Part 3
Conclusione capitolo precendente:
“Ma come fai a dire simili cose! No! Io non ce la
faccio! Io…” il ragazzo alzò la siringa
“Avanti Nick fallo -disse la ragazza
avvicinandogli il braccio- colpiscimi in modo che il dolore fluisca via!
Colpiscimi Nick!”
Il ragazzo piangendo
abbassò la siringa, conficcandole l’ago nella carne, il sangue, che fluiva dal
foro nella pelle della ragazza, si mescolò con le lacrime che scendevano
copiose dal viso del ragazzo.
Calliope sorrise: “Ora
fammi una promessa Nick, promettimi che mai e poi mai piangerai ancora a causa
del tuo elisir!” disse porgendogli un fazzoletto
“Prometto! -disse il
ragazzo serio- Ma… elisir hai detto?” chiese stupito
“Sì elisir, d’ora in poi
l’insulina sarà il tuo elisir, il fluido magico che ti darà la forza per
affrontare le sfide di tutti i giorni, ci stai?” disse Calliope riacquistando
il buon umore di prima e contagiando anche il ragazzo
“Ci sto!” disse lui
abbracciandola
“Bene e ora sbrigati gli
altri ci stanno a spettando e non voglio essere nei nostri panni quando
scenderemo, Joe starà morendo di fame!” disse la ragazza ridendo e chiudendo
dietro di sé la porta.
La cena si svolse nel
migliore dei modi, tutti mangiarono allegramente, ridendo alle battute di Joe e
al suo buffissimo modo di abbuffarsi che tanto faceva arrabbiare sua madre, la
quale, più di una volta, era stata sul punto di svuotargli l’intera brocca
d’acqua in testa.
Proprio mentre stavano
finendo di mangiare il dessert Denise guardò Calliope: “Calliope ma cosa hai
fatto al braccio?” chiese premurosa
La ragazza guardò il suo
braccio destro e solo allora si accorse che, al posto della ferita provocata
dall’ago, era apparsa una macchia violacea; nello stesso momento Nick
impallidì: “Oh questo! Non è niente, quando sono entrata in camera di Nick per
sbaglio ho urtato una delle sue chitarre e per prenderla al volo ho sbattuto
allo spigolo del letto, e… beh questo deve essere il risultato!” disse
sorridendo, mentre Nick tirava un sospiro di sollievo
“Oh meno male non è
niente di grave!” disse Denise sorridendo anche lei
L’unico che non crebbe
alla storia di Calliope fu Kevin che però, vista la reazione degli altri,
decise di non dargli importanza.
“Ragazzi, stavo pensando…
che ne dite domani di andare al museo della musica? In modo da stare insieme
prima dell’inizio delle prove del concerto! E poi Cal non l’ha visto ed è di certo
un posto che non può perdersi!” propose all’improvviso Selena
“Per me non fa
differenza!” disse Joe riprendendo a mangiare
“Io ci sto! Sapete
potrebbe essere un modo per caricarci ancora di più in previsione del
concerto!” rispose allegro Nick
“Già è un’ottima idea!”
si aggiunse Kevin
“Anch’io sono d’accordo
con voi!” disse allegra Demi
“Perché no!” rispose
Calliope sperando di non doversene pentire inseguito.
A cena conclusa Calliope
e Nick si offrirono di sparecchiare e lavare i piatti, mentre gli altri si
andarono ad accomodare sul divano per guardare la Tv e fare due chiacchiere.
Mentre lavavano i piatti
Nick inaspettatamente disse: “Ti volevo ringraziare per avermi coperto, anzi ti
volevo ringraziare per tutto quello che hai fatto per me questa sera!”
Calliope sorrise:
“Scherzi, l’avrebbe fatto chiunque!”
Il ragazzo scosse la
testa: “No, non chiunque!” e detto questo ricominciò ad asciugare i piatti
Calliope salutò tutti e
ringraziò i genitori di Nick, Kevin e Joe dell’ospitalità, si diresse verso la
porta accompagnata da Kevin; una volta superato l’uscio si girò verso di lui:
“Grazie della magnifica serata! Allora… buona notte! A domani!” disse timida
“Buona notte Cal!”
rispose il ragazzo abbracciandola e posandole un leggero bacio sulle labbra, prima
che salisse sulla limousine.
Aspettò che l’auto
superasse il cancello: “Mi piace quella ragazza, non ne esistono tante di così
speciali!” disse una voce alle sue spalle
“Lo so mamma, lo so!”
rispose Kevin prima di rientrare a casa.
Il museo della musica
sorgeva nel centro di un immenso giardino, con siepi potate a forma di note
musicali e chiavi di violino, l’edificio era bianco e dorato, le decorazioni lo
rendevano simile ad un foglio pentagrammato; i ragazzi si avvicinarono
all’ingresso sorprendentemente affollato per un venerdì mattina, acquistarono i
biglietti e si diressero verso la prima sala.
“E questi sono i
compositori italiani del XIX secolo, Cherubini, Paganini, Puccini, Rossini…
insomma un sacco di -ini!” concluse Selena che si era
improvvisata guida, facendo ridere il resto del gruppo.
“Ma non dimentichiamo
altre figure famose quali Verdi, Mascagni, Boito e
altri ancora -proseguì la ragazza entrando in un’altra sala- ed ora concludiamo
con l’Italia dando un’occhiata ai compositori del XX secolo, tra i quali spicca
per la fama il compositore 1Renato
Dionisi, che fu autore di importanti pubblicazioni nei settori dell'armonia e
del contrappunto, correntemente utilizzate nelle classi di composizione dei conservatori
italiani…”
Selena continuava a
parlare avanzando nella sala, ma Calliope all’udire quel nome si era fermata e,
mentre Selena proseguiva il racconto della vita dell’uomo, alla mente della
ragazza riaffiorarono i ricordi: vide una bambina giocare con un uomo anziano
che le insegnava il pianoforte, vedeva la stessa bambina far compagnia all’uomo
mentre componeva, poi la pioggia, una stanza buia, un uomo penzolava dal
soffitto, la bambina sotto di lui con le mani sporche di sangue…
“Renato Dionisi morì il 24
agosto del
Correva con il viso
imperlato di lacrime, correva senza sapere dove andare, ogni volta tutto si
ripeteva, ogni singola volta che era a un passo dalla felicità il suo bel sogno
svaniva, lacerato dagl’incubi, inciampò su uno dei gradini d’ingresso, si
rialzò e vi si sedette tenendo costantemente le mani premute contro il volto
con l’intento di isolarsi dal mondo, scossa di tanto in tanto dai singhiozzi
sempre più acuti, messaggeri di dolore; d’improvviso una mano si posò sulla sua
spalla, si voltò e, accorgendosi che questa apparteneva a Kevin, si buttò tra
le sue braccia liberandosi dell’infinita sofferenza che da troppi anni
affollava il suo cuore .
Kevin la strinse a sé: “Sccc… è tutto ok ora, ci sono qui io! Perché piangevi Cal?”
chiese preoccupato
“Perché io… io…” provò a
dire Calliope senza successo, scosse la testa, sarebbe mai riuscita a dire la
verità su se stessa?
Kevin sorrise: “Se non
vuoi parlarne fa lo stesso! Non devi sforzarti!” disse asciugandole le lacrime
con la mano
“Ehi Cal stai bene?”
chiese Selena appena arrivata sedendosi accanto a lei
“Ora è tutto ok, grazie!”
rispose Calliope sforzandosi di apparire più naturale possibile
“Sei sicura ci siamo
preoccupati!” disse Demi raggiungendola
“Ma sì tranquilli sto
bene!” sorrise la ragazza
“Meno male, che ne dite
di andare a prendere un gelato? Offre Joe!” propose Nick seguito dagli altri
felici alla sola idea di un gelato ghiacciato per potersi rinfrescare
“Ma perché devo pagare
io? L’idea è stata tua Nick!” urlò Joe correndo per raggiungere il gruppo.
Dopo qualche minuto speso
per la scelta del gusto, tutti optarono per una coppetta di gelato con panna e
ciliegina in cima, Calliope si stava gustando il suo gelato al cioccolato
quando una manciata di panna la colpì dritta sul naso, Joe dall’altro capo del
tavolo rideva soddisfatto.
“Ah sì, beccati questo!”
disse la ragazza lanciandogli un pugnetto di panna
che, schivata facilmente dal ragazzo, andò a finire in faccia a Selena la
quale, raccogliendo la sfida, si affrettò a rispondere all’attacco. Alla fine
della battaglia di panna tutti, nessuno escluso, erano cosparsi della sostanza
appiccicosa e ridevano allegramente dell’accaduto, Nick guardò l’orario
sull’orologio ed esclamò: “Ragazzi si è fatto tardi, noi abbiamo delle prove da
fare!”
“Oh è già così tardi, beh
a domani allora!” disse Selena abbracciandolo
“A domani ragazzi!
Mettetecela tutta!” rispose energica Demi
Intanto Kevin si era
appartato con Calliope e, accarezzandole i capelli, disse: “Sai vorrei tanto
che tu venissi al concerto di domani sera. Che ne dici?”
Calliope sorrise: “Non me
lo perderei per nulla al mondo!” disse baciandolo
Kevin era entusiasta:
“Perfetto, allora ci vediamo domani alle sei davanti casa mia d’accordo?”
“Perfetto! -gli rispose
la ragazza spingendolo verso gli altri- E ora sbrigati, non vorrai arrivare
tardi alle prove signor guitarist!” disse ridendo allegramente
“D’accordo, d’accordo
vado! Non vedo l’ora che arrivi domani Cal!” ammise salendo nell’auto nera
“Anche io!” mormorò la
ragazza guardando la vettura voltare l’angolo.
Si sdraiò sul letto ed
aprì il cassetto del comodino estraendone un blocco di fogli pentagrammati: “Lo
so che te l’avevo promesso nonno, ma in effetti non sto facendo musica, ho solo
voglia di scrivere qualcosa, spero mi perdonerai.” disse prima di iniziare a
scribacchiare sui fogli.
Si guardò un ultima volta
allo specchio, giacca di pelle nera attillata, vestito senza maniche a scacchi
di diverse tonalità di verde con la gonna a sbuffo, stivaletti stringati in
pelle neri con il tacco, stelline d’oro alle orecchie ed una lunga collana
d’oro bianco girata due volte intorno al collo; sorrise soddisfatta alla sua
immagine riflessa: era perfetta.
Erano da poco passate le
sei quando girò l’angolo imboccando la via dove abitavano i Jonas, mancava poco
al cancello della casa quando, la scena che le si presentò davanti agli occhi,
la lasciò senza fiato: Kevin stava baciando un’altra ragazza.
Fece per girarsi quando
lui si accorse della sua presenza e la fermò: “Cal non è come sembra io…”
iniziò a dire, ma venne bloccato dalla ragazza che lo aveva raggiunto e,
arpionandogli un braccio, disse: “Tesoro ma chi è questa?”
“Solo qualcuno che ha
sbagliato strada.” rispose Calliope pronta ad andarsene
“Oh no, ora ho capito, tu
sei una fan!” disse allegra la ragazza
“No guardi si sbaglia
io…” cercò di ribattere Calliope ma fu bloccata dalla ragazza
“Non preoccuparti cara
-si voltò verso Kevin- perché non le fai un autografo
tesoro?” gli chiese
“Non… non credo che lo
voglia.” rispose lui in evidente difficoltà
“Oh beh se è così…
-guardò Calliope- sai mi stai simpatica voglio
rivelarti una cosa io mi chiamo Danielle e sono la fidanzata di Kevin, devi
promettermi però che non lo dirai a nessuno, questo scoop devi tenertelo per te
chiaro?” le disse con il tono di una che avesse rivelato un segreto di stato
“Te lo prometto, grazie
della soffiata! Allora ciao Danielle, addio Paul!” disse prima di correre via
“No aspetta Cal!” urlò il
ragazzo cercando di fermarla ma la mano di Danielle l’attirò a sé
“Paul? Ma chi sarà questo
Paul? Sai una cosa tesoro? Quella ragazza mi è sembrata un po’ stranetta! ”
disse la ragazza cercando di spostare senza risultati Kevin che ancora fissava
la strada vuota dove era passata Calliope “Tesoro ma che hai sta sera! Sembri
avere la testa tra le nuvole! Dai muoviti o non arriveremo in tempo al
concerto! ” aggiunse incamminandosi verso il portone di Casa Jonas e
trascinando il ragazzo che, ben presto, si arrese seguendola.
Mentre camminava Kevin
pensava alle ultime parole di Calliope e si domandava: possibile che Danielle
non conoscesse il suo primo nome, nonostante fossero stati insieme per così
tanto tempo?
Non ebbe modo di
rimuginarci nuovamente sopra, accorgendosi di essere ormai giunto davanti il
portone di casa.
Calliope si buttò sul
letto in lacrime: “Avevi torto nonno! Qui non c’è un bel niente per me, solo
altro dolore e altri dispiaceri! Che cosa speravo di trovare venendo qui! Il
mio bel sogno si è trasformato un orrido incubo! Perché, perché? Dimmelo nonno
è! Che cos’ho di sbagliato! Cosa ho fatto per meritarmi questo! Oh nonno, sta
volta hai sbagliato le tue previsioni. Non c’è futuro per me, ne felicità”
Poggiò la valigia sul
letto e cominciò a riempirla di vestiti, vi buttò dentro le ultime cose quando
dalla tasca di un paio di pantaloni fuoriuscì un foglio che si adagiò sul
pavimento.
Lo raccolse e lesse il
contenuto, poi con rinnovata decisione prese un foglio ed una busta, si sedette
sul letto e incominciò a scrivere.
Mancava un quarto d’ora
all’inizio del concerto e nel suo camerino Kevin urlava senza ritegno: “Lo vuoi
capire che tra noi è finita Danielle? Possibile che tu non riesca a
convincertene!”
“Ma tesoro, non è
possibile, io ti amo!” rispose la ragazza prendendogli le mani
“Io no! E’ da tanto,
troppo che va avanti questa storia, ma ora basta: io ti lascio Danielle e
questa volta per sempre!” disse risoluto il ragazzo
“Sia! Ma non sai cosa ti
perdi lasciandomi! E non credere che io ti consolerò quando verrai da me
piangendo, e no mio caro, scordatelo!” le rispose voltandosi di schiena
“Bene, anzi benissimo!
–fece per andarsene poi si voltò- posso farti un’ultima domanda?”
“Avanti, dimmi.” disse la
ragazza guardandolo
“Qual è il mio primo
nome?” chiese fissandola
“Ma che domanda è, lo
sanno tutti che il tuo primo nome è Kevin!” rispose esasperata la ragazza
Kevin sorrise e si avviò
verso la porta: “Già, lo immaginavo!” disse prima di chiudersela alla spalle.
Stava per avviarsi a
prendere la chitarra quando una voce lo fece voltare: “Kevin! Kevin aspetta!”
si girò e vide Selena con il fiatone che si fermò di fronte a lui: “Kevin, Big Rob mi ha dato questa per te -disse porgendogli una busta
da lettera- dice che è molto importante e che devi leggerla prima del
concerto!”
Kevin ringraziò la
ragazza e aprì la busta, all’interno trovò una lettera la aprì, la calligrafia
era stranamente chiara per essere scritta a mano, incuriosito incominciò a
leggerla:
“Ciao Kevin,
sai il mondo a volte è strano: credi di
avere piccole certezze tra le mani e di poterle stringere all'infinito,
spremerle sino a farle penetrare attraverso i pori della pelle, viverle,
divorarle, aggredirle e farle tue, infinitamente tue, soltanto tue. Poi, basta
un non nulla, un solo secondo, una nuova folata di vento: abbassi lo sguardo e
scorgi i tuoi perni insinuarsi attraverso le dita, scivolare via con una
facilità ed una logica che non avevi calcolato.
La vita sa essere molto elegante quando si
sgretola ed è tremendo che sia di nuovo giunto il momento per me di partire, di
dire addio un’altra volta, di cercare un nuovo posto che mi accolga.
Ti chiederai il perché di questa mia lettera,
ebbene ho deciso di rivelarti la verità, ho deciso di non nascondermi più
dietro un velo di bugie.
Mi chiamo Calliope Viola Dionisi, sì Dionisi, ti
suona familiare vero?
2Già, sono
la nipote del grande compositore Renato Dionisi. Sono italiana, proprio come
mio nonno, figlia indesiderata di due genitori separati, da quanto ricordo non
ho mai visto i miei genitori andare d’accordo, litigavano tutti il giorni
tirandosi piatti e ogni genere di cosa gli capitasse a portata di mano. Mio
padre usciva ogni giorno per bere, quando tornava a casa ubriaco, se la
prendeva con me, picchiandomi con ogni genere di utensili. Ero deperita e ogni
centimetro del mio corpo era ricoperto di lividi, la vita non era stata pietosa
con me.
La vita mi sorrise per la prima volta il giorno
del mio sesto compleanno, mio nonno, venuto per salutarmi, assistette alla
scena di mio padre che mi percuoteva con una cinta, senza dire niente fece le
valigie e mi portò con sé a Milano, dove abitava da pochi anni.
Vissi sei anni con mio nonno, i sei anni più belli
della mia vita, mi insegnò a suonare la chitarra, il piano e l’arpa, imparai il
significato di armonia, fui istruita all’arte del canto e della composizione,
seguivo lezioni di danza classica ogni giorno; ogni attimo, ogni secondo, ogni
battito del mio cuore girava intorno alla musica e mio nonno era al centro di
essa.
Mi sembrava di vivere un sogno ed il mio desiderio
era che potesse durare il più allungo possibile, purtroppo tutti i sogni sono
destinati a finire, e così fu per il mio: s’interruppe la notte del 24 agosto
del 2000.
Ero appena rincasata dalla scuola dopo una
giornata piuttosto faticosa e non vedevo l’ora di raccontare tutto al nonno,
così, impaziente, mi diressi verso lo studio dove era solito comporre, bussai
un paio di volte, poi entrai, la scena che mi si presentò davanti agli occhi mi
raggelò: mio nonno, con il collo legato al lampadario, penzolava sopra ad una
pozza di sangue proveniente dai suoi polsi incisi. Urlai, mi avvicinai cercando
di tirarlo giù, scivolai e caddi sul pavimento, il corpo ricoperto di sangue ed
il viso pieno di lacrime: avevo solo dodici anni.
La vicina, udendo le mie urla, si era precipitata
in casa e, alla vista di quello scenario spaventoso, chiamò immediatamente i
carabinieri. Questi, una volta in casa, decisero di portarmi in ospedale ma,
prima d’essere trascinata via, scorsi una busta che sporgeva dal taccuino del
nonno, la presi: sentii il rumore della porta dello studio chiudersi alle mie
spalle, asciugai una lacrima furtiva, quella fu l’ultima volta che vidi mio
nonno.
Qualche giorno più tardi, ancora ricoverata in
ospedale, decisi di aprire la busta e lessi la lettera in essa contenuta,
l’aveva scritta mio nonno ed era indirizzata a me, mi chiedeva di perdonarlo
per avermi abbandonata così presto, aggiungeva i motivi che lo avevano spinto a
commettere quel gesto disperato: “l’invidia” che da tempo ormai si era
insediata nel conservatorio in cui insegnava.
Scriveva che non riusciva più a vivere, ogni nuovo
concerto che componeva era oggetto di crudeli battute e di spregi; non era più
preso sul serio da nessuno, i suoi concerti diminuivano a vista d’occhio,
ammise che fu la mia presenza nella sua vita a farlo desistere dal quel intento
per molti anni. Mi disse di non essere triste per lui e di non pensare che la
colpa di quel gesto fosse mia, scrisse che non avrei mai dovuto smettere di
suonare perchè la musica era la mia aria, era
l’essenza che mi permetteva di vivere.
Le ultime due righe della lettera erano quasi
completamente sbiadite ed impiegai più di un’ora per decifrarle, tutt’ora per
me sono prive di senso, mi chiedeva di promettergli che il giorno del mio
sedicesimo compleanno sarei partita per la città degli angeli, aggiunse che
solo lì mi si sarebbe mostrata la vera strada da seguire e che avrei trovato la
mia musica.
Non parlai a nessuno della lettera, due giorni
dopo fui affidata ad una famiglia che si sarebbe presa cura di me. I miei due
nuovi genitori si dimostrarono subito gentili con me, dandomi la possibilità di
vedere un’ultima volta la casa del nonno e di portare via qualunque cosa
volessi.
La casa, senza la presenza del nonno, mi parve
vuota, vi rimasi solo lo stretto necessario per portare via le cose a cui
tenevo di più: presi le tre chitarre del nonno, tutti gli spartiti ed i fogli
pentagrammati che riuscii a trovare, la penna stilografica che il nonno usava
per comporre e le boccette del suo inchiostro preferito. Prima chiudere il
portone e di dire addio a quella casa e a quella felicità di cui avevo goduto
così poco, feci una promessa: non avrei più suonato, composto e cantato fino a
quando non avessi trovato una nuova ragione per farlo.
La mia nuova vita non fu piacevole, i miei
genitori acquisiti non c’erano mai, lavoravano dalla mattina alla sera ed io,
insieme alla figlia dei vicini, ero affidata a due tutori, due vecchi barbuti
il cui unico scopo nella vita era bacchettarmi ogni volta che mi distraevo.
Ben presto io ed Anna, la figlia dei vicini che
condivideva con me quello strazio, diventammo amiche, anzi migliori amiche,
condividevamo tutto e dopo qualche tempo le raccontai la mia storia.
Passarono sette anni ed io non ero riuscita a
mantenere nessuna delle promesse fatte al nonno, ancora non avevo ripreso a
suonare e la città degli angeli era ancora là, lontana e esclusa dalla mia vita.
Accadde tutto in una notte, mio padre, il mio vero padre, scoperto dove abitavo
era riuscito ad intrufolarsi in casa, io ero da sola nella mia camera, entrò
spalancando la porta e si levò la cintura dai pantaloni, non l’avevo mai visto
così ubriaco, cominciò a frustarmi, ma questa volta reagii, lo spinsi fuori
dalla camera e gli intimai di andare via, lui non volle darmi retta, allora lo
spinsi ancora, inciampò e cadde per le scale. Lo vidi immobile sul pavimento e
capii che era giunta l’ora di mantenere la prima delle promesse fatte al nonno:
feci le valigie e presi il primo aereo per Los Angeles.
Questa sono la vera io, il resto della storia lo
conosci già, è la fine che ti manca, ma quella è un enigma anche per me.
Non so perché quella sera sul tetto ho suonato, e
probabilmente non lo scoprirò mai, uno dei tanti arcani di questa mia strana
vita.
Prima di dirti definitivamente addio, ho altre due
cosa da rivelarti.
La prima è un segreto che mio nonno mi rivelò
durante una delle nostre lezioni, le parole precise erano “Devi amare per poter
suonare.” E voi avete dimenticato come si fa, pensa alle montagne russe, alla
guerra di vernice, alla battaglia di panna, ricordi com’eravate spensierati, vi
divertivate: è così che dovete suonare. La musica è prima di tutto
divertimento, bisogna amarla per poterla suonare. Quando suonate dovete
fondervi in unica persona, dovete essere un tutt’uno, produrre un’unica
melodia. Pensate a quello che amate, alle persone che amate, a Danielle, vi
aiuterà, è questo il segreto, è questo che avete dimenticato.
Nella busta, oltre a questa lettera, troverai una
canzone, l’ho composta in questi giorni, è per voi, nella speranza che possiate
suonarla e che vi possa restituire la fiducia che avete perduto: sai è l’ultima
che scriverò.
Non sono più in animo di comporre canzoni. Le
canzoni sono venute con te e se ne vanno con te.
I pochi giorni di meraviglia che ho strappato
dalla tua vita erano quasi troppo per me.
Non tornerai più da me, entrambi avremo troppe preoccupazioni…
e la felicità per te non sarà qualcosa che avrà il
mio nome.
Sai, stanotte ho pianto come una bambina pensando alla mia sorte e pure alla
tua, che ne sarà di noi adesso, di me, persa in questo labirinto senza uscita;
di te, perso in questo amore senza sentimento.
Se ho mai detto o fatto qualcosa che non potevi
approvare, perdonami.
E ora, addio per sempre.
Le nostre strade si dividono qui, la tua ha il
sapore dolce della musica, la mia è dissestata e piena di buche, ma forse con
il tempo riuscirò a renderla stabile come la tua e un giorno anche io potrò finalmente essere libera.
Ti chiedo solo un favore, non dimenticare i bei
momenti passati insieme.
Tu non dimenticarmi
Cal”
Finì di leggere la
lettera, la strinse con forza tra le
mani: “Stupida!” disse abbassando di scatto il braccio.
“Ehi Kevin sei pronto?
Tra cinque minuti si va in scena!” urlò allegramente Joe avvicinandosi al
fratello, questi quando lo vide gli mise le mani intorno alle braccia e lo
guardo serio in viso: “Joe, ho bisogno che tu faccia una cosa per me!”
“E cosa sarebbe? Oh no,
non dirmelo, non farò nulla che coinvolga Nick, lo sai quanto è teso prima di
un concerto e non sarò certo io a…”
“Joe vuoi ascoltarmi una
buona volta! Ho bisogno che tu posticipi il concerto! -strinse la presa intorno
alle braccia- Allora lo farai?” chiese
“Aho,
d’accordo, d’accordo lo farò, basta che tu mi lasci!” rispose esasperato il
fratello
Kevin lo abbracciò:
“Grazie Joe, sapevo di poter contare su di te!” gli mise la busta in mano e
cominciò a correre, quando arrivò alla porta d’ingresso dello stadio si voltò:
“Beh fammi gli auguri!” urlò prima di sparire
Joe lo salutò: “Augu… ehi ma si può sapere per quale motivo devo
posticipare il concerto? -poi si accorse della busta che aveva in mano- E
questa cos’è?”
“Posticipare il concerto?
Ho sentito bene?” chiese Nick appena arrivato
Joe si voltò e sorrise
colpevole: “Ehm, me l’ho a chiesto Kevin e poi si è volatilizzato!”
Nick cominciò a camminare
avanti e indietro: “Dobbiamo inventarci qualcosa, se lo conosco bene non tornerà
prima di un quarto d’ora! -per sbaglio il suo sguardo si posò sulla mano Joe- E questa cos’è?” disse prendendo in mano la busta che
il fratello teneva fra le dita
“Non ne ho la più pallida
idea, me l’ha data Kevin!” rispose Joe innocente
“Visto che a quanto pare
abbiamo un bel po’ di tempo, tanto vale aprirla!” disse Nick estraendone il
contenuto e cominciando a leggerlo.
Calliope, chitarra in
spalla e valigia fra le gambe, era seduta su una delle poltrone d’attesa al Gate 6 del Los Angeles International Airport,
si alzò per affacciarsi ad una delle enormi vetrate che circondavano l’intera
sala, sorrise, quella città era ancora più bella di notte, le luci multicolori
che adornavano gli alti grattacieli sembravano candele danzanti nella notte e,
con un battito di ciglia, la città appariva ora come uno scintillante cielo
stellato ricoperto da una sottile polvere argentata.
Lo speaker annunciò
l’arrivo dell’aereo, Calliope diede un ultimo sguardo alla città degli angeli,
chissà se l’avrebbe mai rivista, portò le mani agli occhi e si accorse che
erano bagnati, cercò di non pensarci, prese i bagagli e si diresse verso
l’uscita del gate.
Nota1: tutto quello che riguarda la biografia di Renato
Dionisi è veritiero, il resto è frutto di mia invenzione, non è vero, infatti,
che sia morto in circostanze ignote, credo che sia deceduto di vecchiaia. Anche
i “flash” di Calliope sono di mia invenzione.
Nota2: non so se Dionisi abbia una nipote, ma di certo non è
Calliope, tutto ciò che è scritto sulla lettera è pura invenzione, comprese le
circostanze della morte di Renato Dionisi che, come già detto, credo sia
avvenuta a causa della vecchiaia. Calliope non è quindi la nipote di Dionisi, è
un personaggio inventato da me che si ispira ad una cara amica.
Ecco qui il terzo capitolo di questa
storia, spero sia di vostro gradimento come lo sono stati gli altri!!!
Vorrei ringraziare juliet e sbrodolina per i loro
commenti, grazie ragazze spero che anche questo chappy vi piaccia!!!
Al prossimo ed ultimo capitolo!!!!
Aya chan