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Autore: SpreadYourWings98    06/09/2014    3 recensioni
Sarebbe sembrato un serial killer con i fiocchi, se l'immagine non fosse stata contrastata dai giovanili e morbidi tratti di Nicholas. 
Quest'ultimo pensò che la ragazza si fosse bevuta il cervello. 
Perché le parlava? Nessuno dei suoi ostaggi gli aveva mai rivolto la parola, a meno che non fosse stato costretto da lui. 
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C'è una distesa futuristica, sotto terra, nel nostro presente. Siete pronti a scoprirla?
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Insane.




Capitolo 4.

 
Quando le pareti vengono arrestandosi giù
spero che stai in piedi davanti a me,
dove il mio passato si trova tutto intorno a me.
Got Dynamite - Demi Lovato. 


 


 

Quell'essere continuava a ringhiare, mentre Sonny correva a perdifiato tra gli alberi, 
addentrandosi sempre più nella boscaglia in cerca di una via di fuga.
Gocce intrise di paura e panico scorrevano copiose sulle guance della mora, arrossate per lo sforzo.
Poi tutto cambiò.
Il licantropo l'afferrò per le gambe, costringendola al suolo umidiccio, ricoperto di fogliame e fango, e l'attirò a sé. 
L'urlo disumano che si liberò nell'aria indicò che Sonia Bronx aveva sentito molto bene gli artigli di quell'essere lacerargli la carne della gamba, spingendosi a fondo.



Il piede destro di Sonny colpì, con tutta l'adrenalina che le scorreva per il corpo, quel viso.
La belva si ritrasse per qualche secondo, quasi stupita dal gesto e la mora ne approfittò per alzarsi e cominciare a correre. 
Strinse i denti più che poté, cercando di ignorare il dolore alla gamba, poi si arrese.
Un sorriso malinconico a stendere leggermente le labbra screpolate.
Raggiunse un'ultima fila di alberi e uscì, trovandosi su una strada.
Diverse macchine della polizia erano parcheggiate disordinatamente e alla buona sulla superficie lucida, 
resa così dalla pioggia e dalla luna che si rifletteva imponente.
Poliziotti che giravano e trottavano da ogni parte, un baccano insopportabile.
Stropicciò gli occhi più volte, si pizzicò per capire se era reale o meno, ma non cambiò nulla.
— ...Sonny?
Poi in un attimo, una voce riportò alla lucidità la ragazza e l'attenzione di tutti su di lei.
— Papà...
Soffiò lei, prima di essere stretta calorosamente tra le braccia del padre.
La mora sentì il padre ringraziare piano Dio per essersi ritrovato sua figlia nuovamente tra le braccia.



La coperta di cotone la avvolgeva, le scaldava il corpo ma non la mente.
Si spostò meglio, cercando una posizione più comoda. Si erano messi in viaggio subito,
il paesaggio sfrecciava veloce sotto il suo sguardo incerto, suo padre teso e preouccupato al volante.
Qualche volta le lanciava uno sguardo mentre guidava veloce su una strada sconosciuta, in quel momento la giovane si accese come una lampadina.
— Dove siamo papà?
Jason fissò per qualche secondo sua figlia, prima di riposare lo sguardo davanti a sè.
— Nei dintorni di Abilene, in Texas.
— Perchè?
Sonny buttò giù la domanada di getto, le era uscita dalle labbra così naturale e insidiosa che non era riuscita a fermarla.
Si stupì di quella inutile domanda, se non lo sapeva lei che era con il diretto interessato, che ne poteva sapere suo padre?
— Non lo so di preciso, penso che abbiano lì la loro associazione segreta. Roba del genere. Se sono segrete ci sarà un motivo.
Aveva risposto serio il capo della polizia.
Ma perchè proprio in Texas? Era così lontana dalla sua città...
Aspetta ma...
La testa della ragazza stava per esplodere per la quantità di domande a cui si sottoponeva.
—...Penso sia perchè i Jonas sono originari del Texas, hanno sempre abitato a Dallas.
La risposta netta e limpida di Jason Bronx aveva insospettito la figlia ancora di più.
Come faceva allora a sapere di lei e del padre dal lontano e caldo Texas?




— Nick, dov'è la ragazza?
Il moro aveva fissato il capo con la delusione stampata in faccia; era riuscito a farla scappare dal licantropo, si, ma anche da lui.
Dio santo, aveva imprecato mentalmente.
Il ragazzo chiaro era in attesa di una risposa, le mani nelle tasche posteriori del pantalone color pece lucido, la postura rilassata. 
Joe Black era alto, biondo, con due occhi intimidatori e con camicia, cravatta e giacca elegante sempre addosso.
L'aria da uomo d'affari ingannava tutti, e anche se in parte era così, non erano di certo affari puliti.
Veniva chiamato in tanti modi; il capo, la guida, talvolta anche i piani alti dai novellini che entravano nell'associazione da poco.
Solo Nicholas poteva chiamarlo Joe.
— E' a casa...con suo padre.
— Che diamine è successo?
— Un licantropo ci ha attaccati mentre eravamo nella foresta, dalle parti di Abilene.
Lo sguardo attento del biondo intimò al ragazzo di continuare.
— Un Delta*...o forse più probabilmente un Omega*, data la sua inesperienza. In poche parole: Sonny è riuscita a salvarsi, io l'ho messo abbastanza a tappeto. Quando sono andato a cercarla l'ho vista col padre, non potevo fare molto sai, sono un ricercato su piano internazionale.
— Sai già cosa devi fare vero?
Nicholas aveva sbuffato, cosciente però che Joe avesse ragione.
— Si, certo che lo so.
Il moro si voltò per andarsene, verso la porta.
— Ci vediamo tra una settimana.



Sobbalzò.
Non vedeva assolutamente nulla.
Dinanzi a sè il buio.
L'oblio.
Con le mani provò a tastare in torno a se, per assicurarsi di non andare addosso a niente e,
una volta avuta questa certezza,aveva fatto qualche passo incerto.
Mentre agitava le mani nell'oscurità, la mano sfiorò una superficie liscia e fredda.
Fece su e giù con il palmo e andò incontro ad una maniglia; era una porta.
Non soffermandosi a pensare, l'abbassò e aprì la porta di scatto.
Quel che vide le fece saltare il cuore in gola e lo stomaco nel petto.
Un licantropo-se aveva capito bene come si chiavano quegli esseri-era steso a terra, una chiazza di sangue sul petto e una pozza del medesimo liquido sul pavimento vecchio e lugubre di pietra.
Riuscì a distogliere lo sguardo terrorizzato solo per vedere dove si trovava. Le colonne massiccie e sporche, probabilmente in marmo,
circondavano quella sottospecie di stanza, c'erano rampicanti e muschio nero ovunque e l'unica fonte di luce fioca proveniva da un focolare appeso al muro.
La mora riuscì a fare a stento un passo e, mentre la bestia emetteva dei lamenti agghiaccianti, gli occhi di quest'ultima si aprirono brillando di un giallo fosforescente.
Sonny si ritrovò ad urlare involontariamente e il suo grido si fuse con il ruggito del mutaforma.
Quel grido non era normale, e Sonia lo sapeva bene.
Aveva gridato in quel modo solo due volte nella vita, compresa quella.
Così, quando spalancò gli occhi in cerca di un appiglio e vide suo padre cercare di rassicurarla e calmarla,
lei si accorse di star ancora urlando e dimenandosi.
— Sonia...Sonny calmati! Sono papà, respira.
Quell'urlo cessò e la ragazza cominciò a piangere, il capo della polizia la stringeva amorevole.
— Andrà tutto bene.
Cazzate, pensò, questa volta succederà qualcosa di orribile.
E, mentre la sua mente elaborava pensieri che spaventavano la mora e la inquetavano, rimase zitta.
— Ora, ti prego, cerca di riposare.
Jason Bronx lasciò la figlia da sola nella camera dopo qualche minuto, dopo averle baciato la fronte ed essersi assicurato che stesse bene.
Si sotterrò sotto le coperte, nonostante facesse caldo, e si costrinse a respirare lentamente.
L'oblio, quello l'aspettava.



Sette giorni, ventitré ore, 19 minuti.
Erano passati sette giorni, ventitré ore, 19 minuti da quella sera.
Di merda.
Sonny sbuffò mentre si costringeva ad alzarsi dal letto da cui vegetava da tempo–ormai da giorni–e andarsi a fare una doccia.
L'estate stava fiorendo, le persone cominciavano a mettersi in viaggio per le vacanze e a svuotare la città, 
l'aria calda e afosa era presente già per la maggior parte della giornata, e Kim era quasi tutti i giorni a casa Bronx.
Il giorno dopo che Sonny era tornata a casa sana e salva, lei si era presentata piangendo sulla soglia di casa e l'aveva stretta a sé talmente forte 
che la mora aveva pensato di rimanerci secca. Per quanto apprezzasse la sua compagnia, rimanere li tutti i pomeriggi le sembrava esagerato, 
anche se sapeva che la sua amica era solo preoccupata e felice di riaverla con sé. 
Sonia però, nonostante gli incubi continui, quell'urlo che l'aveva intontita per giorni e lo scombussolamento totale, si sentiva bene, 
ma anche sempre più lontana dalla biondina, da suo padre e da quel mondo che sembrava non essere più il suo.



Per grande sollievo della mora, l'amica quel pomeriggio non poteva presentarsi a casa sua. 
Così diceva il messaggio che la biondina le aveva mandato, insieme alle innumerevoli scuse. 
Sonny aveva sorriso e, mentre cercava qualcosa da mettersi addosso nell'armadio,
fece cadere un maglione invernale che era stato malamente appeso. 
La mora lo raccolse e il suo sguardo si posò sul polpaccio della gamba destra.
Niente.
Assolutamente nulla.
Passò i polpastrelli, pensando di provare dolore o fastidio, ma non provò niente.
Dopo poco, non fece in tempo a formulare un unico pensiero che un conato le travolse lo stomaco e poi la bocca, 
piegandola in due, e facendole espellere del liquido nero come la pece e spesso come il sangue dalle rosee labbra.



Vomitò per un periodo indefinito, e ricoprì una buona porzione di pavimento con quella sostanza.
Tossicchiò per bene prima di afferrare due capi a casaccio e indossarli dopo la biancheria intima. 
Scese le scale, ancora sotto shock, per prendere uno strofinaccio e il secchio per pulire quel disastro.
Mentre rovistava tra i cassetti in cucina per trovare degli stracci, un rumore raschiante e acuto gli perforò i timpani,
facendole portare di scatto le mani sulle orecchie per coprirle. 
Si stupì di non trovarci del sangue.
Anche se era durato un secondo, quel suono l'aveva intontita abbastanza. 
Subito dopo un rumore forte e metallico le arrivò all'udito.
Il portone si aprì e un Jason Bronx fece capolinea in cucina, in divisa e con un'aria preoccupata accoglieva il viso dolorante di Sonny. 
In un attimo il padre le fù vicino.
— Sonny, tutto bene?!
La mora annuì e, munendosi di stracci e robe varie, salì le scale scomparendo dalla vista dell'uomo.



— Sei sicura di non voler mangiare niente? 
— No papà.
Il capo della polizia era poggiato allo stipide della porta, le braccia incrociate e il viso corrucciato, illuminato dall'ansia.
— E...per caso ti va...beh, ti va di...parlarne, di...
Sonny sapeva dove voleva andare a parare e bloccò il suo tentativo sul nascere.
No.
Disse secca.
Sonny si era costretta a sorridere cercando di far andare via il padre e, dopo un po' di sguardi silenziosi, rimase da sola con la sua testa.
Che diamine aveva vomitato?
La mora stava per esplodere. Si sentiva una granata: sarebbe esplosa bruciando lei e tutto ciò che aveva intorno. 
Suo padre, Kim...
Senza accorgersene, aveva tenuto per se innumerevoli segreti; la storia di Nick-che avrebbe dovuto raccontare al padre, ma che non fece-
il licantropo, il morso, le conseguenze di quest'ultimo sparite...e adesso il mucchio disordinato di queste conoscenze le si stava rivoltando contro, schiacciandola al suolo freddo della sua coscienza e del suo rimorso.
Non riusciva a capirne il significato, ma sentiva di doversene andare. E anche in fretta.
Sfogliò il bestiario che aveva in mano; dopo quello che le era successo, come minimo voleva sapere di più su quella cosa.
Licantropia..
Licantropo..
Licantropi: creature mostruose che terrorizzavano la popolazione del medioevo.
Creature condannate.

Zanne, artigli, occhi illuminati...
Sonny strinse gli occhi più forte che poté. Cominciò a pensare freneticamente, le mani che s'intrecciavano tra loro.
Poi si scoprì a ricordare di quando aveva urlato...in quel modo, la prima volta. 
Se lo ricordava a sfumature, per gli anni che erano passati, e chiaro allo stesso tempo.
Gli si era impresso nella memoria come un tatuaggio indelebile, disegnato fino alle membra e alle cervella, incancellabile.
Successe prima di trovare un cadavere, prima di svenire di botto.
Quello di sua madre, in cantina.


Le palpebre le si aprirono di scatto, il respiro affannoso era accompagnato da forti palpitazioni e sudorazione accelerata. 
Si diede un contegno mentale.
Ricacciò alla buona le poche lacrime che cercavano di sgorgare, la mano sfregò le guancie e le palpebre.
Ricominciò a leggere, questa volta con un filo di ottimismo in più.
Licantropo e lupo mannaro: le differenze.
S'interessò maggiormente, la sorpresa le definiva i tratti morbidi.
Il primo è legato alla sua parte umana, può trasformarsi quando vuole e possiede autocontrollo. 
È diventato un licantropo attraverso il morso o è nato da due di essi. 
Il secondo è un umano maledetto, costretto a trasformarsi in un vero e proprio lupo durante il plenilunio e allo spargimento di sangue durante esso. 
Creatura maledetta dal diavolo..

Lei era stata morsa da un licantropo, perciò...
Oh.
Si decise a chiudere il testo, aveva letto abbastanza.



Si erano fatte le undici ormai, Sonny stava cercando di addormentarsi mentre il padre era già caduto tra le braccia di Morfeo da un pezzo.
La città era immersa nel silenzio e nelle luci ondeggianti dei lampioni. 
Loro, che vivevano più verso la periferia, erano immersi nelle più totale tranquillità. 
Ecco perché, quando era accaduto del rapimento di Sonia, la notizia era corsa veloce tra bocche di tutti gli abitanti come una chiazza d'olio.
La mora sbuffò, non riuscendo a perdere conoscenza.
Rigirandosi nel letto, una ventata di aria gelida la trapassò da parte a parte. 
Si alzò lentamente, la finestra era aperta.
Ormai non si stupiva più, non era neanche sicura di averla chiusa, convinta che la sua testa si prendesse gioco di lei, della sua insanità.
Si sentiva insana, malata, travolta da qualcosa più grande di lei.
Non poteva che dare la colpa a quel morso.
E anche al fatto di essere impazzita, nonostante tutto, non erano presenti nè le cicatrici e nè delle lesioni di quell'incidente.
Di quell'aggressione.
Sfiorò la cornicie bianca e di legno della finestra, guardò fuori in cerca di qualcosa in movimento.
Los Angeles era silenziosa e cupa, quella notte.
Si perse nell'oscurità così famigliare in cui era immersa la città.
Il suo corpo stava cambiando, lei era troppo intelligente per negare l'evidenza.
Aveva vomitato un quantitativo di una sostanza nera a lei sconosciuta, sentiva i rumori amplificati, aveva perfino sentito un aroma di menta e sudore nelle narici, fino al petto e ad invadergli la mente quando suo padre era entrato dalla porta principale.
Con uno scatto, che rimpì i suoi pensieri, Sonny chiuse la finestra.
Ho bisogno di dormire, pensò, e fece per girarsi e tornare a letto. Qualcuno glielo impedì.
Una mano le fermò il grido che già le riempiva la gola e le corde vocali, rendendola momentaneamente muta.
La figura dinanzi a sè, illuminata leggermente dalla luce della luna, le fece segno di far silenzio e, 
dopo essersi assicurata che Sonia non avrebbe urlato, le tolse le dita dal viso.
Nick..?!
Gli urlò bisbigliando.
Che cazzo ci fai qui?
Il moro esibì un sorrisetto sghemo, uno dei suoi, che mettono comunque timore alle persone. Ma non a Sonia Bronx.
— Sono felice di vederti anch'io, zuccherino.
Sussurrò in modo sensuale e la ragazza, che era arrossita di un poco, se n'era accorta.



— Ma insomma, ti sembra normale fare James Bond? Dalle mie parti non si entra furtivamente dalle finestre e non si piomba sulla gente così!
— Oh si, certo! La prossima volta suono il campanello e, tranquilla, a tuo padre ricorderò il fatto che sono un criminale ricercato
oltretutto quello che cerca lui da due anni, se non ti ricordi, tornato per riprendere sua figlia. Lo farò senz'altro.
La risposta ironica e spinosa del moro aveva colpito Sonny come una sberla in pieno viso.
Come, tornato per riprendere sua figlia? La mora assunse un'aspressione confusa.
— Devi venire con me, ora.
Le disse netto e deciso afferrandola per un braccio.
— Ma di cosa stai parlando...
Sei stata morsa, Sonny, devi venire con me.
— Io non mi muovo da qui, mi stanno...
— Succedendo tante cose nuove e strane, no? Fidati, lo so. Per questo devi venire con me.
I capelli neri come la pece si confusero con l'oscurità della stanza, dove la ragazza si sorprese a dover prendere una decisione.
— Senti, ti devi fidare di me.
— Mi pigli per il culo?
Sonia Bronx aveva tante espressioni miste in un tuttuno, sparse tra i lineamenti dolci e giovanili; rabbia, confusione, interessamento, diffidenza...
Si sentiva persino leggermente sollevata di vederlo tutto intero dopo qulla notte, il che significava che forse lui ne capiva davvero qualcosa in più di lei.
— Ti devo portare nel Dallas, per forza. I Mes sono tutti li, non ce ne sono molti nelle vicinanze e non li conosco, comunque.
— Chi sono i Mes..?
Medici esperti in Anatomia e medicina soprannaturale e roba varia.
Dio santo...
La mora sospirò, in che guaio si stava per cacciare?
— Dovrei andarmene di nuovo da mio padre?
— Fidati, è più salutare sia per lui che per te. Sopratutto per lui.
Le si bloccò il sangue nelle vene, poteva diventare un potenziale pericolo per il suo genitore?
— Perchè ti interessa tanto?
— Perchè vivi in una città abbastanza affollata, diamine!
Aveva urlato Nicholas cercando di tenere un volume basso.
La mora visualizzò le probabilità; per quanto ne sapeva, dopo essere stata morsa poteva capitarle l'impensabile, si sarebbe trasformata? 
Morta per una malattia che nessun medico normale conosceva? Cosa le rimaneva da fare? Era totalmente terrorizzata. 
Non sapeva cosa le stava succedendo, dopo quello che aveva letto aveva paura di diventare un licantropo a sua volta e Nick, che era lì in piedi, 
totalmente rilassato e in attesa di una sua risposta, sembrava così sicuro di quello che faceva e delle sue conoscenze, 
tanto da mettere al tappeto una di quelle creature...
La disperazione la portò a fare ciò che fino ad un paio di settimane prima non avrebbe mai fatto.
— Okay.
Nick non nascose un sorrisetto vittorioso.
— Ma ad una condizione.
Il moro alzò gli occhi al cielo.
— E sarebbe?
— Mi prometti di spiegarmi tutto e di aiutarmi? Ah, ovviamente anche di essere al corrente di ogni cambiamento o faccenda che mi riguardi, okay?
Okay.



— Preso tutto l'occorente, principessina?
Smettila di affibbiarmi questi nomignoli stupidi.
Aveva ringhiato Sonny, una borsona piena fino all'orlo su una spalla e una felpa legata in vita.
— Andiamo, seguimi.
Il moro aprì delicatamente la finestra e si catapultò fuori in un attimo, sul tetto sottostante.
La giovane Bronx si stupì della sua agilità.
Nicholas, che non sentiva alcuna presenza dietro di sè, si girò e con un gesto della mano indusse la mora a seguirlo.
— Cosa? Dovrei saltare? Sei fuori?
Sbottò sbigottita. Il disagio di Sonny divertì il ragazzo che esibì una fila di denti bianchi.
Si avvicinò all'apertura quadrata e tese le mani alla ragazza, stando attendo a non scivolare. 
Un perfetto equilibro tra peso e forza era quello che doveva esercitare.
Sonia fuoriuscì la gamba destra e dopo quella sinistra, poi si sedette indecisa.
Beh, pensò, dopo quello che ho passato direi che questa è una sciocchezza.
Si fece scivolare piano lungo la superficie fredda del muro e Nick l'afferrò per i fianchi, portandola dinanzi a sè.
Si fissarono. Il fiato della mora era avanzato per colpa del macrospavento, quello di Nick perfettamente rilassato.
Come sempre, d'altronde.
Ma Sonny potè giurare, nonostante fosse ancora inesperta e inconsapevole delle sue nuove doti, 
di aver sentito i battiti del ragazzo aumentare di un poco per qualche attimo sfuggente.
Lo sguardo di Nick, che si era un poco addolcito, era ritornato impenetrabile e scuro.
Condusse Sonny giù per il tetto indicandole i rami sporgenti dell'albero difronte-sui quali si era rampicato prima- e salirono a bordo dell'auto laccata di nero di Jonas.
Nicholas mise in moto e Sonia, che si era sentita come in una bolla per una settimana intera, si sentiva esplodere.
Avrebbe bruciato tutto ciò che le stava attorno, ragazzo alla guida compreso?
— Okay, Jonas, raccontami tutto su cosa mi sta accadendo, perchè non ci stò più a capire un cacchio.
Jonas? Da quando tutta questa confidenza?
Aveva chiesto sarcastico, sorridendo appena.
La giovane lo guardò male, in attesa di una risposta piena che le avrebbe riempito tutte le sue lacune e dubbi.
— E' una storia lunga, pronta ad ascoltarla?
— Mai stata così pronta, davvero.
Rise ansiosa di sapere, lei.



 
Con grande piacere, vi mostro i poster dei capitoli 1, 2, 3 e 4 (accurati da SpreadYourWings98):
 

   
    



Colonna sonora:
Got Dynamite - Demi Lovato.



 
Ehi, you!
Ciao, lettore! So che mi amate perchè ho postato subito il capitolo, mi amerei anch'io! ahahahha.
Aaaallora, che succede? Tante cose belle belle, lol.
Mmm, cadaveri, licantropi, lupi mannari, gente insana, Folkrore, mezzo continente coinvolto...si forse c'è poca roba...
Ahahahahha, il capitolo èvenuto di getto, spero che vi piaccia!
L'avventura inizia adesso, guys!
Kiss,
- Rea.
  
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