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Autore: Anne Elliot    07/09/2014    5 recensioni
«Perché non provi Sherlock?...»
Lui aveva smesso di far rimbalzare la palla da squash e l’aveva guardata.
«Cosa?...»
Lei strofinò fra loro le mani. Sorrise verso un punto indefinito, lontano da lui.
«Con…Miss Adler, intendo…perché non provi Sherlock?»
Mi raccomando, criticate! ^^
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota autore: Salve a tutti!
Come per l’ultimo capitolo della mia prima ed unica storia, faccio una premessa (che potete senza alcuna remora saltare, se volte!^^).
Eliminando il fatto che Sherlock Holmes è un uomo destinato a non legarsi ad una donna, nel senso comune che noi diamo al concetto di “legame”, dobbiamo ammetterlo, per quanto possa negarlo o nasconderlo, lo Sherlock Holmes della BBC ama, a suo modo, Irene Adler. Non è un'interpretazione romantica della situazione, quanto piuttosto pura e semplice realtà. E' l'unica donna di Mr Holmes, è La Donna.
A questo punto, la domanda che sorge spontanea (o che credo possa sorgere spontanea) è: perché un racconto su Sherlock è Molly?
Semplice: proprio perché è un racconto! E' un evadere dalla "realtà" (per quanto si tratti di una realtà letteraria o televisiva, per carità!).
Per quanto mi riguarda sceglierò sempre e comunque Molly. La Molly con le coccarde nei capelli e gli orecchini che sembrano decorazioni rubate all'albero di Natale; la Molly con i maglioni più assurdi e le fantasie più improbabili. Quella Molly, non un'altra. L'opposto, l'esatto opposto di Sherlock Holmes e l'esatto opposto di Irene Adler. Molly è la donna normale, è il 99% della popolazione femminile...è quella che prova ad essere sensuale ma non ci riesce ed è per questo che noi (o per lo meno io) tifiamo per lei.
Perché così dovrebbe essere, perché così la nostra coscienza, il nostro senso di giustizia, la nostra visione romantica e salvatrice dell'amore possono essere soddisfatti.
Nonostante tutto questo, quando scrivo cerco di essere fedele ai personaggi dello Sherlock della BBC. Ciò che intendo fare è rendere, o per lo premo provare a rendere, reale, l’irreale storia fra Sherlock e Molly…ci sono riuscita? A voi, l’ardua sentenza!

Spero vi piaccia e scusate il lungo e tedioso preambolo!
Mi raccomando, voglio le vostre critiche!! ^^

 



 
“Perché non provi, Sherlock?”
 
 
 
Tesa come una corda di violino e pronta a vibrare quando la tua vicinanza la sfiorava.
Pensavo a te tutto il giorno, sempre tesa e agitata;
ma tu non potevi accorgertene,
come non ti accorgi della tensione della molla del tuo orologio da taschino,
che nell’oscurità conta e misura paziente le tue ore e accompagna i tuoi passi con un battito impercettibile,
l’orologio a cui tu getti un’occhiata di sfuggita ogni tanto,
in uno dei milioni di secondi segnati dal suo ticchettio.
Sapevo tutto di te,
conoscevo ogni tua abitudine,
ciascuna delle tue cravatte,
ciascuno dei tuoi abiti,
ben presto conobbi un per uno i tuoi conoscenti e li suddivisi
 in quelli che mi piacevano e quelli che non mi andavano a genio.
(Zweig – Lettera di una sconosciuta)

 
 
 

Era stata bella, di questo ne era certa.
Il viso era irriconoscibile ma nonostante ciò si intuiva che sotto quell’ammasso di pelle, ecchimosi e sangue ci dovesse essere qualcosa di bello.
Il corpo lo era…le forme, la tonicità e la proporzione del tutto era quasi perfetta. Tuttavia, per quanto fosse lampante che era stato curato in maniera quasi maniacale (si intuiva da come erano tenute le unghie di mani e piedi, dalla morbidezza della pelle e dalla lucentezza dei capelli) era altrettanto palese che gli fosse stata data attenzione solo poco prima della morte…non era stato curato con amore e costanza nel tempo.
Finì il suo lavoro e lo coprì con un telo bianco.
Si allontanò di qualche passo, mise le mani in tasca e appoggiò la schiena al muro. Non riusciva a togliere lo sguardo da quel corpo ormai coperto.
Il silenzio intorno a lei, anzi intorno a loro, era completo, quasi assordante. Intuiva solo il rumore dei generatori delle celle frigorifere e delle poche luci al neon che aveva acceso. Non era stato necessario accenderle tutte.
Sentì il fermaglio che aveva dietro la testa grattare leggermente contro l’intonaco. Tirò fuori le mani dalle tasche e lo tolse delicatamente. Lo rigirò fra le dita, guardandolo senza vederlo. Lo infilò nella tasca sinistra del camice. Fissò le sue unghie laccate di rosso…non era abituata a portarle così, aveva le dita rigide come se lo smalto si dovesse ancora asciugare. Non si sentiva a suo agio…ma lo aveva fatto lo stesso, aveva tentato lo stesso...sorrise leggermente…in fondo non era andata tanto male.
“Buon natale, Molly Hooper…”
Arrossì.
Ripensò al bacio.
Al rossore si aggiunse un sorriso leggero.
Poi il suo cervello decise di completare quel ricordo….anzi, decise di mostrarle la realtà…
“Ho visto che hai un nuovo ragazzo e che fai sul serio…”
“…Cosa?...scusa, cosa?”
“Lo vedi sta sera stessa e gli porti anche un regalo…”
“Direi che può bastare…”, un premuroso John.
“Sta zitto e bevi…”, un lungimirante Greg.
“Oh andiamo, avrai notato il regalo in cima alla busta…una confezione perfetta! Invece gli altri li ha fatti in fretta…”
Panico, era panico quello che aveva provato. Si ritrovò a provarlo anche in quel momento, contro il muro. Iniziò a camminare lentamente, cercando di calmarsi e di fermare quel ricordo.
“…è per una persona speciale!...Il colore è uguale al rossetto…o è un’associazione inconscia o forse cerca di incoraggiarlo…”
Imbarazzo…si poi era subentrato l’imbarazzo, si portò le mani a coprirsi il volto come a cancellare quello che era successo.
“…in ogni caso la signorina Hooper è innamorata e il regalo lascia pensare che questa volta faccia sul serio…il che fa presagire speranze a lungo termine…”
Non taceva, continuava a parlare, a dedurre, a interpretare…ad interpretarla. Incrociò le braccia e le strinse forte intorno a sé.
“E’ evidente che lo vedrà sta sera dal trucco e dall’abbigliamento, per compensare le dimensioni delle labbra e del sen…”
Sciolse le braccia e le appoggiò sopra ad uno dei tavoli preparatori. Inspirò e dopo qualche istante espirò.
Non si era mai sentita così a disagio come lo era stata qualche ora prima a Baker Street.
Mai.
Chiuse gli occhi cercando di imporsi sulla propria mente.
Non voleva ricordare….avrebbe solo voluto tagliare la linea dei suoi ricordi e conservarne un pezzo…voleva conservare solo e soltanto “…Buon natale, Molly Hooper…” e le sue labbra sulla sua guancia…tutto qui!
Invece no….la sua mente continuava inesorabile….continuava fino a quel sospiro…fino a quel pacchetto rosso sulla mensola del camino…fino a quello Sherlock che spariva in camera sua….fino alle sue mani laccate che tengono tremanti il bicchiere.
Come poteva, Sherlock, amare la mente, come poteva adorare un qualcosa che si impone su di te e ti ripropone tutto…anche quello che non vuoi!
Inspirò, rimise le mani nelle tasche e ricominciò a camminare lentamente, fissando i propri piedi.
 
La porta della sala mortuaria si aprì improvvisamente.
Sherlock Holmes precedeva un sobrio Mycroft.
«Lei corrispondeva alla descrizione…l’abbiamo fatta portare qui…diciamo a casa sua…»
La patologa si avvicinò al tavolo dove era la salma. Le mani ancora in tasca.
Sherlock la fissava.
«Potevi non venire, Molly!»
Sorrise per l’imbarazzo…lui continuava a tenere gli occhi su di lei…
«Non fa niente, sono tutti presi dal…Natale…» cercò di imporsi su se stessa «…il viso è totalmente sfigurato, quindi, potrebbe essere un po’ difficile...».
La voce l’aveva leggermente tradita.
Vide gli occhi del detective abbandonarla per posarsi sul volto che lei aveva liberato dal lenzuolo.
«E’ lei vero?...», la voce asciutta di Mycroft.
«Mostrami il corpo…»
Di nuovo un sorriso imbarazzato…abbassò lo sguardo e tirò il lenzuolo sino ai piedi.
Vide gli occhi di Sherlock vagare su quel corpo freddo.
«E’ lei!»
Andò via. Non disse nulla, non fece nulla…non poteva essere un caso qualsiasi…un cadavere qualsiasi…
«Grazie Miss Hooper!», il rispetto che Mycroft Holmes aveva per l’etichetta non lo abbandonava mai.
«Lei chi?...Perché Sherlock l’ha riconosciuta non…non dalla faccia?»
Vide il suo sorriso di circostanza e le sue spalle girarsi.
Sentì la porta chiudersi mentre ricopriva il corpo di quella donna che Sherlock conosceva.
Prese la cartella, lesse il nome…Irene Adler…siglò il riconoscimento.
 
I giorni passarono.
Non le ci volle molto a confermare la sua idea che quello non fosse un caso come gli altri.
Le erano bastati certi comportamenti comprensivi che John riservava a Sherlock, i sospiri di Mrs Hudson…una volta l’aveva incontrata sulle scale di Baker Street…
«Vai già via, Molly cara?»
Lei aveva sorriso chiudendosi il cappotto.
«Devo tornare a lavoro…dovevo solo lasciare a Sherlock…»
Un violino aveva iniziato a suonare sopra di loro…una melodia lenta e dolce…
«…Povero caro, mangia meno di prima…i dolori del cuore non risparmiano nessuno!»
Molly era rimasta immobile mentre Mrs Hudson la superava per portare la cena a Sherlock…l’aveva sentita aprire la porta, entrare nel salotto chiamando il detective con voce allegra e chiudersi la porta alle spalle…la musica non era cessata. Lei era rimasta lì, una mano appoggiata alla parete, l’altra a reggere la borsa. Gli occhi che fissavano la porta chiusa.
Poi aveva abbassato lo sguardo ed era tornata al Bart’s.
Quando si vide recapitare l’annullamento della certificazione di morte per Irene Adler, per la prima volta in vita sua, Molly Hooper prese un giorno di permesso.
 
Qualche giorno dopo, la patologa si ritrovò Sherlock in laboratorio ad analizzare un telefono…le cose le erano ormai chiare.
Oramai sapeva di Irene Adler, non ci aveva messo molto a trovarla su internet ed a far parlare Mrs Hudson; ma soprattutto sapeva che Sherlock si era sbagliato…quando aveva confermato che quel cadavere era quello di Irene Adler, lui si era sbagliato….l’infallibile Sherlock Holmes aveva commesso un errore!...e lei sapeva il perché. Sapeva che lui aveva commesso un errore perché era coinvolto…emotivamente coinvolto…
Tuttavia, forse per negazione o per averne conferma, aveva continuato a recitare la sua parte…
«…E’ un telefono?»
«Può fare anche le foto…» non la guardava…non la guardava quasi mai, quando le parlava…
«e…lo passi ai raggi x?»
«Si, esatto…»
«e…di chi è?», sorridi Molly…devi sorridere…tutto come se nulla fosse…
«di una donna…»
«la tua ragazza?...»..oddio, ora si sentiva come un’undicenne…
Lui aveva sbattuto le palpebre un paio di volte…
«Lo pensi perché passo qualcosa di suo ai raggi x?...»
«Beh…tutti facciamo cose sciocche…» per lo meno, per lei era così…o meglio, per il resto del mondo era così. Sicuramente non per Sherlock!
Poi lui aveva detto quella cosa del “lei adora fare questi piccoli giochi” e Molly si era quasi sentita mancare…invece no, lui aveva sbagliato, di nuovo…non sapeva perché ma le uscì un sospiro di sollievo.
Fissò il telefono di quella donna nelle mani del detective…si, quella donna…Molly lo sapeva, Molly lo sentiva che quella donna era qualcosa in più o qualcuno di più, per Sherlock Holmes…
 
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Lo fissava.
Quello che doveva fare lo aveva già fatto, quello che avrebbe dovuto fare voleva dimenticarlo.
Lui era al telefono, non sapeva con chi e non le importava.
Lei aveva passato il tempo, da quando le aveva detto che aveva bisogno di lei, a pensarci: non lo avrebbe più visto…forse non per sempre ma…
Aveva svolto i suoi compiti meccanicamente mentre la sua mente, la sua insopportabile mente, continuava a pensare ed elaborare. Aveva ripensato a quel natale, a quel cadavere e a quella donna ed ora non riusciva a pensare ad altro che a lei.
Lo fissava e pensava a lei.
Pensava alle reazioni di lui. Alle reazioni di lui quando si trattava di lei.
Fu per questo che non si stupì quando, poco prima di andarsene e lasciarlo nel laboratorio, sentì la sua stessa voce dirgli:
«Perché non provi Sherlock?...»
Lui aveva smesso di far rimbalzare la palla da squash e l’aveva guardata.
«Cosa?...»
Lei strofinò fra loro le mani. Sorrise verso un punto indefinito, lontano da lui.
«Con…Miss Adler, intendo…perché non provi Sherlock?»
Non sapeva perché lo stava dicendo ma sapeva che doveva dirlo, per lui. Certo lei non ne era felice e mai lo sarebbe stata ma lo voleva e doveva dire, per lui.
Sherlock la guardò con aria assente e inespressiva.
Il sorriso della patologa non scomparve ma divenne triste.
«E’ il momento più sicuro…il momento migliore…forse l’unica possibilità che hai!...Ti prego, Sherlock, prova!...»
Tutto quello che aveva detto, lo aveva pronunciato con tranquillità. Senza dolcezza, commozione, tristezza o pietà...era il tono più neutro che potesse avere e quello a cui forse lui avrebbe potuto credere.
La patologa sospirò pesantemente, sorrise più a se stessa che a lui, voltò le spalle e se ne andò.
La palla da squash ricominciò a rimbalzare.
 
Quella sera Molly Hooper, davanti allo specchio del bagno, si fissò a lungo. Provò ad odiarsi, voleva odiarsi per quello che aveva detto…ma non ci riuscì!
Aveva fatto la cosa giusta, aveva fatto la dannatissima cosa giusta!
Spense la luce, andò in camera sua e si sedette sul letto.
Quella notte Molly Hooper non riuscì a dormire. Nemmeno le successive.
  
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