensioni
Harry Styles non si sarebbe mai aspettato di trovarsi in una situazione come quella.
Louis Tomlinson sa che il suo ragazzo è forte.
Accade qualcosa quella sera, qualcosa in cui Harry viene coinvolto, qualcosa che è più grande di lui.
Ma riuscirà l'amore per chi ha intorno a salvarlo?
A volte anche solo l'amore può salvarci.
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Salve, sono Harry e in questo momento non sono in casa o forse non mi va di rispondervi. Provate a richiamare o lasciate un messaggio dopo il bip.

Bip

“ Ciao Harry, sono la mamma. Sei sparito! Perché non mi hai avvertito di quello che è successo? L’ho saputo dai notiziari. Sono preoccupata. Come stai? Gemma sta bene, sto andando da lei in ospedale, oggi torna a casa. Richiamami appena puoi. Ti voglio bene.”


Tutto si placò nuovamente, un silenzio assordante investì la camera, un silenzio carico di respiri. Una stanza ancora buia con un filo di luce che filtrava attraverso le tende. Due corpi posati tra le lenzuola e tra di loro nessuno spazio a dividerli. Le braccia simmetricamente affiancate, strette in una morsa dolce come ad urlare quanto desiderassero non staccarsi mai. Il respiro di uno tra i capelli dell’altro, il suo dolce profumo tra le narici, le palpebre chiuse. Spalle contro spalle, schiena contro addome, gambe intrecciate, avvinghiate tra quel tessuto azzurro chiaro, testimone della notte appena trascorsa insieme. Il silenzio fu spiazzato nuovamente da quel rumore fastidioso, che subentrò fin dentro i loro sogni.

Salve, sono Harry e in questo momento non sono in casa o forse non mi va di rispondervi. Provate a richiamare o lasciate un messaggio dopo il bip.

Bip

“ Harry, sono Liam. Devi spiegarmi cosa è successo. Che fine hai fatto? Appena puoi richiamami. Siamo tutti preoccupati qui.”

Un leggero fruscio tra le lenzuola, i corpi ancora caldi si distaccarono piano, voltandosi e ritrovandosi uno di fronte all’altro. Un’ondata di freddo colpì le loro pelli e cercarono nuovamente un contatto, che trovarono subito dopo, senza alcuna esitazione. Un mormorio sfuggì dalle labbra del riccio, con i capelli che gli cascavano sul collo e sulle spalle. Le sue labbra si schiusero, inspirando il forte odore di cocco che sprigionavano i capelli del suo amato biondino, proprio come lui era solito chiamarlo. Spostò le mani lungo i suoi fianchi con una lentezza tale da far sussultare lievemente il suo corpo, che rabbrividì sotto quel tocco. Poggiò la mano sulla sua nuca e schiuse piano gli occhi, una ciocca riccia gli ricadeva sulla fronte come a contornare i lineamenti del suo volto. Il biondino sorrise senza aprire gli occhi non appena il ragazzo di fronte a lui posò un dolce bacio sulle sue labbra. Un baciò che presto si trasformò in un due baci, poi in tre, poi in quattro, finché il sorriso si allargò così tanto che i baci, da soli, si posarono sui suoi denti perfettamente curati. Dischiuse anche lui gli occhi fin quando, nella fioca luce della camera, i loro iridi riuscirono ad incontrarsi. Un verde così intenso da far invidia agli smeraldi, degli occhi di cui il biondino conosceva tutti i minimi particolari. E l’altro, con un azzurro così profondo che il riccio riuscì a catturare anche in quel momento, quando l’unico spiraglio di luce riusciva a colpire soltanto la parete dietro il letto. Si guardarono finché, oltre alle labbra, anche gli occhi iniziarono a sorridere. Si dissero di amarsi con quel breve ed invisibile sguardo, che soltanto loro riuscirono a percepire, che soltanto loro avrebbero potuto percepire anche se in quella stanza ci fossero state altre ottanta persone. Loro si capivano, loro si amavano in tutti i modi possibili, ma più di tutti loro si amavano con gli occhi. Profondi occhi che trasmettevano tutto quello che le parole non riuscivano a fare e che, nel loro caso, non potevano fare.

“Mmh buongiorno” sussurrò il biondino, per poi tornare a guardarsi in silenzio.

Ma il suono del telefono ruppe di nuovo la loro quiete, strillò fastidiosamente fino a martellare i timpani. Sbuffarono all’unisono, prima che Harry potesse voltarsi, accendere la luce della lampada e rispondere al posto della segreteria.

“Pronto?” la sua voce roca impastata dal sonno mandò in estasi il biondino che accarezzò i suoi lunghi capelli per tutto il tempo. “Certo che lo so! Ma non siete voi a decidere per me. Parlerò con la stampa quando lo riterrò opportuno” prese un attimo di pausa “E smettetela di chiamare tutti, che sono le nove del mattino e ho già un gran mal di testa!”
Sbuffò, chiuse il telefono e tornò a sdraiarsi comodamente sul letto. “Ne ho le palle piene delle persone. Dovrebbero farsi tutti gli affari loro e lasciarmi in pace.” Poggiò le mani sul viso, a coprirselo tutto. Sospirò pesantemente prima che il ragazzo accanto a lui potesse spostargli le mani e scoprirgli nuovamente il viso. “Smettila di dire così, Harry. Loro sono solo preoccupati per te e dovresti esserne felice.” I loro occhi si incontrarono di nuovo, comprensivi.
“Lo so, Louis. Ma non dovrebbero assillarmi in questo modo! Potrebbero, una buona volta, lasciarmi pensare? Dico davvero, non ne posso più, non voglio sentire nessuno.” Louis annuì senza dire nulla e si lasciò cadere sulla spalla di Harry, con i ricci che gli solleticarono la guancia.

“Cosa credi che io debba fare?” chiese Harry dopo alcuni minuti di silenzio. Poggiò una mano sulla schiena del suo ragazzo e lo strinse forte a se.
“Quello che senti, Harry. Se hai paura non devi per forza andare lì fuori e raccontare tutto davanti alle telecamere.” Disse, poi separarono alcuni attimi di pausa dalla risposta di Harry.
“Però sento che niente andrà bene e che mi porteranno via da te. Via da te e da tutto quello che abbiamo costruito noi e i ragazzi in questi ultimi anni. E io non ce la faccio, mi sento crollare a pezzi. E ho come la sensazione che di qui a poco sarà il mondo a cadermi letteralmente sulla testa.” Gli occhi di Harry erano lucidi e Louis si sentì un peso in più sul petto quando sentì quelle parole. Vide una lacrima cadere sulla guancia del riccio e gliel’asciugò.
“Non azzardarti a parlare in questo modo. Tu dopo andrai in tribunale e dimostrerai a tutti loro di essere innocente. Io sarò seduto proprio dietro di te e non smetterò di sostenerti neanche per un attimo.” Si guardarono negli occhi, poggiarono le loro fronti l’una contro l’altra e chiusero gli occhi respirando piano. “Sarò lì ad urlarti silenziosamente quanto sei forte e quanto ti amo” continuò Louis, prima di posare un casto bacio sulle morbide labbra di Harry.
Il riccio sorrise e ricambiò il suo bacio, approfondendolo finché le loro lingue non giocarono di nuovo ad intrecciarsi, con i battiti dei loro cuori sempre più accelerati.


72 ore prima

“Smettila di farmi il solletico!” strillò Louis tra le grinfie di Harry “Ti prego!” continuò a ridere, mentre il riccio muoveva la mani sui suoi fianchi fino a fargli mancare il respiro. Louis continuò a chiedere pietà mentre si dimenava sotto il forte corpo del suo ragazzo.
“No!”rispose Harry divertito. La sua risata era dolce musica per le orecchie del biondino, che si cibò di quel suono sebbene stesse patendo quella terribile agonia. Rise ancora ed ancora, finché con un rapido movimento non riuscì a bloccare le braccia del riccio.
“Beccato!”risero.
“Ti ho lasciato vincere per questa volta, piccolo biondino!”
“Non chiamarmi biondino! Non sono biondo!” puntò gli occhi nei suoi, tenendo i suoi polsi stretti. “Adesso tocca a te soffrire”si rigirò, sdraiandosi su di Harry ed iniziando a fargli il solletico. Il riccio scoppiò in una forte risata, mentre i capelli si spostavano sul piumino blu notte solleticando il suo collo. Poi urlò “Aspetta, aspetta!”e i loro movimenti si placarono. Louis lo guardò.
“Tu sei il mio piccolo biondino!”
Mio. Louis sorrise a quelle parole e in sincronia apparve un sorriso sulle labbra dell’altro. Si guardarono dritti negli occhi, poi sulle guance, poi sul naso ed infine sulle labbra. Rimasero immobili in quella posizione, quando una forte attrazione scintillò tra i loro corpi. Si ritrovarono ad un palmo dal naso, con i respiri intrecciati, le labbra appena schiuse e gli occhi incollati gli uni sugli altri. Bastò un attimo e le loro labbra furono di nuovo a contatto, di nuovo dopo mille altri baci che avevano riempito pienamente la loro giornata e tutta la loro intera esistenza fino a quel momento. Premetterò le loro labbra con così tanta dolcezza da far collassate le loro difese, i brividi si riversarono lungo le loro schiene e un calore fu trasmesso dai loro corpi. Ma quel breve ed intimo contatto che li aveva uniti così tanto, fu interrotto dal cellulare di Harry che iniziò a squillare. Sospirò, staccandosi con dispiacere. Prese il cellulare dalla tasca e lesse il nome sul display ‘ Gemma ‘, pigiò il tasto verde.

“Gemma?”
“H-harry..” un gemito “Harry ti prego vieni qui!”
“Che succede? Gemma?” una voce carica di preoccupazione invase la camera. Harry si alzò subito da letto, scostando il corpo esile di Louis.
“Harry ti supplico corri nell’appartamento di Rob!”sussurrò scossa da tremiti.
“Di Rob..?”
“Vai via.. vai via Rob.. ”il tremore nella sua voce aumentò e presto si trasformò in un singhiozzo “Harry! Ti prego Harry!”Poi il silenzio.
Il ragazzo riccio fu scosso da quello che aveva appena sentito. ‘Gemma è in pericolo’, fu tutto ciò che riuscì a pensare. Scattò subito in piedi afferrando le chiavi dell’auto. Non disse nulla. Non guardò neanche Louis, ma si voltò e corse fuori dalla camera, dirigendosi fuori dall’appartamento.
Il suo ragazzo lo seguì senza capire bene cosa stesse facendo. “Dove stai andando?”
“Gemma. Devo.. Devo scappare. Io non lo so” disse soltanto. Poi corse giù per le scale e sparì nel parcheggio, lasciandolo sulla soglia di casa senza alcuna spiegazione.


Sfrecciò nelle strade periferiche della città senza badare ai limiti di velocità o ai semafori. Il suo unico pensiero fu Gemma e i suoi singhiozzi e il tremore della sua voce. Corse con quel punto fisso nella mente e si ritrovò soltanto dopo alcuni lunghissimi minuti davanti alla porta dell’appartamento di Rob.

“Rob!” bussò pesantemente contro il legno della porta. Non ricevette alcuna risposta. “Robert! Apri subito questa dannatissima porta prima che la butti a terra!”
Nulla.
“Butterò giù questa cazzo di porta entro tre secondi, Robert.”
Fu il silenzio a rispondergli ancora.
“Sto per farlo.”
Indietreggiò, prese un forte respiro e con una rincorsa fece urtare violentemente la sua spalla contro il duro legno. Provò soltanto dolore. La porta scricchiolò. Massaggiò la spalla dolorante.
“Robert Aaron Stewart, apri questa porta del cazzo!” urlò battendo il pugno sulla superficie.
“Aiut..!”la voce di gemma, strozzata, rotta da mille singhiozzi.
“Gemma! Gemma sono qui!” urlò e poi imprecò “Dannazione!”prima di puntare il suo piede contro la porta e tirare un potente calcio. La maniglia si ruppe e lui si precipitò subito nell’appartamento.

Gemma era incastrata contro il muro, con le gambe penzolanti e la schiena aderente alla parete. Le sue ginocchia erano rivolte verso l’alto, le sue gambe dilatate. Robert era posizionato tra loro, con la mano sinistra che copriva la bocca di Gemma per tenerla a tacere. Continuava a dare delle forti spinte verso lei e ad incastrarla sempre di più nel muro. Lei era impaurita, provava terrore, disprezzo, odio e le lacrime invasero quei suoi grandi occhi verdi così spalancati che quasi sembravano voler uscire fuori dalle orbite. Un urlo soffocato uscì fuori dalle sue labbra coperte, quando vide Harry entrare nel salone e puntare verso di loro.
C’erano dei vestiti sparsi sul pavimento e lei aveva ancora indosso quel abito elegante che gli aveva regalato Robert al suo compleanno. Un abito rosso come il fuoco che Harry aveva negli occhi.
Robert sentì i passi furiosi del ragazzo che si precipitava verso di loro.
“Lasciala andare, lurido bastardo!”
Sfilò il suo membro dalla ragazza, la strattonò e lei cadde violentemente sul pavimento freddo. Urlò per il dolore.
“Stupido ragazzino”un ghigno sulle sue labbra.
Harry si scaraventò sull’uomo, con la rabbia che gli ribolliva nelle vene. Cominciò a prenderlo a pugni sul viso, mentre Robert reagì con più prepotenza. Si tolse il ragazzo di dosso e lo buttò sul pavimento, dandogli due colpi secchi sugli zigomi. Harry rimase stordito a terra, quasi incosciente e Gemma si teneva il vestito piangendo in silenzio. Si lesse disperazione nei suoi occhi, non appena Rob ritornò dalla camera accanto con una pistola tra le mani.
“Harry! Harry!” urlò. E il ragazzo frastornato sul pavimento si alzò piano girandosi verso l’uomo.
“Posa quella dannatissima pistola, Robert, se non vuoi che qui finisca male!”
L'uomo lo ignoró ed alzó l'arma puntandola verso l'alto, su Gemma. Lei urló con disperazione mentre le lacrime cadevano a fiumi sul suo viso. Poi Rob miró verso Harry senza dire nulla e la ragazza urlò ancora più forte. "Lascialo stare, non fargli del male!" strillava piangente "Uccidi me, non uccidere lui!" deglutì forte mentre Harry scosse la testa. "No!"
"Rob. Io ti ho sempre amato... Rob, che ti è successo? Perchè non mi ami piú?" e pianse. Strinse il viso tra le mani e lo bagnò delle sue lacrime amare.
"Io non ti ho mai amato." disse Robert con un filo di voce prima che Harry potesse dare un calcio all'arma e gettarsi su di lui per picchiarlo con forza. Ma Robert non si diede per vinto: allungò il braccio per recuperare la pistola. Dopo alcuni sforzi la strinse tra le mani e la puntó sull'addome di Harry che cercava di placare le sue implacabili mosse.
Gemma restó sul pavimento, testimone di quel orribile spettacolo, vittima di tutta quella tragedia. Guardó la scena e desideró tanto che Harry riuscisse a fargli del male, ma al tempo stesso si maledisse per aver chiamato proprio lui ad aiutarla, facendogli correre un rischio di quelle enormità. Il suo cuore batteva all'impazzata per la paura di quello che sarebbe potuto succedere. E per questo approfittó del momento di distrazione e afferró il cellulare nella tasca digitando il numero della polizia.
"É un'emergenza. Gohal Street, numero 14, terzo appartamento al primo piano. La prego venga in fretta. C'e' un uomo armato di pistola che vuole..."
Uno sparo. Il silenzio.
I suoi occhi si spalancarono inondandosi di nuovo di lacrime.
“Signorina? Signorina è ancora lì?”un attimo di silenzio “Pronto?!”
Gemma si lasciò cadere il cellulare dalle mani, portò una mano sulle sue labbra mentre il cuore, che stava battendo così forte, di colpo sembrò non battere più. Il sangue le si gelò nelle vene, vedendo quei due corpi immobili sul pavimento.
‘Harry’ riuscì a pensare e poi lo gridò con tutta la voce che aveva “Harry!”
Camminò piano verso quei due corpi fermi, tremante per il terrore. Sussurrò il nome di Harry ancora una volta, mentre con una mano asciugava quelle miriadi di lacrime che le appannavano la vista.
Immaginò il sangue riversarsi a fiumi sulla pancia di Harry, immaginò i suoi occhi verdi svuotarsi pian piano e diventare freddi, vuoti. Immaginò di assistere alla morte di suo fratello, di vederlo lì, giacere a terra senza poter fare nulla per salvarlo. Ed immaginò l’espressione compiaciuta di quello psicopatico del suo ex ragazzo. Ma tutte quelle immagini rimasero soltanto lì nella sua mente.
Un verso di dolore provenne da loro, poi uno sbuffo. Il corpo di Harry cadde a terra con un tonfo pesante.
Gemma sussultò quando vide Rob giacere a terra tremante, con un colpo di pistola piantato dell’addome, la pistola tra le mani puntata in quel punto e fiumi di sangue che scendevano sul pavimento. Harry aveva gli occhi chiusi, un braccio poggiato sulla fronte e, sotto quel tessuto bianco sporco di sangue, il petto si alzava e si abbassava con irregolarità.
“Harry!” si percepì felicità dalla voce di Gemma. Suo fratello era vivo e lei si sentì la persona più felice del mondo, mentre Harry sentì soltanto un forte dolore ai fianchi quando sua sorella lo aiutò ad alzarsi.
“Sto bene, sto bene” disse, tenendo una mano sul fianco e cercando di restare in equilibrio. Poggiò la schiena alla parete e respirò piano cercando di riprendere fiato. Gemma rimase immobile per alcuni secondi di fronte a quella scena, prima di recuperare il cellulare da terra e portarlo all’orecchio.
“Pronto?Pronto?!” dall’altro capo non c’era nessuno. “Merda, hanno riattaccato!”
Quando Harry lasciò cadere il suo sguardo su Rob, iniziò a sentirsi il cervello in fiamme e un amaro senso di colpa si infiltrò fin dentro le sue ossa. Scosse la testa mentre iniziò a piangere e corse dritto al bagno gettando le mani sotto l’acqua gelata, tirando via tutto quel sangue sporco. Una chiazza rossa si riverso nel lavandino ed Harry ebbe solo alcuni secondi per guardare il suo orribile aspetto nello specchio. Non poteva credere a quello che aveva appena fatto, non riusciva a riconoscersi. Guardò quel immagine e vide il volto di un assassino.‘Questo non è Harry Styles, questo è un assassino’ strillò nella sua testa.
Ma un rumore di voci e di passi richiamò la sua attenzione: la polizia era arrivata e lui sembrò dover fare i conti con la verità.
Un gruppo di agenti ricoprivano il corpo oramai senza vita di Rob, fotografando la scena del delitto. Prese un respiro e andò verso Gemma che stava ancora tremando per lo spavento e non appena vide Harry lo abbracciò forte.
“Lei è?” disse un agente.
“Harry Styles” rispose sciogliendo l’abbraccio “Lei è mia sorella. Sono corso qui in suo soccorso.” disse con un filo di voce.
“Dov’era?”
“Stavo—“ respirò profondamente “Stavo togliendo via tutto quel sangue che mi era finito addosso” abbassò lo sguardo, scuotendo la testa in segno di debolezza.
“Lei era qui sulla scena del delitto?” Harry annuì lievemente, mentre Gemma fu chiamata da un altro agente. “Saprebbe spiegarmi la dinamica?”
“Sì..”asciugò il sudore dalla sua fronte. Era in completo panico. “Sono corso qui da lei perché mi aveva chiamato e dopo alcuni tentativi sono riuscito a sfondare la porta dell’appartamento. Robert st—stava violentando mia sorella ed io sono subito saltato su di lui prendendolo a pugni. Non so come, ma ero stordito e mi sono ritrovato con una pistola puntata contro.” Guardò l’agente dritto negli occhi e poi riprese a parlare. “Io gli ho tolto la pistola dalle mani e l’ho fatta cadere sul pavimento, cercando di placarlo. Ma è riuscito a recuperare la pistola e—“ un piccolo pensiero passò rapidamente nella sua mente. Qualcosa, forse i sensi di colpa, oppure la paura di quello che sarebbe accaduto dopo, non permisero ad Harry di dire la verità. Mentì, mordendosi la guancia interna. “—ed eravamo sul pavimento. Io non sapevo cosa fare, allora ho soltanto cercato di togliergli quell’arma dalle mani. Ma quel uomo era troppo forte per me. Era sfuggito alle mie difese e teneva un dito pronto sul grilletto. Ho usato tutte le mie forze per evitare che mi sparasse e non so come, ne per quale motivo, ma ha puntato la pistola contro il suo addome e si è sparato.. “
“Quindi lei mi sta dicendo che l’uomo qui a terra si è suicidato?”
Annuì. L’agente gli lanciò uno sguardo stranito e quasi divertito, come se tutta quello che Harry aveva appena detto fosse una bugia. Il cuore del ragazzo batteva forte durante quegli attimi e restò con il terrore negli occhi, il terrore di chi aveva visto davanti a se la morte.
“La ringrazio” disse in fine l’agente. “Ho messo tutto per iscritto e farà parte delle indagini. Non appena sarà fatta l’autopsia al cadavere, ci sarà un processo in tribunale e voglio che lei sappia che, sia lei sia sua sorella, siete sospettati di omicidio.” Harry spalancò gli occhi “ Per il momento sarà messo agli arresti domiciliari, un agente la porterà a casa e farà la guardia fino a nuovo ordine.”
“Omicidio..?” disse con un filo di voce.
“Certo” annuì l’uomo “Finché non sapremo se sia stato davvero un suicidio oppure no, il caso non sarà chiuso.”
Harry annuì piano, portando una mano tra i suoi capelli. “Oh e sua sorella resterà in ospedale per alcuni giorni con un altro agente.”
“In ospedale?”chiese
“Si, sua sorella è svenuta” Harry alzò gli occhi guardandosi intorno e si accorse che Gemma non era più lì. Gemma era svenuta e lui non se ne era accorto, lui non aveva più badato a lei: un doppio senso di colpa lo colpì dritto sullo stomaco.
Si ritrovò fuori casa sua dopo mezz’ora. Era rimasto in silenzio per tutto il tragitto, mentre quel agente lo aveva fissato allo stesso modo in cui si fissa un mostro. Gli aveva chiesto se era Harry, Harry Styles di quel gruppo per cui tutte le ragazze impazzivano. Lui aveva annuito semplicemente, mentre l’uomo aveva detto che anche sua figlia andava matta per loro. Ma non gli aveva chiesto alcun autografo, ne alcuna foto. Ed era insolito, perché tutti lo facevano. Allora Harry scoppiò in un pianto interno, pensando a quanto la sua vita stava letteralmente finendo nella merda. Adesso lui era solo un mostro, non era più l’eroe di nessuno.

Louis aveva aspettato delle ore in quella casa, provando a chiamare Harry al cellulare e poi Gemma e poi ancora Harry. Ma nessuno gli aveva risposto e lui era impazzito per cercare di capire qualcosa. La rabbia gli ribolliva nel sangue perché Harry lo aveva lasciato lì senza alcuna spiegazione, ma allo stesso tempo era preoccupato e la paura che fosse accaduto qualcosa lo stava consumando dall’interno. Era rimasto sul divano per molto tempo, prima di decidere di accedere la tv e vedere i notiziari. Poi, pochi attimi prima che Harry aprisse quella porta, il giornalista dietro quello schermo lanciò la notizia.

‘Robert Aaron Stewat, il fidanzato di Gemma Styles, la sorella del membro della famosa boyband, Harry Styles è stato trovato morto nel suo appartamento. I due ragazzi sono sospettati di omicidio. Le famiglie e in particolare le fan di tutto il mondo sono sconvolte ma non smettono di supportare il loro beniamino. Ecco le immagini.’

Poi dei passi. Harry entrò nell’appartamento, Louis si voltò. Si guardarono per pochi attimi, prima che Harry potesse lasciarsi cadere sul pavimento, rotto da mille singhiozzi. Scivolò lungo la parete, fino a toccare terra. E il suo ragazzo non esitò neanche un attimo, corse verso di lui e lo abbracciò forte. Lo aiutò ad alzarsi, e lo fece sedere sul divano. Loro si guardarono, mentre Harry si sentì crollare sempre più velocemente.
“Non è stata colpa tua, Harry” cercò di tranquillizzarlo. Il riccio restò in silenzio per altri minuti.
“E’ stata colpa mia invece!” strillò tutto ad un tratto “Io ho preso la pistola. Io non volevo più vederlo, non volevo che mia sorella soffrisse ancora. Non volevo morire. I-io” dei singhiozzi “ho preso quella dannatissima pistola e l’ho sparato. La mia vita mi era passata davanti agli occhi e non ci ho più visto.” Guardò Louis negli occhi “ma non l’ho detto a nessuno. Sono un assassino, un assassino bugiardo. Sono un mostro. Non dovevo, non dovevo!”
Il mare fuoriuscì dai suoi occhi, mentre Louis rimase a bocca aperta, non riuscendo a credere a ciò che aveva appena sentito. Senza dire nulla, lo abbracciò e gli baciò la fronte sudata, accarezzandogli i capelli, mentre quel ragazzo nel suo dolce abbraccio tremava come una foglia in pieno inverno e cadeva a pezzi come un albero in autunno.
“Tu non sei un assassino, tu sei un angelo. La tua è stata legittima difesa, Harry.”
Il riccio pianse ancora senza dire nulla. Louis lo aiutò a lavarsi, a sdraiarsi piano nel letto e a riposare. Lo tenne stretto a se tutto il tempo.
Ma Harry non parlò per giorni, Harry rimase in silenzio e guardò sempre dritto nel vuoto. Harry aveva gli occhi spenti di chi si sta lasciando andare pian piano alla disperazione, gli occhi di chi non riesce più a reggersi da solo perché il pavimento sotto di lui si è sgretolato.
E Louis era l’unica persona in grado salvarlo, perché lo amava e l’amore è la forza più potente di tutte. Louis lo amò, lo amò proprio quando lui ne aveva bisogno. E poi fecero l’amore, lo fecero così tante volte che i pezzi di Harry si ricomposero piano, come in un piccolo mosaico.


Tre giorni dopo l’accaduto

Arrivò il giorno della sentenza.
Harry si ritrovò all’entrata dell’enorme salone, Gemma davanti a lui andò dritta a sedersi. La sua mano sinistra era intrecciata con quella di Louis. E sulla spalla destra c’era poggiata la mano di Anne, sua madre, che gli diede un piccolo bacio sulla guancia.
“Buona fortuna tesoro, dimostra a tutti che sei innocente.” Harry annuì stringendo ancora più forte la mano del suo ragazzo.
“Teso?” gli chiese il biondino.
“Puoi dirlo forte!” rispose, fermo lì impalato sull’uscio.
“Andrà tutto bene, ma adesso dobbiamo entrare.” Louis lo guardò negli occhi, dopo aver avanzato di qualche passo.
“No. Entrerò non appena l’avvocato sarà qui.” Rispose con quella che sembrò essere fermezza. Ma più che fermezza, la sua era tensione, era paura. Una paura che non riuscì a spiegare a nessuno, perché se la sentiva dentro, nella testa, nel petto e nelle gambe, fino a farlo sentire debole. Così debole da cedere al suo stesso peso e precipitare a terra. Ma lui non era ancora caduto ed era proprio questa la cosa peggiore: si sentiva sempre sul punto di crollare, ma non riusciva mai a farlo. Quasi come se i suoi sensi di colpa volessero farlo soffrire mettendolo su un precipizio, in bilico tra morte e salvezza. E tutta la sua vita era nelle mani di quelle persone, che in quel preciso instante, mentre lui percorreva la stanza per sedersi alla sua postazione di imputato accanto a Gemma, lo stavano fissando, sedute dietro quel grande bancone di legno. La giuria avrebbe analizzato ogni sua mossa e ogni sua frase e avrebbe scelto il suo futuro: colpevole o innocente, galera o libertà. E tutto ciò non fece altro che aumentare il suo nervosismo.
L’avvocato lo guardò dritto negli occhi, annuendo come per accertarsi che Harry ricordasse tutto quello che doveva fare. E il ragazzo annuì in risposta, perché lui sapeva.
‘Dici tutta la verità Harry, non omettere niente’, gli aveva detto. E lui lo fece, in quella sala, lo fece senza alcun ripensamento.

Un colpo. Due colpi.
Il martello batté forte sotto la mano del giudice.
“L’imputato primo Harry Styles e l’imputato secondo Gemma Styles accusati di omicidio colposo di primo grado a danno del signor Robert Aaron Stewart. In difesa di questo ultimo, l’avvocato Brian Mccarthy. In difesa degli imputati l’avvocato Noah Stone.” Un attimo di pausa, il cuore sempre più accelerato. “Avvocato Maccarthy, a lei la parola” batté un altro colpo sul legno.

Harry si voltò e tutti puntarono lo sguardo sull’avvocato. Louis restò dietro, sostenendo Harry con la sua presenza, proprio come gli aveva promesso.

“La ringrazio signor giudice. Vorrei chiamare all’appello l’imputato Gemma Styles, se è possibile.” Un colpo di tosse, il giudice annuì. Gemma pronunciò il giuramento e si sedette dietro il bancone di legno.
“Lei e suo fratello Harry, hanno accusato il signor Stewart di atti di violenza e suicidio intenzionale. Conferma?”
”Confermo.”
“Bene. Lei è consapevole del fatto che qui dovrà dire la verità e nient’altro che la verità, giusto?”
“Giusto.”
“Perfetto. Secondo i genitori del signor Stewart, egli non aveva mai manifestato atti di violenza, ma l’uomo aveva sempre dimostrato di essere una persona calma e pacifica. Conferma?”
“Assolutamente no. Il signor Stweart mi ha sempre trattata con freddezza, era un uomo rude e ho sempre avuto timore di lui.”
“Perché continuava a starci insieme, allora?”
”Perché lo amavo. Ma lui qualche sera fa ha tentato di violentarmi. E ci sarebbe riuscito pienamente se non fossi riuscita a chiamare mio fratello e se lui non fosse venuto subito in mio soccorso.”

Gemma continuò a raccontare la vicenda dal suo punto di vista, sottolineando sempre quanto Harry fosse stata la sua ancora di salvezza. Ma Harry non smise di tremare, terrorizzato al pensiero di dover raccontare i fatti.
Fu chiamato all’appello il fratello di Robert e il signor Stone lo interrogò.
“Non avrebbe mai messo le mani su una donna. E sono certo che non lo ha fatto.” Disse. Ed Harry si arrabbiò furiosamente, ma tenne la sua ira placata finché non fu lui ad essere chiamato all’appello dall’avvocato Maccarthy.
Respirò profondamente, si alzò piano, sedendosi dietro quel bancone. Il cuore gli morì in gola, lanciò di sfuggita uno sguardo su Louis che lo incoraggiò con un sorriso.

Non c’erano giornalisti in quella sala, perché sia Harry sia la famiglia di Rob, avevano chiesto esplicitamente di non far entrare nessuno.
“Abbiamo bisogno di privacy, è una questione delicata.” Avevano detto. E così fu.

“Signor Harry Styles, lei come sua sorella, conferma gli atti violenti del signor Stewart?”
“Confermo” rispose.
“Dopo alcune indagini e dopo l’autopsia del cadavere non sono state trovate alcune tracce di polvere da sparo tra le mani del signor Stewart.” Mostrò delle carte al giudice “Bensì sono state trovate le sue impronte digitali sull’arma. Quindi lei conferma che quello di Robert sia stato un suicidio e non un omicidio?”
Harry sospirò, passò una mano tra i capelli e guardò l’avvocato.
“Non confermo.” Senti gli occhi di tutta l’aula puntati su di lui.
“Signor Styles, lei sta chiaramente dicendo che lei oppure sua sorella ha ucciso il signor Stewart?”
“Confermo. Ma, più precisamente, il colpevole sono io.” Un silenzio tombale si riversò nella sala.
“La prego di essere più chiaro.”
“Ho intenzionalmente ucciso il signor Stewart. Ma non per il semplice guasto di farlo, penso che ciò sia chiaro. Ho ucciso il signor Stewart perché aveva appena violentato mia sorella e stava tentando di spararmi. Ed ero terrorizzato, lo vedevo dai suoi occhi quanto fosse assetato di sangue. Voleva sparare me e poi mia sorella, ma io non potevo permetterlo. Per istinto, un istinto chiamato auto-conservazione, sono stato io a sparare lui. La motivazione è quella che tutti conoscono come legittima difesa.
"Perchè quella sera ha mentito all'agente di polizia, dichiarando che il signor Stewart si era suicidato?"
"Perchè ero solo spaventato. Se dovessi dirle il perchè, devo essere sincero, neanche io lo so. Avevo paura e quando abbiamo paura non agiamo mai per ragione, ma sempre per istinto."
Prese un forte respiro. Non riuscì a credere di aver detto la verità e, per un istante, si senti libero, ma l’istante terminò subito e sentì di nuovo un peso schiacciargli il petto.


Tornò al suo posto, pietrificato. Poi si voltò di scatto, sentendo la madre di Rob urlare.
“Tu! Tu sei un assassino! Hai ucciso di mio figlio!” la donna strillava puntando lo sguardo verso di lui, uno sguardo carico di colore, lo sguardo di chi ha perso un figlio, di chi ha perso un pezzo di se. La donna era distrutta e piangeva, mentre la rabbia le faceva pulsare forte la vena sul collo che divenne così evidente che Harry pensò potesse scoppiare da un momento all’altro.
“Assassino! Sei un mostro!” continuò ad urlare, prima che un uomo potesse tirarla per calmarla. E lei restò in silenzio, guardando di sottecchi verso il bancone di Harry.
Il battito del cuore sempre più accelerato, abbassò lo sguardo portando una mano sulla sua fronte. Harry non si stupì di quelle parole, perché erano vere. Lui era un mostro ed era un assassino. Non meritava la libertà.
Il giudice batté il martello. “Silenzio in aula. La giuria tra pochi minuti darà il suo verdetto”
Si rabbuiò perché di lì a pochi minuti avrebbe saputo il suo futuro. Poi si voltò e vide Louis che lo stava guardando. Si strinsero forte la mano.
“Harry, ricorda ciò che ho detto stamattina. Sei stato bravissimo, ora bisogna solo sperare che vada tutto nel verso giusto.” Annuirono in sincronia, mentre l’agitazione di Harry salì sempre più in fretta.

Solo dopo alcuni interminabili minuti, la giuria aveva pronto il suo verdetto. Il giudice batté due colpi con il martello e un silenzio si espanse in tutta l’aula.
“La giuria espone il verdetto. Prego, a lei la parola.”
Un uomo alto si alzò, tossendo e tenendo tra le mani un foglio con su scritta la sentenza. La vita ti Harry era nella mani di quel uomo e il ragazzo lo squadrò da capo a piede, attendendo che egli parlasse.
“Grazie Signor Giudice” tossì e si girò verso di loro “Signor Stone, Signor Maccarthy. Siamo arrivati ad una decisione finale. Il primo punto da chiarire è che la signorina Gemma Styles, nonché sorella dell’imputato Harry Styles ed ex ragazza del signor Robert Stewart, è assolta in quanto vittima di abusi e testimone del delitto. Non dovrà pagare alcuna pena. Pertanto invitiamo i signori Stewart ad accettare lo squilibrio mentale che affliggeva il signor Robert, poiché alcune analisi che sono state fatte al suo cadavere lo confermano.”
Harry si voltò, vide la madre di Robert accasciarsi su suo marito e piangere, coprendosi il viso con le mani. Ed Harry provò pena per quella donna, per una donna che piangeva la morte di un figlio del quale credeva di conoscere tutto, ma che in realtà non conosceva affatto. Poi spostò lo sguardo su sua sorella. Gemma stava sorridendo, allo stesso modo di sua madre Anne. Poi entrambe lo guardarono come per incoraggiarlo.
“Dunque, il punto più importante che vorremmo esporre riguarda il signor Styles.”
Trattenne il fiato.
“L’imputato ha dichiarato apertamente in questa sala, di aver assassinato il signor Robert Aaron Stewart. Pertanto il signore qui presente è dichiarato colpevole di omicidio, più precisamente di omicidio di primo grado, conosciuto da voi tutti come omicidio premeditato. Il signor Styles dovrà scontare una pena di 20 anni di galera nel carcere di Wormwood Scrubs a Londra.”

Buio.
L’orrore scombussolò tutte le sue viscere arrivando fino alla gola.
Tutti i pezzi della stanza stavano cadendo al suolo, gli occhi spalancati. Anche il pavimento sotto di lui stava cedendo e non aveva più nulla di solido sotto i suoi piedi.
Sentì un vuoto riempirlo pian piano, una forza disumana spingerlo al centro della terra. Iniziò a bruciare come lava e a diventare sempre più piccolo, a sparire. Harry era morto, era morto anche se sembrava vivo, anche se i suoi polmoni continuavano a filtrare ossigeno. Ma Harry non era lì, Harry era sparito. Harry continuava a tenere gli occhi fissi nel vuoto, in un vuoto che sembrò rispecchiarlo così tanto. Harry Styles non esisteva più, adesso lui non era più nessuno.
“Harry? Harry!” sussurrò Gemma accanto a lui risvegliandolo da quel sonno di morte.
“Obiezione vostro onore!” esclamò l’avvocato Stone “Il mio cliente Harry Styles ha ucciso il signor Stewart per legittima difesa.”
Il giudice batté il martello sul duro legno “Torni al suo posto avvocato Stone, questo è il verdetto della giuria, i fatti sono questi. Obiezione respinta.” Alzò il martello in aria ancora una volta, mentre l’avvocato si lasciò cadere sulla sedia accanto ad Harry, sbuffando. “Il signor Styles dovrà scontare la sua pena. Il caso è chiuso.”

La mano di Louis gli strinse la spalla per sostenerlo. Il ragazzo si sollevò dalla sua sedia e avvicinò le sue labbra all’orecchio del riccio.
“Ti amo, Harry, sei forte. Nessuno ti porterà via da me.” E quelle parole addolcirono lievemente l’impatto. Ma non così tanto, perché il mondo era crollando del tutto e non c’era più nulla di forte, neanche Harry lo era, non più. A circondarlo c’era un deserto di illusioni, illusioni su quanto potesse andare tutto nel verso giusto, illusioni su un futuro che era ormai soppresso.

Ma ci fu un attimo. Un istante che precedette le mosse del giudice, prima che egli potesse davvero battere il martello su quel bancone per chiudere il caso.
In quel preciso attimo ci fu un lampo di luce.

“Ma non abbiamo finito qui, signor giudice. Il caso non è del tutto concluso.”

Harry si risvegliò, puntò gli occhi verso quel uomo alto.

“Abbiamo deciso di assolvere l’imputato Styles. Egli viene assolto per legittima difesa: ha sparato al signor Stewart per preservare se stesso e sua sorella gemma Styles. E, come ho già detto in precedenza, il signore Stewart era afflitto da uno squilibrio mentale, dunque il signor Styles sarebbe morto se non avesse reagito sparandogli. Per giunta dovrà compiere volontariato per i prossimi cinque mesi, assistere malati e anziani per la comunità della città.”

Nel mondo tornò la luce, i polmoni ripresero a respirare regolarmente e il sangue circolò di nuovo nelle vene. Un sorriso si stampò sul volto di Harry, un sorriso che non aveva da giorni e che credeva di non aver avuto più per il resto della sua vita.
Harry era libero, Harry era vivo di nuovo. Ma lui non riuscì a crederci, neanche quando si ritrovò fuori l’aula del tribunale con tutti intorno a lui. Ci fu un urlo di gioia e abbracci, baci sulle guance.
Tutto accadde in pochi minuti e lui non ci capì nulla. Poi Louis gli prese la mano, lo attirò a se e lo guardò dritto negli occhi. Non disse nulla, ma sorrise e un’ondata di gioia travolse entrambi.

“Ce l’ho fatta? Louis. Louis ce l’ho fatta?” chiese il riccio.
“Mh-hm, te l’avevo detto che ce l’avresti fatta!”
“Oh mio dio Louis, non ci credo. Io sono libero e.. Sto per morire, Dio!” disse scoppiando in una risata. I due si abbracciarono forte e poi si baciarono.
Ma ci fu un flash in quel istante. Il flash di una telecamera, quella di un paparazzo.

Staccarono subito le loro labbra, tutti si guardarono terrorizzati, mentre l’avvocato di Harry corse dietro quel paparazzo che ormai era già fuggito via.
“Non sono riuscito ad acciuffarlo, mi dispiace.” Disse il signor Stone con il respiro corto.

Louis posò la sua schiena sul muro, poggiò una mano sugli occhi e sospirò. “I-io.. mi dispiace. Dannazione!” diede un calcio al muro. Ma Harry si avvicinò a lui e gli prese i polsi, lo guardò negli occhi.
“E’ tutto okay Louis. Adesso risolveremo tutto.”
“No, Harry, no!” urlò “Tu sei appena stato rilasciato e adesso è successo un altro terribile casino. E’ colpa mia, non dovevo baciarti qui!” scosse la testa tremante.
“Non è colpa di nessuno!” gli alzò il volto “Ho visto passarmi tutta la mia vita davanti per due volte in questi ultimi giorni. E non avrei mai creduto di riuscire a sopravvivere e di essere qui ora davanti a te. Credevo di morire quella sera e credevo che oggi sarei stato rinchiuso in una prigione per venti anni. E in entrambi i casi la cosa che più mi preoccupava era che non avrei più visto il tuo volto. Ma ora sono qui, posso vederti, posso toccarti e posso baciarti. E non c’è nulla che adesso possa importarmi più di questo. Sono felice con te come con nessun altro. Voglio poterti baciare ora, domani, tra un mese, tra trenta anni e voglio poterlo fare dove e quando mi pare.” Continuò a guardarlo negli occhi pieni di lacrime di gioia. “Quindi cosa ci importa del resto del mondo, quando noi stiamo bene insieme? Fanculo tutto, è te che voglio e potranno anche toglierci il lavoro per questo. Ma finché avrò te, io avrò tutto.”
Poi si baciarono, si baciarono in quel corridoio e poi a casa, dove fecero l’amore, quel amore che riesce a risanarti ogni tipo di ferita, anche quella più profonda. E non smisero, non smisero mai di amarsi, ne di baciarsi, ne di essere felici.

Ogni giornale e ogni sito internet pubblicò le loro foto.
Il mondo si stravolse a quella notizia, ma loro non smisero di lottare.
Non persero il lavoro e la boyband continuò a debuttare sempre con più successo.

Ci furono milioni notiziari sulla loro presunta e ormai confermata relazione amorosa.
Milioni da fan fuori la loro casa lasciarono delle rose, dei biglietti, dei gradi cuori con su incisa la fusione dei loro nomi: “Larry Stylinson è vero amore.”
E tutto ciò che loro poterono fare era continuare a rafforzare il loro legame e ad urlare al mondo quanto si amassero e quanto tutta quella sofferenza ne fosse valsa la pena.
Perché capirono che, a volte, l’amore riesce a superare ogni ostacolo e che se ci si ama si è forti. Ma lo si è soltanto insieme.
E più di tutto loro capirono che il coming out fu la scelta migliore, perché la vita è breve e se non si ama fino all’ultimo grido in questa vita, Dio non ce ne darà un’altra per farlo.





SPAZIO AUTORE

Eccovi la mia prima - e chissà, forse unica - one shot.
Mi hanno sempre chiesto di scrivere qualcosa sui Larry e questo è tutto ciò che sono riuscita a buttare giù.


Cosa ne pensate?
Un bacio,
Moon
  
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