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Autore: Jane Ale    09/09/2014    2 recensioni
L'incomprensibile ironia del globo, ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will
Evanna Dawson vive felice con i genitori e la sorella minore. Ha due migliori amiche che adora, un ragazzo che ammira da lontano perché troppo timida per avvicinarsi, e un cane che non ama particolarmente. Ma poi arriva Will. William Reddington è uno dei tanti teppisti che la madre di Evanna cerca di aiutare. Così la famiglia Dawson si trova ad ospitare il giovane bullo nella loro dimora.
Cosa succederebbe se Evanna e Will fossero così incompatibili da non poter stare nella stessa stanza per più di qualche minuto? E se lei volesse sbattere fuori di casa "un brutto ceffo come lui"? E se lui la rendesse oltremodo acida e scontrsa?
Ma soprattutto, cosa succederebbe se Will non fosse così brutto e Evanna fingesse di essere acida? Strane cose stanno per succedere nella perfetta vita di Evanna Dawson.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will




 

 

 

 

 

 

 

 



5. Io non fingo


 



Quando avevo telefonato a mia madre e le avevo spiegato la situazione, lei mi aveva detto: “Tranquilla Eve, uno di noi ti raggiungerà immediatamente” ed io avevo dato per scontato che lei o mio padre sarebbero arrivati a tenermi compagnia e confortarmi.

Nemmeno venti minuti più tardi, però, mi ero pentita di aver chiamato a casa. Le porte scorrevoli del Pronto Soccorso si erano aperte e Will, con le sue braccia muscolose e la sua statura imponente, aveva fatto la sua entrata teatrale spettinandosi i capelli.

-Enny, come va?- mi chiese come se ci fossimo appena incontrati al parco.

Lo fulminai e incrociai le braccia sul petto. –Ho un piede rotto.-

-E basta?-

-Spero tu sia scherzando, idiota.- gli risposi.

-Sembrava fosse successo un cataclisma dalla telefonata che hai fatto a Sierra! In fin dei conti stai bene.- disse ridacchiando.

Non risposi e continuai a fissare imperterrita il lucido pavimento bianco. Lui si sedette nel posto alla mia destra, poi prese il piede senza scarpa, ovviamente quello rotto, e se lo posò sulle gambe.

-Non dovresti poggiarlo a terra.- si giustificò. Io annuii senza ringraziarlo.

Due ore e mezzo più tardi, stavamo tornando a casa dall’ospedale con un enorme gesso al mio piede destro e due scomodissime stampelle. Will era stato molto gentile con me, mi aveva sorretta quando l’infermiera mi aveva chiamata per fare la radiografia ed era entrato nella stanza con me quando mi avevano messo il gesso, ma ancora non lo avevo ringraziato.

-Will..- lo chiamai.

-Mmm, dimmi Enny.-

-Volevo dirti che sei stato molto carino oggi pomeriggio, quindi grazie.- dissi velocemente.

Lui sorrise divertito dal mio tono. –Non c’è di che. Quindi adesso mi parlerai di nuovo?-

Ed eccolo lì il motivo che mi faceva odiare i ringraziamenti di ogni genere: perché mai, dopo la parola “grazie”, le persone chiedevano sempre di più, come se avessi avuto un debito da estinguere? Che senso aveva tirare fuori quel discorso?

-Will, cosa c’entra adesso?- chiesi sbuffando.

-È una settimana che non mi rivolgi la parola, oggi sono venuto in ospedale appena Sierra me l’ha detto e le due cose non sono collegate? Almeno io sto cercando di capire quale sia il problema.- disse irritato.

-Il problema è il tuo atteggiamento nei confronti degli affari miei.- risposi acida.

-Ovvero Dean.- tradusse lui.

-Esatto!- confermai. –Non solo te la fai con la sua ex ragazza, ma hai anche contribuito a farli lasciare e pretendi che io non esca con lui perché, secondo te, vorrebbe solo infilarsi nelle mie mutandine. Dico bene? E come se non bastasse hai fatto in modo che durante questa settimana non mi chiedesse di uscire, sbaglio?-

-Non è colpa mia se non voleva rinunciare a nessuna uscita con il gruppo.- disse ridacchiando.

Tentai, invano, di incenerirlo con lo sguardo.

-Enny, non arrabbiarti, ma lui vuole davvero entrare nelle tue mutandine e visto l’ideale romantico che continui ad immaginarti come uomo ideale, beh, credo che non sia il caso che ciò avvenga.- mi spiegò tranquillo.

-Ti stai preoccupando della mia candida virtù, quindi?- chiesi cercando di non risultare troppo sarcastica.

Lui rise. –Puoi farne quello che vuoi della tua virtù, ma Dean ti farebbe stare male, quindi evita di concederla proprio a lui. Il mio è un consiglio da amico.-

-Quindi se fossi una sgualdrina di prima categoria non mi diresti niente, purché non mi facessi spezzare il cuore dal ragazzo che mi piace?- domandai incredula.

-Enny, no! Non capisci, non voglio che tu diventi una sgualdrina, ma so che Dean ti farebbe stare male. A te piace da molto tempo, è evidente a tutti, lui compreso, ma non esiterebbe a lasciarti come ha fatto con quelle prima di te.- concluse serio.

-A quella prima di me ci hai pensato tu, no?- chiesi con una punta di acido.

Lui sbuffò. –Pearl ha fatto le sue scelte. Non ti spiegherò la situazione, ma Dean non si è comportato bene e io sono stato felice di volgere la situazione a mio vantaggio. Ma smettila di dare la colpa a me, Enny, non sai nemmeno come è andata.-

-E tu non me lo vuoi spiegare.-

-Esatto.- disse.

-Allora io continuerò ad aspettare di uscire con Dean. Non c’è ragione per lasciar perdere.- asserii sorridendo falsamente.

Will scosse la testa. –Fai come vuoi, ma non venire a dirmi che avevo ragione.-

-Non lo farei mai!-

-Mai dire mai, Enny.-

 

Il mattino seguente, a scuola, raccontai gli avvenimenti del giorno prima alle mie amiche, dal Pronto Soccorso alla discussione avuta con Will.

-Siete due idioti.- fu il commento illuminante di Lisa.

-Casomai lo è lui. Cosa c’entro io?- chiesi irritata.

-Tu sei la più scema, forse, ma anche lui non scherza. Dice che Dean vuole entrare nelle tue mutande ed è vero, ma perché non gli chiedi cosa vorrebbe fare lui? Sono sicura che, se tu potessi leggergli nella testa, scopriresti cose interessanti. E, già che ci sei, dovresti leggere anche nella tua di teste, visto che stai deliberatamente ignorando i suoi segnali.- disse animatamente per poi tornare a guardarsi nel piccolo specchio che teneva sempre in borsa. Fissai Jean allibita. Da quando Lisa faceva così lunghi? E da quando sparava così tante cavolate in un colpo solo?

-Lis, ma che stai dicendo?- le chiesi cercando di trovare un senso a quel discorso.

-Eve, sarò chiara: tu e Will siete attratti l’uno dall’altra. Non so come succedano cose come questa, ma voi siete inconsapevolmente, inconsciamente, ignorantemente attratti l’uno dall’altra. Non riuscite a vederlo, ma è così. Non sto parlando di sentimenti e romanticismo, ma di pura e semplice reazione ormonale, cosa che so riconoscere abbastanza bene.- asserì con quel tono sicuro che aveva quando parlava di relazioni.

Scossi la testa e mi voltai verso Jean. –Anche tu la pensi così?-

Lei mi sorrise timidamente spostando un ricciolo dalla fronte. –Non proprio.-

-Cioè?-

-Secondo me c’è qualcosa di più, oltre all’attrazione, intendo.- disse in un bisbiglio.

-Bene, le mie amiche sono andate.- dissi ridendo incredula degli ultimi discorsi. Era sicuramente uno scherzo! –Scherzate, vero?-

-Mamma mia, non ti sopporto!- disse Lisa stizzita dalla mia domanda. Si alzò in piedi, poi mi guardò: -Una cosa che non ho capito, Eve: com’è che ti sei rotta il piede?-

Sentii il sangue affluire alle guance. –Ho tirato un calcio ad un cancello di ferro.- bisbigliai.

-E perché mai l’avresti fatto?- domandò Jean.

-Ero arrabbiata per aver pestato la cacca di Duff.- ammisi abbassando lo sguardo.

Lisa cercò di rimanere seria, ma poi scoppiò a ridere insieme a me e a Jean.

 

Dopo pranzo mi avviai arrancando verso l’aula di calcolo, mentre Lisa e Jean seguivano il corso di chimica. Stavo per raggiungere la porta e il tanto desiderato banco, quando Dean mi chiamò.

-Eve, ho saputo del tuo piede, mi dispiace.- mi disse.

-Sono cose che capitano.- risposi sorridendo.

-Volevo chiederti se ti andava ancora di uscire con me, ma vista la situazione..-

-Non ti preoccupare, riesco a muovermi quasi perfettamente.- dissi sperando che mi credesse.

-Sei sicura?- chiese non del tutto convinto.

-Certo!-

-Che ne dici di una cena? Così puoi stare seduta.- propose allora.

-Perfetto, è un’ottima idea.-

-Domani sera?-

-Aggiudicato!- dissi sorridendo come per mostrare tutti e trentadue i miei denti.

-Allora ti mando un messaggio per l’orario.- mi disse abbassandosi verso di me. Avrei voluto rispondere in modo carino e accattivante, ma quando le sue labbra sfiorarono le mie in un casto bacio, rimasi immobile come un pesce senza trovare le corde vocali. Riuscii solo a sorridere e a salutarlo con la mano mentre se ne andava.

Quando scomparve dietro l’angolo, mi appoggiai al muro e mi battei una mano sulla fronte: riuscivo sempre a fare la figura della stupida, come se nessuno mi avesse mai baciata in tutta la vita! Non che avessi baciato chissà quanti ragazzi, ma rimanere ferma come un pesce lesso era troppo anche per me, e che cavolo!

Chiusi gli occhi e respirai profondamente, ma una voce parlò al mio orecchio: -Sei proprio una testona, Enny!-

Sorrisi e mi voltai a guardarlo. –Te l’avevo detto che non avrei mollato.-

-Lo so, ma cerca di ricordare anche quello che ti ho detto.-

-Non servirà.- risposi per poi entrare in classe.

 

Quando la campanella suonò, mi alzai pronta ad andare a casa: era stata una giornata lunga e stancante, in più quel mattone che avevo al piede pesava un quintale faceva caldo. E tutto perché avevo pestato il ricordino lasciato da mio inutile cane! Mi avviai lungo il corridoio alla ricerca di un custode che mi potesse accompagnare all’ascensore, ma non trovai nessuno. Cercai in alcune classi vicine, nel ripostiglio, nei bagni, ma di un custode nessuna traccia. Mi appoggiai alla parete per aspettare; qualche minuto più tardi, dalla classe davanti a me, uscì Will.

-Che fa lì, Enny? Mi aspettavi?- sorrise malizioso.

-Se oggi sei stato promosso custode della scuola, allora sì, aspettavo te!- risposi sarcastica.

Sbuffò sorridendo. –Sempre la solita simpaticona. Che ti serve?-

-Te l’ho detto, un custode.-

-Cosa ti serve dal custode, Enny?- chiese senza perdere la pazienza.

-Che mi accompagni in ascensore, va bene?-

-Non puoi andarci da sola?- chiese divertito, forse intuendo la mia risposta.

-Ho paura.- dissi a voce bassissima, quasi impercettibile.

Will ridacchiò. –Immaginavo.-

-Stronzo!- lo apostrofai mentre continuava a ridere.

-Dai Enny, sei così divertente alle volte. Comunque ti accompagno io.- disse.

-No, grazie. Posso aspettare.- ribattei testarda.

-Così tua madre chiamerà la protezione civile per il tuo mancato ritorno a casa.-

-Tu le dirai che sono ancora viva.-

-Andiamo, fifona.- disse incamminandosi verso l’ascensore.

Lo seguii, ma dentro di me stavo morendo: non volevo salire su quel coso con lui, non avrebbe fatto altro che aumentare la mia paura per prendermi in giro.

Will premette il pulsante e le porte si aprirono.

-Allora?- mi sollecitò.

Sbuffai e montai su quel coso mentre un foglio si staccava dalla parete sopra la mia testa e si depositava sul pavimento.

-Aspetta Will, c’era un foglio..-

-Enny, che ti importa, era un volantino.- disse premendo lo zero.

-Ma poteva essere importante!-

Uno, al massimo due secondi più tardi, l’ascensore si bloccò di botto. Mi ci volle un istante per realizzare che uno dei miei più grandi incubi si era appena realizzato!

-Ecco cosa poteva essere quel foglio, idiota!- gli urlai. –Era appeso sopra le porte dell’ascensore, probabilmente è guasto.-

-Credo che non sia una probabilità.- disse preoccupato.

Iniziai a fare respiri profondi, ma il fiato era sempre più corto e la rabbia accecava la mia capacità di ragionare.

-Sei un coglione, William!-

-Non risolverai nulla ad insultarmi.- appurò lui. –Piuttosto tira fuori il telefono e chiama qualcuno.-

-Giusto!-

Presi il telefono dallo zaino e composi il numero di casa, ma naturalmente non rispose nessuno. Provai a chiamare mia madre, mio padre, Jean, ma nessuno rispondeva. Così mi rassegnai e chiamai l’ultima persona che avrei voluto avvertire in un momento del genere. Al terzo squillo rispose.

-Lisa, sono io, ho bisogno di aiuto.- le dissi rassegnata.

-Che succede, Eve?- domandò preoccupata dal mio tono di voce.

-Sono bloccata nell’ascensore della scuola.-

-Oddio, chiamo subito qualcuno! Non preoccuparti, respira e cerca di non pensare alla situazione, ti libero io!-

-Grazie Lisa!-

-Dille di fare presto.- disse Will.

-Chi c’è con te?- chiese Lisa, alla quale non sfuggiva mai niente (accidenti!).

-William.- ammisi.

-Ohh!- e percepii una leggera risatina. –Non preoccuparti, penso a tutto io.- mi disse in tono poco, ma veramente poco, rassicurante.

-Lisa, per carità, tirami fuori di qui!- le urlai prima che riattaccasse.

Lanciai il telefono nello zaino e tirai un pugno alle porte. –C’è qualcuno?- chiesi gridando.

-Enny, calmati! Così ti romperai una mano e nessuno ci salverà.- cercò di placarmi Will mettendomi una mano sulla spalla.

Guardai prima la sua mano, poi lui ed arrossii. Non mi aveva mai toccata prima. Lui tolse la mano ed io mi allontanai, per quanto possibile. Scivolai lungo la parete dell’ascensore e mi sedetti per terra. Qualche minuto più tardi Will mi imitò.

Non so quanto tempo dopo, lui parlò. –Cos’è che ti spaventa negli ascensori?-

-Questo.- dissi accennando con la mano al fatto che eravamo sospesi nel niente.

-Ma sei viva, respiri e stanno venendo a salvarci.-

-Potrei essere a casa, se solo tu mi avessi dato ascolto per un minuto.- risposi.

Will strinse gli occhi, poi parlò. –Evanna, qual è il tuo cazzo di problema? Spiegamelo, perché il tuo atteggiamento è davvero un mistero per me! Sto cercando di esserti amico, so che non accetti il fatto che viva sotto il tuo tetto, ma non dipende da me, anch’io preferirei essere a casa mia, ma ho fatto delle cazzate e non potrei nemmeno tornarci. Tua madre mi ha ospitato, ma se la situazione deve essere questa, dimmelo. Sono disposto anche ad andare via, ma smettila di rispondermi come fossi un mostro!- concluse arrabbiato.

Aveva ragione. In effetti ne aveva un bel po’. Non ero stata molto carina nei suoi confronti, lui, invece, stava sforzandosi di essere gentile. Era persino venuto al Pronto Soccorso al posto dei miei genitori. Beh, non che fossi stata in pericolo di vita, ma nessuno si era preoccupato di venire, solo lui.

Notai che mi stava dando le spalle.

-Will..- lo chiamai sfiorandogli la schiena con un dito. Lui si voltò di scatto e mi ritrovai il suo volto più vicino al mio di quello che pensavo.

-Dimmi.- sussurrò.

-Hai ragione.- dissi.

-Lo so.- scherzò accennando un sorriso.

Sorrisi anch’io. –Dico sul serio, non volevo trattarti male. Non voglio che tu te ne vada, alla fine mi fa piacere avere compagnia in casa.- ammisi. –Solo..-

-Solo..?- mi chiese.

-Non mi piace che ti intrometta in cose che non ti riguardano.-

-Ancora Dean?-

-Sì, ancora Dean.- dissi tirandomi un po’ indietro.

-Perché vuoi farti del male, Enny?-

-Lui non mi farebbe del male, lo so.-

-Non puoi saperlo. Almeno fidati di me.-

Abbassai lo sguardo. –Non credo di poterlo fare.- ammisi.

-Per la storia di Pearl?- chiese.

-Per tutto, Will! Tu hai contribuito a farli lasciare e adesso mi vieni a dire di stare lontana da lui, per di più senza raccontarmi com’è andata. Io non ti conosco, non riesco a fidarmi di te sulla parola quando i fatti dicono tutt’altro!- dissi con sincerità.

-Bene, almeno hai detto quello che pensi veramente.-

-Mi dispiace.-

-Non è vero, sii sincera fino in fondo, Enny. A te non importa nulla, sono uno sconosciuto per te, no?-chiese con un sorriso amaro.

Non so cosa mi prese, ma mi sentii in colpa, così in colpa da avvicinare la testa alla sua spalla ed appoggiarvela cautamente. Sentii il suo corpo irrigidirsi dalla sorpresa e poi, subito, rilassarsi.

-Non sei uno sconosciuto.- dissi. –Sei parte della famiglia.-

Allungò una mano e la fece sfiorare con la mia. –Grazie.- sussurrò.

Passammo qualche minuto fermi in quella strana posizione che, per lo sforzo che mi era costata, era l’equivalente di un abbraccio. Poi il mio cellulare squillò.

-Enny, sono con i tuoi genitori al piano terra, tra poco i vigili del fuoco vi tireranno fuori.- mi disse Lisa.

-Davvero?- urlai staccandomi da Will. –Grazie Lis, ti adoro!-

-Ci stanno salvando!- dissi a Will dopo aver riattaccato e, senza pensarci, lo abbracciai.

Lui ricambiò l’abbraccio delicatamente, forse per paura che mi arrabbiassi. Poi si staccò e, senza darmi neppure il tempo per capire, posò le sue labbra sulle mie. Avvertii il mio cuore perdere un battito, ma mi staccai immediatamente andando ad appiattirmi alla parete dell’ascensore. Lui, invece, si mise davanti alle porte dandomi le spalle.

Per il resto del tempo nessuno dei due parlò. Neppure quando i vigili del fuoco ci fecero uscire e i miei genitori si precipitarono ad abbracciarci entrambi, nemmeno quando salutai Lisa con un veloce bacio sulla guancia prima di salire in auto, neppure quando arrivammo in casa ed ognuno di noi andò nella propria stanza.

 

Dopo cena Lisa mi aveva telefonato per capire il mio strano atteggiamento del pomeriggio, ma io evitai di raccontarle tutto dando la colpa alla paura e al trauma. Beh, avevo realmente subito un trauma in quell’ascensore, anche se non quello che credeva lei!

Il cellulare vibrò per segnalare l’arrivo di un messaggio. Era di Dean.

Non vedo l’ora sia domani. Alle sette va bene?

Risposi pregando di sembrare interessata quanto dovevo. Perfetto. Un bacio :)

Dopo averlo inviato mi detti mentalmente della stupida per il pensiero precedente. Io ero interessata, veramente, perché mai avrei dovuto fingere? A me Dean piaceva e volevo uscire con lui.

Grugnii ed uscii dalla stanza zoppicando per andare a bussare alla camera vicina alla mia.

-Entra.- disse la voce di Will dall’interno.

-Posso farti una domanda?- chiesi dopo aver richiuso la porta alle mie spalle.

Lui annuì.

-Cos’era quello?-

-Quello cosa, Enny?-

-Nell’ascensore..-

-Ero felice di tornare a casa, quindi ho ricambiato l’abbraccio.- disse semplicemente.

-E il bacio?- chiesi insistendo.

-Non era un bacio.-

-E cos’era?- domandai ancora.

-Non lo so, mi andava. A te non va mai di fare una cosa?-

-Sì, ma non vado in giro a baciare le persone!-

-Io sì.- ma capì di aver detto una cavolata. –Non in quel senso.-

Risi amara. –No Will, il senso è proprio quello giusto!- e me tornai in camera mia.

Afferrai il cellulare e mandai un sms a Dean.

Anch’io non vedo l’ora sia domani.

Io non dovevo fingere un bel niente, ero davvero interessata.

E, allora, perché avevo sentito il bisogno di inviare quel messaggio?

 

 

 

 

 


 

 

 

Note dell’autrice:


Salve a tutti! :)

 

Scusate il mio immenso ritardo, mi dispiace davvero tanto, ma non sono stata molto abile nell’organizzarmi con gli esami all’università.

Che ne pensate del capitolo? So che in alcuni punti sembra la tipica commedia americana, ma è una storia molto leggera, una letture per divertirsi, quindi qualche luogo comune ci sta. :)

 

Ringrazio tutti coloro che seguono/ricordano/preferiscono la storia e coloro che dedicano piccola parte del loro tempo a recensire. Siete speciali!

 

A presto!

Baci,

Jane

  
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