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Autore: Lila May    09/09/2014    4 recensioni
{ MarkxEsther, per chi non lo sapesse, mi sto riferendo a Esther Greenland, giocatrice della Tripla C. } { fluff, Romantico } { Perché io li ho inventati e ancora non ci ho scritto niente su. Uccidetemi. }
***
Ecco cosa è capace di fare Mark Kruger, se si commette un torto alla sua migliore amica.
Dal testo:
Il biondo strinse i pugni con forza e le posò il suo giacchetto sulle spalle, irritato. - Non prendere freddo - l'ammonì, per poi tentare di raggiungere il taxi con una corsa. Ahah, povero uomo. Ora sì che era nei casini.
- M-Mark, d-dove vai?! - strillò lei, facendo qualche passo in avanti.
- A fargli pentire di avermi incontrato! - replicò l'americano, lasciando che un forte senso di vendetta gli percorresse i muscoli e prendesse possesso del suo cuore bonario. Nessuno, nessuno doveva permettersi di infangare la sua dolce Esther Greenland. Nessuno doveva farla vergognare, nessuno doveva metterle le mani addosso, nessuno doveva toccarla.
Perché poi, chiunque avesse osato darle fastidio, se la sarebbe dovuta vedere con lui e i suoi cazzotti poco socievoli.
***
Buona lettura ^^!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Kruger
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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DI TAXISTI FRETTOLOSI, SCHIZZI DI FANGO E NERVI A FIOR DI PELLE.
 

Esther poggiò bruscamente i gomiti sul legno color mandorla del tavolo, stanca, poi s'incastrò il capo fra le mani e sospirò amaramente. Si sentiva come segregata in una stanza umida e chiusa, senza aria per riempire i polmoni, cibo, acqua e tanti altri viveri necessari alla sua sopravvivenza.
Strinse gli occhi e gemette debolmente, poi cercò di svuotare la mente. Ormai era da ben due ore e un quarto che le pulsavano le tempie, le girava la testa e le dolevano i talloni.
Non che avesse bevuto tanto e indossato tacchi slanciati quanto l'Everest, solo che la discoteca non era mai stato il suo forte, e quindi si sentiva a disagio, senza contare che la fronte le scottava da morire. Troppa musica, troppa adrenalina, troppi strilli ... per un' amante del sonno ristoratore come lei, ciò era intollerabile.
Sollevò lo sguardo con lentezza e per sbaglio si perse nell' osservare due lesbiche baciarsi appassionatamente in bocca.
Corrucciò le labbra e riabbassò il capo, piuttosto schifata, poi gonfiò le guance e mandò giù un groppo di saliva. Forse era meglio se usciva a prendere una boccata d'aria ... anche perché stava cominciando a salirle il vomito, e non le andava di fare la figura della povera malandata puttana.
Si alzò dal tavolo, si diresse verso l'uscio del locale e pochi secondi dopo si ritrovò fuori, all'aperto. Chiuse gli occhi e lasciò che l'odore della pioggia prendesse possesso delle sue narici, poi si spianò contro il muro e si accese una sigaretta per scacciare un brivido di freddo. New York quella sera era proprio bella, romantica e triste.
Macchine dai colori spenti sfrecciavano sicure lungo l'asfalto ancora umido di pioggia, nell'aria aleggiava un forte odore di autunno e come sfondo, alti ed imponenti grattacieli sfoggiavano la loro eterna modernità percorsi da mille luci colorate. Sospirò e si strinse nelle spalle, poi strofinò gamba contro gamba, infreddolita. - Maledetta me, che mi sono messa questo stupido vestitino estivo ... - si offese, gettando la sigaretta in un portacenere lì vicino con fare educato, quando un lancinante dolore alla testa la obbligò a tenersela con entrambe le mani. - Oddio ... - imprecò, addentandosi il labbro inferiore a sangue. Non si era mai sentita così in tutta la sua vita, mai. Che le prendeva? Un improvviso colpo di febbre, forse? Fece per rientrare, vinta dal dolore, ma ad anticiparla fu un meraviglioso biondo dagli occhi perlacei simili a due sfere d'acqua e le spalle possenti, che aprì la porta al posto suo.
- Piccola ... - mormorò, sorridendole dolcemente.
Esther arrossì e affondò il naso nella sciarpa, intenerita. - Mark ... - lo chiamò, ricambiando il sorriso con timidezza. Eccolo, ecco il suo Principe Azzurro cercare il suo affetto. Senza neanche averlo dovuto chiamare, ora ce l'aveva di fronte. - Che ... che ci fai qui? -
Il ragazzo le passò una mano sulla spalla, infondendole calore, poi le si avvicinò con cautela e le sollevò il mento, desideroso di ammirarla negli occhi. - ero venuto a cercarti - le spiegò, poggiando il lungo naso su quello di lei, piccolo e morbido.
La mora ebbe come l'insano ed inspiegabile impulso di baciarlo sulle labbra e affondargli le dita fra i capelli, ma prima che potesse fare qualcosa per scacciare il pensiero, esso si dissolse da solo. Evidentemente stava troppo male per ragionare in modo intelligente. - beh, mi hai trovata - gli disse, lasciandosi sfuggire un sospiro di stanchezza.
Mark assottigliò lo sguardo e non le rispose, concentrato nell'esaminarle il volto con fare attento e premuroso. - Ti vedo pallida - osservò dopo un attimo di silenzio, incastrandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. - Tutto bene? -
- Sì, io ... - gli rispose l'amica, scuotendo il capo con un sorriso e liberandosi così dalla sua amorevole presa. - probabilmente sono solo un po' stanca ... - mentì, facendo qualche passo indietro. Certo, era stanca, ma non era per quello che si sentiva così debole e priva di sentimento. Probabilmente aveva davvero preso un brutto colpo di febbre. - meglio se torno a casa. -
- Certo ... - l'americano s'infilò le mani in tasca, deluso, poi sollevò le spalle e prese a guardarla con aria sarcastica. - bella cazzata che mi hai detto, Esther. -
La ragazza trasalì e inchiodò lo sguardo a terra, imbarazzata. Come al solito, a Mark non sfuggiva mai nessun particolare. Incredibile. Ciò le provocò un lieve scintillio agli occhi. Ormai l'intesa nata fra loro era diventata così grande, intensa e meravigliosa che, per quanto fosse brava nel mentire, lui si accorgeva di tutto. - Mark, come diavolo ... -
- Pensi di prendermi in giro ...? Sono il tuo migliore amico, ci conosciamo da dieci anni - le rispose il biondo, un po' offeso, ad ogni modo preferì non lasciar trasparire troppo le sue emozioni. - Devi aver preso un colpo di febbre, hai la fronte bollente, e ti tremano lievemente le labbra. -
Esther scosse il capo, imbarazzata. Ecco. Scoperta ancora. Allungò le braccia verso di lui e cercò un suo abbraccio, distrutta, poi gli affondò la faccia fra i pettorali e iniziò ad ansimare debolmente. - Perdonami, Mark, solo non volevo farti preoccupare troppo ... -
- E' tutto okay, non importa - la rassicurò lui, stringendosela forte a sé per proteggerla da una brusca folata di vento. - vuoi che ti accompagni a casa? - le chiese poi, baciandola fra i capelli come fosse la sua bambina.
- Magari ... - sussurrò in risposta lei, guardandolo implorante. - mi faresti questo favore? -
- Ma certo, stella. -
- Ti adoro ... -
Mark sorrise dolcemente e le prese una mano, desideroso di arrivare alla macchina il prima possibile, quando un taxi impazzito sfrecciò davanti alla ragazza, sgommando rapidamente su una pozzanghera e imbrattandole il vestito di fango, acqua e sporcizia.
- N- n ...! - balbettò Esther, le labbra incrostate di fango e l'abito zuppo d'acqua. Sebbene lo odiasse con tutto il cuore, rimaneva sempre il suo adorabile vestitino primaverile. E nessuno doveva permettersi di macchiarlo. - I- il ... m- mio v-v-vest-tito nuov-o ... Dio, solo Dio sa quanto è costato! -
Il biondo strinse i pugni con forza e le posò il suo giacchetto sulle spalle, irritato. - Non prendere freddo - l'ammonì, per poi tentare di raggiungere il taxi con una corsa. Ahah, povero uomo. Ora sì che era nei casini.
- M-Mark, d-dove vai?! - strillò lei, facendo qualche passo in avanti.
- A fargli pentire di avermi incontrato! - replicò l'americano, lasciando che un forte senso di vendetta gli percorresse i muscoli e prendesse possesso del suo cuore bonario. Nessuno, nessuno doveva permettersi di infangare la sua dolce Esther Greenland. Nessuno doveva farla vergognare, nessuno doveva metterle le mani addosso, nessuno doveva toccarla. Perché poi, chiunque avesse osato darle fastidio, se la sarebbe dovuta vedere con lui e i suoi cazzotti poco socievoli.
Si mise davanti al taxi e tese le braccia, sperando si fermasse, ma la macchina al posto di frenare accelerò, ignorandolo del tutto.
Esther non fece neanche in tempo a gridare dalla preoccupazione che l'americano, lesto, sbatté tutte e cinque le nocche della mano sinistra contro il cofano, riuscendo a fermare l'auto (e a deformargli il muso).
- Oh, Mark, santo cielo ... - la mora si portò una mano al cuore, sollevata, e l'orrore di vederlo disteso sull'asfalto col sangue alla bocca svanì dalla sua mente già abbastanza annebbiata. Quindi era questo quello che voleva fare l'amico. Vendicarla ... arrossì e annusò con amore il giacchetto che lui le aveva gentilmente prestato, deliziata. Mark Kruger era un ragazzo davvero adorabile, protettivo e forte. Ancora si chiedeva perché non si fosse unito in matrimonio con una bella gnocca ... sorrise malefica. Meglio, no? Così nessuna stupida oca glielo fregava.
- Ehi! - strillò d'improvviso il taxista, interrompendo il flusso dei suoi pensieri poco casti e fin troppo indecenti. - ma che cavolo ti prende, biondo, hai bevuto ...? Mi hai rovinato la macchina! -
- Scendi! - ringhiò Mark, indicando la strada con irritazione e sdegno.
L'uomo deglutì e scosse il capo, poi riavviò il motore e sorrise divertito. - Dai, spostati - gli ordinò, mettendo il piede sul pedale dell'acceleratore. - Non ho tempo per te, la tua fidanzatina e il suo fottutissimo vestitino da quattro soldi ... -
- Prima di tutto non è la mia ragazza ... - lo corresse l'americano, venendogli incontro e aprendo lo sportello del taxi con rabbia. - Come secondo, ti ho detto di scendere ... E QUINDI SCENDI, CHIARO?! - gli rinfacciò poi, afferrandolo violentemente per un orecchio e spingendolo fuori dall'auto.
Il taxista ringhiò di dolore e cercò di levarsi l'americano di dosso, ma i suoi tentativi furono vani. Ancora un altro po', e avrebbe dovuto dire addio al suo orecchio. Possibile che un ragazzo di appena ventiquattro, venticinque anni sapesse tirare fuori una forza così devastante e surreale ... solo per una ragazza e il suo inutile vestito di seconda mano?
- La vedi lei!? - urlò Mark, addossandolo al muso del taxi con violenza. - LA VEDI!? RISPONDI! -
- Sì ...! - replicò l'uomo, seccato.
- Come cazzo ti è saltato in mente di sgommare su merda liquida, sporcarla e neanche fermarti per chiederle scusa!? COME?! - abbaiò il biondo, stringendogli con forza i polsi e posandogli bruscamente un ginocchio sulla schiena, impedendogli di fuggire. - RISPONDI! -
- Ah, taci un po', coglione! - lo offese il taxista, tirandogli una precisa tallonata nel bassoventre per liberarsi dalla stretta.
Mark non ebbe neanche tempo di gemere per il troppo dolore che, non riuscendo a schivare un imminente pugno in arrivo, si ritrovò il volto scaraventato dall'altra parte e le labbra a perdere sangue.
Esther sgranò gli occhi e fece due passi in avanti, spaventata, poi lasciò cadere la borsetta a terra. - Mark ...! - lo chiamò, portandosi ambe le mani davanti alle labbra. - Dio, ti sei fatto male!? Lascia perdere, dai, torniamo a casa ... -
Il biondo batté gli occhi più volte, stralunato, poi scosse il capo e si riprese. Ora sì che erano guai. In genere non era un ragazzo che picchiava, alle mani preferiva di gran lunga le parole, ma se irritato sapeva essere peggio di Dylan.
- Ahah, a quanto pare non sei così forte come credevo! - Il taxista cercò di fracassargli la mascella con un altro pugno, eccitato, ma Mark riuscì a schivare il colpo e a scaraventarlo nuovamente addosso al taxi, facendolo sballare.
- Vuoi la lotta!? - gli domandò, asciugandosi il sangue alle labbra con il polso destro, i muscoli pervasi da una potenza incontrollabile. - Vuoi che ti faccia male?! -
- Biondo, va da mammina, va! - lo provocò l'uomo, venendogli addosso con rabbia.
Mark gli si rivoltò contro e insieme rovinarono a terra, dando il via alla lotta, poi iniziarono a menarsi seriamente.
- Mark, ti prego, basta ... - mormorò Esther, le lacrime agli occhi e le labbra tremanti di freddo. Se solo non avesse la febbre, se solo non si sentisse così inutile e fragile, gli sarebbe giù venuto in soccorso ... il solo pensiero che l'amico potesse uscirne lesionato la stava mandando in bestia. Pregò con tutto il cuore che Dio vegliasse su di lui, poi si corpì gli occhi con entrambe le mani e attese in un suo abbraccio come gran finale.


Rimase così per attimi che le sembrarono eterni, il cuore in gola e le labbra tremanti di freddo. Possibile che, nonostante passassero mille macchine, nessuno aveva chiamato la polizia?
Gemette e si addentò il labbro inferiore.
E perché non ci aveva pensato lei allora? Ma che cavolo di ragionamenti stava facendo? Si scostò le mani dagli occhi, confusa, poi cercò Mark con sguardo disperato. Sollevò un sopracciglio. Da quanto tempo, a circondare lui e il taxista, si era radunata una piccola folla di persone? Fece per andare a controllare, stranita, quando un Mark zoppicante si fece largo fra le persone, tenendo l'uomo per un polso.
- Mark ... - lo chiamò, portandosi una mano al cuore. L'americano sollevò il capo e avanzò verso di lei, cauto, poi le gettò davanti il taxista, ridotto a uno straccio.
La mora assottigliò lo sguardo e lo esaminò attentamente, spiazzata. Sebbene l'uomo fosse ridotto peggio di lui, l'amico non stava affatto bene. Aveva il labbro inferiore completamente spaccato, un occhio pesto e i capelli spettinati. E questo le bastò a ricevere una fitta al cuore. - Mark, perché ... -
- Chiedile scusa. Adesso - la ignorò l'amico, rivolgendosi al taxista.
Lo sconfitto sollevò il volto con fatica, poi mormorò un flebile "scusa" e, debole, si trascinò verso la sua auto.
- Tutto questo non sarebbe successo se lo avesse fatto prima - replicò Mark a se stesso, osservandolo accendere i fari e sgommare, o meglio, fuggire via da lui.
Esther lo guardò per un istante, allibita, poi scoppiò a piangere, catturando la sua attenzione furibonda. - Esther? -
- Mark, ti prego, non farlo mai più ... - mormorò, lasciandosi cadere fra le sue braccia possenti e aggrappandosi al suo collo per evitare di scivolare. Non poteva credere che le sue preghiere erano state ascoltate, che il suo migliore amico ce l'avesse fatta e che ora era lì che la stringeva forte. Magari poteva sembrare una cosa da niente, insomma, menarsi per sciocchezze era umano, ma lei gli voleva un bene dell'anima, lo amava, lo adorava, lo stimava e lo desiderava, per lui sarebbe arrivata addirittura a togliersi la vita. - Non farlo mai più, mi sono davvero preoccupata ... -
- Dai ... - la rassicurò il ragazzo, con voce dolce. Se c'era una cosa che odiava, era vedere Esther col muso. Proprio non riusciva a tollerarlo. - Te l'ho detto e ripetuto che quando piangi sei orrenda ... -
- Grazie per ... - la mora arrossì e si asciugò il mascara colato, distrutta. - la sincerità ... -
- Lo sai che scherzo - ribatté Mark, baciandola su una guancia con affetto.
Esther non riuscì a replicare, troppo affranta per sorridere, e gocce cristalline presero nuovamente a rigarle il volto, tremanti e salate.
- Ehi ... - l'americano sospirò e le asciugò una lacrima con il pollice, dolce. - ci ho rimesso il labbro, ma almeno ho protetto la dignità del tuo vest ...! - non riuscì a terminare che la lingua dell'amica gli carezzò gentilmente il labbro, poi allargò la bocca e la unì alla sua in un dolce bacio a stampo, bacio che sembrò durare un'eternità.
Quando si staccarono, Esther arrossì e iniziò a lottare contro l'imbarazzo. Oddio, aveva baciato Mark Kruger, il suo migliore amico, aveva assaportato le sue labbra senza che lui le dicesse nulla. Ma che cavolo le era preso? - Scusa, volevo ... volevo solo asciugarti il sangue ... -
- Beh ... - l'americano le sorrise con malizia, poi le posò due mani sui fianchi e se la strinse a se. - sai, credo che stia continuando a scendere ...
- disse, fingendo di provare dolore. - non è che ... -
La mora gli prese il volto fra le mani e lo baciò ancora, con più dolcezza, poi si lasciò sfuggire un sospiro. Se non si dava una controllata, lo avrebbe di certo portato a letto.
- Sai ... - Mark le incastrò un ciuffo dietro l'orecchio, divertito. - Se è questo quello che ... - non riuscì a terminare che la ragazza si ritirò (con rammarico) dalle sue ammalianti carezze, poi gli fece cenno di seguirla. - Non dovevi portarmi a casa? - gli chiese, raggiungendo la BMW dell'amico.
Il biondo si strinse nelle spalle e si toccò il labbro, poi annuì e la raggiunse con una corsa, ancora frastornato a causa dell'accaduto.
Se era quella la ricompensa dopo una (stupida) lotta all'ultimo sangue, allora, per lei, avrebbe menato più spesso.


Angolo Autrice
Ok, Mark, basta che non ammazzi.
... ehm.
Buonsalve, aspiranti scrittori.
Siccome domani parto per Cuba e siccome questa - orrenda - MarkxEsther era lì, abbandonata al suo destino e incompleta da chissà quanto, oggi mi sono decisa a finirla. Non sapete quanto sono orgogliosa di pubblicarla *w*!! Voglio dire, le mie amiche (grazie, ragazze, vi voglio bene ;*) hanno già scritto tantissime storie su sti due e IO, IO che li ho PERSINO inventati (e diffusi :3), ne ho solo una. Cioé, che vergogna.
Linciatemi(?).
E quindi, ecco un'altra fiction a favore della loro diffusione (siamo già in 6, attenzione.). Ho lasciato il finale aperto per far immaginare a voi.
Io, tanto, lo so che vanno a fare. *sguardo malizioso*
Solo che non sanno che sono dietro la porta di casa, con un fucile in mano. *sguardo sadico*
Però ognuno può interpretarlo come più preferisce, fate voi ^^.
Un'ultima cosa, è il rating. Boh, io ho messo arancione a causa della lotta (rendiamoci conto. Per un vestito. Deve amarla davvero tanto, Esther °^°!) e le parolacce, ma ditemi voi. Non sono brava a descrivere tali scene.
E niente, credo di aver detto tutto a parte che Mark Kruger è un figo assurdo e che un giorno io lo incontrerò.
Adesso vi lascio, che ho delle valigie da preparare.
Addio(?).

   
 
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