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Autore: Female_Weezy    07/09/2014    1 recensioni
*Storia ripostata*
Cinque ragazze, una completamente diversa dall'altra ma hanno una cosa in comune: stanno lottando per
una vita migliore. Tutte e cinque si ritroveranno a vivere nello stesso appartamento e nonostante le incomprensioni
e le discussioni, alla fine riusciranno a volersi bene come sorelle.
Courtney, Anne Maria, Gwen, Dawn ed Heather presto scopriranno cos'è la felicità.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anne Maria, Courtney, Dawn, Gwen, Heather
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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“Solo i più forti fanno i conti con la solitudine, gli altri la riempiono con chiunque.”
 
Dawn Medrek, 17 anni, studentessa di istituto biologico.
Bassa, pelle pallida, capelli biondi lunghissimi, occhi azzurro ghiaccio, fisico magro e fragile, voce limpida e dolce.
Una ragazza pura e gentile verso il prossimo, un animo incontaminato , non provava mai nessun sentimento negativo, l’odio non sapeva neppure cos’era. Eppure anche lei ha sofferto.

Come?

Così.

Dawn si era appena svegliata, e si stiracchiò tra i suoi copertoni verde prato e le lenzuola azzurre. Era una ragazze diversa dalle altre, che non pensava minimamente ai trucchi e ai vestiti, il suo interesse maggiore era la natura. Era intelligente, carina , dolce, eppure era sola.
Come mai?
Il motivo era che Dawn era nata con una particolare caratteristica. Leggeva le anime delle persone, e riusciva a capire gli animali come se le stessero parlando. All’inizio la gente non ci credeva, scherzando dicevano che poteva fare la chiromante da grande.
Ma quando la videro all’opera tutti rimasero shoccati , la ragazza sembrava leggesse loro nella mente. Per questo la ragazza veniva evitata da chiunque. Pensavano fosse una strega. Avevano timore di lei.
E lei odiava questa situazione. Voleva essere amica con tutti, fare paura è l’ultima cosa che voleva. Eppure era così. Nemmeno la sbeffeggiavano, veniva proprio ignorata. Non la guardavano in faccia, e se proprio erano costretti a parlarle, rispondevano a monosillabi senza guardarla. Odiava essere così, odiava il suo “potere”, anche se le era immensamente utile.
Lei era stata adottata, e le venne svelato al suo dodicesimo compleanno. Ci rimase malissimo ed era tristissima, poi decise di chiedere a sua”madre” la sua storia. Che stupida, pensò, era così evidente.  Sua mamma aveva degli esplosivi ricci color carota e due grandi occhi nocciola, era alta e magra, suo padre aveva i capelli corvini e gli occhi neri, alto e un po’ in carne. Lei, con i capelli biondi chiarissimi, gli occhi color ghiaccio, bassa e fragile, non assomigliava proprio a nessuno.
Sua madre le raccontò che l’avevano trovata nella casetta di legno di un parco giochi. La donna, che all’epoca aveva venticinque anni, le spiegò l’orrore che provò vendendo una bambina con i capelli albini avvolta in due panni bianchi durante una serata di novembre. Piangeva, ma era un pianto flebile, come la sua voce. Aveva sempre avuto quella vocina tenera e bassa. Insomma, vedendo la neonata la portò fuori dalla casetta e la portò a casa, il vento soffiava gelido e il corpo della bambina non era per nulla caldo. Quando la donna tornò a casa, trovò il marito mentre accendeva un bel fuoco scoppiettante nel caminetto. Quando vide la moglie con il fagottino, rimase spiazzato, poi si fece raccontare tutto. La donna raccontò, per filo e per segno, mentre si sedette davanti al fuoco e il corpo della piccola si riscaldava. Dopo aver passato l’intera notte a parlare di cosa ne avrebbero fatto della bambina, mentre lei dormiva sul divanoletto , decisero di tenerla. Avevano bisogno di felicità nella loro famiglia. Venne registrata all’anagrafe come Dawn Medrek, cognome del padre adottivo, e la chiamarono Dawn, come la “nonna”, e come il sole pallido all’alba nei paesi nordici.
La giovane Dawn si era intristita tantissimo, già c’erano le persone che la giudicavano come una strega, ora ci mancava solo sapere che quella non era la sua vera famiglia. Perché i suoi genitori l’avevano abbandonata? Non la volevano? Non potevano tenerla? Era un errore, non andava bene per la sua famiglia?
Tutt’ora non trovava risposte, inoltre era sola e senza amici, tutti terrorizzati da lei, come se fosse stata una serial killer. Certo, poteva sempre contare sui suoi genitori adottivi, eppure si sentiva così sola.
E soffriva tutta questa solitudine. Non era sbagliata. O lo credeva lei, dato che nessuno la voleva?
Alla fine, quella mattina, nonostante fossero le cinque e mezza, si alzò , si infilò un maglione verde, una gonna di jeans lunga fino al ginocchio, una pesante calzamaglia viola e delle scarpe chiuse nere, in modo da non sentire freddo.
Uscì di casa senza dire nulla, era ancora freddo, era una mattina di settembre e il cielo non era né troppo buoi né troppo chiaro, e mentre camminava per le strade deserte, trovò un uccellino caduto dal nido, era grandicello, ma non riusciva a volare. La ragazza intenerita lo prese subito, il suo amore per la flora e la fauna era qualcosa di stupendo. Non riuscì a vedere il nido, allora lo portò a casa, non prima di aver preso da terra il giornale che stava cercando da tempo.
Erano le sei di mattina, aveva un’ora di tempo. Medicò l’ala del passerotto, e dopo avergli applicato una benda, iniziò a preparare dei borsoni pieni di libri, vestiti, e kit di soccorso vari. Dopo aver riempito due borsoni, prese un foglio di carta lilla e con una penna scrisse:

“Cara mamma e carò papà,
perdonatemi se vi abbandono, dopo tutto quello che voi avete fatto per me, dopo avermi accolto nella vostra  splendida famiglia.
Non penso che riuscirò mai a ringraziarvi a sufficienza, voi mi avete salvato la vita.
Ma ho deciso di andarmene , perché non riesco a continuare a vivere in questa città. Vengo ingiustamente discriminata e sono sola. Io ho un dono, e non smetterò di usarlo perché non sta bene agli altri.
Con i soldi tenuti da parte ho deciso di andare a vivere in un appartamento in periferia, non è troppo lontano, verrò  a trovarvi spesso. Non so cosa fare con la scuola.
Ho la mia coltura, ma la mia missione è salvare il mondo dall’egoismo umano, la natura deve vivere, e io farò di tutto per fare in modo che ciò accada.
Ah, e accudite il passerotto che ho trovato stamattina, mi raccomando, vi farà ricordare di me.
A presto,
Dawn.”

 
Dopo aver scritto la lettera la ragazza uscì di casa e con in mano i due borsoni si avviò alla fermata dell’autobus.
  
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