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Autore: asia_mia    06/09/2014    6 recensioni
«Io non voglio una relazione con lui…»
Alza lo sguardo e lo posa ancora su di me, stavolta è fragile, incerta, si morde il labbro inferiore e trattiene il respiro, non lo aggiunge eppure glielo leggo in faccia che ciò che pensa è ‘…voglio una relazione con te’.
«Elena..»
Scuoto la testa e mi allontano di un altro passo, lascio che un Oceano inondi lo spazio tra di noi, lascio andare zattere nel blu più profondo, senza provare minimamente a lanciargli un’àncora con cui restare aggrappate alla terra ferma.
Mi allontano e non ci sono già più.
Lei però è ancora lì, dall’altra parte della riva.
«Non dire niente per favore. Ho capito, tu non sei in grado e anche se lo volessi, questo non cambierebbe le cose.»
«Vedo che siamo d’accordo.»
«C’è solo una cosa che ti sfugge.»
«Quale?»
Fa un passo avanti, si butta in mare aperto e io resto a guardarla dalla mia sponda, sicura e conosciuta.
«Io non sono una bambolina nelle vostre mani. Non potete decidere al posto mio. Tu non puoi controllare me, cosa faccio o con chi voglio stare.»
«Ma posso controllare me, ed è quello che ho intenzione di fare.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric Saltzman, Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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E' come quando si gioca a scacchi e non appena si solleva il dito dal pezzo ci si accorge dell'errore, e si viene assaliti da una sensazione di panico poiché non si è certi della gravità del disastro a cui si va incontro.
 
(Non lasciarmi _ Kazuo Ishiguro)
 
 
 
 
 
 
 
 

Elena

 
Il cuore, quando si spezza, lo fa in assoluto silenzio.’
 
Questo è ciò che mi rimbomba nel cervello da quando Damon è uscito da casa mia, un paio di giorni fa.
Queste parole, questo silenzio.
Mi aspetto da un momento all’altro di esplodere, di andare in mille pezzi, di disintegrarmi senza più lasciare tracce di me, di scomparire, eppure, non accade niente.
Sono inerme, ferita, spenta.
Vago da una stanza all’altra, con la polvere che ormai si è stratificata sulle mensole bianche della mia camera, con il lavoro che preme ma su cui non riesco a concentrarmi e con un buco nel petto, lì dove, imperturbabile, continua a battere un cuore.
Ed è frustrante come continui a farlo, incessantemente, incurante di tutto, anche di me, anche del mondo fuori che si spezza e si sgretola sotto i miei piedi.
Lui se ne sta lì, a fare il suo dovere e lascia a me il lavoro sporco, quello di raccogliere i pezzi e andare avanti, nonostante tutto, nonostante me.
Di nuovo.
 
Era questo che volevi Damon?
Davvero le tue insicurezze, il tuo stupido ed egoistico bisogno di conferme, vengono ancora prima di tutto quello che avevamo?
Davvero non ti basto?
Davvero valgo così poco?


Dimmelo Damon, dimmelo tu, perché io non ci credo.
 
Io non ci credo che tu sia davvero questo.
Non ci credo che tu volessi davvero mandarmi via, perché altrimenti non avresti provato a riprendermi quando sono stata io a mettere distanza, mi avresti lasciato fare, non avrei letto paura nei tuoi occhi, ci avrei trovato sollievo, invece c’era solo il buio e il grigio che spengeva tutto quel blu.
E io lo so che non dovrei stare qui a pensare a te.
Dovrei ridere, ridere e basta.
Perché mi sono appena laureata, la mia migliore amica, che ho rischiato di perdere, ora sta bene, è sana e salva sul divano di casa sua, ho un lavoro, un lavoro per cui ho studiato, ho una famiglia che mi ama, forse troppo, ma mi ama e in qualche modo compensa tutto l’amore che a volte io non ho per me e mi aiuta a rialzarmi.
Dovrei uscire, andare a ballare, ubriacarmi e tornare alle sei di mattina, distrutta, senza la minima memoria dell’intera serata, sudata, con un odore addosso che è il mio, non quello di un uomo che non si cancella, che non se ne va mai.
Un uomo che mi ha stravolto dentro, che ha strappato via, a forza di provocazioni, il mio bisogno di sicurezze, mi ha sfinita e invasa con il suo fascino maledetto, facendomi provare tutto e portandoselo via.
E io, che non aspettavo altro che qualcuno mi travolgesse così, che non pensavo fosse possibile, che non credevo potesse accadere ad una come me, gliel’ho lasciato fare.
Sono solo una bambina, che è cresciuta troppo in fretta ed è diventata donna proprio tra le braccia di quell’uomo.
Per questo adesso sento questo dolore e questo bisogno irrazionale, totalizzante, che sta lì qualunque cosa faccia, qualsiasi cosa pensi, che si è appropriato di me, di tutta me e mi ha fatto completamente dimenticare come fosse la mia vita prima, prima di te.
Tu mi ha insegnato a vivere, mi hai insegnato a prendere ciò che volevo, hai sradicato i miei principi e le mie insicurezze e me li hai fatti mettere in discussione. Non ti sei accontentato della bella bambolina che tutti vedevano, sei andato dentro, sotto la pelle, hai visto lo sporco, ma non hai giudicato mai, non ti sei mai permesso di farmi sentire sbagliata, inadeguata.
Mi hai spinta a scegliere, ad essere vera.
E io l’ho fatto, mi sono messa a nudo, sono diventata donna davanti ad un uomo che non mi hai mai fatto sentire bambina. Mi sono resa impotente, ho giustificato, difeso, capito, amato.
Per un amore così ho venduto cara la pelle.
E Dio quanto ti odio Damon, quanto odio amarti così tanto.
Perché sì, io non ho nessun dubbio, nonostante tutto, su questo e forse è proprio quel nonostante che mi fa capire quanto sia vero e profondo ciò che sento.
Perché va oltre la rabbia, oltre il dolore, le urla, le distanze, le imperfezioni, va perfino oltre me per arrivare a te.
E possiamo gridarci contro e mandarci via quanto vogliamo, mettere distanza per respirare, per riprenderci i nostri spazi, ma alla fine è sempre da noi che torniamo. E’ sempre sotto la pelle e negli occhi bassi che ci troviamo.
Ci allontaniamo per non soffocare, ci aggrediamo prima di poter essere feriti e, per quanto contorto e malato questo sia, è ciò che ci rende simili, che ci garantisce gli stessi bisogni e ci da le stesse sicurezze.
Io lo so che sei come me, hai le mie stesse paure, vuoi le mie stesse distanze e io ho il tuo stesso mare dentro. Ora lo vedo.
Solamente, lo gestiamo in modo differente.
Nessuno dei due è disposto a cedere e continuiamo a ferirci, sempre nello stesso punto.
Quello più vicino al cuore.
Ma per quanto tu voglia isolarti e fermarti a ricucire i pezzi, il mondo non ti aspetta Damon.
Le scelte si pagano, così come gli sbagli, al di là delle intenzioni.
Il cuore continua a battere per ricordarti che la vita va avanti, nonostante te.
 
E ciò mi è estremamente chiaro stamattina, mentre leggo l’e – mail del mio capo che mi incita ad inviargli un articolo sui cambiamenti generazionali che non ho ancora neanche iniziato.
Ho ignorato le sue ultime due chiamate per non affrontarlo, per non dovergli dire che non ho niente di pronto e sto entrando nel panico, ho messo al repentaglio il mio lavoro e, molto di più, rischio l’umiliazione di non essere riuscita a portare a termine un compito, perché mi sono lasciata sopraffare dai miei problemi personali.
Stupida, ingenua e bambina che non sono altro.
Perciò adesso l’unica cosa su cui devo concentrarmi è questo articolo, me le devo legare sulla tastiera del computer queste mani che continuano a scorrere sul display del cellulare, con la voglia di chiamare Damon e dirgli di tornare qui, me lo devo imprimere nel cervello di essere io quella ferita, quella che lui stava buttando via.
Me lo devo stampare bene a mente di avere un valore e una dignità e di doverli difendere.
Lo devo fermare questo cuore che continua a tremare.
Ci provo a buttar giù qualcosa, a riesumare vecchi scritti, vecchie ricerche che avevo svolto all’università e a dare un senso a parole che proprio non sento mie in questo momento, impiego tre ore per riuscire a fare uscire qualcosa di decente. Rileggo il pezzo almeno una decina di volte, correggendo errori, frasi e punteggiature, prima di decidermi ad inviarlo al giornale, con tanto di scuse sul ritardo e dita incrociate.
Un’ora dopo sono fuori da questa casa, in cerca di un’aria pulita che non so più dove trovare.
 
 
 
 
 
 
 

Damon

 
«Si può sapere che hai Damon?»
 
Per la seconda volta Stefan sposta gli occhi dal dibattito politico che stanno trasmettendo in televisione, la mia televisione, di cui si è arbitrariamente impossessato appena messo piede in casa mia, così come del mio divano e del mio bourbon, e li posa su di me con un’espressione un po’ incuriosita e un po’ confusa.
Probabilmente, il mio vagabondare avanti e indietro per il salone, dal divano al tavolo, dalla poltrona alla credenza degli alcolici, passando costantemente per il tavolinetto, su cui è poggiato il mio telefono, che da un paio di giorni non da’ alcun segno di vita, non è passato inosservato.
La prima volta ho completamente ignorato la sua domanda, rifilandogli un’anonima alzata di spalle e uno sbuffo veloce, adesso che invece non si decide a distogliere lo sguardo da me, mi decido a lasciarmi cadere sulla poltrona e a sprofondarci dentro, con un sospiro profondamente stanco.
Stefan passa una mano sui suoi capelli che ricadono perfettamente in ordine e poi incrocia le braccia sul petto, fissando, stavolta divertito, la mia aria imbronciata e agitata.
 
«C’è una cosa che dovresti sapere.»
 
Non penso di avere scampo, né alternative, devo dirgli la verità, ho bisogno di parlare con qualcuno, l’unico con cui potevo farlo, senza troppe conseguenze, era Ric ma non è in casa e quando Stefan mi ha informato che sarebbe passato da me, raccontargli di Elena e di tutto il casino che ho fatto, mi è sembrata l’unica possibilità.
Stefan ha però cambiato espressione, ha inclinato la testa e incupito lo sguardo, sempre più confuso da me e dalla mia strana e inaspettata agitazione.
 
«Qualcosa di grave? Cos’è successo?»
«Si tratta… di Elena
 
Lo guardo fisso negli occhi per cercare di cogliere qualche segno di fastidio, una smorfia che mi indichi di fermarmi, di dissimulare, di salvare il salvabile, invece Stefan piega appena un angolo della bocca in su, in un piccolissimo e per me disorientante sorriso, poggia un gomito sul bracciolo del divano e il mento sul suo pugno chiuso, guardandomi con negli occhi l’espressione di chi ha finalmente indovinato l’ultima parola di un cruciverba che non riusciva a completare.
 
«Sono tutto orecchie.»
«Potrei prenderti a pugni se non la pianti di guardarmi così!»
«Così come?»
«Così… soddisfatto
 
Serro infastidito la mascella e gli propino uno sguardo minaccioso che gli fa alzare entrambe le mani in segno di resa, ma sorride appena, ancora. E un po’ mi disarma, mi solleva per un attimo ma poi mi fa piombare in un imbarazzo che non credevo di poter avere davanti a lui.
Ora che intuisco i suoi pensieri, che sento il suo appoggio, in parte mi sento alleggerito, ma dall’altra parte inizia a salirmi un nodo in gola che stenta a fare uscire quella spavalderia con cui avevo iniziato a parlare.
Lui non dice niente, mi da il tempo che mi occorre per essere pronto a far luce su qualcosa che è stata da sempre nascosta nell’ombra.
Cerco una posizione comoda su questa poltrona diventata istantaneamente di una scomodità unica.
Provo a prendere fiato e ad aprire la bocca ma non riesco a fare uscire niente, anche il sarcasmo mi ha abbandonato.
 
«Tu muovi la bocca e io provo a metterci le parole?»
 
Grugnisco a Stefan guardandolo in cagnesco.
Da dove gli esce questa vena umoristica?
Lui mi sorride con un guizzo negli occhi e un’aria beffarda che non gli si addice proprio, poi mi osserva con il suo solito sguardo complice e fraterno, lui che è il mio opposto ma che sento vicino più di un vero fratello.
Mi sforzo di tirare fuori le parole, mi fermo solo un attimo per studiare ancora il suo volto ma poi decido di buttare fuori tutto.
La vada o la spacca.
In qualsiasi caso, non potrà odiarmi per sempre per essermi innamorato di una ragazza che piaceva anche a lui.
Non c’è mai stato niente tra loro, lui è anche andato avanti con questa Haley, perciò non ho nulla da temere.
 
«Ok, mi arrendo. C’è qualcosa.. tra me ed Elena. O meglio.. c’era.. credo. Di certo c’è stato, ma ho fatto una casino.. come al solito! E adesso non so più niente. Non so più a che punto siamo.»
 
Stefan non parla.
Resta in silenzio per qualche secondo che mi inquieta, mi guarda con un’espressione indecifrabile, facendomi sentire nudo e vulnerabile.
Poi mi dice qualcosa che mi spiazza, che non mi aspettavo, che mi smaschera ancora di più.
 
«Avevo capito che c’era qualcosa tra voi. E qualunque cosa fosse mi piace ciò che ti ha fatto diventare. Sei meno incazzato con il mondo, sembri più.. felice. Qualsiasi cosa sia successa tra te ed Elena… devi risolverla. Lei è la miglior cosa che ti sia mai capitata.»
 
Solo a questo punto mi accenna un sorriso e uno sguardo complice, poi torna a ruotare il bicchiere di bourbon, che gli avevo offerto, tra le mani, facendo tintinnare il ghiaccio sul bordo del vetro.
 
«Pensi che non lo sappia? Non credo di poter vivere senza di lei.»
 
Mi esce d’istinto, forte delle sue parole. Tiro fuori quella verità senza accorgermene, senza che ne senta il peso addosso.
Stefan mi guarda come fosse una verità inconfutabile questa e riporta lo sguardo davanti a sé, annuendo solennemente.
Solo a questo punto mi rendo conto del perché titubassi nel raccontargli tutto. Mi torna in mente la sua confessione, in macchina, la notte del suo compleanno e per un attimo mi sento terribilmente in colpa. Anche se forse ormai, non dovrei più.
 
«Mi dispiace. Non l’avevo programmato. Non avrei mai voluto mettermi in mezzo tra…»
«Nessun problema.»
 
Stefan mi blocca, anticipa le mie intenzioni e scuote la testa vistosamente.
Poggia il bicchiere vuoto sul tavolino di fronte a noi, scrolla le spalle e mi guarda fisso, paziente.
 
«Avevo capito di non avere alcuna possibilità da quando ho visto il modo in cui vi siete punzecchiati, la sera in cui abbiamo festeggiato la promozione di Enzo.»
 
Provo a fare mente locale, a tornare indietro in un tempo che ora mi appare lontanissimo, quasi una vita fa, ma di quella sera ricordo solamente quanto lei fosse irresistibile, stretta in quel suo tubino, con i capelli arruffati e le guance rosse di rabbia mentre urlava contro di me.
Dovevo fermarmi in quel momento, chiederle scusa per il mio comportamento da stronzo e lasciarla andare davvero.
Non dovevo spingerla contro un muro.
Lei non doveva ricambiare il mio bacio.
Avremmo dovuto immaginarlo che sarebbe andata a finire così.
Dovevamo fermarci finché eravamo in tempo.
Ma forse, già era troppo tardi.
 
«Non volevo che andasse così..»
 
Non volevo farti questo, Elena.
Non volevo soffiartela da sotto il naso, Stefan.
 
«Sono felice adesso Damon. Elena è una ragazza fantastica, ma mi piace Haley. Stiamo davvero bene insieme.»
 
C’è convinzione e sicurezza nella sua voce, non me lo dice ma lo sento che è stato un duro colpo per lui, però capisce, continua a proteggermi, a non farmi pesare niente, come forse io ho cercato di fare con lui.
E allora mi sento ancora più in colpa.
Mi alzo di scatto dalla sedia per cercare di togliermi di dosso questo peso e inizio a girovagare per la stanza, inquieto, ripensando che lui si sarebbe sicuramente rivelato migliore di me, per Elena, non l’avrebbe di certo fatta soffrire in questo modo. E non solo lui.
Adesso che lui sa, iniziano a tornare ad invadermi tutti i dubbi che lei aveva sciolto, uno per uno, con una pazienza e un amore infinito.
Inizio ad avere paura, paura di perderla e di non riuscire più a vivere senza.
Perché una donna non può infilarsi in questo modo sotto la pelle di un uomo.
Non può cambiarlo e andarsene, pensando che poi quell’uomo sarà lo stesso.
Perché io stavo bene prima, convivevo tranquillamente con il mio essere solo al mondo, ero rassegnato all’idea che non avrei mai avuto legami, adesso, invece, io non so più difendermi.
Lei è arrivata, mi ha cambiato e poi mi ha chiesto di andarmene.
Lei!
Lei che, all’inizio, mi supplicava con i suoi occhi da cerbiatta per farla restare.
E io me ne sono andato, perché la colpa era ancora mia e restare significava farle male ancora di più.
Quanto potremo resiste in questo gioco al massacro?
 
«Se ci pensi bene, io non sono migliore neanche di quel coglione con cui stava. Elena sarà più felice senza di me.»
 
Lo dico ad alta voce, perso nel flusso dei miei pensieri, cercando di convincere anche me stesso e appena mi volto per trovare conferma in Stefan, mi trovo davanti il suo volto con un espressione fintamente indifferente, in cui ci leggo però tutta la sua disapprovazione. Sa che contrastandomi mi rifugerei ancora più in me stesso e nelle mie ormai stupide e comode convinzioni.
Mi lascia il dubbio se siano giuste o sbagliate, senza supporto né opposizione.
Si fida di me, del mio istinto.
Della mia voce interiore che mi urla di star facendo una ennesima cazzata.
Eppure ci provo a restare ancora nei miei confini e a fingere che tutto questo lo sto facendo per lei.
 
«Che c’è? Sono altruista non guardarmi così!»
«Non ti sto guardando in nessun modo!»
 
Fa una smorfia scuotendo la testa, ancora fintamente indifferente, ostentando quella sicurezza che dovrei provare io nel lasciarla davvero andare, ma che non ho.
E lui lo sa, lo sa che mi sto coprendo dietro la paura.
Per questo mi fa un sorriso piccolo, con un angolo della bocca, prendendosi gioco di me e delle mie resistenze.
E allora cedo, non ho più scampo ed ho finito le scuse.
 
«Va bene, va bene. Ma quando e se riavrò Elena e l’interno universo impazzirà, compresa lei, ricorda che sei stato tu ad incoraggiarmi a non fare la cosa giusta!»
 
Finisco il bourbon che è nel mio bicchiere, scolandolo tutto d’un sorso e sentendolo bruciare mentre scende nella gola e cerca uno spazio per espandersi che non sia già stato occupato da Elena.
 
«Lo terrò a mente.»
«Fallo.»
 
Lui sorride, con un animo rilassato e sereno, sicuro che andrà tutto bene, io non lo guardo, continuo a tenere lo sguardo fisso davanti a me e a respirare a malapena. Non c’è un muscolo, un nervo, un pensiero, che non sia in tensione.
Ho messo tutta la mia fragilità nelle mani di Elena, le ho dato il potere di farmi e disfarmi, non ho più il controllo di niente, nemmeno di me.
Ed è di me che ho paura. E’ di come lei mi fa sentire.
 
Lei mi toglie ossigeno e razionalità, lei ha il cuore che io vorrei indossare.
 
 
 
 
 
 

Elena

 
Lo ammetto.
Pensavo che Enzo fosse il classico dongiovanni, un ennesimo bullo, egoista, innamorato di se stesso e che non potesse provare sentimenti benevoli neanche per il suo pesce rosso.
Mi sbagliavo.
E l’ho capito mentre l’ho visto sfiorare la spalla nuda di Caroline, in una carezza piccola, leggera, mentre la salutava e usciva da casa sua.
Ero venuta a prenderla per portarla a fare finalmente una passeggiata all’aria aperta, i medici le avevano accordato il permesso, a patto di non stancarsi e di fermarsi al primo segnale di affaticamento, ero salita nel suo appartamento e li ho visti.
Lui la guardava con un’insicurezza e un timore di essere rifiutato che non avevo mai visto dentro gli occhi di un uomo.
Uno di quegli sguardi che ti fanno vacillare e sentire un’intrusa nel mondo che si è materializzato come una fortezza intorno a loro.
Uno di quegli sguardi che ti fanno sentire l’inizio e la fine di quel mondo per lui.
 
La conosco quella sensazione.. lo riconosco quello sguardo.
 
E l’ho visto anche negli occhi di Enzo.
Caroline invece è frastornata, titubante, eppure lui è l’unico che riesce ad infastidirla e a farla ridere così tanto in egual misura.
Lui è un cagnolino che abbaia ma non morde di fronte a lei, non ha paura di mostrare dei sentimenti, fa il duro ma ama e ha amato tanto.
Non ha difese in questo e non vuole averle.
Caroline sì, almeno adesso.
E’ fragile ancora e non sa fino a che punto può lasciarsi andare, fino a dove poter arrivare prima di ferirsi di nuovo. Eppure i suoi occhi brillano, hanno quella luce del mattino che pian piano si insinua in tutta la stanza, se lasci una tenda socchiusa.
Lei non lo sa, è convinta di non potere e volere più niente, ma quel piccolo riflesso sta già diffondendosi nel suo cielo blu.
Lo vedo chiaramente, anche in questo momento che siamo sedute su questa panchina grigia, davanti all’enorme spiaggia di Venice Beach, all’ombra di un’enorme palma, per far sì che lei riprendesse quel po’ di fiato ancora debole.
I boccoli scompigliati dal vento, il petto che si alza e si abbassa per respirare, le guance leggermente rosate e gli occhi che luccicano, mentre invece prova a concentrarsi su di me.
Non le dico, né le chiedo niente, perché so come reagirebbe, so com’è fatta.
E’ della stessa sostanza con cui è fatto il suo amico. Scapperebbe se si sentisse scoperta. Minimizzerebbe e si chiuderebbe a riccio. Cercherebbe di apparire più dura e fredda di quello che è, per questo devo prenderla in contropiede, metterla all’angolo quando le cose saranno talmente evidenti da non permetterle di costruire scuse o razionalizzare.
Avrebbe troppa paura della sua parte oscura, dei suoi istinti e li caccerebbe via, fino ad anestetizzarli completamente, perciò non è ancora il momento.
Tutto questo però, aggiunto al mio stato d’animo e al mio viso per niente riposato e sorridente, ci ha messo me con le spalle al muro, costringendomi a vuotare un po’ quell’enorme sacco che continuavo a portare segretamente sulle spalle.
Le racconto di quanto fossi felice prima di essere mandata di nuovo via e di quanto mi sia sentita ferita mentre lo pregavo di fare altrettanto.
Le mostro il mio cuore rotto, cerca che lei possa aiutarmi a rattopparlo.
 
«Senti, io sono la tua migliore amica e anche la sua, non mi schiererei mai, né vorrei influenzare nessuno dei due, ma… sei sicura che sia questo ciò che vuoi?»
 
Me lo chiede con quei suoi grandi occhi supplicanti, da cagnolino che implora una briciola di pane e io contraccambio con i miei che la ammoniscono e le chiedono pietà.
 
«Damon è un codardo, agisce di pancia e non pensa alle conseguenze. E più tiene a qualcuno più lo allontana per paura di fargli male, ottenendo esattamente questo risultato.»
 
Si ferma un attimo, come a raccogliere le idee e trovare le parole giuste per farmi luce e accogliere comunque il mio dolore.
 
«E’ assolutamente comprensibile che tu abbia delle riserve su questo e che non lo accetti. Non devi farlo, non sarebbe giusto per nessuno dei due..»
 
Si sistema le pieghe della gonna blu che le svolazza scoprendole le gambe e torna a fissarmi con occhi imploranti.
 
«Ma, io non l’ho mai visto così e non ho mai visto così neanche te. Non arrenderti Elena, tu sei l’unica persona al mondo che l’abbia spinto fino a questo punto, non si è mai lasciato andare così, non ha mai…»
 
Non posso più ascoltare.
Alzo una mano rivolgendole il palmo, le blocco le parole, le tolgo quello sguardo dagli occhi, la lascio in silenzio per qualche istante.
Ogni sua parola mi scava dentro, mi chiude lo stomaco, perché lo so che è così.
So che nessun’altra è mai stata in grado di entrargli così dentro la pelle, di metterlo così tanto in discussione, di farlo sentire amato senza neanche aver bisogno di sentirselo dire, lo so perché è la stessa cosa che lui ha fatto con me. E non ho paura di ammetterlo, non ho timore di essere il suo mondo, di essere tutta la sua vita.
Ci siamo lasciati liberi di crescere, ci siamo regalati ossigeno senza soffocarci, siamo stati l’uno il confine dell’altro, abbiamo scalato montagne per rendere il nostro un amore possibile, ci siamo aspettati per così tanto tempo.. ed è proprio perché so tutto questo che mi fa male ancora di più, non mi capacito di come sia possibile allora cedere ancora all’istinto, alle paure e perché dovrei essere io quella che lo rincorre e trova un modo per gestire entrambi.
 
«Scusa. Mi sto schierando e ti sto influenzando.»
 
Lo capisce dal mio sguardo, perso nel vuoto, dalla mia mano, ancora a mezz’aria, dal mio silenzio, pieno e chiassoso, che non può chiedermi questo, non adesso, non dopo tutto quello che ho fatto.
 
«Io smuoverei le montagne per Damon, Caroline. Quando sono con lui mi sento.. imprevedibile.. come se fossi libera. Ma mi spaventa questo suo lato, ho paura di ciò che potrebbe fare, soprattutto per proteggere me. E non voglio dover mettere da parte me, il mio dolore, perché lui non riesce a lasciarsi amare..»
 
Caroline stringe la mia mano, quella che le avevo alzato contro e avevo poi abbassato, per nasconderla nell’altra, stringe forte e annuisce piano, sento i suoi occhi addosso, che cercano i miei, fissi su questo mare di fronte a me che mi attrae e mi respinge con la stessa intensità.
 
«Sarò con te. Qualunque sia la tua decisione.»
 
Non dice più niente.
Continua a stringere la mia mano, cercando, in questo mare davanti a noi, appigli e risposte che nessuna delle due vede arrivare.
 
Si può insegnare a sentirsi amati?
 
O davvero ognuno accetta l’amore che crede di meritare?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…potessi trattenere il fiato prima di parlare,
avessi le parole quelle giuste per poterti raccontare
qualcosa che di me poi non somigli a te…
 
…potessi trattenere il fiato prima di pensare,
avessi le parole quelle grandi
per poterti circondare
di quello che di me
bellezza in fondo poi non è…
 
…potresti raccontarmi un gusto nuovo per mangiare giorni
avresti la certezza che di me in fondo poi ti vuoi fidare.
Quel posto che non c'è
ha ingoiato tutti tranne me.
 
(Quel posto che non c’è _ Negramaro)
 
 
 
 
 
 
 
***************************

Sono tornata!
In un mega mostruoso ritardo... ma ci sono!
E sono anche estremamente sollevata per questo capitolo.. perché - non so come - era andato COMPLETAMENTE perso!!! Dopo il panico e la disperazione iniziale sono invece riuscita a ritrovarlo nei meandri della memoria tecnologica.. ed eccolo finalmente qui!
Non succede molto e in realtà questo e il prossimo capitolo sono nati insieme, ma per non rendere questo troppo lungo, li ho divisi per farvi 'godere' meglio il finale....
Stefan sa finalmente tutto! E mi piaceva riprendere un momento tra loro due, che abbiamo anche già visto dal vivo! ;-)
Anche Caroline sa e spinge, suo malgrado, verso l'happy ending..
Vedremo...

Senza aggiungere altro, spero che la vostra estate - se mai ci sia stata un'estate! - sia andata meravigliosamente e spero di ritrovarvi ancora qui..
Risponderò ad ogni commento precedente giuro! Ve lo devo e ve lo meritate davvero.. perché se sono arrivata qui è esclusivamente merito vostro.. GRAZIE.

Un bacio grande,
Ale

 
  
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