• Emptiness.

Salve! (ﾉ◕ヮ◕)ﾉ*:･ﾟ✧*:･ﾟ✧
Questa che segue è il mio sclero notturno- la mia primissima flash fiction angst, su una delle mie OTP di Haikyuu!!.
(Difatti, come potete notare, sono assolutamente inesperta su questo genere, ew)
Fossi stata in me, sicuramente non l’avrei pubblicata- ma gente cattiva (♡) mi ha convinta a creare l'account e postarla, quindi—
seriamente, compatisco i vostri occhi.
Vi lascio a questi due bubini, e un sincero grazie a chi leggerà! ♡
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Ciocche bionde fluttuano silenziosamente sul niveo pavimento gelido.
La forbice nella mano dell’alzatore del Nekoma trema, mancando di poco la mira e tagliando più del dovuto. Ma va bene così.
In un impeto di disperazione, Kenma ha deciso di troncare le sottili dita che bramano da ore di portarlo nel baratro dell’autocommiserazione. I grandi occhi da gatto, portatori di vuoto, fissano il riflesso dello specchio.
Non osa volgere i pensieri a come le sue dita agili e affusolate gli tagliavano i ciuffi in eccesso che ricadevano sulle spalle, a come passavano tra la morbida seta dei suoi capelli scompigliandola, a come lo cingeva,  noncurante della tecnologia onnipresente nelle delicate mani del biondo—
Questa volta vuole fare da solo. Deve fare da solo. Può riuscirci, si ripete.
Menzogne.
 
(I pensieri si ripresentano assiduamente, ritorcendosi e avvolgendosi con forza a tutto il resto – invadono gli spazi più oscuri, scombussolano i reparti più segreti – costringendolo a richiamare l’immagine di labbra impeccabili e sorprendentemente dolci sfamarsi della sua clavicola, del collo, della bocca — labbra umide, che aveva semplicemente imparato a respirare nella sobria quotidianità, apprezzandole con voce priva di parole.
Labbra oramai secche, immobili.)
 
Scivola con la schiena lungo la porta, la pelle a freddo contatto con essa. Lentamente raccoglie le gambe, abbracciando le ginocchia con la poca gagliardia rimasta. Talvolta, la sua apparente impassibilità richiede abilità malleabile. Credeva di aver imparato ad estraniare il dolore – ma non c’è via di salvezza a quelle impronte brucianti di cui porta i segni.
… Kuroo non può averlo abbandonato. Non è precipitato nelle grinfie dell’oblio esalando il suo ultimo respiro. È semplicemente troppo doloroso da realizzare, vuole aggrapparsi alle ancore della speranza, sentire nuovamente  i suoi muscoli avvolgerlo nel torpore – se solo non fosse tutto così- inauspicatamente reale.
Desidera solamente averlo accanto, concedergli più tempo. Sfiorare con le dita quei suoi capelli sempre disordinatamente ritti, affondare nei suoi occhi scuri –
Kuroo non può essersi sottomesso alla morte, non ha represso la sua volontà di vivere –
Calde lacrime scorrono le guance di Kenma, rumorosi singhiozzi scandiscono la quiete della camera. Mentre il suo corpo si irrigidisce lentamente, scosso da spasimi e in alcuni punti imperlato da piccole gocce perlacee, il senso di colpa lo richiama.
Se solo fosse stato più con lui –
 
(Kuroo era l’unico che capiva cosa si nascondesse dietro ai suoi strati. Fin dall’infanzia, ha costruito insieme a lui il futuro, diventando così la pietra miliare del suo essere.
Sono cresciuti insieme, imparando a conoscersi, a leggersi l’un l’altro.
Hanno legato affetti indicibili, sincronizzati, indivisibili.
E ora, sono  stati separati da un’ideale astratto e concreto al contempo.
La barriera innalzata campeggia sulle loro anime.
Kuroo non c’è più.)