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Autore: ValeryJackson    09/09/2014    9 recensioni
[Seguito de Il Morbo di Atlantide]
Non si trasforma la propria vita senza trasformare se stessi.
Questo, Skyler, l'ha imparato a sue spese.
Per lei è ancora difficile far coesistere la sua natura mortale con quella divina, e superare quella sottile barriera che le separa, dal suo punto di vista, è una missione impossibile.
L'unico modo per scoprire come fare è forse quello di passare l'intera estate al Campo Mezzosangue, insieme ai suoi amici, insieme alla sua famiglia. Ma se fosse proprio lì il problema?
Se lei non fosse mai venuta a conoscenza della sua vera natura, ora sarebbe tutto più facile, no?
E' cambiata, e di questo ne è consapevole. Ma in meglio o in peggio? E di chi è la colpa? Sua, o di tutto ciò che la circonda? E' possibile tornare ad essere quella di un tempo senza però rinunciare a ciò che ha adesso?
Attraverso amori, amicizie, liti, incomprensioni, gelosie, nuovi arrivi e promesse da mantenere, Skyler dovrà decidere quale lato della sua anima sia quello dominante. Ma soprattutto, di chi fidarsi nel momento in cui tutto sembra sul punto di sfaldarsi.
Ma sei proprio sicuro che siano tutti ciò che dicono di essere?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti, Sorpresa, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
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Erano passati ormai tre giorni da quando Matthew era arrivato al Campo.
Durante quel lasso di tempo, circa una decina di nuovi semidei aveva varcato la barriera protettiva del Pino di Talia. Solo due non erano stati ancora riconosciuti.
Ed uno di questi era proprio lui.
Skyler si sentiva in colpa. Sapeva che non ce n’era motivo, perché lei non aveva nulla a che fare con l’indifferenza del suo genitore divino, chiunque esso fosse.
Aveva passato quegli ultimi tre giorni cercando di distogliere l’attenzione di Matthew da quel particolare, insegnandogli tutto ciò che sapeva sul combattimento corpo a corpo, allenandosi con lui a scherma, aiutandolo a perfezionare il suo metodo di arrampicata.
Il ragazzo apprezzava molto tutto ciò che lei stava facendo per lui.
Michael, invece, un po’ meno.
Riusciva a passare sempre meno tempo insieme a lei, ed ogni volta c’erano di mezzo scuse come “Mi dispiace, ma ho promesso a Matt di insegnargli quel poco che so sul tiro con l’arco”, oppure “Scusa, ma Matt mi ha chiesto di fare un giro con i pegasi con lui. Possiamo fare domani?”
Cominciava ad averne abbastanza.
Quel ragazzo non gli piaceva per niente. E non perché quasi metà delle ragazze del Campo, compresa sua sorella, lo trovava attraente (okay, forse anche un po’ per quello), o perché stava sempre appiccicato alla sua ragazza (okay, soprattutto per quello!). Ma perché aveva qualcosa che non quadrava.
C’era qualcosa che non lo convinceva, in lui; qualcosa che gli faceva sospettare che tutto ciò che dicesse o facesse fosse una bugia.
Skyler diceva che era paranoico. Lei era davvero convinta che Matthew fosse un bravo ragazzo, e continuava a ripetergli che doveva essere gentile con lui, che stava passando un momento difficile, e che doveva smetterla di vedere il male dove non c’era.
Ma lui era sicuro di ciò che diceva. Aveva sempre visto giusto, per quanto riguarda i caratteri delle persone. Lui sapeva sempre di chi fidarsi. Il suo istinto glielo suggeriva, e il suo istinto non sbagliava mai.
(Okay, può darsi che forse Skyler avesse ragione, e che lui fosse un pochino paranoico. Ma quel tizio non gli piaceva proprio!)
Era anche per questo che spesso Skyler si arrabbiava. Non lo chiamava mai per nome, sempre ‘tizio’.
Aveva provato a parlarne con Emma, spiegandole ciò che pensava di lui e tutto il resto, ma lei non aveva fatto altro che ripetergli ciò che già sapeva.
«Devi smetterla di farti troppi problemi, Michael. Matt è un bravo ragazzo.»
«No che non lo è! Può anche sembrarlo, Emma, ma io non mi fido di lui.»
A quel punto, la ragazza aveva riso di gusto. «Cavolo, Ragazzo Pesce, non ti facevo così paranoico.»
«La mia si chiama intuizione» aveva replicato lui, stizzito.
«No, la tua si chiama gelosia.»
Michael aveva preso fiato per controbattere, ma dalla sua bocca non era uscito nessun suono.
Geloso? Lui non era affatto geloso!
O forse sì?
No. Non di Matthew. Non di Skyler.
Si fidava di lei. Sapeva che per lei era solo un amico.
Ma forse era proprio quello il problema. Lei sembrava non accorgersi degli sguardi che lui le lanciava, del modo in cui la osservava mentre parlava, dei sorrisi che le rivolgeva.
Ma se un giorno se ne fosse accorta? Se lui una mattina le avesse detto qualcosa, e lei avesse scoperto che tutte quelle attenzioni che lui le rivolgeva non le dispiacevano affatto?
E se le sue attenzioni le fossero piaciute più di quelle di Michael?
Solo a pensarci una disgustosa nausea gli colpiva la bocca dello stomaco, e gli veniva voglia di vomitare.
Sentiva questo bruciore qui, proprio all’altezza del petto; un bruciore violento e fastidioso, che ogni volta che vedeva Matthew lo travolgeva rabbioso. E Michael sapeva, anzi, ne era sicuro, l’avrebbe lasciato in pace solo nel momento in cui avrebbe tirato un pugno su quel suo bel nasino.
Era forse gelosia, quella?
O era più la paura che quel ‘tizio’ sbucato fuori dal nulla potesse rubargli la cosa più bella della sua vita?
Cos’è che glielo faceva odiare tanto? Il timore che potesse nascondere qualcosa di losco e inaffidabile, o che potesse portargli via Skyler?
 
Ω Ω Ω
 
«Sono sicura che si tratta solo di un piccolo ritardo» lo tranquillizzò Skyler, mentre si dirigevano verso il lago sovrappensiero. «Magari ha avuto un contrattempo.»
Matthew scrollò le spalle, fingendo noncuranza. Non gli piaceva parlare del perché il suo genitore divino non l’avesse ancora riconosciuto. E soprattutto, non gli piaceva parlarne con Skyler. Non voleva sprecare il tempo che passavano insieme ad arrovellarsi su cose stupide come quella.
«Per me non è un problema» mormorò il ragazzo, abbozzando poi un lieve sorriso. «Io sto bene anche così.»
Skyler annuì, spostando distrattamente lo sguardo sull’orizzonte che le si parava davanti. Sembrava vittima dei suoi pensieri, e prima che il ragazzo potesse fare qualche battuta per cambiare discorso, lei sbuffò.
«Io non capisco» sbottò, frustrata. «Insomma, perché ci mette tanto? Avrebbe dovuto riconoscerti la prima sera. Neanche mio padre l'ha tirata tanto per le lunghe!»
«Skyler» la riprese lui, parandosi davanti a lei, al che la ragazza si fermò. Matthew le posò le mani sulle spalle, costringendola a guardarlo negli occhi verde acqua. «Tu non devi preoccuparti di questo, okay?» intimò, in un sussurro. Poi fece spallucce. «A me non dà fastidio.»
La ragazza esitò un secondo, ma poi scrollò il capo in quello che sembrava un cenno d’assenso. Ripresero a camminare, avvolti da uno strano silenzio, almeno finché lei non sospirò e ammise: «È che mi dispiace.»
Matthew inarcò un sopracciglio, beffardo. «E di cosa?»
Skyler si strinse nelle spalle, accarezzandosi distrattamente le braccia. «So quanto può essere difficile osservare tutti gli altri mentre raggiungono i loro fratelli e sapere di non poter fare lo stesso.» Lo guardò, inclinando leggermente il capo. «Non voglio che tu ti senta inutile, o messo da parte. Perché ti assicuro che non lo sei.»
«Io non mi sento inutile» ridacchiò lui, facendo apparire sul viso di lei un’espressione interdetta. Sospirò teatralmente, trattenendo a stento un sorriso. «Senti, se mio padre, o mia madre… o chiunque dei due sia, ha deciso che non è ancora arrivato il momento di riconoscermi, ci sarà un motivo più che valido, no? Aspetterò, per me non ci sono problemi. Per il momento sono qui. E considerando la vita che facevo circa una settimana fa, è già un bel passo avanti.»
Skyler cercò di evitarlo, ma alla fine rilassò i muscoli e sorrise. Era sorprendente il modo in cui Matthew affrontava la situazione. Si godeva la vita giorno per giorno, fregandosene di quello che pensavano gli altri ragazzi del Campo, o di quello che pensavano gli dei. Lui sapeva chi era e quel che valeva, e questa convinzione nessuno poteva portargliela via.
A volte Skyler lo invidiava, per questo. Lei non aveva ancora la benché minima idea di chi fosse, figuriamoci quale fosse il suo valore. A volte si sentiva così spaesata, in un posto nel quale avrebbe dovuto sentirsi a casa. C’erano momenti nei quali Matthew sembrava il semidio navigato che le faceva fare il giro del Campo, e lei la recluta intimorita che non sapeva dove andare, o che fare, o con chi stare, o perché si trovasse lì.
A volte si svegliava di soprassalto e doveva ragionarci cinque minuti, prima di ricordare dove si trovasse e che cosa stesse facendo.   
Era destabilizzante. E la cosa peggiore era che non riusciva a parlarne con nessuno. Non perché non volesse confidarsi, ma non riusciva a capire neanche lei il perché di quelle sensazioni, che la colpivano con forza e senza preavviso.
Si sentiva come uno di quei pupazzi intrappolati nelle palle di vetro. Loro stanno lì, spensierati, e quando meno se l’aspettano una forza maggiore ribalta il loro mondo, facendo abbattere su di loro migliaia di fiocchi di neve. Loro non sanno che cos’è accaduto, né tantomeno come. Sanno solo che è successo. E il senso di disorientamento che ne segue è così frastornante che ci vogliono un paio di minuti prima che la nausea sparisca.
Mentre un gruppetto di figli di Atena li superava per correre alla loro lezione di scherma, un’idea attraversò la mente di Skyler come un lampo. All’inizio indistinta e senza forma, la ragazza si sforzò per delimitarne i contorni, corrucciando le sopracciglia in un’espressione concentrata finché finalmente non apparve nitida e più chiara.
E anche buona.
«Ci sono!» esultò, mentre i suoi occhi si illuminavano di una muta soddisfazione.
Matthew le lanciò un’occhiata, inarcando un sopracciglio confuso.
«E se cercassimo di capire chi è il tuo genitore divino?»
Il ragazzo sospirò, scrollando leggermente il capo. «Skyler, io…»
«No, ascoltami» lo interruppe lei, afferrandolo per un braccio per far sì che arrestasse la sua camminata. Lui fece roteare gli occhi e la guardò, in attesa. «Magari non possiamo sapere con certezza chi sia, però possiamo almeno capire chi potrebbe essere.»
Matthew aggrottò la fronte. «Non ti seguo.»
«Dovrai pur avere una qualche predisposizione, no?» domandò retorica lei, facendo un passo avanti. «Acqua. Fuoco. Terra. Ghiaccio. Guerra. Sogni. Magia. Medicina. Giovinezza. Architettura…» Un sorriso si dipinse sulle sue labbra, tradendo una certa emozione. «Se capiamo per cosa sei portato, forse riusciamo anche a capire il sangue di quale dio ti scorre nelle vene.»
Matthew sembrò pensarci un attimo, soppesando scettico le sue parole. Poi arricciò il naso. «Non credo sia una buona idea.»
«Coraggio! Ti prometto che non farà male.» Rendendosi conto della sua evidente esitazione, Skyler gli posò una mano sulla spalla. Il suo tono divenne dolce, quasi rassicurante. «Matt? So che forse l’idea di scoprire chi sia ti possa spaventare, e che hai paura che una volta che avrai intuito chi è colui che sembra volerti ignorare sarà tutto più doloroso, ma devi comunque tentare.» Sospirò, cercando invano il suo sguardo. «Non ti capita mai di voler dimostrare a tutti che sei tu il padrone del tuo destino?»
Questa domanda sembrò scuoterlo. E parecchio. Perché quando alzò finalmente gli occhi, puntandoli nei suoi, c’era qualcosa di nuovo che luccicava su quelle iridi di un verde impossibile.
Determinazione.
Le sue labbra si incurvarono in un sorriso scaltro, mentre quasi impercettibilmente la sua testa si chinava in un cenno d’assenso.
Skyler sorrise a sua volta.
Non sapeva perché fosse così contenta che lui avesse accettato, né perché, mentre aspettava una sua risposta, avesse trattenuto il fiato. Ma di una cosa era sicura.
Avrebbero trovato il genitore divino di quel ragazzo.
Con, o senza l’aiuto degli dei.
 
Ω Ω Ω
 
«Bocciata anche Demetra» borbottò Skyler, scrollando la testa sconsolata e arricciando leggermente il naso.
Tracciò con la penna una linea sul nome della dea (che aveva accuratamente scritto su un taccuino insieme a quello di tutti gli altri), mentre Matthew calpestava il fiore che aveva involontariamente fatto appassire nutrendolo con un mix di fertilizzante e sapone.
«Non ne rimangono molti» commentò, sbirciando i nomi che non erano ancora stati depennati da sopra la spalla della ragazza.
Skyler inclinò leggermente il capo, pensierosa. Quel pomeriggio le avevano provate veramente tutte, nel tentativo di scoprire chi fosse il genitore divino del ragazzo, ma era stato un fallimento dopo l’altro.
Inizialmente avevano supposto potesse trattarsi Ares, date le sue notevoli abilità con la spada, ma non appena avevano chiesto ad una figlia del dio della guerra di battersi con lui, quella l’aveva buttato a terra in 24 secondi netti, senza neanche battere ciglio e rompendogli pure qualche costola.
Allora avevano optato per Atena, ma nonostante le ottime doti di osservatore, Matthew non era riuscito a vincere neanche una delle diciotto partite a scacchi contro un figlio della dea della saggezza. E quest’ultimo aveva otto anni!
Ed era stata più o meno la stessa cosa quando avevano provato con Ipno, Ebe, Morfeo, Nike, Ermes, Dioniso, Iride e persino Apollo (non poteva essere altrimenti, dopo che aveva infilzato con delle frecce prima uno e poi due figli di Ares – che tra l’altro sono anche stati costretti a seminare, pur di sfuggire alle loro spade-).
E ora anche Demetra era da bocciare. Quello sembrava essere un labirinto senza vie d’uscita.
«Lo troveremo, vedrai» mormorò Skyler, fiduciosa, anche se sembrava stesse cercando di convincere più sé stessa che il ragazzo. «I primi tentativi sono sempre i più difficili.»
Matthew annuì, poco convinto. «Forse potrei provare a far crescere un altro fiore» propose.
«No!» La risposta di Skyler fu così repentina che lui sobbalzò. La ragazza affondò i denti nel suo labbro inferiore, maledicendosi mentalmente per la sua istintività. «Andiamo al lago» sussurrò poi, mentre frugava in ogni cassetto aperto della sua mente nel tentativo di trovare qualcosa da dire che non lo ferisse. «Magari lì ci verrà in mente qualcosa.»
E così fecero, avviandosi titubanti verso le sue sponde bagnate. Camminarono sulla passerella di legno, le assi che scricchiolavano leggermente sotto il loro peso.
Skyler seguì con la penna la lista di nomi sul taccuino, concentrandosi su quelli rimasti. Accanto a lei, Matthew sospirò, riempendosi i polmoni di quell’afa dolciastra in attesa di altre istruzioni o idee.
La ragazza prese fiato per parlare, ma prima che potesse farlo, una voce attirò la sua attenzione.
«Skyler!»
La figlia di Efesto si voltò, scorgendo la figura di Michael che si avvicinava in una leggera corsa.
Sorrise, e fu a quel punto che Matthew seguì la direzione del suo sguardo, corrugando la fronte subito dopo.
«Ciao, Michael!» esclamò la ragazza, scuotendo la mano.
Anche il figlio di Poseidone stava sorridendo, mentre saliva sulla passerella per raggiungerla.
Solo dopo i suoi occhi si posarono su Matthew, e la sua corsa rallentò, fino a farlo fermare a circa due metri da loro. Il suo volto si rabbuiò, mentre lo scrutava indispettito.
«Che state facendo?» chiese lentamente, gli occhi fissi in quelli dell’altro ragazzo. A dispetto di quanto immaginasse, però, quello sostenne il suo sguardo del colore del mare con aria beffarda. E questo non fece che irritarlo ancora di più.
«Sto aiutando Matt a trovare il suo genitore divino» spiegò Skyler, che sembrava non essersi accorta di quello scambio furioso di occhiate. «Magari ci puoi aiutare.»
Michael si avvicinò a loro, titubante, per poi spiare la lista in mano alla ragazza da sopra la sua spalla.
«Quelli con una linea sopra sono quelli che abbiamo già bocciato» chiarì lei, per poi guardare Matthew. Inarcò un sopracciglio, puntandogli contro la penna. «Afrodite?» propose.
Matthew rise, spostando il peso da un piede all’altro. «Ti ringrazio tanto, ma no, non penso possa essere lei» scherzò, passandosi sorridente una mano fra i capelli.
Michael fece roteare gli occhi, dandogli mentalmente del ‘buffone’.
Skyler, invece, fece una smorfia, riprendendo ad osservare la lista mentre distrattamente rosicchiava il tappo della stilo.
«Potrebbe essere figlio di Poseidone» ipotizzò dopo un po’, guardando Michael quasi fosse in cerca di conferme. «Fisicamente possiede le vostre stesse caratteristiche. E poi i requisiti li ha.»
«Oh, davvero?» chiese allora lui, affiancandosi al ragazzo e soppesandolo dall’alto in basso. Poi fece spallucce. «Beh, vediamo.»
E, premendogli con forza una mano sulla spalla, gli diede una spinta, facendolo cadere nel lago.
«Michael!» lo rimproverò Skyler, correndo verso il bordo della passerella scioccata, mentre osservava Matthew riemergere affannato e sforzarsi di restare a galla.
Il ragazzo fece finta di non sentirla, infilando le mani nelle tasche e sporgendosi verso l’acqua, gli occhi chiusi a due fessure. «Mh… no, direi proprio di no.»
«Fallo tornare su» ordinò Skyler, furiosa.
Michael si strinse nelle spalle, noncurante. «Ma così non sapremo mai se è un figlio di Poseidone oppure no.»
«Michael, ho detto fallo tornare su!» ripeté lei, alzando di parecchio il tono di voce.
Il ragazzo sbuffò, irritato. Riluttante, fece un rapido cenno con il capo, ed un’onda alta due metri svettò verso il cielo, travolgendo Matthew per poi trascinarlo di nuovo accanto a loro.
Steso prono sulla passerella, quest’ultimo tossì, mentre con i vestiti bagnati fradici cercava disperatamente di riprendere fiato.
«Si può sapere cosa diavolo ti è venuto in mente?» Skyler aveva dato un pugno sul petto del suo ragazzo, le iridi scure grondanti di rimprovero. «Avrebbe potuto morire!»
Michael fece spallucce, con aria innocente. «Potevamo correre il rischio» sentenziò, beccandosi un altro pugno sul petto. Il ragazzo si massaggiò il punto in cui era stato colpito, con una smorfia. «Mi hai chiesto tu di aiutarvi.»
«Sì, ma non così!» sbottò lei, allargando esasperata le mani ad indicare il corpo steso a terra di Matthew, che ora ansimava rumorosamente. Skyler si inginocchiò accanto a lui, aiutandolo a mettersi seduto. «Non può rischiare la vita ogni volta per trovare il suo genitore divino. Per scoprire se è figlio di Efesto che dovrei fare, allora? Dargli fuoco?»
Michael inarcò le sopracciglia, sollevando il dito in aria come se stesse valutando la cosa. «Non sarebbe una cattiva idea» annuì.
«Michael» lo redarguì lei, lanciandogli un’occhiataccia. Il ragazzo chiuse gli occhi a due fessure, facendo fatica a sostenere il suo sguardo infuriato. Poi cedette e sospirò, facendo roteare gli occhi.
«Credo sia meglio che vada» gracchiò Matthew a quel punto, attirando la loro attenzione.
«Vuoi che ti accompagni?» domandò apprensiva lei, sorreggendolo mentre lui si alzava in piedi.
«No, non preoccuparti» si affrettò a dire lui, lanciando una fugace occhiata a Michael, che lo osservava con la mascella serrata. Poi le rivolse un sorriso incerto. «Vado a cambiarmi. Sono fradicio fin sotto le mutande» celiò, facendole sfuggire una sommessa risata. «Ci vediamo stasera al falò.»
Detto questo se ne andò, non prima però di fulminare con lo sguardo il figlio di Poseidone, che studiava ogni suo movimento quasi fosse pronto a torcergli il collo non appena avesse fatto un passo falso.
Lo osservò allontanarsi verso le Cabine, una sensazione che gli pungolava il petto come un minuscolo spillo. Compiacimento? Soddisfazione?
Qualunque cosa fosse, scemò subito non appena incontrò lo sguardo della sua ragazza, che, braccia incrociate sotto il seno e gambe divaricate in tono autoritario, lo guardava come si guarda un bambino che marina la scuola per andarsi a comprare il gelato.
Sembrava arrabbiata, e… delusa?
«Si può sapere che cosa ti è preso?» inveì, il viso contorto dall’indignazione.
Michael incrociò le braccia a sua volta, con tono di sfida, anche se sembrava stesse cercando più di proteggersi che di contrattaccare. «Volevi sapere se era figlio di Poseidone, no? Beh, ora lo sai.» Fece spallucce, come se la sua fosse l’affermazione più innocua del mondo.
Skyler prese fiato, allibita. Gli puntò un dito contro, e dalla sua espressione sembrò stesse per dirgli qualcosa. Ma poi ci ripensò, e buttando un braccio in aria sbottò: «Mi spieghi che diavolo ti ha fatto quel povero ragazzo?»
Michael barcollò un attimo all’indietro, interdetto. Già, che cosa gli aveva fatto? Non aveva ma detto niente di male, non l’aveva mai minacciato né sfidato. Era sempre stato buono, gentile, timido, sorridente, attento a fare la cosa giusta nel modo giusto al momento giusto, così voglioso di farsi degli amici da essere disposto a tutto.
Quindi, perché lo odiava tanto?
Insomma, no, lui non lo odiava. È solo che non poteva sopportarlo. Non poteva sopportare il suo sorriso, non poteva sopportare il modo in cui camminava, non poteva sopportare la sua simpatia, non poteva sopportare il modo in cui guardava Skyler.
Era la sua gentilezza, che non sopportava. E il modo in cui scrollava le spalle, dicendo che non era un problema se non era stato ancora riconosciuto. E lo stile con cui lottava, che, nonostante avesse una spada da soli pochi giorni, era molto meglio del suo. Ma soprattutto, la velocità con la quale aveva preso il suo posto.
Ecco, era esattamente questo che non sopportava. Che agli occhi dei suoi amici lui fosse più bello, più gentile, più divertente, più solare, più intelligente, più sfacciato.
Non sopportava questo suo essere più. Più tutto.
E nonostante cercasse in tutti i modi di ignorare quella fastidiosa vocina nella sua testa che gli suggeriva che Matthew gli avrebbe presto portato via la terra da sotto i piedi, questa continuava molesta a gridare, facendolo impazzire.
Il suo istinto lo istigava più volte a liberarsi di lui. E la sua ragione, in quei casi, vinceva a fatica le sue battaglie.
«Non mi piace quel tizio, okay?» ingiuriò lui, quando si accorse di essere rimasto senza parole per un po’. «Non mi piace il modo in cui si atteggia e non mi piace il modo in cui ti guarda.»
«Il modo… il modo in cui mi guarda?» balbettò Skyler, confusa.
«Sì, esatto. Non mi fido di lui, Skyler. È troppo furbo.»
Solo a quel punto, la ragazza sembrò afferrare il vero significato delle sue parole. «E troppo bello» mormorò fra sé e sé. Abbastanza forte, però, perché lui la sentisse e corrucciasse le sopracciglia.
Lo sguardo di Skyler lentamente si addolcì, mentre un piccolo sorriso le incurvava le labbra. «Michael, è davvero questo il problema?» domandò, facendo un passo verso di lui e annullando di poco quella distanza che li separava. «Hai paura che io possa innamorarmi di lui?»
Solo a quel punto Michael si rese conto che c’era qualcos’altro sul suo viso. Era… divertita?
«N-no» ciangottò, arrossendo violentemente, indispettito. «Cioè, sì. Insomma, non lo so… Perché, potresti?»
Skyler si lasciò sfuggire una risata, scuotendo leggermente la testa quasi non potesse credere a ciò che aveva sentito.
Fece un altro passo avanti, parandoglisi di fronte, e quando tornò a guardarlo, i suoi occhi splendevano di così tanta tenerezza che Michael si ritrovò a deglutire, faticando a mantenere quell’espressione seria e corrucciata. Per cui abbassò lo sguardo, trovando improvvisamente interessanti le punte delle sue scarpe, e affondò le mani nelle tasche del jeans.
«Michael» sussurrò dolcemente lei, posandogli le mani sui fianchi e stringendo la sua maglietta nei pugni chiusi. I loro volti erano così vicini che il ragazzo poteva sentire il profumo di lavanda dei suoi capelli pizzicargli le narici. «Mi dispiace di averti trascurato in questi ultimi giorni. E di aver pensato che a te non dispiacesse. E che tu sia arrivato a credere che io preferisca la compagnia di Matthew alla tua. Sì, è vero, ho passato molto tempo con lui. Ed intendo passarne ancora. Perché so quanto sia difficile sopportare il soffocante peso di essere ignorati, e perché lui è arrivato qui da poco, e ha bisogno di un amico. Ma non voglio che solo per questo tu creda che sia cambiato qualcosa. I miei sentimenti per te sono gli stessi, quelli non muteranno mai.»
Il ragazzo continuava a tenere la testa bassa, gli occhi fissi sul legno della passerella. Skyler fece un ennesimo passo avanti, accostando il corpo al suo, ma neanche così il ragazzo alzò lo sguardo.
«Sai, dicono che l’amore abbia sempre un nome, un sorriso e un paio di occhi bellissimi» bisbigliò, le labbra che sfioravano il suo orecchio mentre lo faceva. «Per me i suoi occhi saranno sempre del colore del mare.»
Skyler non poté giurarlo, né ne fu completamente sicura, ma avvertì, da sopra la spalla, le labbra di Michael sorridere. Gli squadrò il volto, cercando invano il suo sguardo, e quando notò un piccolo guizzò all’angolo della sua bocca, sorrise anche lei.
«Ehi» lo chiamò, premendo il naso sulle sue labbra, per far sì che la guardasse. Quando lo fece, i suoi occhi erano di un azzurro acceso, vivi e bellissimi.
La ragazza sporse il labbro inferiore in fuori, nella sua migliore espressione da cucciolo bisognoso di affetto. «Mi perdoni?» implorò, al ché lui rise.
Un sorriso sghembo si fece largo sul suo viso, mentre fingeva di pensarci. «Non lo so… Dovresti provare a convincermi.»
Fu a quel punto che lei, ridacchiando, lo baciò. Le loro labbra combaciarono alla perfezione, come avevano fatto altre mille volte, come avrebbero fatto per sempre.
Quando si staccarono, lui arricciò il naso, meditativo. «Ci penserò» annunciò, strappandole una risatina.
Poi, Skyler inclinò leggermente il capo, guardandolo perplessa. «Non abbandonerò Matt proprio ora. Lo sai, questo, vero?»
Il sorriso sul volto di Michael si spense all’istante, sostituito da un’espressione incupita.  «Non mi fido di lui» ripeté, come se bastasse quella semplice frase a dissuaderla.
Ma, ovviamente, non fu così. «Lui ha bisogno di un amico, Michael» spiegò lei, quasi stesse parlando con un ragazzino capriccioso. «E io non ho intenzione di lasciarlo solo in un momento così delicato. Ti fidi di me, no?»
Con un sospiro, Michael annuì.
«Bene. Allora smettila di affliggerti con strani pensieri. Anzi, potresti provare a fare amicizia con lui.»
Michael fece una smorfia, contrito. «Non credo funzionerebbe.»
«Tentar non nuoce» insistette lei. Notando la sua esitazione, sporse di nuovo il labbro in fuori. «Promettimi che ci proverai.»
Il figlio di Poseidone non rispose. Si guardò un attimo intorno, quasi sperasse di trovare negli alberi che li circondavano un’evasione a quella domanda. Ma non c’era. E Skyler continuava ad aspettare.
«Farò del mio meglio» disse, facendo spallucce.
Ma quello sembrò bastarle, perché la ragazza sorrise. «Spero solo che non cercherai di affogarlo di nuovo» lo stuzzicò, le labbra che sfioravano le sue mentre parlava.
Anche Michael fece un sorriso, ma il suo, a differenza di quello di lei, era malandrino. «Non faccio promesse a riguardo.»
La ragazza si finse offesa, ma gli angoli della sua bocca tradivano un certo divertimento. «Beh, in quel caso lo salverò io» lo pungolò, maliziosa.
Michael inarcò un sopracciglio. «Perché, credi che ci riusciresti?»
«So nuotare molto bene» annuì lei, arricciando il naso.
«Davvero?» Il ragazzo si finse sorpreso. «Fammi vedere, allora.»
L’afferrò per le spalle, e Skyler non capì cos’avesse intenzione di fare finché lui non le diede una spinta.
La sorpresa fu tale che la ragazza perse l’equilibrio e scivolò sulle assi di legno, finendo in acqua.
Riemerse quasi subito, bagnata fradicia, e se il suo sguardo fosse stato un’arma ora di Michael ce ne sarebbero due metà.
«Brutto…» cominciò, battendo un palmo sul pelo dell’acqua nel tentativo di schizzarlo. «Vieni qui, se ne hai il coraggio!» lo minacciò, ma le sue labbra, poi, si contorsero in un sorriso trattenuto a fatica.
Michael rise, divertito, e, prendendo una leggera rincorsa, si buttò con un tuffo a bomba nel lago.
Skyler voltò il capo, per impedire che l’acqua alzata dal ragazzo le bagnasse nuovamente gli occhi, impedendole di tenerli aperti.
Ma non appena tornò a guardare nel punto in cui il ragazzo si era lanciato, di lui non c’era altro se non un lago perfettamente liscio e calmo.
«Michael?» chiamò la ragazza, corrucciando le sopracciglia. Ma non ricevette risposta.
Al contrario, qualcosa le afferrò con forza la caviglia, trascinandola giù con un grido di sorpresa.
In altre circostanze Skyler avrebbe subito sguainato la spada, ma le labbra di Michael si posarono sulle sue così repentine che non le diedero neanche il tempo di pensare.
Skyler sorrise, divertita, e gli morse con forza il labbro inferiore, quasi fosse arrabbiata e volesse punirlo.
Michael rise sommessamente, mentre una bolla d’aria si formava intorno a loro, permettendogli di respirare.
Il ragazzo allungò una mano a sfiorare una ciocca bagnata di capelli che le ricopriva gli occhi, per poi avvolgersela dolcemente attorno al dito.
Il loro nasi si sfiorarono, e lui, posandole una mano dietro la nuca, la baciò. Le loro labbra si schiusero contemporaneamente, e fu a quel punto che lui la strinse di più a sé, facendo aderire i loro corpi.
Il loro bacio si fece dapprima più intenso, poi più passionale, mentre le loro lingue si scontravano, bramose.
Con il respiro affannoso, le labbra di Michael cercavano le sue con foga, e quella fu solo l’ennesima dimostrazione, per lui, per capire che ciò che c’era fra loro difficilmente si sarebbe spezzato.
Perché lei era sua. E lui era suo.
E questo non sarebbe mai cambiato.
Lui gliel’aveva giurato. Aveva giurato su quel bracciale che lei non si toglieva mai, neanche per dormire.
Lui aveva fatto una promessa.
E nessuno gli avrebbe impedito di mantenerla.
Neanche uno stupido ragazzo venuto dal nulla che cercava da giorni di portargliela via.
 
Ω Ω Ω
 
La cena era slittata davanti ai suoi occhi fugace.
O almeno, così era sembrato a Skyler mentre, con i suoi amici, si dirigeva verso il falò.
I figli di Apollo avevano intonato qualche canzone con le loro chitarre, ed erano stati riconosciuti altri tre semidei, arrivati freschi quella mattina.
Matthew, però, era ancora lì.
Skyler continuava a guardarlo, mentre osservava le nuove reclute sfilare davanti ai suoi occhi per raggiungere i loro fratelli. Gli dispiaceva per lui, ormai questo era ovvio, eppure quando lui scrollava le spalle in quel suo modo così tipico, affermando che esistevano mali peggiori, non poteva fare a meno di sorridere.
Solo una persona, nella sua vita, aveva incontrato con un tale autocontrollo.
E quella persona era lo zio.
Da quando era scappata di casa, Skyler aveva cominciato ad odiare il silenzio.
Perché certi silenzi, specialmente quelli che la perseguitavano tutti i giorni, entravano in scena per colpire il rumore delle urla che aveva in gola. Urla di parole che non trovava il coraggio di dire.
Aveva provato a confidarsi con Emma, raccontandole esattamente ciò che aveva detto anche a Michael giorni prima. Che le mancava lo zio, e che si sentiva in colpa. Che si sentiva come se fosse nel posto sbagliato e che avrebbe dato qualsiasi cosa, pur di poter tornare indietro e non fare quello che aveva fatto.
L’amica l’aveva ascoltata, senza dire nulla, e poi l’aveva abbracciata, facendole nascondere il viso nell’incavo del suo collo, quasi che con quell’abbraccio potesse farle capire che era giusto che fosse lì, che quella era casa.
Skyler aveva avuto un déjà-vu. Aveva ricordato la prima volta che aveva incontrato Emma, e che lei, per consolarla, l’aveva abbracciata. Lì Skyler aveva capito che ciò che le era sempre mancato era un’amica. E lì si era anche resa conto di averne appena trovata una.
Dicono che i déjà-vu sono il modo che ha il destino per dirti che sei esattamente dove dovresti essere, e che ti sembra che tu ci sia già stato perché sei perfettamente in linea con il tuo destino.
Ma se quello era il posto dove doveva essere, perché Skyler continuava a sentirsi così… inappropriata?
Perché continuava a sentire la mancanza di suo zio, e del nonno, e delle foto della mamma?
Perché sembrava tutto così… estraneo?
Non aveva cantato neanche una canzone, quella sera, ma si era concentrata su ogni singola nota, nella vana speranza che queste la distogliessero dai suoi pensieri.
Aveva anche chiesto a Leo, seduto accanto a loro, qualche filo e un bullone. Quando il fratello era nervoso, maneggiava sempre qualcosa, e questo sembrava distrarlo.
Con Skyler, però, non funzionava.
Glieli avrebbe volentieri ridati, ma il ragazzo sembrava distratto, assente. Le sue mani facevano qualcosa, ma sembrava si muovessero più per un riflesso incontrollato, mentre i suoi occhi continuavano ad esibirsi in timide occhiate rivolte a qualcuno alla destra della sorella. Emma? John? Matthew? Forse Charlotte, qualche posto più in là?
Skyler smise di chiederselo quando capì che intenderlo era impossibile, dato che nessuno sembrava degnarlo di tante attenzioni.
E così, finito il falò, non era riuscita ad impedire che quel molesto senso di solitudine le diramasse nel petto. Prevedeva una lunga notte d’insonnia, a girarsi e rigirarsi fra le fredde coperte.
Fu per questo che, insieme a John e ad altri quattro ragazzi, aveva accettato di fare il turno notturno di guardia presso i confini del Campo.
Il figlio di Apollo aveva incoccato una freccia, e con un sorriso le aveva fatto cenno di andare con lui.
Skyler aveva sguainato la sua spada, e per qualche ragione che non riusciva ancora a spiegare, questa le infuse un senso di sicurezza, di autocontrollo.
I due amici si erano diretti a nord, inoltrandosi nella baia di Zefiro, mentre le altre due coppie andavano ad Est e ad Ovest.
Fra loro era calato un dolce silenzio, i loro sensi acuiti alla ricerca di un qualunque spostamento d’aria sospetto.
Quell’assenza di parole rendeva Skyler nervosa, perché diventava più difficile non pensare allo zio, non pensare a ciò che aveva abbandonato.
Continuava a spostare la spada da una mano all’altra, i palmi sudati, mentre pregava perché John non se ne accorgesse.
Ma il ragazzo, ovviamente, la conosceva troppo bene.
La guardò di sottecchi, entrambe le mani a tendere leggermente l’arco, i muscoli pronti a scagliare una freccia.
Poi spostò lo sguardo altrove, facendolo vagare tra i folti alberi che li ingabbiavano.
«Sai, credo che dovresti dirglielo» proruppe all’improvviso, al ché lei sobbalzò. «A Michael, intendo.»
Skyler inarcò un sopracciglio, mentre lui si portava tre passi avanti a lei. «D-dirgli che cosa?» balbettò, confusa.
John si girò appena. «Perché stai così male. Lui saprebbe come consolarti.»
Quell’affermazione la colpì così alla sprovvista che la ragazza boccheggiò un attimo, prima di ribattere. «Io non sto male.»
«Skyler, ti prego» disse lui, stavolta voltandosi a guardarla con un mezzo sorriso in faccia. «Sono stato abbastanza tempo con te per capire quando c’è qualcosa che non va. E poi sono il tuo migliore amico, quindi non mentirmi.»
La figlia di Efesto arrossì leggermente, abbassando lo sguardo. Continuarono a camminare fianco a fianco, in un leggero silenzio imbarazzato. Che durò finché lei non corrugò la fronte. «Gliel’ho detto, comunque.»
«A chi?»
«A Michael.» Skyler storse la bocca, pensierosa. «Lui sa cos’è che mi turba. Mi ha già consolato.»
«E non è cambiato niente?»
La ragazza fece spallucce. «Mi sono sentita un po’ meglio, sì. Ma continuo comunque a pensarci.»
«Sei sicura di avergli detto la verità?»
La domanda fu talmente inaspettata che Skyler si bloccò di colpo, e John si fermò a guardarla. Dovette aspettare qualche secondo, prima che lei sussurrasse con un filo di voce: «È per mio zio.»
Lui inclinò il capo di lato, soppesandola con i suoi occhi chiari. «E…?»
«È tutto» fu la risposta secca di lei, anche se quando quelle parole uscirono dalle sue labbra anche lei ne dubitò la solidità. «Insomma, non c’è altro. Non credo. È la verità.» Poi guardò John negli occhi, e sembrava fosse un po’ a disagio. «Giusto?»
Il ragazzo fece un passo avanti, afferrandole la mano e stringendola con fare rassicurante. «Skyler, la verità è bella, non importa quale sia. Non importa se fa paura, o se è brutta, o se è strana. È bella perché è vera. La verità è luce. Ti rende più te.»
Io voglio essere me, pensò Skyler, e lo voleva con tutto il cuore. Schiuse la bocca, con un sospiro tremante, ma prima potesse dar voce a quelle parole, un ruggito sferzò l’aria.
I muscoli dei ragazzi guizzarono all’istante, e John incoccò una freccia, mentre Skyler stringeva di più la presa sull’elsa della spada.
Si guardarono intorno, spaventati.
«Che cos’era?» domandò lei, in un lieve bisbiglio, quasi temesse che, qualunque cosa avesse emesso quel verso, potesse sentirla ed attaccare.
«Era un mostro» rispose John, scandendo lentamente le parole.
Un altro ruggito, simile al primo, tagliò di netto l’aria sopra le loro teste. Ma stavolta fu seguito da un suono più acuto. Un urlo. Di puro terrore.
Di una ragazza.
John scattò prima ancora che la mente di Skyler potesse registrare quel rumore.
Corse a perdifiato dietro di lui, facendosi largo fra l’alta sterpaglia. Gli alberi cominciavano lentamente a diradarsi, creando un varco dov’era molto più facile passare.
Sgranando gli occhi, Skyler focalizzò il punto in cui erano arrivati, e aumentò rapidamente il passo, afferrando John per la maglietta poco prima che potesse varcare la barriera creata dal pino di Talia.
«Fermo!» esclamò, tirandolo indietro. «Non puoi uscire dai confini del Campo. I mostri ti attaccheranno!»
Il ragazzo indietreggiò con riluttanza, in volto un’espressione preoccupata. «Ma hai sentito quel grido!» ribatté, continuando a tenere gli occhi fissi oltre la barriera, nella speranza di scorgere qualcosa, qualcuno. «C’è una persona in pericolo là fuori! Noi dobbiamo…»
Ma le parole gli morirono in gola. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Anzi, qualcuno.
Doveva averlo notato anche Skyler, perché, con il fiato sospeso, gli strinse con forza un braccio.
Una ragazza correva a perdifiato nella loro direzione. Indossava dei vestiti stracciati, e barcollava come se stesse lottando contro le sue stesse gambe, che minacciavano di non reggere più il suo peso.
Era sporca di terra, e coperta di sangue, che le incrostavano il viso e i lunghi capelli biondo miele.
John le corse di nuovo incontro, fermandosi un centimetro prima di superare il confine. «Siamo qui!» urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. Sventolò con foga le braccia in aria, pregando gli dei perché lei li notasse. «Svelta, siamo qui!»
Skyler lo imitò, urlando a sua volta. «Vieni da noi!»
Un altro ruggito fece tremare il terreno, e questo sembrò riscuotere la ragazza. Cominciò a salire su per la collina, il fiato corto e il corpo pesante. Corse veloce, fino a ché le gambe non le fecero male. La gola le bruciava, e la testa le girava così tanto da renderle sfocato il mondo intorno.
John protese le mani verso di lei.
La ragazza entrò nei confini del Campo, ma non appena lo fece, rivoltò gli occhi all’indietro, cadendo fra le braccia del figlio di Apollo.
Lui la sorresse, e stringendola saldamente la adagiò sul terreno.
La ragazza tremava senza controllo. Sudava, eppure era scossa da dei brividi, quasi stesse congelando.
«Oh miei dei» sussurrò Skyler sconvolta, premendosi una mano sulla bocca.
La ragazza stava perdendo tanto, troppo sangue. Quando John la squadrò alla ricerca della ferita che la stava dissanguando, l’occhio gli cadde sul suo braccio sinistro. Ma lì, al suo posto, vi trovò solo aria ed una pozza di sangue.
Passò una mano tremante sulla ferita aperta, e questa divenne cremisi all’istante.
«Sta andando in shock» sentenziò, con una fermezza della voce impossibile da avere in un momento del genere. A meno che tu non sia figlio del dio della medicina.
Lanciò un’occhiata a Skyler, che lo guardava con occhi sgranati, gelata dalla paura.
«Va a chiamare aiuto!» le ordinò, alzando il tono di voce perché lei si scuotesse. «Presto!»
La figlia di Efesto corse via all’istante, sparendo nei folti alberi a perdifiato in direzione della Casa Grande.
La ragazza fra le sue braccia aveva cominciato a tremare ancora più violentemente, e il suo corpo si agitava come scosso da degli spasmi.
Doveva bloccarle l’emorragia.
Si sfilò la maglietta, e con uno strappo netto la ruppe in due. Cominciò ad avvolgere quelle due strisce attorno alla spalla sanguinante della ragazza, e le mani cominciarono a tremare anche a lui, mentre mantenere il sangue freddo sembrava un’idea assurda.
Strinse con forza entrambe le estremità della maglietta spezzata, più forte che poteva, ed armeggiò per fare un nodo.
Questo rallentò un po’ il sangue scarlatto che continuava a sgorgare, ma non lo fermò. Continuava ad uscire a fiotti, lasciando sempre più rapidamente il corpo della ragazza.
John la strinse di nuovo fra le braccia, per impedirle di tremare. Respirava appena. I suoi occhi color nocciola erano vitrei e privi di vita. La luna le illuminava placida il viso sporco di terra e sangue, riflettendo i suoi raggi sui suoi capelli biondo miele.
Mentre John continuava a tenerle una mano premuta con forza sulla sua benda improvvisata nel vano tentativo di rallentare il sangue, le palpebre di lei si fecero pesanti, minacciando di chiudersi.
«No, no, ehi! Ehi, non ti addormentare» ordinò deciso John, afferrandole il viso con una mano e costringendola a guardarlo. «Stanno arrivando i rinforzi, okay? Non mollare. Resisti, non mollare.» Il suo tono di voce si addolcì, mentre i suoi occhi verdi si incastravano a quelli nocciola di lei, che stretta fra le sue braccia lottava contro il sonno che premeva soffocante sul suo petto.
«Segui la mia voce» mormorò lui, accarezzandole la testa, per poi posarle una mano sulla guancia. «La senti? Aggrappati a lei. Sono qui, non ti lascerò andare.»
Lei strinse il suo braccio in una morsa d’acciaio, mentre faceva sempre più fatica a respirare. «Aggrappati alla mia voce. Resisti. Non permetterò che tu muoia, okay? Sono qui. Non ti lascerò andare.»
E mentre lei si accasciava contro il suo petto ed ormai priva di forze perdeva i sensi, sentì il profumo di menta della sua pelle cullarle la mente.
E poco prima di chiudere gli occhi, udì di nuovo, ovattata, la sua voce.
«Sono qui. Non ti lascerò andare.»

Angolo Scrittrice.
E siamo in diretta tra tre... due... uno...
Buongiorno a tutti popolo di Efp! O dovrei dire semidei? Se siete qui, avete un genitore divino anche voi, right?
ahahah, a parte gli scherzi, oggi è martedì, no? Ed io sono sempre qui a rompervi l'anima con un altro dei miei capitoli.
Alors alors alors... che dite? Vi è piaciuto?
Se vi ha fatto schifo ditelo pure, non mi offendo (y)
Ho notato che lo scorso capitolo non vi è piaciuto molto, quindi spero che con questo io sia riuscita a riscattarmi.
Sono successe un po' di cose, no?
Abbiamo studiato più a fondo la gelosia di Michael; abbiamo scartato alcuni tra quelli che potevano essere i genitori divini di Matthew; abbiamo visto una ragazza morire tra le braccia di John...
Ma andiamo per gradi.
Michael geloso. Chi l'avrebbe mai detto? In questo capitolo impariamo a conoscere un po' più a fondo il carattere di Matthew. Credete che Michael abbia ragione? O che la sua sia davvero paranoia?
E cosa ne pensate di Matthew? Vi piace, o patteggiate per Michael in questa che sembra una muta guerra senza esclusione di colpi?
Quando due ragazzi si odiano, non si sa mai cosa può succedere. ;)
Per quanto riguarda Skyler, invece, come vedete non è ancora riuscita a superare del tutto la faccenda dello zio. Ma per fortuna c'è Emma. E poi c'è John. Il nostro amico biondo ha un cuore d'oro, ormai questo lo sappiamo, ma non credo di fare Spoiler dicendovi che in questa storia scopriremo ancora di più il suo animo gentile, e il suo essere un amico fantastico che nella scorsa fic non era molto venuto fuori.
Anyway, credo che comunque la parte più importante del capitolo sia la fine. Chi è questa ragazza sanguinante? E da dove viene?
Ma soprattutto, si salverà o morirà davvero tra le braccia di John?
Io questo non ve lo dico, ovviamente. Ma mi piacerebbe sapere che idea vi siete fatti a riguardo. (y)
By the way, nello scorso capitolo, se ricordate, vi avevo annunciato che (per il personaggio di Matthew) mi ero ispirata ad una persona ben precisa. Vi ho poi chiesto se volevate vederla, e voi mi avete detto di sì, perciò...


 


 
E' lo youtuber Weeklychris, e... boh, io lo trovo stupendo. Ha un sorriso bellissimo, miei dei! Per non parlare degli occhi *^* Ma sto divagando...
Comunque, se non vi piace, non siete obbligati ad immaginare Matthew così. Questo è solo il volto che gli ho dato io, ma il bello di leggere una storia è proprio quello di poter dare ad un personaggio il volto che ci pare.
Fatemi sapere cosa ne pensate ;) Ma soprattutto, ho una domanda per voi: Chi pensate che sia il genitore divino di Matthew? Let me know, sono curiosa **
But first, let me take a selfie, e fatemi ringraziare i miei bellissimi Valery's Angels, e cioè coloro che hanno commentato lo scorso capitolo:
carrots_98, porporaassenzio, Myrenel Bebbe ART5, Percabeth7897, _angiu_, Cristy98fantasy, FoxFace00, kiara00 e martinajsd.
Grazie davvero, angeli! Siete i migliori <3
E con questo, potete finalmente tirare un sospiro di sollievo, perchè vi lascio in pace ;)
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto :3
Un bacione enorme, e al prossimo martedì!
Sempre vostra,

ValeryJackson
P.s. Sapete che ho notato? Che quel 'sempre vostra' somiglia molto al 'Love Always' di Charlie. Dei, mi sento una Wallflower! *^*
P.p.s. Ragazzi, qualcuno di voi ha visto il Festival del Cinema di Venezia? No, dico, ma avete visto Alexandra Daddario? Io vi giuro, non ho parole. Quella ragazza è una dea, non c'è altro modo per definirla. Una dolce, semplice e bellissima dea.


 

 
Cavolo, non è perfetta? *0* E quel vestito viola è qualcosa di illegale!
P.p.p.s. Dato che nello scorso capitolo (come mi avete fatto notare) c'erano alcuni errori di battitura, spero davvero che in questo non ce ne siano. Rileggo sempre, ma qualcosa mi sfugge comunque, e spero che a causa di queste piccole distrazioni la lettura non diventi meno scorrevole (y)
P.p.p.p.s. Okay, okay... stavolta vi lascio davvero in pace. Sorry. Ma cercate di capirmi: domani rinizia la scuola, ed io non so se essere contenta o depressa t.t
Au revoir! <3 

 
  
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