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Autore: Elly J    09/09/2014    0 recensioni
"Feci per alzarmi dal letto, ma subito mi fermai con un gemito. Provai un forte dolore all’altezza della scapola sinistra e istintivamente mi sfiorai il punto dolente con una mano. Sentii subito il tessuto della maglia strappato e non appena toccai la pelle dovetti ritrarre il braccio per il forte dolore. Qualcosa di umido e viscoso mi era rimasto sulle dita e, non appena mi portai queste ultime davanti agli occhi, mi resi conto che erano sporche di sangue."
Fan fiction liberamente ispirata al bellissimo Resident Evil: Revelations. La maggior parte dei personaggi sono inventati completamente da me, ma nel corso della storia appariranno alcuni camei di Resident Evil.
Buona lettura!
Genere: Azione, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.
 
Più mi avvicinavo, più le urla disperate dell’uomo si facevano acute. Non avevo idea di dove mi trovassi, ne se avessi percorso corridoi che avevo già esplorato in precedenza. Una volta che mi ero precipitata fuori dalla biblioteca avevo cercato di orientarmi, ma man mano che le urla dell’uomo diventavano più forti io continuavo a correre senza prestare troppa attenzione a quello che stava attorno a me.
La ferita alla scapola sinistra continuava a pulsare violentemente, provocandomi dei dolori lancinanti, aggravati oltretutto da tutti i miei muscoli tesi nel tentativo di impugnare saldamente la pistola. Quella maledetta arma pesava come un macigno e ogni volta che abbassavo leggermente lo sguardo per intravederla mi chiedevo se fossi stata veramente in grado di usarla.
Sbucai in un lungo corridoio malamente illuminato e senza alcun ingresso sui lati. Circa a metà di esso si trovava una massiccia cassapanca in legno logora, mentre sul fondo c’era una porta socchiusa. Ora le urla si sentivano distintamente: terrificanti, si facevano largo nel corridoio smorto con orrenda insistenza. Ora che ero vicina, oltre alle urla riuscii a sentire dei versi strani, sommessi, gorgoglianti..
La pistola alzata e puntata verso la porta socchiusa tremava vistosamente. Il mio respiro era corto, ma allo stesso tempo rumoroso e opprimente. Le lacrime si erano ormai seccate all’interno dei miei occhi, lasciando spazio ad una paura folle, che mai mi ricordavo di aver mai provato.
Le urla mi spinsero a camminare verso l’uscio, come se le mie gambe non fossero collegate al cervello, ma si muovessero per contro proprio. Una parte di me voleva scappare lontano da quel posto, lontano da tutto quell’orrore. Volevo nascondermi e non vedere più nessuno, volevo nascondermi per sempre, fino alla fine.. Però i miei muscoli carichi di adrenalina volevano il contrario: volevano muoversi verso quella maledetta porta per permettermi di guardare oltre, per vedere cosa stava succedendo. Senza rendermene conto mi ritrovai a pochissimi passi dall’uscio socchiuso e fu proprio nel momento in cui mi decisi ad aprire del tutto la porta che il rumore violento di uno sparo mi fece bloccare all’istante. Poi, all’improvviso, calò il silenzio. Un silenzio grave, assordante, carico di tensione e di morte. Me ne stavo con la pistola tremante puntata verso la porta e la mano sinistra ferma a mezz’aria, indecisa sul da farsi.
- Sono fottuto.. merda, sono fottuto.. - una voce maschile roca e flebile giunse alle mie orecchie. Poi, un alto urlo, questa volta meno acuto. - Oddio, oddio! - l’uomo ansimava rumorosamente, la sua voce era carica di dolore e disperazione. Molto probabilmente era ferito.
Avevo gli occhi chiusi quando spinsi la porta della stanza, la quale si aprii con un fastidioso cigolio. Subito un odore fortissimo di sangue mi pervase le narici rischiando di farmi perdere i sensi. Quando i miei occhi si aprirono uno spettacolo rivoltante si presentò davanti a me. Una di quelle orrende creature, uguale a quella che aveva attaccato me, era riversa a terra a pancia in giù circondata da un lago di sangue. Per una frazione di secondo sentii il cuore fermarsi, gli occhi sbarrati in uno sguardo di terrore.
- Ferma!
Mi girai di scatto in direzione della voce puntando la pistola. Poco distante dall’orrenda creatura apparentemente morta c’era un uomo. Stava seduto a terra, con la schiena appoggiata ad uno scaffale pieno di libri. Era alquanto messo male: i suoi vestiti strappati lasciavano intravedere profonde ferite nella carne viva, dalla quale uscivano copiosi rivoli di sangue. Lo guardai meglio in viso, anch’esso tumefatto e pieno di tagli,  e constatai di non averlo mai visto prima in vita mia.
- Non avvicinarti! - disse nuovamente l’uomo con un tono di terrore nella voce.
Solo in quel momento, osservandolo meglio, mi resi conto che anche lui impugnava una pistola ma non la stava puntando contro di me. La teneva solamente stretta nella mano destra, appoggiata sul pavimento.
- Chi sei? - chiesi con il respiro corto. La mia pistola continuava a tenere l’uomo sotto tiro, ma lui non sembrava nemmeno essersene accorto.
- Devi andartene, subito! - l’uomo aveva uno sguardo terrorizzato, gli occhi sbarrati iniettati di sangue.
- Lei ha bisogno di aiuto! - dissi alzando leggermente la voce per l’agitazione.
L’uomo mi fissò per alcuni secondi in silenzio, con la bocca lievemente aperta. - Ti hanno morsa? - chiese poi.
Lo guardai senza capire. - Cosa?
- Quelle creature! Ti hanno morsa? - notai che l’uomo stava fissando la mia ferita alla scapola sinistra.
Abbassai a mia volta lo sguardo verso il tremendo taglio che avevo sulla scapola, dopodiché tornai con lo sguardo sul tizio. - Non è un morso, non credo. - risposi confusa.
- Allora come te lo sei procurato quel taglio?
- Io.. - le parole mi si fermarono in gola per alcuni secondi - ..io non lo so.
- Come puoi non saperlo? -  l’uomo urlò, come in preda ad un attacco d’ira improvviso.
Feci un passo all’indietro, continuando a tenere l’uomo sotto tiro. - Lei ha bisogno di aiuto. - dissi scandendo le parole con tono grave - Posso andare a cercare qualcuno che possa aiutarla.
- Non c’è più nulla da fare ormai, sono spacciato. - l’uomo scosse leggermente la testa, dopodiché lasciò la presa sulla pistola che teneva nella mano destra. Vedendo l’azione dell’uomo provai un impulso di abbassare l’arma a mia volta e così feci.
- No, non è spacciato. Può ancora farcela. - dissi facendo un passo avanti e protendendo la mano sinistra verso di lui. Però, non appena mi mossi, l’uomo sembrò nuovamente preso da un attacco d’ira.
- Non avvicinarti! Stai indietro! - urlò con gli occhi sbarrati. Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che qualcosa lo scosse da capo a piedi. L’uomo ricominciò ad urlare in preda al panico e qualcosa in lui iniziò a mutare. Il suo braccio destro prese a tremare, prima lentamente, poi sempre più velocemente. Del sangue iniziò a colare dalle maniche strappate della maglia che portava, mentre qualcosa di appuntito iniziò a spuntare dalla carne viva del braccio. Le urla di dolore dell’uomo coprivano l’orrendo rumore della carne che si lacerava con una lentezza quasi diabolica.
Un conato di vomito improvviso mi riscosse da quella terribile visione e istintivamente tornai a puntare la mia pistola verso l’uomo.
- Cosa le succede? - esclamai in preda al panico.
L’arto dell’uomo continuava a mutare: la carne si lacerava, il sangue scendeva copioso, le ossa si deformavano, mentre le urla del malcapitato continuavano a pulsarmi in testa.
Ad un certo punto quella specie di mutazione orribile sembrò arrestarsi. L’uomo lasciò cadere la testa in avanti, ansimante ed esausto. Il respiro del poveretto, rauco ed affaticato, rimbombava nella stanza con insistenza.
- Devi uccidermi. - la voce dell’uomo uscì gracchiante, quasi inumana.
Sbarrai leggermente gli occhi, incapace di elaborare ciò che avevo appena visto e sentito. Vedevo la canna della mia pistola tremare furiosamente e più cercavo di tenere la mano ferma, questa sembrava traballare ancora di più.
- Non ho scelta, non hai scelta. Devi uccidermi. - l’uomo alzò la testa con lentezza, fissandomi negli occhi. Gocce di sudore e sangue li imperlavano il viso, gli occhi chiari circondati da spesse occhiaie viola.
- Io.. io non posso. - un violento singhiozzo mi scosse da capo a piedi e ancora una volta le lacrime tornarono ad inondarmi il viso.
- Come ti chiami? - chiese all’improvviso l’uomo con le labbra piegate in un sorriso paterno.
Lo guardai confusa e terrorizzata al tempo stesso. - Élise. - risposi con voce flebile.
- Élise.. - ripeté l’uomo - un bel nome.
Il cuore minacciava di esplodermi nel petto, mentre le lacrime mi offuscavano la vista. Non sapevo cosa dire, ma soprattutto non sapevo cosa fare. Perché quell’uomo voleva che mettessi fine alla sua esistenza?
Il poveretto si mosse leggermente, alzando leggermente il busto. - Sei una ragazza giovane, Élise, ma anche matura. Quanti anni hai?
Sgranai leggermente gli occhi, incredula. Dove voleva arrivare quell’uomo con quella sottospecie di interrogatorio?
- Mi ascolti, - iniziai tra i singhiozzi - adesso lei rimane qui tranquillo e io vado a cercare aiuto, d’accordo? Vedrà che si rimetterà.
L’uomo sembrò non sentirmi nemmeno. - Quanti anni hai, Élise?
Lo guardai, completamente confusa. Qualcosa nello sguardo di quell’uomo mi diceva che lui sapeva esattamente cosa stava facendo, sapeva a che cosa era destinato. Lui sapeva e ne era perfettamente consapevole.. e forse era proprio questo che mi spaventava di più di lui, di quello sguardo spento e rassegnato.
- Ventisei. - risposi con voce fredda senza quasi rendermene conto.
- Ventisei… - ripeté l’uomo ancora una volta. La sua voce stava mutando, prendendo una piega quasi metallica - Dimenticherai in fretta, sei ancora giovane.
Scossi la testa, sbattendo più volte gli occhi per liberarli dalle lacrime. - Non posso ucciderla. - dissi con la voce spezzata dal pianto.
- Devi, non hai.. - l’uomo si interruppe bruscamente, riprendendo ad urlare. La mutazione ricominciò, con orrore e diabolica lentezza.
Feci un altro passo indietro, posizionando il dito indice sul grilletto della pistola. Quello a cui stavo assistendo era qualcosa di orribile, inumano, ingiusto. Le grida di dolore dell’uomo sembravano provenire dall’inferno. La carne continuava a lacerarsi, il sangue a scorrere, il corpo a mutare.
Ad un certo punto la mutazione si bloccò nuovamente, lasciando ancora una volta l’uomo ansimante e senza forze.
- Élise, ascoltami bene.. - la voce metallica del malcapitato sembrava provenire da un altro pianeta - Devi scappare da questa nave. Devi fuggire da qui se vuoi avere salva la vita.
- Come..? -la mia voce uscì flebile, senza che me ne rendessi conto. Non avevo più il controllo del mio corpo e men che meno della mia mente. Mi sentivo quasi estranea, non riuscivo quasi a riconoscermi.
- Scappa, Élise. Tieniti lontana dalle bestie, non farti mordere né graffiare. Se questi esseri ti feriranno diventerai anche tu una di loro. - l’uomo venne interrotto da un rauco colpo di tosse, poi riprese con estrema fatica. - Se vuoi sopravvivere dovrai uccidere, prima o poi. Ricordati, mira sempre alla testa e non esitare mai. Loro non esitano.
All’improvviso il corpo dell’uomo venne come preso da una scossa improvvisa. La mutazione riprese il suo corso, accompagnata dalle tremende urla dell’uomo la cui voce aveva ormai perso ogni traccia umana.
Iniziai ad indietreggiare, terrorizzata, incredula, di fronte all’orrore a cui stavo assistendo.
- Scappa, Élise! Scappa! - l’ultimo barlume di umanità dell’uomo finì con quella frase, implorandomi di scappare, implorandomi di salvare la mia giovane vita.
Iniziai a correre, accompagnata dalle urla metalliche dell’uomo, uomo che ormai di umano non aveva più nulla. Corsi, corsi fino a sentirmi morire, corsi fino a che le mie gambe non cedettero dal dolore, corsi fino a che il respiro non mi si bloccò nel petto, corsi fino a quando non vidi più nulla attraverso le mie iridi appannate dal pianto. Corsi fino a quando non udii più le urla della bestia che quell’uomo era diventato.
Poi vomitai. Il mio corpo si svuotò, si liberò completamente. La paura, il panico, l’angoscia, l’orrore.. buttai fuori tutto con violenza, piangendo come una bambina piccola.
Sentivo il freddo dell’impugnatura della pistola sul palmo della mia mano, i capelli lunghi riversi sul viso, i muscoli delle gambe indolenziti, il respiro bloccato nel petto, il cuore in gola.
Poi, più nulla. Niente più sensazioni, suoni, colori, rumori.
- Scappa, Élise! Scappa!
Élise, scappa…
  
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