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Autore: sistolina    08/09/2014    0 recensioni
Non aveva programmato Jack nella sua vita. È capitato, ad un certo punto, ad una festa, poi a due, un cenno alla London Fashion Week, una sigaretta sulla terrazza della casa di qualcuno a Brick Lane, una birra con altre millesettecento persone. Fino a chiedersi dove fosse, Jack, e cosa facesse Jack, quando lui non c'era. Se piegasse il risvolto dei pantaloni con la stessa attenzione con cui lo aveva visto farlo per il profilo di d1, e quando aveva firmato per Q, se quel tic all'occhio destro fosse solo una risposta allo stress o un fastidio reale. Se sorridesse sempre come a lui, e soffiasse sempre il fumo negli occhi senza volere, e la sua voce fosse sempre diversa e strana rispetto alla sua faccia.
Se fosse mai spaventato come Joe all'idea di finire a bocca chiusa stampato ovunque, e non avere niente da dire e nessuno a cui dirlo.
Se ridesse mai davvero, per scrollarsi di dosso la sensazione che il mondo potesse vedergli attraverso.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Coniugare all'imperfetto verbi irregolari.




Certe mattine Joe si sveglia e non se lo ricorda.
Sfiora lo schermo dell'Iphone per sbloccare la tastiera, e allora diventa vero. Non c'è Jack sullo sfondo del suo cellulare, non c'è nemmeno Joe. Una foto in HD di Kate Moss e nella copertina di Alister e Alasdair di una vita fa.
E si guarda intorno per aprire le finestre, ma sono tutte spalancate.
È quello il momento in cui soffoca, e tutto diventa vero.
Ma c'è un secondo e mezzo, la mattina, prima di calcare i polpastrelli sullo schermo dell'Iphone, in cui non se lo ricorda, e sembra di nuovo estate, e gennaio a Brighton, e cinese, le foto della Madonna, Skype ad ore improbabili, perché Joe è un maniaco del controllo, ma Jack viveva a caso.
Non gliel'ha detto nessuno alle elementari, cercando di inculcargli l'importanza dell'imperfetto nel linguaggio educato e colto di un ragazzo degli anni Duemila, che sarebbe stato di merda, nella vita, quando avesse iniziato ad usarlo per davvero.
E di tutte le coniugazioni e i tempi verbali che fa finta di voler impilare in una frase a caso borbottata con la sigaretta in bocca, l'imperfetto è quello che gli fa più schifo, perché scava lontano, sparato all'indietro di mesi e settimane, anni, infinite cose dette e rimangiate e disegni che ha fatto nella sua testa di pezzi di Jack che non ha mai baciato per paura di non poterli posare mai più su nessuna mensola, adagiarli su nessuna scusa, e chiudere semplicemente la porta.
E Jack adesso è l'imperfetto affilato delle frasi che non dice, e a Joe non sembra nemmeno illuminata camera sua, e il mal di testa che ha non proverà nemmeno a farlo passare, perché sta bene dov'è, in mezzo a pezzi di Jack a cui non vuole pensare.
Luke lo ha chiamato sei volte in una settimana, seguendo il ritmo degli amici che ti conoscono ma non ancora abbastanza, e rallentano il ritmo dopo il terzo tentativo.
Ha fatto bene, Luke, perché Joe sa che deve alzarsi e fare finta di avere addosso la pelle, di saper tenere in mano una matita con la mina dura, rigida, che non si spezza e non si sbriciola, perché qualcosa deve rimanere intero, almeno una cosa, nella vita di Joe.
I suoi non hanno chiesto niente quando è tornato, niente quando è rimasto, niente quando è andato via, dopo tre giorni di apatia a far la guerra agli intenti e al panico. È colpa di Jack, ma tanto a Jack non frega un cazzo.
Quando non gli è rimasto più niente da scrivere su twitter, nessun modo per lasciarlo indietro, per ignorare le tag sul servizio di Alister e Alasdair, quel fottuto gennaio gelido in equilibrio su un piede solo sul pelo dell'acqua che pensava lo avrebbe sempre sorretto, ha smesso di parlare di lui. Ha smesso di sentirsi e di ascoltarsi. Ha solo smesso.
Perché Joe non era uno che si sedeva a terra a gambe incrociate ad ascoltare la solitudine diventare una fitta intercostale, e non lo è ora, ora che Jack è solo un altro imperfetto che sta imparando ad usare anche se preferirebbe sdraiarsi su una panchina fuori dalla stazione di East Croydon e ascoltare i ragazzini del South London che violentano la pronuncia di ogni parola. 
Le distanze sembrano meno dilatate e più invitanti, perché finisce l'anno, e iniziano le Fashion Week, e a Joe gli aerei non piacciono troppo, quindi si lascerà affossare da un sedile dell'Eurostar fino a Parigi, fino alla fine del mondo, sotto la Manica, schiacciato dal mare contro tutte le pareti, al buio, scatterà foto in bianco e nero del tunnel e dormirà, disegnando orecchie e pezzi di qualcuno, che non è più Jack, in cui affondare la punta rigida della matita che non si sbriciola.
Segare le piegature del foglio fino alla copertina di cartone.
Il telefono squilla di nuovo. Joe non sa quando Luke è diventato uno di quegli amici che non smettono di telefonarti alla sesta volta che non rispondi, ma non gli dispiace.
Forse è anche un po' grato che l'altro sia una di quelle teste di cazzo che ti lasciano strisciare ubriaco come uno spaventapasseri fino al pianerottolo di casa sua, si stringono un po' contro il muro per lasciarti un po' di spazio nel letto, e non ti chiedono nemmeno come stai.
Perché stai di merda, e parlarne non serve a niente.
La settima volta risponde, perché Joe non è la tartaruga che credeva di essere, tutta grinze e guscio indistruttibile, e Luke è un amico di quelli che chiude anche Instagram se per caso l'imperfetto di Jack diventa presente e scorre fra una foto di Archie e un video di Tom Daley mezzo nudo che si tuffa in slow motion.
E non gli chiederà se sta bene, perché al sesto vodka tonic ingurgitato in un giorno della settimana a caso sono domande che nessuno ha bisogno di fare.
“Di quanti metri hai scavato il pavimento oggi Joseph?” 
“Mia nonna mi chiama Joseph”
“E mia nonna è vedova da dieci anni, ma non sta di pezza come te”
Che eroina.
“Tra dieci anni non starò di pezza così nemmeno io...”
“Non gliela menare Lucas” 
Archie in viva voce ha sempre lo stesso tono squillante delle videochiamate su Skype. Sempre alla stessa ora, perché Joe è un maniaco del controllo, e Jack era solo un imperfetto che gli incasinava la vita e gli orari, i binari del treno e le coincidenze.
Si sta meglio nell'ordine, così dice Joe fissandosi gli alluci dei piedi ogni mattina, alle sette e un quarto, prima di trascinarsi giù dal letto, e trascinarsi da qualche altra parte, con il filtro in scala di grigi applicato alla giornata.
“Ciao Scrooge, quanta depressione vuoi portare nel mondo oggi?” 
Joe non sa neanche cosa ci faccia Archie in viva voce dal cellulare di Luke, ma non gli interessa.
“Mai abbastanza”
Ride, e Joe se lo immagina, senza più l'apparecchio ai denti, a mostrare tutto quello che può mostrare qualcuno quando smette di nascondere impietosamente stupide imperfezioni. Rideva così anche Jack, improvvisamente, senza prepararlo a quel suono che ogni tanto attirava l'attenzione della gente per strada più degli zigomi di Joe e della sua aria da uccello del malaugurio.
“Parigi?” 
“Ho il treno mercoledì”
“Sfigato. Parti con noi, arriviamo lì domani, ci sbronziamo malissimo, rimorchiamo qualche ragazzina delle scuole superiori...”
Nessuno dei tre ci crede davvero, ma ad Archie piace sempre un sacco fare il finto etero convinto in mezzo a quel mazzo di regine di cuori.
“Ew”
“Archie cazzo che brutta immagine...”
Potrebbe ridere per sempre Archie, e Joe questo lo sa. 
“Dai” Luke è più cauto, ma solo un po'. Hanno a stento vent'anni, la cautela è una cosa da mezza età, come le Crocs. “Potrai assillare noi fino agli occhi e farci foto in bianco e nero dalle angolazioni più orrende che ti vengono in mente”
“Possiamo piangere un po' se vuoi”
“O camminare in tondo”
“O fissarci le punte dei piedi fino a farci incrociare gli occhi”
“Fottetevi”
“Dai Joseph, non fare la sfranta preziosa...”
“Se vieni domani, mercoledì possiamo vestirci tutte di rosa” 
Maledetti. 
Mean Girls. 

Lo sanno che non posso resistere a Mean Girls.
“Va beh, tanto non avevo un cazzo da fare”
A parte camminare in tondo e cercare di coniugare i verbi in qualcosa che non sia l'imperfetto.
“Brava sorella”
Joe non riaggancia nemmeno, li ascolta parlottare in lontananza sulla linea, come se non ricordassero che qualcuno di loro deve premere il pulsante per interrompere la chiamata. Li ascolta ridere e borbottare muovendosi in quella che Joe immagina una stanza vuota piena di cose, delle giornate di Luke che includono anche Archie, e anche lui, i poster e le scatole di scarpe, i Vogue UK impilati sotto il letto, come i suoi, a riempirsi di polvere ma sempre lì, ad aspettare l'umore giusto per ricordarsi quanto agghiacciante fosse la moda anni '80.
Una mattina Joe avrà voglia di sfogliarli.
Una mattina a caso si sveglierà e non controllerà più che le finestre siano aperte perché non riesce a respirare.
Una mattina a caso, mentre fisserà svogliato le punte dei piedi senza preoccuparsi di tenere la schiena dritta e la testa alta, avrà voglia di scendere dal letto e smettere di scavare fosse nel parquet di camera sua facendo finta di fare qualcosa.
Una mattina a caso, probabilmente, lascerà scorrere le dita su uno schermo che riconosce.
Una mattina a caso smetterà di dimenticare per quei tre secondi che Jack è un imperfetto.



















Note ritardatarie: ho rimesso mano a questa raccolta perchè mi mancavano, perchè Joe e Luke si scrivono stupidaggini su twitter, e perchè mi porto dietro un certo je ne sais quoi di malumore in questi giorni, quindi dovevo rifugiarmi nel guru del malumore per eccellenza, Joseph Brotherton. Non è vero, lui è un cucciolo da amare sempre :)
Jack e Joe non si sono rimessi insieme, e anche qui si sono lasciati, ahimè. Avevo già in programma di farli lasciare, non è accaduto dopo la scoperta del triste fatto. Non si sa perchè, non sapremo perchè, non è importante perchè.
Qualche precisazione random, Luke e Archie esistono, e sono rispettivamente Luke Powell e Archie Griffiths, magari li conoscete per recente campagna di Topman^^, e sono davvero amici di Joe, e sono davvero stati insieme a Parigi e alla London Collection Men di quest'estate. Joe è stato davvero così male come sembra, ed è davvero un collezionista di Vogue Uk^^ 
So quasi per certo che anche Luke è gay, ma non con la certezza delle prove, diciamo...di Archie so meno, se scoprirò qualcosa eventualmente inserirò in futuro ahaha 
Come sempre potete trovarmi fra animaletti arcobalenosi^^

 
   
 
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