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Autore: KH4    08/09/2014    1 recensioni
Estratto dal prologo:
"Io lo so…Tu non sei il tipo di persona che si lascia uccidere così facilmente. Non è nel tuo stile. Ti è sempre piaciuto essere teatrale in tutto ciò che fai, essere la svolta di una situazione prossima al fallimento. Ami essere egocentrico, vanitoso, arrogante, sai di esserlo, e non ti arrenderesti mai d’innanzi a una morte che non ti renderebbe il giusto onore. La sceglieresti solo dopo aver guardato a lungo una bella donna e averle sussurrato frasi che avrebbero fatto di te un ricordo prezioso e insostituibile. Soltanto allora, ne saresti soddisfatto." 
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Marian Cross, Nuovo personaggio | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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- Mettetevi tutti al riparo! Veloci! –

La situazione era critica. Il celeste di quell’innocua mattinata aveva subito un ribaltamento mostruoso, dagli odori pungenti che ne lasciavano trasparire l’intensa crudità. Lavi ne aveva visti parecchi di Akuma da quand’era entrato a far parte dell’Ordine, ma una simile orda superava tutti i magri gruppetti affrontati in precedenza. Sfrecciavano frenetici sopra la sua testa e quella degli altri umani senza degnarli di un solo sguardo, così di fretta da fargli intuire l’anomalia già osservata e registrata dal mentore.

- Non si comportano come a loro solito. Sembrano attratti da qualcosa -, asserì l’anziano Bookman, insospettito.
- Laggiù c’è qualcosa che brucia! – Dall’alto del pennone della nave, Crowley puntò i suoi canini verso la zona montuosa stante alle spalle della cittadina.
Un fluente manto rosso tingeva il cielo con macchie arancioni e grigie sospinte verso l’alto, dove un tetto di fumo si era accumulato rabbioso. Le minuscole e nere sagome degli uccelli scappavano alla rinfusa, al contrario delle Bambole del Conte del Millennio che invece volteggiavano in aria come falene attratte dalla luce.


- Non è un comune incendio. – Lavi strinse le dita attorno al martello e ne ingrandì le dimensioni per respingere i nemici - Che accidenti sta succedendo laggiù? - 




Sono già arrivati qui. -

Un subbuglio incontenibile aveva invaso i villaggi ai piedi. Scintille di panico ne disperdevano gli abitanti in ogni dove, le menti offuscate dal desiderio di fuggire da una minaccia prossima a prendersi tutto senza chiedere. L’unica reazione possibile che Amèlie colse con la lama di Lucifer conficcata nell’ennesima Bambola esorcizzata.
I rintocchi di un campanile si fecero largo fra le grida e i botti che si accumulavano a dismisura. Il centro abitato sottostante gli occhi della Chevalier non era che un puntino civilizzato in mezzo alla natura orientale, ma purché contasse un numero di persone soddisfacenti, agli Akuma andava più che bene: nonostante si fosse lasciata alle spalle una scia di carcasse sufficientemente massiccia da solleticare il loro ego sensibile al pericolo, questi proseguivano la loro opera di distruzione senza temere l’incontrollabilità del Caduto, sempre più vicino alla valle.


- Abbandonate il villaggio immediatamente se non volete morire! Sbrigatevi!!! – Piovuta al centro della piazza insieme a un Livello Due schiacciato sotto i suoi piedi, la francese sollevò la testa con autorità che raggelò i presenti.

Non c’era anima che non stesse correndo su un filo tirato, di un’esilità a stento tenuta in piedi e che al minimo tocco si sarebbe disfatta senza più tornare quella di un tempo. Suman Dark si stava avvicinando, l’eco del suo corpo spezzava l’aria con boato sottile e raccapricciante, carico di tutto il rancore non sprigionato. Una ragione più che valida per Amèlie di buttarsi contro quel fiume che seguì la sua concisa direttiva senza fare troppe storie.
Una Caduta rappresentava in sé un pericolo spesso sfociante in un delirio caotico, se le radici non venivano tranciate sin dai primi segnali; abbuonarsi l’odio e il dissenso di Allen e Lenalee era stata un’aggiunta di quel già sgradito trambusto, una nota fastidiosa che, tuttavia, non aveva lasciato alcun segno di pentimento nella coscienza della corvina, riluttante a porre rimedio con scuse o dispiaceri che non sentiva necessarie. La fanciulla cresciuta sotto la sua ala non era estranea ai quegli avvenimenti, al male che l’Ordine in sé celava alle sue basi; era stato il rifiuto di sopportarlo ancora, inerme, ad averne fatto crollare la mente già provata in tenera età, e benché la donna si fosse adoperata negli anni seguenti a rafforzarne l’animo anche con severi rimproveri, onde l’evitarle ulteriori emotività distruttive, Lenalee ancora peccava a domare la sua emotività. Indurirsi col rischio di perdere la propria accondiscenza non era un prezzo accettabile ai suoi canoni, ogni attaccamento da lei coltivato non era che una lama a doppio taglio che ancora stava imparando a gestire, esattamente come Allen Walker.

La visione fugace dei suoi occhi argentati, risoluti e che l’avevano sfidata con ostinazione incredula, balenò nella sua mente per pochissimi istanti. Con quel buonismo incapace di accettare sacrifici che includessero vite altrui, avrebbe incassato un numero maggiore di batoste rispetto a quello previsto per gli altri Esorcisti e sebbene a lui non importasse di caricarsi ulteriori pesi sulle spalle, niente escludeva che un giorno quella stessa nobiltà ne avrebbe deteriorato i puri propositi alla base della sua forza interiore, isolandolo fra le pareti di una ristretta realtà che soltanto ai suoi occhi avrebbe conservato un vago senso di giustizia.




Iiih!!! Ma perché deve succedere questo ad Hatsu-chan?! Perché? Perché? PERCHE’?!? –

Hatsue confidava parecchio nel destino. Non era qualcosa scoperto da molto, anzi, doveva solo ringraziare quella sua miracolosa evoluzione se le era stato concesso di godere appieno delle beltà di un proprio ego; credere spasmodicamente nell’esistenza di un disegno universale dove tutto fosse già stato scritto era un modo come un altro per avere il pieno controllo. Controllo su cosa, poi, era superfluo, considerata la sua propensione al melodramma e al pessimismo acuto non appena la situazione precipitava. Anche in quel preciso istante non riuscì a fare altro che a frignare con le unghie piantate nel tronco legnoso di quell’albero da cui tanto volentieri si sarebbe fatta inglobare.

- Lo sapeva! Hatsu-chan sapeva che sarebbe finita male! Avrebbe dovuto chiedere il cambio a Sachiko-chan! – Piagnucolò disperata, senza staccare gli occhi azzurrini dal pericolo incombente.

Gli Akuma l’avevano circondata. Un numero magro, inconsistente, in confronto a quello che aveva sorvolato l’oceano e da cui si era tenuta ben a distanza. Quelli che erano stati i suoi fratelli adesso percepivano in lei l’insolito addolcimento che aveva permesso l’insurrezione completa della coscienza umana incorporata allo scheletro di metallo scuro, un più ampio senso di leggerezza ottenuto a discapito di quel briciolo di prestanza che, nel suo evaporare, l’aveva vista sprecare inutilmente quasi tutti i poteri a sua disposizione per paura di venire scoperta non appena avesse messo piede fuori dal Giappone. Tutto per colpa della sua goffaggine, anzi, no! La colpa andava alla sua propensione ad attirarsi addosso tutte le sfortune del mondo! Per cercare la persona che era stata incaricata di trovare aveva rastrellato tutti i centri abitati cercando di passare inosservata, col risultato di venire scoperta su due piedi per l’essersi concessa un attimo di pausa, abbandonando momentaneamente la forma umana. Come Livello Due equivaleva a un penoso scarto d’ultima categoria, dagli ingranaggi tanto bacati da farla rimanere lì impalata mentre i suoi compari prendevano con tutta calma la mira; francamente non capiva perché fosse stata scelta proprio lei per quell’accidente di compito che era destinata a non portare a termine, quando Sachiko-chan e Kawamura-san sarebbero state molto più idonee.

L’udire lo scatto secco dei cannoni pronti a sparare, seguito dalle battute pesanti che alcuni Livello Due le dedicarono come addio, la fece accucciare a terra con le mani affondate nei capelli pagliericci chiusi in un’acconciatura morbida e vaporosa.


- E’ la fine! La fine! La fine! LA FINEEE!!! Uggiolò mentalmente.

I secondi spesi freneticamente nell’attesa di essere carbonizzata e trasformata in cenere trascorsero così lentamente che ad un certo punto Hatsue li reputò decisamente troppo lunghi. Fattasi prendere dalla disperazione e dal dramma capitatole, l’unico suono giunto alle sue orecchie altro non fu che la propria voce impossibilitata a non descrivere le molteplici disgrazie che il Generale Cross le aveva abbonato nell’appiopparle quell’incarico tanto indecoroso. La catena di esplosioni simultanee non la destò fino a quando la carcassa rugginosa di un Livello Uno non le cadde a mezzo metro di distanza, facendola saltare all’indietro non appena questa esplose.

- Bene. Questi dovevano essere gli ultimi. –

Hatsue rizzò le orecchie in aria d’innanzi a quella voce nuova, matura e del tutto priva di echi doppi che ne deformavano il timbro. Un brivido vistoso le attraversò l’involucro di pelle liscia coperta dallo yukata* rosso non appena gli occhi – finalmente degnatisi di aprirsi – scorsero quel luccichio smeraldino inquietante che in tutti quanti loro suscitava solo sensazioni vomitevoli.

- Innocence.La parola stessa si prese la briga di stamparsi nella sua mente quasi avesse avuto una sua volontà.

Neppure ci fece tanto caso, interessata a vedere chi ne fosse la compatibile, strabuzzando le pupille fino a farle uscire dalle orbite quando mise tutto ben a fuoco. La descrizione fornitale per identificare la persona ricercata si limitava a specifici oggetti che qualunque essere con un minimo di cervello avrebbe riconosciuto a prima vista: un’Innocence a forma di falce, una mascherina di pizzo nero e, ultimo ma non meno importante, un nomignolo corto e facile da pronunciare giusto per andare sul sicuro. Non restava che verificare.

- C…Chibi-chan? – Pigolò la parolina magica con sussurro basso, così lieve da dar indurla a credere di non essere stata udita, ma quando quella donna voltò la testa nella sua direzione, con smorfia visibilmente irritata, Hatsue pianse dalla gioia per essere stata finalmente baciata dalla fortuna. 




La nave di Anita era sul punto di essere ridotta a un colabrodo galleggiante. Il caos scatenatosi dall’inaspettata comparsa di tutti quegli Akuma aveva raggiunto proporzioni preoccupanti, limiti tenuti strenuamente in piedi da sforzi titanici volti a non demordere. Il peso dei Talisman pigiava sui muscoli delle sue braccia mettendone a dura prova il respiro e l’equilibrio precario che le sue gambe s'imponevano categoricamente per non cedere alle scosse che scoperchiavano il ponte principale.


- Non fateli colpire l’albero maestro per nessun motivo: mantenete le posizioni! –Gli ordini impartiti a voce alta e forzata per la gola raschiata non mancarono di esprimere l’autorità guadagnatasi a piccoli passi, ma d’innanzi al continuo stridere metallico che si alternava a fiotti esplosivi di accecante calore, era impossibile elevarsi al dì sopra di cotanta frenesia senza lasciarsene un po’ influenzare.

Gli Akuma erano davvero degli esseri abominevoli. Lo stare nelle retrovie non comportava necessariamente il confronto con essi, forse qualche avvistamento di natura sospetta, ma mai uno schieramento in prima linea. Ovviamente la Maitresse del Dragone Imperiale aveva sempre preferito prevenire l’incombere di qualsiasi sorpresa; con i tempi che correvano e l’abilità delle Bambole del Conte del Millennio di camuffarsi in umani, la prudenza non era mai troppa, special modo per quelli come lei, semplici sostenitori che non potevano eguagliare i poteri bellici offerti dall’Innocence. Lanciando una veloce occhiata al cielo, parzialmente imbrunitosi, Anita realizzò che stavano combattendo da più di sei ore, senza sosta. Il corpo contratto e sudato era concentrato a non demordere, a resistere perfino all’infrangersi delle onde che il mare mosso stava infliggendo allo scafo della sua cannoniera. Sarebbe finita, prima o poi; inammissibile era il pensiero di una sconfitta dopo l’aver ritrovato la fiducia in se stessa e la voglia di mettersi definitivamente in gioco per quell’uomo che si era portata via il suo cuore.

Barcollò fino a far cozzare le ginocchia sulle assi di legno ancora inchiodate, quando una scossa diversa da qualunque altro colpo respinto attraversò la terra, la nave e il mare in un tuttuno condensato. Nella sua brevità congelò gli animi sino a spingerne le teste a guardare verso le montagne, dove i bagliori dell’atmosfera sanguigna culminarono in un singolo punto.


- La luce laggiù sta diventando sempre più debole. Forse Allen, Amèlie-san e Lenalee ce l’hanno fatta. – Majoha le si affiancò con la sua mole imponente, sovrastando la sua minuta figura.
- Me lo auguro, ma al momento non possiamo fare altro che salvare quanto resta della nave -, replicò la cinese pacata, gli zaffiri brillanti di determinazione motivata a soddisfare le priorità – La chiglia è ancora intatta e tale deve rimanere fino alla fine: non possiamo permetterci ritardi di alcun genere. -

Il semplice credere, aggrapparsi a ciò che prima non era neppure riuscita a concepire, nonostante la mola affettiva per Marian Cross superasse di molto il banale rapporto fra una Maitresse come lei e un cliente come lui, aveva riacceso una speranza non del tutto priva di amarezza. Che cosa lesse nel mezzo di quella spirale violenta, imparagonabile a quanto attendeva tutti quanti a loro a Edo, le apparve astratto, un vago ed abnorme senso di terrificante inadeguatezza nei confronti di quella realtà che non l’avrebbe mai accettata completamente. Ma aspirare a quel desiderio che la giostrava con sentimenti e azioni non aventi una risposta che affondasse nella logica umana, le bastò per spingersi laddove il suo animo le suggeriva di andare per non piangere con inutili pesi. Là, dove lui le aveva detto di non arrivare per timore che non potesse più venirla a trovare.




Amèlie Chevalier ricordava molto bene la prima volta che aveva osservato Cross modificare un Akuma. Era stato in grado di attirarne l’attenzione istigando il suo volersi differenziare con un’unicità di cui andava particolarmente orgoglioso, una strategia semplice ancora fumante d'indignazione. L’aver ceduto senza mostrare un minimo di resistenza ardeva ancora di risentimento nei suoi stessi confronti, ma in quel frangente la sua testolina aveva focalizzato tutte le sue capacità cognitive sull’imperdibile possibilità di essere partecipe a qualcosa cui nessun’altro avrebbe mai potuto assistere, un richiamo irresistibile che le aveva fatto mordere la lingua per non essere stata capace di rifiutare.




I sotterranei della Home - il primo piano che li componeva perlopiù -, era composto da sale riservate alla Sezione Scientifica, comprendenti anche la grande reti di canali acquatici e l’obitorio. Fra archi di pietra, lastre d’acciaio e aria costantemente sterilizzata, il silenzio tombale e la bassa temperatura della sala dove venivano conservati in buste di plastica corpi tumefatti di Finder ed Esorcisti, comprimevano qualsiasi forma di sentimento che sfiorasse la positività anche solo per puro caso. Osservandone il mobilio squadrato e la lucidità scaturita dal grigio metallico predominante, Amèlie si concesse un attimo ancora per riflettere; il dubbio di una possibile ripercussione a suo carico non l’abbandonava, mettere da parte lo scetticismo e prendere per veritiero l’onore concessole richiedeva molto di più di un banale accesso all’obitorio. Insomma…Quante volte Cross aveva deliberatamente provato a darsela a gambe quando i creditori lo scovavano? Quante donne aveva circuito, nonostante ci fosse sempre stata lei a ricordargli di sua madre? Quante?
Il solo porsi simili domande le fece passare la voglia di rispondersi. A due anni dalla sua comparsa, Marian Cross aveva messo a dura prova la sua tenacia, sfidandola, provocandola, a volte cercando di lasciarla in balia di creditori, paesani armati di forconi o soldati schizzati, pur di salvarsi la pelle. Oh, sì: ci aveva provato, tante volte, e lei non si era fatta scrupoli a elevarsi alla sua disumanità per rendergli pan per focaccia, affinando un sadismo capace di tappezzare un’intera città di manifesti che lo ritraevano come un approfittatore squattrinato o di inscenare commediole andate a buon fine grazie alle sue doti d’attrice doppiogiochista validamente supportate anche dal suo aspetto di dolce bambina. Tutte vittorie ottenute con il peggio di sé plasmato da continui perfezionamenti, che a volte aveva addirittura complottato con quello scriteriato stabilendone un’impensabile quanto genuina complicità. Allacciatasi la mascherina protettiva e indossato i guanti di plastica, avanzò lentamente, calibrando il peso dei propri passi e fermandosi giusto a un passo dietro all’uomo. Intravide parte della sagoma riposta poco sopra la sua testa, grossa e bitorzoluta, emanare un calore nauseante. Aspettare era l’unica sua attività, al momento: il tintinnante armeggiare di Cross stabiliva un confine che non poteva ancora superare. I capelli rossi legati in una coda bassa, gli occhiali inforcati sul naso e le mani che esibivano abili un controllo preciso e meticoloso, non lasciavano spazio alla trascuratezza.


- Puoi avvicinarti. – Un semplice cenno con la testa e il permesso di avanzare divenne concreto.

Amèlie annuì muta, azzerando la distanza che la separava dalla lastra d’acciaio e salendo sopra il piccolo sgabello preparatole. Quel tavolo con le ruote sembrava essere stato costruito apposta per metterla in difficoltà, ma una volta salita, il problema non sussistette più. La carcassa del Livello Due in piena putrefazione scivolò davanti ai suoi occhi con la bocca spalancata e la lingua srotolata sulla sinistra. La cassa toracica era letteralmente esplosa dall’interno, aprendo le costole ora rivolte in alto; gli occhietti tondi brillavano di opaca lucentezza a causa della lampada attaccata al soffitto. Puzzava di frattaglie collose andate a male, riscaldate a temperatura eccessiva, tanto l’umido fumo evaporante dallo squarcio appannava la lastra sopra di cui era adagiata. Disgusto a parte per quelle carni mollicce, l’apparato meccanico nascosto sotto fu più digeribile: Amèlie non se ne intendeva di simili macchinari, ma d’innanzi a quello scheletro nero così assomigliante a quello umano, che riluceva insieme a altre componenti organiche plastificate e spente, nutrì un primo e irresistibile interesse.

- E’ strano che non si sia ancora disciolto o trasformato in polvere -, notò lei per prima cosa - Ha ancora l’anima? –
- Sì, ed è un vero miracolo -, le rispose Cross, masticando la sigaretta incastrata nell’angolo sinistro della bocca – E’ difficile andarci piano con certe calzette, ma io mi sono limitato a fondergli gli organi interni. Anche conciato in questo stato, l’anima è ancora attaccata a questo corpo e l’Akuma continua a vivere in uno stato di morte apparente. Se così non fosse, l’istinto omicida lo farebbe balzare in piedi in due secondi. –
- E’ vivo? – La bambina guardò torva la carcassa, percependo le sue interiora rivoltarsi in un moto di nausea crescente – E come? –
- Con quelli. – Il Generale fece schioccare il guanto di lattice sporco, indicandole con l’indice degli strani segni tracciati sugli arti ingrossati del Livello Due.

Era una sequenza di linee svolazzanti che si ripetevano in gruppi da tre, scritte col sangue e formanti una lunga catena che sormontava le parti principali del corpo della Bambola, base del collo compresa.

- Sigilli? – Azzardò la corvina.
- Non me ne faccio niente di un mucchietto di polvere: per modificare un Akuma mi serve che sia vivo o in fin di vita. Morto no -, fu la risposta di lui.
- Sarà, ma se cerca di saltarmi addosso, userò il tuo capoccione come scudo. - Si parlava pure di un Akuma, in fondo. E con Lucifer in camera sua non ci teneva a sporcarsi d'interiora e budella gelatinose.
- Tranquilla: così conciato non riuscirebbe nemmeno a muovere mezzo dito –, sghignazzò il rosso.

Non appena le mani di quest’ultimo affondarono nelle viscere appiccicose e bagnate della macchina, la corvina serrò le dita al bordo del tavolo e roteò gli occhi all’insù per distrarsi dalle ginocchia ammollitesi che minacciavano di farla cadere per terra. La puzza soffocante delle carni mischiato alle ultime esalazioni di gas mortale sopprimeva il preferibile sapore ferroso del sangue, che tante volte aveva percepito colarle anche da insulsi taglietti. Era praticamente impossibile credere che in quell’accozzaglia di ferro e tessuti organici vi fosse ancora un briciolo di vita, a partire dagli immobili bulbi oculari che sporgevano vistosamente dalle cavità. Eppure Amèlie la sentì, la stilla di dolorosa costrizione che incatenava l’anima umana richiamata dall’Aldilà che aveva contribuito alla nascita dell’Akuma. Flebile, un languido sospiro esalato coi polmoni sul punto di collassare, ma presente. 


- Dai un’occhiata, Chibi-chan. Cosa vedi? – Cross la invitò ad avvicinarsi ancora di più, a guardare fra i muscoli rossastri che le sue dita tenevano allargati.

Tiratasi indietro la chioma liscia e color ebano, la bambina sporse il viso sulla voragine scavata nel torace del Livello Due. Rinnovò il suo disgusto per quel putridume che cominciava a tappezzarsi di macchie nere e viola, ponendovi contro l’appena sviluppato irrobustimento del suo stomaco. Davvero, concepire che quell’essere fosse ancora vivo era decisamente difficile. Amèlie scrutò il fondo dello squarcio circolare, dove lo scheletro d’ossidiana dava sfoggio di ingranaggi monocromatici. Fra questi, ne spiccò uno in particolare, che la vide inclinare la testa e corrugare la fronte; la posizione esatta del cuore le era sempre stata ben nota grazie al battere che diveniva incessante quando il corpo impazziva per la fatica, così come per la sua forma e la grandezza. Quel che la incuriosì era tutto fuorché un cuore ordinario, anzi: non aveva proprio niente che gli si avvicinasse.

- C’è una lastra di metallo con dei simboli disposti a spirale che si muovono in senso orario-, rispose infine, ipnotizzata dal movimento concentrico che quelle scritte di debole luminescenza ametista compivano. Sarà stata grande quasi quanto un foglio di carta, dura come il diamante e di un onice la cui brillantezza si differenziava dallo scheletro artificiale - E’ il suo cuore? –
- Il suo Hard Disk, in termini tecnici -, specificò Cross – Gli Akuma sono capaci di evolversi e di sviluppare un ego che consente loro di provare emozioni umane grazie all’anima immortale che le muove, ma in sostanza sono delle macchine modificabili con tanto di Scatola Nera a contenere tutto quello che le riguardano. –
- Ancora non mi hai spiegato che cosa intendi per “Modificare”. - Non ci era arrivata, nonostante stesse cominciando a farsi un’idea chiara di quella piatta lastra che tuttora sondava rapita.
- Li vedi i simboli? La spirale alchemica oraria indica che le sue funzioni sono ancora attive, compreso l’impulso omicida e l’anima stessa dell’Akuma. - L’uomo picchiettò la punta dell’indice contro la superficie liscia dell’Hard Disk - Si tratta di un incantesimo che il Conte del Millennio utilizza per consentire la crescita delle sue macchine e difenderne la matrice di Dark Matter. Se si vuole giocare a fare lo stregone bisogna saper operare nei punti giusti e questa lastra è ciò che ci interessa, ma sfortunatamente la magia nera operata da quella palla di lardo è impenetrabile a qualsiasi tipo d'invasione alchemica e questo impedisce di resettare l’intero sistema operativo. -
- Quindi non si potrebbe fare niente? –
- Teoricamente sì, ma niente ci vieta di ingannare l’incantesimo. –
- Uh? –

Il sesto senso di Amèlie si allertò alla vista dell’inconfondibile sinistrosità che fece capolino nell’occhio scarlatto dell’uomo sotto forma di spudorata consapevolezza nelle proprie parole e capacità. Fu l’unica motivazione che la spinse ad acconsentire alla successiva richiesta del Generale, ovvero tenere aperte le viscere di quella cosa con le sue mani, di modo che potesse lavorare senza ostacoli. Reprimendo i brividi d’orrido scatenati dall’avvertire distintamente i propri palmi inguantati sprofondare in quelle carni umide, Amèlie trattenne il fiato e si concentrò sulla lastra sopra di cui Cross pose la mano pochi attimi dopo. Lo sentì pronunciare qualcosa, sibili incomprensibili che neppure osservando i movimenti veloci delle sue labbra riuscì a decifrare. Poi, l’imprevedibile: da sotto la manica arrotolata dell’uomo comparvero delle linee alchemiche, simboli rossi che scesero lungo l’avambraccio riversandosi sulla lastra che, di colpo, s'ingrigì. La spirale oraria smise di girare, perdendo di colpo la tonalità violacea e passando a una completamente diversa: bianca splendente. Contando tre secondi esatti, la sequenza di simboli alchemici ricominciò a roteare circolarmente con la stessa velocità di prima, ma in senso antiorario.


- Cross, cosa…Whaah! – Amèlie saltò letteralmente indietro, stringendo le braccia intorno al collo dell’uomo per lo spavento.

Il corpo dell’Akuma aveva iniziato a muoversi, da prima con lievi tremolii e poi vittima di spasmi violenti che rischiarono di farlo cadere dal tavolo. Le ossa meccaniche aperte stridettero, piegandosi lentamente ad arco e allungandosi fino a fondersi con le rispettive controparti, in parallelo ai tessuti organici. Neppur staccando gli occhi dal Livello Due, Amèlie non capì come, di punto in bianco, il buco dentro di cui aveva guardato fino a pochi secondi prima si fosse richiuso, senza lasciare la benché minima traccia sulla corazza appuntita.

- Spaventata, Chibi-chan? – La prese in giro il Generale.
- Potevi anche avvertirmi, ci stavo per rimettere la mano! – Esclamò lei, fulminandolo con contrarietà – Si può sapere che cosa gli hai fatto? –
- Ho solo rabbonito il suo istinto omicida. Sta a guardare. -




Il risultato lo vedeva tuttora e avrebbe di gran lunga preferito decapitare un altro centinaio di macchine assassine piuttosto che essere partecipe di quella sceneggiata. Gli Akuma modificati davano mostra di un grado emotivo disgustosamente sensibile a qualsiasi offesa e ritrovarsene uno lì, in Cina, che oltre ad averne attirato l’attenzione col nome che più la faceva imbestialire, le si era lanciato addosso con l’intento di abbracciarla e sporcarle il vestito di moccio, poteva significare solo una cosa: problemi.
Hatsue non brillava per il contegno – fra le molte cose – e beccarsi l’ustionante lama di Lucifer in pieno viso per l’aver ordito quell’assalto che non voleva essere altro che un’esagerata esternazione d’affetto per la sua salvatrice – assumendo le sue mostruose fattezze di macchina volta allo sterminio – servì solo a ricordarle inettitudine in qualsiasi campo decidesse dei gettarsi.


- Che male! Che male! Che maleee! – Il Livello Due si lagnò con la guancia incrinata, rotolando a terra per il dolore – Perché Chibi-chan ha attaccato Hatsu-chan?! Io…IIIIH!!! – Neanche a volerlo, la Bambola del Conte del Millennio si ritrovò a grattare la superficie legnosa dello stesso albero contro cui si era appiccicata alcuni attimi prima, blu per la paura che l’istinto omicida rosso e nero trasudò dalla slanciata figura di Amèlie con saette fulminanti.
- Non chiamarmi con quel nome. Lo odio –, sibilò gelida, puntandole la punta della falce a un millimetro dalla gola. Un paio di grosse corna appuntite resero la minaccia ancor più incisiva.
- IIIH!!!! CHIEDO PERDONO, PERDONISSIMO!!! MA CROSS-SAMA MI HA DETTO CHE QUESTO ERA L’UNICO MODO PER ESSERE CERTA CHE FOSTE VOI L’ESORCISTA CHE DEVO ACCOMPAGNARE A EDO!!! –
- Cross? – Amèlie ritirò la falce, permettendo al suo viso di riacquistare la fiera e giusta compostezza di sempre – Dunque all’appuntamento stabilito per stasera, ti saresti dovuto presentare tu? –
- Dovuta! Il corpo che mi ospita è quello di una femmina! – La corresse l’Akuma, mostrandole orgogliosa le sue fattezze umane – La sottoscritta Hatsue, detta Hatsu-chan, è stata personalmente incaricata dal Generale Marian Cross di farvi da scorta fino a Edo; purtroppo è dovuta arrivare in anticipo per complicanze inattese e quindi è venuta a cercarvi per partire subito. La situazione laggiù è diventata davvero grave! –
- Che genere di complicanze? – Indagò la francese.
- Hatsu-chan non ha il permesso di parlarne fino a quando non saremo arrivate a Edo: ordini del Generale! – Recitò questa, piatta e imperterrita.
- Che vada al Diavolo: esigo un minimo di informazioni -, sentenziò eloquente la donna, incrociando le braccia sotto il prosperoso seno.
- Ma Hatsu-chan non può! – Strepitò all’istante la bionda, agitando le braccia Ha ricevuto delle direttive che deve rispettare come tutti gli altri e… -
- E dovrebbe fregarmene qualcosa?!? –
- IHHH!!! UN ONI!!!*

All’aura omicida e alle corna si erano aggiunte unghie aguzze e un viso da demone ghignante con tanto di occhi spiritici poco propenso ad ascoltare le futili ragioni di una carcassa imbottita quale era quell’ochetta di Akuma.

- Non mi interessa cosa ti abbia detto di fare quel imbecille: tu qui rispondi alle mie direttive senza fare storie, altrimenti ti lascio a marcire nel primo buco che riesco a trovare. -

Hatsue rabbrividì da capo a collo, il colletto dello yukata stretto nel pugno dell’Esorcista e l’esoscheletro tartassato da scaglie di ghiaccio pietroso che le fecero temere per la sua incolumità. Non poté che arrendersi, la faccia di quella donna era talmente spaventosa che ancora un po’ la sua anima avrebbe alzato i tacchi senza essere neppure purificata dall’Innocence. Il povero Akuma odiava qualsiasi tipo di pressione psicologica che potesse minare la sua già precaria serenità emotiva e quando la sentiva incalzare, finiva per tergiversare, incespicando con le parole e giocherellando con le morbide dita curate che il suo guscio umano possedeva, fino ad attorcigliarsele nervosamente fra le ciocche ondulate della chioma dorata. In cuor suo, avrebbe preferito che gli ordini fossero stati rispettati, ma l’irremovibile e fredda eloquenza che le trasmise la donna semplicemente tenendola a poco più di due centimetri dal suo viso, fece sì che squittisse come un topolino impaurito.

Sigh! Va bene -, uggiolò sconsolata – Ma una cosa, una sola. –
- Voglio sapere dell’Arca che si trova a Edo -, ordinò imperterrita la Chevalier, lasciandola andare - E’ quella che spinge voi Akuma a volare in massa verso il Giappone? -

Il Livello Due strabuzzò gli occhi azzurri, rischiando che la mascella le si schiantasse a terra per la sorpresa. Come faceva quell’Esorcista a sapere dell’Arca Bianca? Era un segreto segretissimo, nessuno doveva essere al corrente della sua ubicazione, tanto meno della sua leggendaria esistenza!

- E voi come…?! –
- Rispondi. -
- Ah…Ecco…Sì. E’ così. -
- E immagino che Cross debba farci qualcosa, giusto? –
- No! No! No! No! Strepitò l’Akuma, puntando l’indice a un millimetro dal viso di Amèlie - Una sola domanda, niente di più! Se volete sapere come stanno le cose, dovete seguirmi senza fare storie! C-Cioè, dovresti, ecco, farmi la gentilezza di rispettare le indicazioni date.
- Tsk! Qui manipulateur habituel*. -

Tipico di lui giocarle un simile smacco. Nella sua spregiudicata arroganza, Cross giostrava vite e oggetti perché rispondessero al suo volere anche senza che questi ne fossero pienamente consapevoli. Un mettere con le spalle al muro che non lasciava altra via che quella ordita da lui, a prescindere dall’andatura di altre vicende. Poteva considerarsi fortunata, Amèlie: con Hatsue, le sarebbe stato evitato di muoversi totalmente all’oscuro, ma ciò non toglieva che ancora non conosceva la ragione per la quale il Generale volesse farla viaggiare separatamente dagli altri suoi compagni. Se poi, osservando il Livello Due con le palpebre assottigliate e il mento rivolto verso il basso, rammentava il divieto di aggiornarla sull’attuale situazione sino a meta stabilita, le domande non potevano che aumentare…

- Cerchi di capire, Amèlie-sama -, tentò nuovamente l’Akuma Hatsu-chan non si sarebbe mai mossa prima del dovuto se la situazione a Edo non fosse cambiata tanto, ma sua eccellenza il Conte del Millennio ha accelerato i tempi e Cross-sama si è ritrovato costretto a stravolgere tutti i suoi piani: se lei si attarda sarà un bel guaio, il Generale ha davvero bisogno che lei arrivi negli orari prestabiliti.
- Lo so, non c’è bisogno che me lo ripeti. -

Metterle fretta non era mai stato un buon modo per facilitarle il ragionamento. Camminò avanti e indietro, isolandosi mentalmente dall’ambiente intriso d’ogni sorta di frastuono. Tralasciando la goffaggine e l’ansia smisurata con cui quella Bambola le si era presentata, la faccenda si era scissa in due metà di egual peso: ora che aveva l’assoluta certezza che fosse l’Arca a spingere gli Akuma verso il Giappone, ad Amèlie riuscì facile a figurarsela come l’oggetto di lavoro di Marian Cross. Tuttavia, tralasciando le grosse lacune che minavano pesantemente il suo costruire una valida ipotesi sul perché tanto interesse nei confronti di uno strumento così caro al Conte del Millennio, vi era anche l’attuale situazione in Cina; l’attacco a sorpresa era ancora in atto, la conta delle macchine continuava ad allargarsi quanto i fuochi delle loro armi, senza contare poi Suman Dark. Porre fine a quel guazzabuglio prima che qualcos’altro si abbattesse con sgradita inattesa era più che mai doveroso.
Alla leggera carezza di un debole sospiro ventoso che smosse i fini e lucenti fili neri della sua chioma, Amèlie volse velocemente la coda dell’occhio alle sue spalle, senza dischiudere le labbra rosse o abbandonare l’attuale postura.

Un misto di fumo e cenere le passò sotto il naso, residuati di languida luminescenza smeraldina appartenenti al Caduto Suman Dark. L’abnorme corpo tozzo giaceva fra le sue stesse fiamme corrosive senza che toccasse terra, oscillando fra le pieghe del tramonto con le angoscianti urla affievolite dal troppo accanirsi sul mondo che egli stesso aveva rinnegato.


- Quei due hanno voluto fare di testa loro. – Amèlie non poté nascondere il proprio dissenso per la scelta compiuta da Allen e Lenalee. Se anche fossero riusciti a far rinsavire l’ego di Suman, non vi erano possibilità concrete che questo tornasse tale e quale a prima - Grandioso! – Sbottò poi stizzita. Il golem nero in suo possesso non riusciva a mettersi in contatto con Lavi o Allen, tanto la ricezione era disturbata.
- Amèlie-sama? – Hatsue si fece avanti timorosa, non osando insistere su quanto aveva già detto e ridetto fino a sciogliersi la lingua.
- Il luogo dell’appuntamento rimane quello stabilito in precedenza, giusto? La spiaggia della costa a ovest della città? – Domandò a bruciapelo.
- Sì, ce n'è solo una e…WHAAH! DOVE VA?!? – L’Akuma fece in tempo a raggiungere la bella francese prima che la lasciasse da sola in quello spiazzo disseminato di esplosioni.
- Hai detto che dobbiamo sbrigarci, no? Allora muoviti e stai al passo: non mi va di fare da balia a un Bambola che ha paura della sua stessa ombra. – Non mancarono serietà e concisione nella risposta di Amèlie.
- COSA?!? NO, ASPETTI! NON LASCI SOLA HATSU-CHAN! – 




Note di fine capitolo.
1* Yukata: è un indumento estivo tradizionale giapponese. Viene indossato principalmente durante gli spettacoli pirotecnici, alle feste bon-odori e ad altri eventi estivi.
2 Oni: creature appartenenti all’arte giapponese, meglio conosciuti come demoni. http://it.wikipedia.org/wiki/Oni_(folclore)#mediaviewer/File:Pink_oni_Noh_mask.jpg
3*: Il solito manipolatore.
Eccomi qui, con il nuovo aggiornamento. Anche questa volta ci ho messo un po’, oramai sta diventando un’abitudine, ma non posso fare altrimenti. Il tempo che impiego a scrivere un nuovo capitolo (più a trovare e parole con cui scriverlo, per altro) e quello usato per correggere e modificare sono così contati che devo impiegare ogni minuto libero a mia disposizione, ma passiamo al capitolo: da qui in poi le vicende saranno distaccate dagli avvenimenti che si sono verificati nel manga, infatti Amèlie, staccandosi dal gruppo, avrà il suo ben da fare per andare incontro a quello scellerato di Cross che, tanto per cambiare, le ha complicato la vita mandandole come aiuto un Akuma soggetto a crisi mistiche. Prima di salutarvi, ringrazio la mia fedelissima amica di DA, Darkrinoa88 (Erica) per lo stupendo disegno di Amèlie e dell’altra mia Oc di One piece Sayuri!! http://ciril09.deviantart.com/favourites/42840821/Sayuri#/art/Bonded-Destinies-462259839?_sid=7b4cbf07
A presto!
  
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