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Autore: LadyIce9    09/09/2014    6 recensioni
Questa storia è ambientata subito dopo la morte di Ariana Silente, evento, che, come sappiamo, segnò nel profondo la vita di Albus e quella di suo fratello Aberforth, vuoi per il dolore dei sensi di colpa, vuoi per la rabbia e il rimorso di non averla salvata.
Ma, oltre a loro due, ci fu un altro personaggio che patì silenziosamente le conseguenze di questa dipartita, un personaggio che a prima vista può sembrare forte e imperturbabile, ma che, in realtà, cela dentro di sè una paura e una debolezza innimaginabili, sconfinate. Perchè il giovane Gellert Grindelwad, oltre ad essere un mago potente e un giovane bellissimo, era anche un narcisista, e si sa, il narcisismo è solo il disagio esistenziale mascherato con vesti dorate e vane vittorie...
Questa storia partecipa al contest "Dell'amore e di altri demoni" indetto da Mary Black.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Da solo, per il Bene Superiore


Lui non capisce.

Nessuno può. Nessuno è in grado di comprendere il potere di cui io mi faccio precursore, il potere che scorre che nelle mie vene e che necessita febbrile di essere liberato e vibrato nel cielo, puro e splendente come le stelle.

E lui, questo, non lo capisce. Si crede forte, Albus, quasi più forte di me.

Che sciocco, un ingenuo.

Certo, io ho sbagliato.

Ho frainteso, credevo che fosse alla mia altezza, credevo che avesse compreso il mio potere, la mia forza, la sete logorante di dominio che mi è sposa, che muove i miei passi, che colma di piacere la mia esistenza.

Eppure, mi sono sbagliato.

Come ho potuto sbagliare? Come ho potuto non rendermi conto che sotto quel suo talento apparente c'era solo debolezza, paura, insofferenza? Ebbene, non me ne capacito.

Questo sbaglio mi consuma, vorrei lacerare mente e corpo per capire come ho fatto a errare in questo modo e a non capire chi fosse lui per davvero.

Mi ha usato, Albus.

Si è permesso di usarmi per riempire quella sua vita insignificante, mi si è attaccato come un mollusco, ha sfoggiato quelle sue illusorie capacità e quella cultura teatrale allo scopo di godere della mia compagnia e di riempire la sua vile esistenza.

Vile, ecco l'aggettivo perfetto per lui.

Io gli ho fatto conoscere il potere, gliel'ho spiegato, gliel'ho offerto a mani nude, gli ho fatto perfino ascoltare il canto della Vittoria intonato dalla mia anima gloriosa, e lui cosa fa? L'ha rifiutato.

Dopo oggi probabilmente non lo rivedrò più. Meglio. Cosa può importarmene? Nulla.

Io sono forte.

Ma allora cos'è questa angoscia che mi pervade? Che significato ha questa paura continua, che mi assilla, che mi toglie il respiro, la vista, la voce?

Mi mordo le labbra e le unghie, le rompo, le strappo, voglio vederle sanguinare. Furia e odio, sento solo furia e rancore. Rabbia.

Ho sbagliato.

Io, Gellert Grindelwald, ho sbagliato. Non vedrò più Albus, ma di questo, l'ho detto, non me ne importa.

Dovevo capirlo, lui con quei suoi occhi scintillanti mi ha indotto in errore, ho confuso la voglia di vivere e l'entusiasmo giovanile con la forza e il potere.

Ma il potere appartiene solo a me, nessun'altro è abbastanza degno di meritarlo, dovevo capirlo prima.

Ma allora cos'è questa angoscia che mi opprime? Sento paura, la mia rabbia è corrosa dalla paura, sento che c'è qualcosa che non va.

Io ora lo so, da oggi lotterò da solo per il Bene Superiore e naturalmente lo conquisterò, sarò padrone dei doni della morte e diverrò invincibile. Però c'è un spirito nero che aleggia e mi tormenta.

Perché ha rifiutato?”

E mi rispondo: Perché non è in grado, Gellert, solo per questo. Non ha le capacità di comprendere il potere, non ha l'audacia, la forza, l'intelligenza e la lungimiranza che hai tu. Non è degno del Bene Superiore, solo tu lo sei.

Rido e bevo il mio whisky, i miei pensieri mi fanno ridere, tanto sono giusti.

Forse è stata la mocciosa.”

Ecco, di nuovo.

Di nuovo torna a disturbarmi la morte di quell'insignificante creatura. Come se potesse importarmene qualcosa, come se meritasse l'attenzione anche di uno solo dei miei pensieri! Rido, ancora e ancora.

Lecco il sangue che sgorga dalle mie unghie strappate, troppo prezioso per andare perduto.

Povero Albus, la dipartita della donnetta gli ha dato alla testa, gli ha fatto perdere il senno. Eppure mi sembrava un uomo così sveglio, così talentuoso, quasi avevo scorto il fuoco nei suoi occhi, la brama, l'ambizione! Come può una sorella ritardata averlo condizionato così? Tanto sarebbe morta comunque, da qui a pochi anni, era una creatura così debole, inutile, priva di ogni attrattiva o potenziale. Ancora non mi spiego tutta questa tragedia. Ariana la ritardata è morta. E allora? Chi se ne frega, un problema in meno.

Ma Albus non mi ha voluto ascoltare, sembrava che ci fosse solo quella mocciosa e che io non esistessi più.

Basta ora, ordino alla mia mente di non pensarci. Né alla ritardata, né ad Albus.

Mi alzo e vado chiudere le finestre: sento freddo.

Facendo ciò, scorgo nel vetro la mia immagine. Sorrido di fronte alla mia bellezza, nessun giovane è bello e potente quanto me, e Albus lo sapeva. Eccome se lo sapeva.

Anche se non me l'ha mai detto, io conoscevo perfettamente quali tenerezze celava dietro al suo sguardo composto, conoscevo fin troppo bene quale tipo di sete divorava il suo povero corpo...

Rido di nuovo, che amico sciocco.

Come se io, Gellert Grindelwald, il conquistatore del mondo e il futuro padrone dei doni della morte, non fossi un vero uomo. Io amo le donne, di questo non c'è neanche da discuterne. Figuriamoci.

Sono un uomo, io.

Tolleravo i suoi sentimenti, questo è vero, li tolleravo solo perché avevo completamente travisato le sue capacità e la sua forza: sembravano quasi paragonabili alle mie.

Eppure..”

No! Chiudo gli occhi, non ci devo pensare. Che stupidi dubbi, Gellert!

Mi mordo le labbra, mi graffio le braccia con le unghie scarnificate, tutto pur di non pensare questo. Albus era un debole, io sono un forte. Ciò che spingeva lui non era il potere e il canto della Vittoria, come accadeva per me. Ho solo errato, ho confuso le sue potenzialità, può capitare di sbagliare.

Bevo di nuovo un bel sorso di whiskey incendiario, per scacciare i tremori. Ne bevo un secondo, ma sono costretto a sputarlo subito, tossico, mi manca l'aria. Non riesco più a respirare, come se l'aria mi fosse stata risucchiata via e con essa anche tutto il mio coraggio e la mia forza indissolubile. L'ombra di paura che mi aleggia accanto, maledetta persecutrice, sta ridendo e si sta prendendo gioco di me.

E, di nuovo, il panico e il dolore. Tutto per colpa sua.

Perché mi ha rifiutato? Perché hai rifiutato di seguirmi, Albus? Perché hai anteposto la morte di quella ragazzina al Bene Superiore? Perché l'hai anteposta a me?

Saremo stati inarrestabili, noi due insieme, avremmo conquistato il mondo e le sue stelle, tutto si sarebbe inchinato di fronte a noi! Perché mi hai fatto questo?”

Dolore e dolore, sento un dolore acuto che mi uccide, il mondo si ottenebra, il mio corpo trema.

Getto il bicchiere a terra con forza, guardo le sue schegge acuminate spargersi per il tappeto. Ora sono sole, penso, sono state separate dall'intero, dal loro unicum, e niente potrà farle tornare come prima.

I tremiti diventano così forti da farmi girare la testa, mi siedo, anzi no, mi alzo, mi sposto e riapro la finestra, sento caldo, ho bisogno di aria.

Il vento gelido notturno mi investe e mi colpisce come una frusta, io apro la bocca, cerco di ingoiarlo, di farlo mio, ne ho terribilmente bisogno.

Mi hai ingannato, Albus, ora l'ho capito.

Sembravi così sicuro ed entusiasta!

E come mi divertiva il tuo entusiasmo! Come adoravo la tua ammirazione! Perfino le tue occhiate moleste e insistenti, adoravo.

Ma tu ci hai tradito. Hai tradito me e il nostro futuro di dominio, annientandolo senza pietà, hai rinunciato al potere per colpa di un errore, di un piccolo, insignificante errore.

Perché è stato un errore, e tu lo sai Albus, io non avrei voluto che succedesse, cosa me ne può importare di quella mocciosa? È stata un'imprecisione, un disguido. Di certo non uno sbaglio mio, io con la mia bacchetta non posso errare, sono troppo forte e capace, l'errare non mi appartiene.

Inspiro con forza, sento di nuovo l'aria riempirmi i polmoni brucianti, mi sento meglio. Decisamente meglio.

Io non c'entro con la morte della mocciosa. Sorrido, certo che no.

È stato lui.

È stato lui e si è voluto punire, precludendosi la sorte gloriosa che io gli avevo accordato. Debole.

Ma va bene, niente di grave, Gellert.

Raggiungerai le stelle da solo, da solo diverrai il padrone dei doni della morte, sarai l'unico e vero re. In fondo, i re sono soli e il potere può appartenere solo ad uno, ed è mio.

Ti guarderò, Albus, dall'alto della mia potenza, ti guarderò piangere e supplicarmi di perdonarti e tornare indietro, tornare da me.

Ma io non ho bisogno di te.

Io sono Gellert Grindelwald, colui che sarà l'unico e incontrastato padrone del mondo, artefice del nuovo ordine, signore dei doni della morte.

E ce la farò, lotterò, distruggerò e ucciderò con tutta la mia forza, ma ce la farò.

Per te, Albus.

Per il Bene Superiore.



N.D.A.

Salve a tutti!

Come ho scritto nella presentazione, questa storia partecipa al contest di Mary Black, relativo a delle coppie nelle quali uno dei due personaggi è affetto da una specifica patologia psicologica, come la bulimia, il sadismo, il masochismo o altre.

Io ho scelto il disturbo narcisistico e il mio personaggio disturbato è, naturalmente, Gellert, proprio perché me lo sono sempre immaginata come un il perfetto esempio di narcisista, ossia come il tipico uomo egocentrico, superbo, cinico e allo stesso tempo anche depresso, ipersensibile ai fallimenti e... perché no, inconsapevolmente innamorato di Silente...

Che dire, spero che la storia vi sia piaciuta :)

A presto,

LadyIce

  
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