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Autore: The_Grace_of_Undomiel    06/09/2014    1 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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45 punti! Per poco Sam non cadde dalla sedia, quando sentì il punteggio attribuito al loro cartellone. Era stato uno dei più alti! Non era una persona che dava tutto per scontato, tuttavia sapeva che quella volta non avrebbero potuto non ottenere una valutazione alta. Si erano impegnati moltissimo per quel cartellone ed era venuto veramente bene.
Vagò lo sguardo nell’aula magna alla ricerca di Kyda, ma non riuscì ad individuarla in mezzo a tutti quegli studenti.
Una volta detto il punteggio ad ogni classe, il professor Conway rivelò loro la prossima emozione da rappresentare: il dolore.
Sam sentì la sala calare nel silenzio più assoluto. A quanto pareva, nessuno era entusiasta di quello che avrebbero dovuto raffigurare. Effettivamente non si trattava di un argomento molto allegro, ma il ragazzo aveva saputo fin da subito che prima o poi l’insegnante gli avrebbe affibbiato un’emozione negativa. Prima c’era stata la noia, che era neutra, poi il divertimento, che era positiva, e infine il dolore. Dopotutto esisteva anche quello.
Frattanto, come al solito, gli studenti si erano messi a commentare e a confabulare fra di loro.
-Che ne pensate?- sussurrò Sam.
-Non saprei dirti...Diciamo che non scalpito dalla contentezza- rispose Daniel, sospirando.
-Sono d’accovdo con lui. Il dolove è una cosa molto pevsonale e incvedibilmente delicata, non è che sia pvopvio il massimo dovevla vappvesentave- considerò Mark.
-Beh, se è per questo anche le altre emozioni erano personali. Tutte lo sono, in verità- si intromise Jade.
-Sì, ma il dolove lo è ancora di più!- insistette il ragazzotto con voce lamentosa, voltandosi verso di lei.
Jade lo guardò con una strana espressione, poi gli tirò un pugno sul braccio.
-Ahu- frignò lui -Ma pevché mi devi picchiave!?-
-Oh su piantala di frignare che ti ho solo sfiorato! E poi era solo per testare una cosa: hai detto che il dolore è molto personale e forse hai ragione tu, infatti io non ho sentito niente!-
-Ci cvedo, sono io che ho subito un pugno! E comunque non si schevaza su sentimenti come quello!- affermò lui.
Sam li guardò divertito. Erano un vero spasso! Aveva scoperto che quei due si conoscevano dai tempi della scuola materna e che da allora non si erano più separati. Erano completamente diversi e proprio per questo, migliori amici.
Mentre Jade e Mark avevano preso a battibeccare, Sam di rivolse a Daniel.
-Comunque...Come ti senti?- chiese gentilmente.
-Molto meglio, grazie- sorrise il biondo -I miei si sono bevuti la storia della bicicletta e stamattina, quando ho visto Chanel, non ho provato niente. Solo delusione e anche un po’ di disgusto-
Sam annuì, rassicurato. Fortunatamente il suo amico si stava riprendendo bene.
All’uscita della scuola, il ragazzo tentò in ogni modo di parlare con Kyda per organizzarsi col nuovo cartellone, ma senza successo. Infatti la ragazza era stata per tutto il tempo in compagnia del resto dei Dark, senza allontanarsi da loro un solo secondo.
Perciò una volta a casa, nel pomeriggio, Sam pensò di inviarle un messaggio, in cui le  avrebbe chiesto come preferisse fare col progetto.
Man mano che quest’ultimo proseguiva, il giovane si era reso conto che il livello di difficoltà stava aumentando. Rappresentare la noia e il divertimento era stato abbastanza complicato, ma fattibile. Invece raffigurare il dolore aveva l’aria di essere un’impresa davvero ardua, specie se come compagno si aveva Kyda. Entrambi sarebbero dovuti entrare molto nel personale e conoscendo il tipo scontroso e riservato che era quella ragazza, le cose si sarebbero assai complicate.
Inoltre, il problema non stava solo riuscire a far cavare qualcosa da Kyda, ma anche trovare il famoso punto in comune tipico di ogni cartellone!
“Dannato Conway” si ritrovò ad imprecare interiormente Sam.
Passò il tempo, che il ragazzo impiegò a fare i compiti, a non fare niente (la sua attività preferita) e a rispondere alle domandi assillanti di Holly. Da quando aveva visto Daniel due giorni  prima, si era presa una cotta e non faceva che chiedergli cose su di lui, come il suo colore preferito, i suoi hobby, il numero di scarpe, quanto era alto...
Di tanto in tanto il ragazzo controllò il cellulare, per vedere se Kyda gli avesse risposto, cosa che non accadde mai. Infine, alquanto scocciato, decise di chiamarla direttamente. Lo metteva un po’ a disagio, ma sapeva che era l’unica soluzione, anche perché era convintissimo che pure il giorno successivo non sarebbe risuscito ad incontrarla, e poi in ogni caso dovevano muoversi. Non avevano tantissimo tempo per terminare il cartellone e tutte le volte, anche partendo per tempo, arrivavano sul filo del rasoio.
Le telefonò, ma la linea gli diede non raggiungibile.
A quel punto Sam pensò che l’unica soluzione fosse  chiamarla sul telefono fisso. Scosse la testa, scacciando l’idea. No,no, non era affatto un buon piano. Era sicuro che la ragazza non avrebbe gradito e poi... se gli avesse risposto sua madre? Che dire? Che era un amico della figlia? 
Intanto aveva già preso l’elenco telefonico.
Andiamo Wild, smettila di fare l’imbecille e cerca quel cavolo di contatto. Così gli avrebbe detto lei, senza dubbio.
Così alla fine, cercò il cognome di Kyda sull’elenco e compose il numero. Ormai era fatta.
Dopo un po’ di squilli, rispose una voce maschile.
-Pronto, chi sei? Che vuoi?- disse quello, svogliato.
-Ehm, casa Stowe? Cercavo Kyda, sono un suo compagno di classe...Lei è in casa?- chiese Sam tentando di essere il più cordiale possibile. Era rimasto basito oltre che irritato dal modo in cui aveva risposto, presubibilmente, il fratello della ragazza.
Dall’altro capo del telefono si udì masticare con insistenza, seguito da uno ciabattare.
-Kid, c’è un tizio che ti cerca!- chiamò il ragazzino.
-Chi è? Che vuole?-
Sam sorrise ironico. Allora era vero il detto “buon sangue non mente”.
-Boh non so, non l’ha detto. È un tuo compagno di scuola da quel che ho capito...-
Si sentirono altri passi avvicinarsi.
-Pronto?- domandò la ragazza, guardinga.
-Ciao Kyda, sono io, Sam!- rispose lui.
-Ah, sei tu. Si può sapere perché hai chiamato?-
Il ragazzo soprassedé sul tono tipicamente scontroso di lei e disse –Ecco, volevo sapere come potremmo organizzarci per il cartellone. Ho provato a mandarti un messaggio sul cellulare, ma non mi hai risposto-
-È scarico, per quello- replicò Kyda. Ci fu qualche attimo di silenzio, poi la ragazza riprese -Comunque, per quanto riguarda il cartellone,  non lo voglio fare- dichiarò, asciutta.
Sam non credette alle proprie orecchie.
-Che cosa!?- esclamò basito, una volta assimilata l’informazione -Come sarebbe a dire che non lo vuoi fare!?-
La ragazza fece per replicare, ma venne interrotta dalla voce del fratello in lontananza.
-Merda...- sibilò, poi il giovane sentì sbatacchiare qualcosa, probabilmente la ragazza aveva lasciato cadere il telefono, e dei passi affrettati allontanarsi.
A quanto pareva, l’apparecchio doveva essere rimasto girato verso l’alto, perché Sam riuscì a sentire ogni singola cosa:
-Dannazione, ma non potevi darci un’occhiata tu? Non hai visto che ero occupata?- esclamò Kyda, alterata.
-Che ne sapevo io? Credevo che l’avessi già tirato fuori...- ribatté il fratello.
-No che non l’avevo tirato fuori! Stava ancora cuocendo!- si sentì di nuovo sbatacchiare -Cazzo, quanto fumo-
-Non è colpa mia se non sai cucinare- la canzonò il ragazzino.
-Taci, Drew, e aiutami. Dio...-
-Okay, okay- borbottò annoiato -Secondo è bruciato?-
-No, non è bruciato. È carbonizzato! Come faccio ora?-
-Ah non lo so! Problema tuo-
-Problema anche tuo, in realtà. Non appena torna e vede questo disastro, io ho finito di vivere. Lo sai che reazioni ha con me ed io stasera non ne ho voglia. Comunque, fatto sta che dopo sarà incavolata nera e se la prenderà anche con te non appena le dirai qualcosa e, a quanto rammento, non dovevi annunciarle il tuo 4 in inglese?-
Sam rimase un attimo perplesso. Si stavano forse riferendo ad Ines? La loro madre?
-Maledizione!- imprecò Drew -Dimmi cosa devo fare-
-Non ne ho idea. Inventati qualcosa, io devo finire la telefonata- e detto questo, Kyda ritornò in linea.
Sam le chiese se fosse tutto a posto e lei liquidò bruscamente la questione, rispondendogli che andava tutto a meraviglia.
-Comunque...Perché non vuoi continuare il progetto?- domandò nuovamente il ragazzo, irritato.
-Perché non mi va- replicò duramente lei.
-Non è una risposta! Non è un lavoro facoltativo e poi, ti prego, non puoi mollarmi proprio adesso! Dove sta il problema?-
-Il professor Conway questa volta ha esagerato. Il dolore non è una cosa da prendere alla leggera, inoltre, è troppo personale come emozione e non mi va di mettermici a ragionare per poi rappresentarla- ribatté Kyda.
-Beh, ma è personale per tutti...- borbottò Sam, poi si riscosse -Cioè, voglio dire, possiamo anche non entrare troppo nel riservato! Basterà parlarne in generale. Per favore...- la supplicò. Teneva troppo a quella iniziativa, in più avevano anche accumulato moltissimi punti e c’era una qualche possibilità che vincessero. Non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo!
La ragazza sospirò scocciata, ma infine, infastidita, acconsentì. Lui la ringraziò entusiasta, ma Kyda lo interruppe immediatamente -Allora, facciamo domani per le quattro e mezza nella biblioteca della scuola?-
-Ma domani non è Sabato?-
-Si, e allora?-
-Allora credo che la scuola sarà chiusa!- rispose Sam.
Kyda sbuffò -Non fai mai caso tu a quegli stupidi volantini che appendono in bacheca? Ce n’era uno che diceva che in vista del progetto avrebbero tenuto aperta la biblioteca. Evidentemente i professori hanno immaginato che agli studenti avrebbe fatto comodo-
-No, i volantini non li considero- scherzò il ragazzo -Bene, perfetto! Ci vediamo dom...-
-Okay, ciao- e chiuse la comunicazione.
Sam rimase interdetto, con ancora il telefono in mano. Scrollò le spalle, alzando gli occhi al cielo, e mise l’apparecchio a posto. Gli sfuggì una specie di risata. Inutile, Kyda era e rimaneva così, c’era poco da fare. Chissà perché aveva fatto tutte quelle storie all’inizio per il progetto. Il ragazzo era sicuro che ci fosse ben altro dietro, oltre che la semplice questione del “personale” e poi...possibile che la signora Stowe fosse così una strega da sbraitare contro i figli (contro Kyda) solo perché era bruciata la cena? Quella famiglia era veramente avvolta nel mistero.

Il giorno successivo, Sam riuscì ad accaparrarsi un tavolo. Non era lo stesso delle altre volte, era ancora più in fondo, ma per quel pomeriggio Kyda si sarebbe dovuta adattare. Era già stato fortunato a trovare quello, considerato che l’aula era straripante di studenti. Pure di Sabato!
La giovane arrivò con il solito quarto d’ora di ritardo e Sam la salutò con un bel sorriso, mentre lei si limitò a fare un cenno con il capo. Buttò malamente lo zaino per terra e appese la giacca di pelle alla sedia. Sotto portava un semplicissimo maglioncino nero scollato a V. Si lasciò scivolare sulla seggiola e appoggiò il mento su un palmo della mano.
-Allora...vediamo un po’ di farla breve- mormorò -Dobbiamo fare un elenco o qualcosa del genere, giusto?-
Sam la guardò perplesso. Sembrava stanca, molto stanca, quasi a pezzi. Forse quella notte non aveva dormito.
-Sì, pensavo di fare una cosa come quella della prima volta. Per caso hai portato il block notes grigio?-
-Mh, si dovrei avercelo...- si mise a frugare nella cartella e, una volta trovato, lo poggiò sul banco.
E così, cominciarono a discutere su cosa rappresentare. Per lo più si facevano domande e quando quelle di Sam entravano troppo nel personale, la ragazza le eclissava subito, spostando il discorso più in generale o direttamente su di lui. Kyda non dava mai risposte molto esaurienti, sia perché si vedeva che non le andava di parlarne, sia perché a volte pareva non recepire ciò che le veniva chiesto, oppure si distraeva a pensare altro.
Sam se n’era accorto e spesso aveva notato la giovane guardare verso un punto indefinito alle sue spalle, persa nel proprio mondo.
-Che ne dici delle lacrime?- propose ad un certo punto il ragazzo.
-Le lacrime?- ripeté Kyda, inarcando un sopracciglio.
-Perché no? Solitamente si piange quando si soffre, quindi mi sembra perfetto. Certo, si piange anche per commozione, per gioia...ma anche quando si è tristi-
-Tu piangi quando sei triste?-
Sam rimase un attimo spiazzato, poi rispose -Se una cosa mi fa soffrire molto e mi tocca nel profondo...sì. Ma non mi faccio mai vedere da nessuno-
-Capisco...Io non piango mai- commentò la ragazza, scrollando le spalle.
-Sul serio!?- 
Lei annuì semplicemente.
-E che reazioni hai quando, insomma, quando sei triste?- aggiunse, cauto.
Kyda non rispose subito, ma prese a mordersi nervosamente il labbro inferiore.
-Non credo di avere di reazioni particolari, o almeno fisiche, che si notano. Non faccio niente. Anzi, a dirla tutta, in nessuna occasione manifesto qualcosa-
-Su questo devo contraddirti- sorrise il ragazzo.
-Che vuoi dire?- replicò Kyda, tra il confuso e lo scocciato.
-Hai appena avuto una reazione. Prima, quando non sapevi che cosa rispondere, ti sei morsa le labbra. Invece, quando sei impaziente, ti sfiori la treccia. Quando sei confusa, o non capisci l’utilità o il senso di fare qualcosa, inarchi un sopracciglio. Quando sei infastidita, ti cali la visiera del cappello fin sugli occhi e...- si interruppe all’istante, notando che lei lo stava scrutando intensamente e con una strana espressione. Forse avrebbe dovuto tenersele per se quelle considerazioni...
-C..cioè, questo p..per dirti che tutti manifestano le loro em..emozioni in qualche modo- balbettò, in imbarazzo.
-Mh, interessante - disse lei, assorta.
-Comunque, tornando al cartellone, allora non possiamo rappresentare le lacrime visto che tu...-
-No, va bene lo stesso. Basta che ce lo leviamo- replicò lei facendo un cenno con la mano -Potremmo disegnare un occhio che piange, molto grande, con tante sfumature nell’iride...-
Sam si sfiorò il mento, pensieroso -Sì, potremmo, solo che...-
-Lo so, non è particolarmente originale-
Ragionarono in silenzio per un po’, finché il ragazzo non disse, esaltato –Ho trovato! Senti qui: che ne diresti di dare una sfumatura fantasy al nostro disegno? Per esempio, potremmo disegnare l’occhio, ma le sue ciglia saranno come de rami di alberi da cui dietro spunteranno delle rondini in volo, poi le lacrime le faremo come una cascata e nella palpebra disegneremo il cielo!-
Lei lo guardò leggermente stupita. Poi annuì piano –Te lo concedo, questo direi che un colpo di genio-
Sam quasi non riuscì a crederci, Kyda gli aveva appena fatto un complimento, aveva apprezzato in modo evidente una sua idea.
-Allora direi che l’occhio sarà femminile -aggiunse la ragazza, massaggiandosi le tempie.
Il ragazzo le chiese se avesse in mente la tecnica da utilizzare.
Lei ci pensò su un attimo, poi disse -Io userei le matite. Disegneremo  l’occhio con una matita normale, poi lo coloreremo con quelle colorate e per dare più profondità useremo i pastelli-
Sam segnò tutto sul quadernetto grigio, visto che Kyda sembrava un po’ fuori fase per farlo. Le chiese poi se le andasse bene comprare un cartellone bianco.
La ragazza annuì e si stropicciò gli occhi stancamente, ma così facendo le si sbavò  tutto il trucco, impiastricciandole la faccia. Lei non se ne accorse e fu il ragazzo, cercando di trattenere una risata, a farglielo notare.
-Merda...- sbuffò, guardandosi le dite ricoperte di nero -Mi ero dimenticata di averlo-
-E ora come fai? Non credo che passerà inosservato, sei abbastanza effetto panda- considerò Sam divertito.
-Credi che sia una sprovveduta? Dietro ho quelle specie di salviettine struccanti- rispose Kyda scrollando le spalle -Costano e bruciano, ma almeno fanno il loro dovere-
Si mise a frugare nello zaino, finché non trovò quello che stava cercando. Sam scosse la testa alla vista del pacchetto: quanta roba inutile e superflua!
-Che strazio, qui non ci sono specchi- constatò infastidita -Devo andare in bagno- 
-Beh, se vuoi posso sistemarti io!- la buttò giù lì Sam, senza pensarci.
Lei lo squadrò dall’alto in basso scettica e disse -Sei sicuro? Non è che poi fai qualche casino?-
-Non faccio casini!- ribatté risentito –In fondo si tratta solo di toglierti un po’ di trucco con quell’affare, no?-
Kyda rimase ancora un attimo ferma al suo posto, indecisa, oltre che non molto convinta, sul da farsi. Infine si alzò in piedi e  portò la sedia vicino a quella di lui.
-E va bene, ma fai in fretta-
Pure! pensò scocciato.
La ragazza gli porse una salviettina, mentre lui si protese verso di lei. Vedendola da così vicino in quello stato, gli scappò una risata.
Kyda lo fulminò con lo sguardo.
-Scusami, solo che...dovresti vederti!- ridacchiò.
-Vuoi un pugno sulla faccia?- lo minacciò.
-Ricevuto-
Fu allora che Sam si rese conto dell’enorme cavolata che aveva fatto. Offrendosi di aiutarla, ora avrebbe avuto il viso di Kyda molto vicino, troppo vicino, e come se non bastasse magari avrebbe dovuto anche...sfiorarla. Si sentì terribilmente in imbarazzo. Ma perché doveva sempre andarsi a cacciare in quelle situazioni!?
Iniziò a tamponarle delicatamente il volto, più a disagio che mai, con quella cosa, ma vide che non venne via nemmeno un po’ di sbavatura.
-Devi schiacciare di più, se no stiamo qui fino a domani- lo informò la giovane.
Lui annuì e riprovò, questa volta seguendo le indicazioni della ragazza. Nonostante il trucco, grazie alla vicinanza, riuscì a rivedere il colore dei suoi occhi blu cobalto, accorgendosi che qua e là vi era anche qualche pagliuzza turchese. Erano bellissimi, ma terribilmente gelidi. Non esprimevano nulla, solo il vuoto, un abisso di imperturbabilità e...tristezza. Si sentì improvvisamente gelare. Cosa c’era in realtà dietro a quegli occhi blu?
Ci mise un po’, ma alla fine riuscì a risistemarle abbastanza bene il lato destro del viso.
-Dai, di qui direi che è a posto. Ho un futuro da make-up artist!- scherzò.
-Questo lo giudicherò io- lo smontò Kyda.
Ora mancava solo la parte sinistra. Vagò lo sguardo sul suo viso, notando subito il taglio provocatole da quel bastardo di Travis. Si era un po’ rimarginato, ma era ancora molto arrossato.
Cercò di eliminare la sbavatura intorno, ma per sbaglio le passò la salviettina sul ferita. La ragazza fece una smorfia sofferente.
-Scusa...- mormorò Sam.
-Non è niente-
Ricominciò, facendo ancora più attenzione. Pochi istanti dopo, si rese conto che Kyda lo stava guardando. Fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo rivolto altrove, e Sam le era stato grato interiormente per questo, mentre ora non più. lo stava osservando. Il battito del ragazzo iniziò ad accelerare sempre di più,  esattamente come quando l’aveva vista in accappatoio quel giorno, ma questa volta non poteva assolutamente permettersi di arrossire. Lei lo avrebbe notato subito, erano troppo vicini.
La situazione peggiorò ancora quando si vide costretto a poggiarle una mano sul viso per riuscire a tamponare meglio. Kyda era subito scattata sulla difensiva, ma alla fine lo aveva lasciato fare. Era evidente che non le piacesse il contatto fisico.
Era un momento davvero imbarazzante, ma allo stesso tempo anche...piacevole. Molto...
-Hai gli occhi verdissimi...- commentò Kyda.
-Sì lo so, gli ho ereditati da mia madre- rispose Sam, sorridendo appena.
-Io invece da mio padre, quelli di mia madre sono castano scuro-
-Capisco...Anche tuo fratello ha gli occhi blu?- s’incuriosì.
-No, sono castani-
-Quindi due componenti in un modo, due in un altro- disse il ragazzo.
-Già- asserì laconica la giovane -Proprio così...-
Finalmente Sam finì e si poté allontanare. Sentiva ancora il cuore martellargli nel petto e sperò vivamente di non essere arrossito. Perché aveva quelle reazioni? Cosa diamine gli stava succedendo?
-Fatto!- annunciò.
La ragazza si passò una mano sulle guancie -Mh, sì, direi che hai fatto un buon lavoro. Grazie-
-Ehm, figurati. Ci ho messo un po’, solo che c’era trucco ovunque! Comunque, ti piace molto truccarti...- la buttò lì.
-Sì, ma solo di nero. Non mi vedo con altri colori addosso- mormorò Kyda. 
-Va tutto bene?- le chiese Sam, aggrottando la fronte.
Lo sguardo di lei si indurì improvvisamente -Certo- replicò brusca, riportando la sedia al suo posto.
-Sei sicura?-
-Sì...- rispose la ragazza, appoggiandosi al tavolo.
Stava mentendo. Si capiva che qualcosa non andava. Era stanca, quasi...debole.
Il giovane fece per aggiungere qualcos’altro, ma lei lo interruppe -Io adesso devo andare-
I due ragazzi riordinarono il tavolo e fecero su le loro cose velocemente.
-Compro io tutto il materiale, tanto per tornare a casa passo davanti al negozio di Hugh-
-Va bene- annuì Sam -Ci vediamo Lunedì?-
-No, non posso- rispose la ragazza gelida -Ho...un..un compleanno- la sua voce vacillò vistosamente, tanto che Sam se ne preoccupò.
-Ah, allora mi sa che ci dovremo vedere Mercoledì, perché Martedì sono impegnato tutto il giorno. Ci siamo dimenticati delle cose nella vecchia casa e dobbiamo trasferirle qui-
Così si accordarono per quel giorno ed uscirono da scuola. Fuori pioveva a dirotto, ma fortunatamente Sam aveva provveduto a portarsi l’ombrello.
-Che razza di tempo che c’è qui- bofonchiò aprendolo –Tu ce l’hai l’ombrello? In caso contrario ti posso anche...EHY!- esclamò, sbigottito. Kyda si era già incamminata a passo spedito, con la visiera del cappello calata, infradiciandosi sotto la pioggia.
-Aspetta! Guarda che ti stai inzuppando!- le urlò.
-Non ha importanza!- rispose di rimando, la voce appena percettibile a causa del rumore battente -Preferisco così-
Il ragazzo non la ascoltò e corse fin da lei, riparandola -Ma è da matti! Ti prenderai un accidenti!-
Lei lo scostò freddamente -No, grazie ugualmente. E poi ormai sono già bagnata- e si allontanò.
-KYDA!- la chiamò di nuovo.
-Ci si vede!- lo salutò con la mano, senza voltarsi e, mentre  continuava a camminare, un fulmine squarciò il cielo. 
  
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