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Autore: Buggyjo    07/09/2014    2 recensioni
Tutti possono cambiare. Basta anche solamente una stretta di mano dopo una vita lontani.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono cosciente che non pubblico qualcosa da giugno, o ancora prima, e chiedo profondamente perdono. *sorride e spera* 
Questa racconto è nato da una domanda. Spero vi piaccia. Scusate eventuali errori. Ma non ho l'eternità per pubblicare. hahahahah 
Fatemi sapere.

Questo è per te. - 

mrshoranpayne x








    




 
    Era stranamente calda. Non avevo immaginato potesse darmi una sensazione del genere. Mi sentivo libera, ma protetta. Potevo essere me stessa. La sua mano mi dava l'idea di essere finalmente a casa. Non volevo che mai quel momento potesse finire. Che sarebbe stata l'unica volta in cui io mi sarei sentita così, dopo tanto.
    Ero arrivata in centro con una leggera ansia. Ok, lo ammetto, mi divorava. Era la Tenia. Pensavo che probabilmente era il giorno più sfortunato di sempre: non avevo trovato una sola felpa a maniche lunghe. Mi trovavo sui mezzi pubblici, arrovellandomi il cervello, stavo per scendere al Vaticano. Dopo un'ora di viaggio tra corpi sudati e gente che parlava, come se nessun'altro ascoltasse, della sua avventura della sera precedente. Vivevo li e non ero mai andata a visitare quel luogo conosciuto dall'intero pianteta Terra.
    Prima di allora non ero mai uscita di casa con l'intento di farmi vedere da qualcuno. Non vivevo. Sopravvivevo. Passivamente. Come una pianta. Ero diventata un vegetale. Quella mattina, dopo tanto tempo, sentii le gambe più pesanti del solito. Quasi non fossero più abituate a muoversi da sole. Erano fatte di cemento. Pesantissimo cemento armato.
    Quando arrivai il sole cuoceva la mia pelle. Avrei scommesso che sarei tornata a casa ustionata, da quanto la mia carnagione era pallida. Facevo invidia ai popoli del nord.
    Era bollente. Non ricordavo nemmeno fosse così, quello che si prova quando stai sotto il sole. E non ricordavo nemmeno che fosse così, diciamo anche carino, uscire e notare le persone che ti passano accanto. I miei occhi, di solito, non si soffermavano sul "resto" ma sul "vuoto". Non osservavano nulla.
    Mentre aspettavo nella grande piazza, la mia mente tornava sempre alle mani che si muovevano sue e giù per le mie braccia nude. Non ero sicura di niente. Per la prima volta pensai che ero pervasa dall'insicurezza. Per un attimo pensai addirittura di tornare indietro. 
    Ma perché avevo paura? Di cosa, soprattutto.
    Avevo paura che, finalmente, qualcosa sarebbe realmente cambiato. E avevo una paura fottuta. Mi ero abituata alla mia vita monotona. La vita non vita, non se comprendete. Avevo paura che qualcosa la destabilizzasse e mi facesse di nuovo soffrire per tornare tra la vegetazione.
    Alla fine però ero li. Sotto quella grande palla di fuoco e tra le francesi, le quali mi chiedevano se, gentilmente, potevo scattar loro delle foto con la cappella. Non era niente male. Ma non mi ispirava, forse, quello che ispirava agli altri. 
    L'ho aspettata un'ora mi pare. E poi eccola. Era arrivata. Ci stavamo quasi per perdere nella folla di pellegrini. E mi ero sentita mancare al pensiero di non poterla vedere nemmeno una volta. Ma poi era li. A stringermi forte come non mi aveva più stretta nessuno in tutta la mia vita. Nonostante sapesse ciò che era accaduto. In quel momento mi sono sentita la testa vuota e leggera, come se niente, in quel momento paradisiaco, dovesse più preoccuparmi. 
    Non c'era più la mia stupida giacchetta a tre quarti, non c'era più la paura, non c'era nulla. Solo un piccolo mulinello al centro del petto che incominciava a ruotare lentamente di nuovo. 
    Aveva un profumo unico, di se, e i capelli mi solleticavano il viso, ricci e scuri. e aveva le braccia calde. Non capivo come potesse andare avanti con quel maglione indosso. Mi sembrava pazza, esattamente come mi sembrava attraverso un telefono. In quel momento forse sarebbe stato perfetto dare sfogo alle lacrime che avevo dentro. Ma non ci riuscii. 
    Quando mi ha lasciata pensavo di star ricadendo nel mio stato perenne di trance. Che mi avrebbe guardata e si sarebbe spaventata. Non ero di certo la ragazza più bella del Vaticano, in quel momento. 
    Ma tirò semplicemente fuori una scodellina chiusa dal suo zaino. Dentro vi era cioccolato. Cioccolato buonissimo. Il cioccolato più buono che mai avevo messo in bocca. 
    Dovevo restare con lei, e il suo gruppo. Di chiesa, il pellegrinaggio e altre cose in cui probabilmente non credo. Ma non era poi male. Non so a che punto abbiamo perso il gruppo. Abbiamo continuato da sole. 
    Non le importava di cosa avessi fatto. Non mi guardava come se fossi malata, o cosa. Anzi, ne era pienamente consapevole. Non si faceva problemi, ed era stata l'unica persona che era riuscita veramente a mettermi a mio agio. 
    Ma qualcosa, un gesto, mi aveva mandato in fiamme dentro, l'anima stessa. Sentivo le mani tremare mentre lei me ne stringeva una, nella sua. Ero viva, ero finalmente viva. Non mi sentivo più così viva da quando mi misero per la prima volta in mano un microfono, e poi un pennello con della tempera, e poi ancora una matita ed un foglio e un libro. 
    Lei mi faceva sentire nuovamente viva, viva davvero, e libera di vivere come meritavo veramente di farlo. Ma questo probabilmente non ve l'avrei mai raccontato se non avessi letto un libro, l'altro giorno, ed ora non stessimo giocando, dopo un anno e mezzo, al gioco delle "prime volte".
    - Allora.. - inizia. - .. La prima volta che... Ti sei sentita viva. - mi dice. La guardo pensando. Avevo già la risposta. - Viva davvero. - aggiunge in un sussurro sorridendo.
    Beh se lo leggerà saprà la risposta che veramente merita. Ma sono certa che ora lo starà leggendo insieme a tutte voi. 
    Vi starete chiedendo cosa le ho detto, perché l'ho scritto qui. Bhe, lei è una delle cose più importanti per me. Una delle cose migliori che mi siano mai capitate davvero. Non mi vergogno di dire che scrivere tutto questo non mi abbia fatta piangere. Al contrario di un anno e mezzo fa sono un'altra donna. Una donna viva. Anche se a volte litighiamo, lei è la cosa migliore. Voglio che sappiate la persona splendida che mi ama.
    - Potrei scriverci una cosa lunghissima. - rido rispondendo. E' vero. E' abbastanza lunga. 
    - Dimmi solo chi e situazione. Brevemente. - mi dice cercando informazioni. Gli occhi scuri illuminati come sempre. Dentro il suo pigiama blu. 
    - Posso risponderti in una lettera? - dico ancora. 
    - Ci sto! - ride contenta.
La sua felicità è tutto. Per questo devo vivere. Perché lei vive per me. 
    - Comunque.. Te. - rispondo. Ma non so se mi sente. Sorrido. Ma non importa.  
    - Tocca a te amore. - 
   
 
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