Iitai koto wa asu ie
2. Ame futte ji
katamaru
Ha dormito.
Non è una gran novità, lui dorme
facilmente, perché i guerrieri devono potersi rifocillare col sonno per
affrontare un'altra sfida, un'altra missione. Ma stavolta si è sentito sospeso
in uno stato di inspiegabile incertezza, non si è effettivamente riposato, ha
solo oziato.
È buio fuori e c'è un lume acceso in un angolo della stanza,
anche senza riposarsi del tutto, ha dormito tanto, ore ed ore.
Si stiracchia
appena e chiude di nuovo gli occhi. Magari senza pensieri, riesce effettivamente
a dormire un po' meglio. In fondo, è mal ridotto e riposare non può fargli che
bene.
Qualcosa di ghiacciato gli sfiora dolcemente il viso, appena appena,
poco sopra il suo orecchio.
Spalanca gli occhi, quel tocco è inconfondibile e
deve trarlo a sé il prima possibile, in maniera tale da non farlo andare
via.
Agguanta il suo polso.
«Calma, calma Kuro-pii.» pigola la sua solita
vocina.
Si guarda intorno e, sì, lì seduto a non più di un palmo da lui, in
tutta la sua bizzarra presenza c'è quel cretino del mago. Lo mette a fuoco a
fatica, forse per la poca luce nella stanza. Ma è lui, indubbiamente, con quel
sorrisino ebete stampato sulla faccia magra. Un kimono forse turchese con dei
fiori scuri, gli occhi vispi ma l'aria stanca, i capelli slegati. Sembra che sia
stato quell'idiota ad aver un incontro ravvicinato con uno shinigami e non lui.
Nella penombra di quella stanza, sembra una specie di spettro, sì.
Kurogane
mostra i denti in un ringhio profondo. «Che ci fai qui?».
«Hai ragione, lo
sai? È davvero bello il tuo paese, in inverno...» mormora guardando qualcosa
fuori, nel buio, assorto.
Il ferito sbuffa e lo guarda di taglio, come a volerlo
incenerire. «Che diavolo ci fai qui?».
Sorride.
«Mi hai fatto spaventare, volevo vederti sveglio e poi... Tomoyo-hime ha detto che
volevi vedermi anche tu».
«Sto bene.» annuisce e fa per
alzarsi.
L'idiota si sporge in avanti e gli poggia
una mano sul petto, per farlo star buono a letto, proprio all'altezza dello
sterno. «Non ci provare, ci hanno messo delle ore per risistemarti,
Kuro-pippi. Eri davvero ridotto male».
Non
l'ammetterebbe mai, neanche sotto tortura, ma il suo cuore perde un battito.
Geme appena e sospira a lungo, imprecando a mezza bocca contro di sé e quel suo
stupido e inutile sentimento, anche perché è quasi morto da infelice, anche
se da guerriero. Lo vuole ancora, forse anche più di prima. Ma gli fa male anche
questo, in aggiunta alle ferite: il mago è lì,
è davvero lì, e non può esserne veramente felice, perché sì, è lì, ma il suo cuore è già lontano.
Silenzio.
Sono distanti, normalmente quando si incontrano non parlano,
vanno semplicemente a letto, e quindi questa cosa non l'ha mai
notata davvero (o non l'ha voluto fare). Ma è evidente la spaccatura che si è
venuta a creare. Ed è doloroso, quel silenzio, perché per un po', mentre stavano
insieme durante i viaggi, erano complici ed è quella complicità che gli manca:
la possibilità di poter stare con lui senza parlare e sentirsi appagato
comunque, sazio della sua semplice presenza.
Non può credere di averci
pensato, si dovrebbe prendere a pugni se solo fosse in sé, è davvero un cretino.
È diventato un cretino.
Kurogane fissa quell'idiota in silenzio, la testa e
la schiena rialzate su una montagna di cuscini. Sospira, fiaccamente,
rumorosamente e lo fissa.
Imbarazzato anche lui da quel silenzio, il
mago prende a massaggiarsi il collo e sorride. «Quel─Quel tizio... mi sono
permesso di ucciderlo.» mormora poi, la voce gli trema. «Ti stava per colpire
e... cavoli!».
«Eri davvero tu, quindi... mi sembrava la tua magia
in effetti.» ghigna amaramente. «Quel verme era davvero pericoloso».
«Sì, sì.»
annuisce. «Te la sei cavata, però...».
Kurogane non dice niente. Ma, acuto,
capisce da come sta parlando che non è l'imbarazzo che gli fa tremare la voce, è
sinceramente preoccupato per lui.
«Non so davvero come tu abbia fatto...»
mormora. «Perdevi molto sangue... io, non lo so... ti davo per spacciato, lo
sai?».
«Sei uno stupido.» sibila e un
po' si sente onorato: qualcosa c'è ancora nel suo cuore, sennò perché sarebbe ancora lì.
«Ma sei stato formidabile, come sempre!»
pigola agitando le mani. «Fantastico, davvero».
Sospira. «Avevi dei
dubbi?».
«Mai.» sorride e si tira su, in piedi. «Io...».
Lui lo guarda, di
taglio. «Vai già via, eh?» mormora arricciando le labbra.
«Sì. Volevo solo...
insomma...» comincia a balbettare.
«Scopare?» sibila.
L'idiota scuote il
capo con una certa aria di disapprovazione, come a simulare una specie di fare
perentorio. «Non essere così sboccato, Kuro-rin... sennò nessuno vorrà uscire
con te».
Il ninja mostra i denti in un ringhio profondo. «Quello facciamo,
sbaglio?».
Il mago lo
guarda, gli occhi sgranati e un'espressione quasi terrorizzata a sfigurargli il
volto ancora estremamente giovane. No, non è terrorizzato è più...
spiazzato.
«Cosa?
Cos'è non è forse vero?» bofonchia. «Tu vieni qui solo per scopare.» sibila
duramente. «Ogni volta mi ci fai sperare e invece vai via. Con la solita scusa
“è per il tuo bene, sono un disastro, io”».
«Io─» sospira
debolmente.
«Beh, io sono stanco.» mormora in tutta risposta. «Questa
situazione è... troppo. Credevo mi
bastasse anche solo vederti una volta ogni tanto, ma... non è
così».
«Kurogane... ti prego...» sospira e deglutisce a vuoto.
Il nome, il suo nome: lo pronuncia solo quando è
pronto ad andare, quando vuole tenerlo lontano ed essere il più impersonale
possibile. Ma lui l'ignora, non gliene può fregare di meno, di base. «Questa volta io non farò niente
per farti restare.» ringhia adirato, ma già lo sa che non sarà possibile: lui
vuole il mago e basta. «Devi essere tu a scegliere, ma sappi che se sceglierai
di andartene è finita per sempre. Anche se... forse è proprio questo ciò che
vuoi. Se vuoi andartene, vattene e non tornare».
Inaspettatamente, il mago ha abbastanza palle da non
prendere e sparire tutto insieme, di punto in bianco. Ha la bocca aperta,
ma non esce un suono, eppure sembra voler parlare, volergli dire qualcosa,
qualunque cosa. «Io─» continua a bofonchiare.
«Tu?» sussurra accigliato.
Si
inginocchia di nuovo e gli prende la mano tra le sue. «Ti amo. Tanto
e...» si ferma, la sua voce trema, il respiro gli si spezza, pare sia sul punto
di piangere, chiude gli occhi per un istante e poi lo guarda sorridendo. «Cerca
di capirmi io... io lo faccio davvero per te. Io non posso
restare per cui,» sorride appena. «è finita, va bene così».
Il sangue gli ribolle nelle vene e la rabbia
gli monta nel cervello. «Perché? Spiegami perché. Perché non puoi restare? Cosa
te lo vieta? Il tuo fratello morto? Il maledetto mago che per poco non t'ammazzava? Chi
cazzo te lo vieta?!» brontola. Ecco, ha perso del tutto la
pazienza.
Scuote il capo. «Kurogane...» lo chiama piano,
come a richiamarlo all'ordine, ignora anche le sue provocazioni, maledizione,
voleva almeno una maledetta risposta e invece...
«E quindi hai già deciso?» sospira. «Vattene, forza.
Però tu non mi rivedrai più. Niente trucchi, mago, niente magie, niente
incantesimi. Non potrai più venire qui, vedermi o controllarmi e... Io mi rifarò una
vita.» ringhia.
L'idiota gli si getta
addosso senza mezze misure, senza curarsi affatto di quelle ferite
che magari ancora gli dolgono. Lo stringe dolcemente tra le braccia e intreccia
le dita tra i suoi capelli. «Sì. D'accordo. È bene che tu vada avanti e
cercherò di farlo anche io. Non tornerò più, va bene. Io ora vado
e...» farfuglia e cerca di staccarsi da lui. «E quindi... cerca di, superarla, eh? Perché
questo è un addio e gli addii non si revocano, eh?».
Silenzio, di nuovo,
mentre il mago fa per alzarsi.
«Non lo accetto .» gli soffia
addosso sollevando il braccio destro quel tanto che basta da poggiarglielo
pesantemente intorno alla vita. «Ti ho permesso di fare come cavolo volevi fino
ad oggi, ma da oggi si fa alla mia maniera e se osi andartene...».
«Non mi vorrai
più vedere, l'hai già detto. Forza
! Ho scelto, lasciami andare.» sussurra un po' divertito.
Kurogane ringhia,
riconoscendo quel tono. «No, al costo di dover chiedere favori a maghi più pazzi
di te, verrò a cercarti e ti riprenderò! Vedi che puoi fare... Io so che sei
disperato, lo
vedo, quindi cerca di non stare male neanche tu: tu sei una mia
responsabilità, io ho scelto di lasciarti vivere... devi stare con me, l'ho deciso
io».
L'idiota ride e gli poggia una catena di baci sul collo, uno dopo l'altro, delicatamente,
poi si stacca da lui e gli sorride, debolmente. «No... io vado.
Ho-Ho deciso, io vado.» annuisce.
«Tu mi ami ancora, no?» mormora il ninja, non per averne
conferma, è semplicemente una domanda retorica: i suoi sentimenti sono ovvi, gli
tira indietro la testa per guardarlo meglio. «Se mi ami ancora devi
restare e almeno darmi una spiegazione, me la merito.» replica.
«Se... se ti dicessi che ne va della tua vita? Che per avere me non avresti─» deglutisce a vuoto, gli occhi lucidi che
cerca di staccare da lui con scarso successo,
arriccia il naso mentre tira su le lacrime e il muco, presumibilmente. «Se ti dicessi
che non avresti possibilità di sopravvivere? Sarebbe stupido, no? Farsi ammazzare per gli affari miei...
per stare solamente con me, non sono un grande
acquisto... non ne vale la pena, non sono niente io... meriti di meglio, no? Faresti bene a
trovarti una brava donna, paziente, magari, e...» si ferma di nuovo, gli occhi larghi,
disperati. Sì, non sbagliava. «Metter su famiglia. Cominci ad avere una certa età,
Kurogane...».
Lui non sa cosa dire. In
fondo si tratta di lui, di quel cretino di mago, con cui, non
ha ben capito perché, ogni volta che gli chiede di restare con lui, si finisce a
parlare di bambini. Come se lui volesse essere alle prese con dei mocciosetti, gli
bastano i capricci del mago. «Sono le tue solite stupide idee?».
«Può darsi, Kurogane. Può darsi. Io non─non riuscirei a
vivere se... sapessi di averti tolto la vita che desideravi o... averti portato
alla morte, eh?» sospira e scuote il capo. «Per questo
è un addio».
«No.» ringhia e se lo stringe addosso nervosamente,
incazzato e infiammato da un qualcosa che va ben oltre quelle sue
stronzate: non sa se è amore o solo spirito di possessione, gelosia...
o forse la mistura tra i due. È un cretino, quello lì. «Non lo accetto,
non ci penso neppure. E poi chi ti dice che la vita che desidero non è con te?».
L'idiota sta a bocca aperta. «Ma... io─» cerca di dire.
Lui sospira, lo stringe dolcemente.
«Smettila! Non me ne frega niente. Devi stare con me e basta, a meno che non abbia una vera motivazione per lasciarmi,
in tal caso se questa mi aggraderà mi farò da parte».
«Non
voglio litigare con te... sei stato male e...» comincia a dire, la voce gli
trema. «Tu sei
stato un bravo compagno, Kurogane. E non è che io volessi solo la tua compagnia
per... impegnare il tempo... ti amo sinceramente, con tutto il cuore. Perciò ti chiedo di
lasciarmi andare... lo so che sembra assurdo, ma non ho intenzione di
permetterti di morire per causa mia».
«Facciamo a modo mio per una volta, mh?» sussurra,
interrompendolo sfiorandogli le labbra con le sue, col chiaro intento di
divorarlo ma si ferma in tempo. Gliene frega in
maniera del tutto relativa delle sue parole, delle sue cazzate, di
quelle idee malsane per il suo bene. «Ti
ho lasciato giocare coi miei sentimenti per troppo tempo... aspetta fino
a domani. Pensaci: se sceglierai di stare con me a qualsiasi orario, vieni qui
e infilati a letto con me, nulla di più. Devi essere tu a
scegliere non io, io ti ho sempre scelto ed è ora che sia tu a scegliere,
non io. Ma dovrai dirmi, se andrai via, il vero motivo per tutto questo... perché seriamente
sarà l'ultima volta che ci vedremo, e se mi ami davvero, mi dovresti
almeno una spiegazione.» mormora, accarezzandogli il viso, appena un po'
alterato.
«Perché mi vuoi ancora?» gli domanda.
«Per lo stesso motivo per cui tu stai qui
con me in questo momento e non ti opponi granché...
perché lo sai anche tu che senza di me non vale la pena...» risponde sciogliendo l'abbraccio.
E lui lo guarda con aria colpevole e sembra un cucciolo abbandonato, e
prima bastonato, con quegli occhi così. «Dai, non fare l'idiota, pensaci almeno eh? Sarò paziente
solo quest'ultima volta... Se domani te ne andrai... non esisterai più per me,
va bene?».
Sorride appena, debolmente, sincero. «Sei davvero troppo buono
Kuro-tan.» sussurra baciandogli le labbra delicatamente. «Aspetta fino a domani,
allora...».
«Voglio dirti un'ultima
cosa.» gli soffia addosso, prima che si stacchi da
lui. «Sembrerà stupido, ma se potessi vivere anche solo un giorno intero con
te, di nuovo... come prima, a me basterebbe. Non mi è mai
fregato delle conseguenze: non ti avrei portato con me, sennò.» ringhia. «Io voglio
stare con te e basta. E se il tuo timore è che io voglia una
famiglia e ti abbandoni in un prossimo futuro, non ci pensare neanche. Ho già molte
beghe con te, e non mi andrò a cercare un altro rompiscatole... ormai sono abituato
a te».
Silenzio, rotto appena da un singhiozzo, e poi un altro e
un altro ancora. Il mago gli crolla addosso, trema. Le sue spalle sembrano
quelle di un uccellino, vibrano, a ogni suo singhiozzo. Sta piangendo,
terribilmente.
«Non─Non avere fretta, puoi pensarci anche un giorno
di più, se vuoi.» mormora cercando di consolarlo in qualche modo, anche se è stato lui
a calpestargli il cuore, sembra Kurogane il cattivo della situazione.
«Scusami! Non dovevo piangere, lo so.» farfuglia. «Non
credere che non sia dura ma... Più parlo con te e più mi rendo conto
che... io ho già scelto ed è... doloroso. Io... voglio andar via. Proprio alla luce dell'amore che
provo per te, devo andare via di qua e anche per l'amore che
tu provi per me, perché...» s'interrompe con uno scatto. «Quindi... per favore, odiami per un
po' e poi... dimenticami, eh?».
Stronzate. Solo
stronzate, le solite dannate stronzate. Kurogane non prova neanche a sciogliere l'abbraccio, lo stringe di nuovo,
più forte, nei limiti delle sue capacità fisiche. Lo ignora senza mezze
remore. E sta un po' in silenzio, assorto in quello che sta facendo. Fortuna
che è piuttosto dissanguato, o sennò si sarebbe potuta notare la sua effettiva
felicità nel tenerselo addosso (non si può comandare granché la fisiologia del
corpo umano).
Ha deciso di andarsene, comunque, ma cercherà in ogni modo di
tenerlo lì. Vorrebbe dirgli qualcosa, ma lo abbraccia solamente perché capisca
che è lì, e può piangere anche con tutte le sue energie, e può anche provare ad
andarsene ma, al costo di incatenarselo al petto, non lo lascerà andar via, mai. Questo deve capire quel gran cretino.
Quello stupido
mago ha pianto così tanto che ora è completamente senza forze. Distrutto, a
pezzi, che ancora freme singhiozzando.
Kurogane sta zitto, si limita ad
accarezzargli la schiena con la punta delle dita, scivolando lungo la spina
dorsale, senza dire una parola.
Ecco, questo è quello che gli è mancato fino
ad oggi... la possibilità di stare con lui così, semplicemente. Certo,
pensandoci, ha pianto disperato e non c'è stato modo di consolarlo, però almeno
se l'è tenuto stretto contro il proprio petto finora. E questa in effetti è
l'unica cosa che gli interessa.
Kurogane un po' si odia per questo genere di
pensieri, ma quel gran cretino del mago, dovrebbe essere tra le sue braccia e
stop, niente di più e niente di meno. Dovrebbe capire, semplicemente, che sono
la cosa migliore l'uno per l'altro e dovrebbero decidersi ad invecchiare
insieme, senza ulteriori ripensamenti o cuori spezzati.
Lo shoji scivola
lungo la parete e il ninja si limita a spingere la testa di quello stupido,
ancora rorida di lacrime sotto il proprio collo.
C'è Tomoyo sulla porta, l'aria mesta.
Il mago sta ancora
addosso a lui, gli tiene le mani dietro al collo. Kurogane è così assorto nello
stringerselo contro che non bada granché alla presenza di colei che detiene il
suo nome che sta entrando nella stanza.
Ha solo spostato lo sguardo verso di
lei per un secondo per poi tornare sul mago, non ha intenzione di staccarsi da
lui, neanche con un editto imperiale lo farebbe, ma se lei è lì, è evidente che
debba parlare con entrambi, quindi presterà orecchio. Bacia la tempia di quello
scemo e poi la guarda di nuovo.
Quella specie di idiota si è irrigidito appena lei è
entrata e ha preso ad agitarsi, però certo Kurogane non lo lascerà sgusciar fuori dal
suo abbraccio tanto facilmente. «Non dirgli nulla, hime.» mormora, quindi, la
voce come un sussurro restando stretto contro di lui, malgrado i suoi
tentativi di divincolarsi. «Gliel'ho detto. È un addio. Voglio solo... metabolizzare e
poi vado via, giuro. Va bene così, sto andando via...» aggiunge poi,
flebile e le spalle che fremono ad ogni singhiozzo.
Kurogane gli stringe la
vita di nuovo, assicurandoselo contro il petto. «Cosa non mi dovrebbe dire, mh?
E poi al diavolo mago! Vuoi davvero farmi arrabbiare?».
Indisturbata, la
principessa si siede comodamente in terra, davanti a loro che fondamentalmente
la stanno ignorando persi in quel mondo che pareva avessero abbandonato,
malgrado le parole del biondino.
Si decide a tossicchiare
per richiamare la loro attenzione. Sembrano due ragazzini che battibeccano. E
se non fosse lì per parlare, forse, li lascerebbe in pace. O forse,
molto meno candidamente, prenderebbe in giro il suo shinobi a vita. (Tanto, lui stesso lo
sa, è piuttosto facile prendere in giro).
«Io non è che voglia farti arrabbiare,
ma te l'ho detto: ho deciso, voglio andare via.» bofonchia il mago. «È meglio
per entrambi».
Kurogane ringhia. «Smettila, idiota».
«Voi due, volete
ascoltarmi?» domanda lei, aggrottando le sopracciglia e battendo le mani per
riportarli all'ordine.
Il ninja la guarda di taglio con gli occhi vermigli, a
intimarle di cominciare a raccontare, mentre si stringe lo scemo ancora di più,
come per proteggerlo.
Lei sospira a lungo. «Sakura ha fatto un sogno, un
sogno che ho fatto anche io, in realtà...» dice. «Ed è per questo sogno che voi
due siete stati lontani fino ad oggi».
Kurogane scioglie il mago dall'abbraccio. «Un
sogno? Mi
hai lasciato per un sogno?!» gli grugnisce contro spostandoselo davanti col braccio.
«E poi... tu,» rimbrotta a quell'altra. «Non avevi detto che non avevi più le
capacità di una yumemi?!».
«Erh... sì l'ho detto, in effetti.» mormora la
principessa.
L'idiota riesce a tirarsi su, un po' a malincuore, forse, e lo
guarda, tristemente. «Nel sogno morivi».
«Tutti devono morire.» risponde
seccamente, vorrebbe distruggerlo ora come ora, più lui, che per un sogno
qualsiasi prendeva e lo mollava, che lei, che aveva avuto la brillante idea di
raccontare questa faccenda, per esser delicati, a quel cretino credulone.
Il
mago scuote la testa. «Tu e io... stavamo insieme nel sogno. Eravamo sul campo
di battaglia, combattevamo insieme e...» s'interrompe, trema di nuovo.
Tomoyo
sospira. «Durante la battaglia... qualcuno vi ha attaccato e...».
«Che fate
vi preparate il discorso a pezzi per farmi imbestialire di più?» ringhia.
La principessa
tace, mentre il mago scuote la testa. «Morivi per proteggermi. Non vale
la pena, te l'ho detto.» mormora, poi. «Meglio non rischiare, no? Io non potrei
sopravvivere se tu morissi per causa mia, lo sai, no?».
Sta in silenzio, Kurogane. L'aria
incredula. È assurdo questo racconto, stupido. Anche perché era possibile
trovare almeno una soluzione fin da subito, senza veri problemi: avrebbe anche
lasciato il suo amato Giappone se fosse stato necessario. Ma lui è uno sveglio,
mica come quel credulone del mago. In effetti, uno che aveva assecondato i piani
folli del suo altrettanto folle padre adottivo, nonché mago cattivo, certo
non poteva che credere a un'altra storia piena di buchi. Ha fiutato l'inganno
quando la principessa è entrata in quella stanza, da bravo segugio e ora la
guarda di taglio, sprezzante nella sua ira più secca e nera. «Hai esagerato
stavolta. Seriamente.»
sibila.
L'idiota li fissa entrambi confuso, si sistema di nuovo, seduto sul
letto, vicino al ferito. «Come?».
Nel vederlo seduto, Kurogane è proprio di
un altro avviso, quel tonto è già troppo lontano per i suoi gusti, pertanto se
lo tira di nuovo contro di sé con una certa dose di prepotenza, facendogli
nascondere il viso contro il suo petto. «Sei davvero scemo, eh?» gli soffia poco
lontano dall'orecchio. «È ora che tu dica la verità, mh?» sibila serissimo a
quell'altra.
Tomoyo sorride, compiaciuta. «Devi scusarmi, Fay-san.» mormora.
«E devi scusarmi anche tu, Yoo...».
«Cosa─Cosa è successo?» domanda
ancora l'idiota mentre il ninja se lo stringe ancora più forte contro il petto,
a forza di abbracciarlo a quel modo lo farà a pezzi.
Interrotta un'altra
volta, la principessa ruota gli occhi al soffitto. Non si interrompono le
nobildonne, per quanto abbia fatto qualcosa di ben poco nobile, in
effetti.
Kurogane non fa altro che sbuffare. «Tu . Eri tu a morire. Tomoyo ha pensato
bene di mentirti perché tu daresti ben volentieri via la tua vita per me. Credi che non
valga nulla la tua vita, per questo motivo, ha preferito mentirti.» gli spiega
semplicemente. «Non è forse così?».
Lei annuisce. «Già... non pensavo sarebbe
andata così. Non pensavo io...».
«Cosa?» ringhia Kurogane. «Cos'è, non
credevi che io l'avrei amato comunque e
che anche lui provasse questo genere di sentimenti per me?! Bastava parlarne. Hai fatto
male, stavolta, Tomoyo.» ringhia, mentre stringe forte il mago a sé come fosse un
antistress, un calmante. «Di base, avete fatto una serie di cretinate, tutti e
due.» mormora poggiando piano un bacetto sulla tempia del credulone, per poi
guardare fiaccamente Tomoyo. «Una soluzione poteva trovarsi, no? Bastava non
andare in missione insieme, ad esempio.» brontola, roco, affaticato da tutto
quel parlare e dall'idiozia di entrambi (che gabbia di matti!). «Neppure io
metterei mai nei guai questo scemo qui,» bofonchia arruffandogli quei capelli
color del grano. «Mai... però ci saremmo evitati anni di agonia, no?».
Il
mago si tira su, guarda Kurogane e la principessa e poi scuote il capo. «Io non
ci credo...».
«È stato molto infantile da parte tua, hime.» ringhia il ninja
tirandosi di nuovo quel visino gelato contro il collo. «E non ti aspettare che
ti perdoni, mh? Sono stato infelice per tanto tempo e... ora ci vorrà
un'eternità per riprendermi quello che mi spetta di diritto».
Lei annuisce,
con aria mesta.
«L'ha fatto per il nostro bene, però.» mormora quel cosino
senza staccarsi da lui. «Trattala bene, Tomoyo-hime ha cercato di proteggerci.
Dovresti ringraziarla... e poi le cose si risolvono, come vedi».
«Proprio tu parli?!» ringhia ancora. «Perché non mi hai
detto subito questa
stronzata del sogno?! Dannazione, tra tutti e due mi farete scoppiare la
testa!».
«Come siamo scurrili, Kuro-rin.» gli sussurra appena
perentorio.
«Le cose si potevano risolvere fin da subito.» ribadisce. «Non mi
avresti lasciato... e non sarei dovuto restare solo».
«Sì.» annuisce la
principessa. «Scusatemi ma... non sapevamo come... seriamente, noi...».
«Se
tu fossi in pericolo io verrei comunque a proteggerti.» mugugna il mago.
«Vale lo stesso per me.» risponde seccamente il ninja.
«Dico, per questo
hanno pensato che quella potesse essere l'unica scelta operabile. Tenermi il più
lontano possibile da te per proteggere entrambi: sarebbe stato difficile per me
arrivare in tempo per farti da scudo.» mormora intrecciando le dita fine e
ghiacciate ai suoi capelli.
«Bastava dirlo. Poteva restare a casa, se fosse stato in
pericolo. Ci sono mille soluzioni: avrei anche potuto lasciare il Giappone, se
fosse stato necessario, no?!» ringhia di nuovo.
«Dai, non
tenere il punto, Kuro-rin» pigola l'idiota accarezzandogli il viso.
Kurogane
guarda di taglio la principessa con fare eloquente alla “vedi di trovare un modo
per farti perdonare o giuro che me la paghi”.
«Smettila, Kuro-pippi.» gli
sussurra il mago tenendogli la testa tra le mani, ora, per indirizzare il suo
sguardo su di sé. «Guardami, eh? Non devi essere arrabbiato, lei... ah, chi l'avrebbe mai detto! Potremo
stare insieme da ora in poi!» sorride, dolcemente. «Ora sai il perché
ti ho mollato, no?».
«Tu
sei più scemo di lei!» ringhia. «Più scemo di lei. Perché bastava dirmelo, e io
avrei risolto la cosa. Ne abbiamo superate tante... idiota, tante. Un sogno non può sconfiggerci, no?».
«Mi hanno detto che
morivi tu.» replica lui, poggiando la fronte contro la sua. «Ho avuto paura, lo
capisci, sì? Quando si tratta
di te, io non penso: se fossi morto per causa mia... io che ho
già pochi motivi per vivere, mi sarei ammazzato...» mormora.
La solita tiritera. Kurogane sbuffa, l'avrà sentita
centinaia di volte. «Yui.» lo chiama, con quel
nome che lui non usa perché non vuole usarlo, perché ancora crede che sia giusto
vivere la vita di un morto, però così è in grado di interrompere quel suo
ragionamento inutile e già ciancicato. «Resterai?».
Sgrana gli occhi, il suo
mago scemo, e lo fissa.
«Ci lasci soli?» domanda a colei che detiene il suo
nome.
La principessa annuisce, ancora un po' di colpevolezza negli
occhi.
Appena la porta si chiude Kurogane spinge sul letto il mago e lo copre
col suo corpo senza mezze misure. Fortuna che era lui quello ferito.
«Che─Che fai?»
farfuglia, un'ottava sopra il
suo tono normale.
«Ti costringo a restare, ovvio.» mormora fiaccamente,
rilassando tutti i muscoli su di lui, col chiaro intento di schiacciarlo.
Il
mago si perde una risata e lo stringe appena appena con un braccio. «Non usare
quel nome».
«È il tuo nome.» risponde. «Ha un bel suono e
trovo
che si addica a uno come te. Io non mi sono innamorato di tuo fratello, ma di te... quindi per
me sei Yui. E pensavo avessi superato questa faccenda, mh? Rendi la vita a tuo fratello e
riprenditi la tua».
Il cuore
dell'idiota perde un battito e poi lui sospira, come se fosse il
suo ultimo respiro e non dice nulla.
Kurogane si tira su, pure con
un solo braccio e tutto maciullato da quel mago malvagio, riesce comunque a
trovare la forza di tirarsi su puntellando il materasso col gomito e
l'avambraccio. Lo guarda e lui ha gli occhi sgranati. L'alba sta
arrivando e quegli occhi splendono alla luce leggera dell'aurora, che entra dolcemente dalle
finestre e gli bacia appena al viso. Kurogane, che in genere sarebbe
anche geloso dell'aurora, si stupisce di quanto poco gli rendessero giustizia i suoi
sogni. Alla luce chiara del mattino, sembra ancora più
bello.
«Tu...» scuote la testa quel piccolo credulone, due lacrime che
scivolano sulle sue guance, un sorriso largo ed incredulo.
«Cosa?» domanda.
«Mi stupisci ogni giorno di più...» replica e tende le mani a raccogliere il
suo viso. «Mi dovrò far perdonare per la mia... idiozia, neh?».
«Dopo la
pioggia, la terra si rassoda.» gli soffia sul viso.
«Che vuoi dire?» gli
chiede.
Kurogane si sposta su un fianco,
accanto a lui. «Le cose tornano al loro posto, se ci si impegna. Non sempre
tutto è perduto. Resta qua con me e renderò felice la tua vita, la vita di
Yui. Ricominciamo da capo».
Lui scuote il capo.
«Non credo sia così facile. Dovremmo chiarirci... dovremmo... non possiamo
ricominciare da capo... io─».
Il ninja gli poggia due
dita sulle labbra. «Quello sarà fatto... ma di base,
sappi che io ti ho già perdonato, mago: è stata solo una grossa incomprensione, ma
ti chiedo, da adesso in poi di non tenerti tutto per te. Ci sono
anche io qui e se qualcosa ti turba... me lo devi dire, mh? Le soluzioni si possono
trovare insieme».
Il suo cosino biondo annuisce dolcemente, gli occhi ancora larghi
e increduli.
Kurogane se lo tira di nuovo contro il petto. «Ora dormiamo
almeno un paio d'ore che io sono piuttosto provato».
Lui sospira, il viso
nascosto. «Scusami io... ti ho tenuto sveglio, con ben poco riguardo per la tua
condizione».
«Zitto, idiota.» sibila. «Dormi un po', quando ci sveglieremo mi
dirai se resterai qui, eh?».
«Va bene, sì.» annuisce.
Nuovamente, forse seriamente provato da tutto questo, o forse perché finalmente ha quello che vuole stretto al suo petto, Kurogane prende sonno quasi subito, stavolta, lo sa, non sognerà quell'incubo che gli ha strappato il fiato in questi anni.
Zanzanzaaaannnnn! *classica musichetta
alla colpo di scena finale col cattivo che si rialza e prende il fucile che i
protagonisti hanno lasciato lì vicino carico e pronto all'uso, fatta a parole
perché fa più figo*
Ehilà! Ehilà!
Intanto ringrazio tutti voi (risponderò
alle recensioni, giurin giurello!) per aver comunque dimostrato il vostro
affetto a questo pazzo, che tra l'altro sarei io.
Come ho detto anche
nell'altro commento al capitolo, sono piuttosto contento di come sia andata la
stesura della storia: l'avevo in testa da un po', ma in effetti l'ho buttata giù
in due giorni netti... e forse un po' si vede la frettolosità di alcune scene,
ma... son contento comunque!
Ebbene, ebbene... se siete arrivati fin qui,
vuol dire che avete letto il capitolo, piaciuto? Se ve lo state chiedendo, sì,
Tomoyo è una scema, più scema del mago e più scema di Kuro-pippi che avrebbe
dovuto prendere e legarsi l'idiota addosso, senza lasciarlo sfuggire mai più!
“Mai più!” (disse il corvo- cit.). E pensare che prima nei commenti
facevo il serio... sarà la stanchezza?
Comunque... questo capitolo ha come
titolo un altro detto giapponese “Ame futte ji katamaru”, che
poi è quello che dice Kurogane al mago, “Dopo la pioggia, la terra si rassoda”,
e la spiegazione fatta da Kuro-pippi è ben aderente a quella che potrei farvi
io... quindi prendetela per buona #nonc'hovoglia (hashtag
giusto per solidarietà coi social network?!).
Comunque, siamo giunti al giro
di boa, la prossima domenica c'è l'epilogo. Breve breve e sciocco, come me!
Grazie ancora per il supporto e ci si rivede tra sette
giorni!
D.