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Autore: CSlover    10/09/2014    6 recensioni
Lui è l'affascinante frontman di una delle band di maggior successo al mondo. Lei un'instancabile attrice in ascesa. A volte è difficile capire cos'è reale e cosa invece non lo è quando è in gioco la fama. (CaptainSwan)
AVVISO: Questa è una traduzione della Fanfiction di niniadepapa "The Lost Boys". Non ho alcun diritto sulla storia e ringrazio ancora l'autrice per aver dato il suo consenso alla traduzione e alla pubblicazione.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Cap 28 – Tutti Mentono

 
Killian stava provando con tutte le sue forze a non fare smorfie, optando di prendere sorsate generose del suo rum, invece di ripensare ed esaminare ogni parola che aveva scambiato poco prima con Humbert. Il suo amico era andato verso di lui, mentre stava cercando di richiamare l'attenzione del barista al fine di ottenere il suo drink e Killian dovette ammettere a malincuore che non era stato un caloroso benvenuto come era abituato a condividere con i suoi compagni, il ricordo di lui che baciava Emma durante il discorso di premiazione gli faceva ancora venir voglia di girare i tacchi e andarsene, di rannicchiarsi a palla e sprofondare nel sonno per dimenticare quello che era accaduto davanti ai suoi occhi. Graham si scusò ripetendo più e più volte che naturalmente era stata tutta una farsa per i premi e che sia per lui che per Emma non significava nulla.
Naturalmente.
Anche se le sue parole volevano essere confortanti, Killian non era mai stato un fan di questo tipo di discorsi e sapeva che avrebbe avuto bisogno di tempo per venire a patti con l'amarezza che intasava le sue viscere e gli impediva di accettare le sue scuse , scuse del tutto inutili ora che ci pensava. Emma poteva baciare chiunque volesse, lei non gli doveva nulla.
Così, il rum.
All'improvviso una ragazza si avvicinò alla sua destra, troppo vicina per i gusti di Killian, che la vide distrattamente con la coda dell'occhio. Quando lei non fece alcun tentativo di allontanarsi le disse "Ti sei persa, tesoro?". 
Lei sorrise, dei denti bianco perla brillarono in contrasto con la pelle scura del suo viso "Niente affatto… forse tu si, giusto, Lost Boy?".
Lui le rivolse un sorriso a denti stretti. Come se non l’avesse già sentito prima "Divertente". In un movimento rapido la mano della ragazza prese il suo drink da dove era seduto al bancone. Bevve un sorso, senza strappare lo sguardo dal suo mentre lo faceva. Se stava cercando di essere civettuola o provocante, avrebbe dovuto dirle che non ci stava riuscendo. Non era divertito dal fatto che aveva rubato il suo amato rum: non era decisamente in vena. "Non mi ricordo di averti dato il permesso per  fare questo".
Finse di rimanere a bocca aperta inarcando un sopracciglio "Oh. Cosa? La tua ex si arrabbierà con te?".
"Beh, guarda un po’ che velocità" rispose combattendo l'impulso di scattare verso di lei. Doveva mantenere una sorta di compostezza qui. Erano in pubblico dopo tutto. Sarebbe stato inutile iniziare una lite durante quello stupido party.
Batté le unghie smaltate contro il vetro freddo del suo drink, fissandolo con un sorriso di sfida "Apprendo in fretta".
"Allora devi sapere che non sono assolutamente interessato".
Si avvicinò a lui allora, il petto quasi strofinò contro di lui e il suo corpo immediatamente scattò lontano da lei, come se lo avesse bruciato. Sentì come se fosse completamente  sbagliato, il toccarlo, il flirt sfacciato ... tutto "Forse non adesso ... dammi un pò tempo".
Lei non si tirò indietro, anzi.
Oh, bene. Non sapeva quanto potesse essere stronzo ...
Chiudendo la sua mano su quella di lei, come se fosse sul punto di accarezzarle le dita, la fissò catturando il suo sguardo per un paio di secondi fino a quando lei non fu completamente paralizzata "Tesoro, leggi le mie labbra: Non mi interessa" disse con fermezza e con un ultimo strattone afferrò il bicchiere dalla sua presa.
Con sua sorpresa non sembrò troppo avvilita per il suo rifiuto. In realtà, avrebbe potuto dire che non sembrava nemmeno interessata, lo guardò attentamente prima di scrollare le spalle con leggerezza parlandogli da sopra la spalla mentre si girava per andare per la sua strada "Verrò a controllare più tardi, solo per assicurarmi che tu non abbia cambiato idea".
Si girò verso il barista per chiedere un rifornimento dopo aver tracannato ciò che gli aveva lasciato, la conversazione era ormai dimenticata e scuotendo la testa replicò in modo sarcastico, le parole fuoriuscirono dalle sue labbra senza che se ne accorgesse "Non vedo l'ora".
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Non aveva idea di dove fosse. Che cosa stava facendo? Cos’era quel suono, quel battito? Era musica? Dove era seduto? Era comodo. Era bello. Morbido al tatto. Lasciò scorrere la mano sopra il materiale ammirando la sua consistenza. La sua testa si sporse di lato, gli occhi non batterono ciglio, un milione di luci brillavano davanti a lui.
Woah.
C'era una ragazza seduta lì con lui. Oh Dio, la sua pelle brillava, il sudore unito al suo colore scuro le davano un colorito luccicante che avrebbe voluto accarezzare.
Eppure non riusciva assolutamente a spiegarsi cosa stesse pensando in quel momento, il suo cervello era un casino confuso e disordinato dove ogni idea correva e volava intorno rendendogli impossibile riuscire a riordinarle.
E finì per dire cose proprio come questa:
"La tua pelle sembra caffè. Ha anche il sapore del caffè?".
Emma odiava il caffè.
Gli parve di sentire la ragazza borbottare qualcosa con rabbia sotto il suo respiro, ma non ebbe modo di scoprirlo, né era particolarmente interessato ad essere completamente onesti, decidendo rapidamente che sarebbe stata di gran lunga un’idea migliore stendersi nel privè. Prima che potesse cambiare  posizione però, fu sbalzato violentemente in piedi e una voce infuriata riuscì minimamente a diradare la nebbia nella sua mente "Killian, che cazzo credi di fare?".
"Sta con me". Una voce femminile. La voce della ragazza che sembrava caffè?
"Allontanati da lui. Adesso". Oh, voce maschile.
Aspetta. Conosceva quella voce.
Jeff? Era Jeff? Perché stava urlando? Era arrabbiato con lui? Killian odiava quando Jeff era arrabbiato con lui, aveva un carattere piuttosto forte e anche lui, di solito discutevano per le cose più insignificanti, ma poi se ne dimenticavano in pochissimo tempo. Sperava che tutto ciò che l’aveva fatto andare fuori di testa questa volta sarebbe passata lo stesso. Avrebbe dovuto scrivergli una piccola poesia per chiedere il suo perdono, se fosse stato arrabbiato per troppo tempo.
Aspetta, perché era incazzato?
E perché Jeff era lì comunque?
Dove erano?
"Ma ..." la ragazza che era seduta accanto a lui - su di lui - ma che stava succedendo?  Cercò di protestare contro i tentativi del suo amico di allontanarlo da lei e dal privè che aveva rivendicato come suo letto. Era troppo comodo lì.
"Ti ho detto di tenere quelle tue zampe unte lontane da lui. Capito?".
Killian voleva dirgli che le mani della ragazza erano tutto fuorché zampe unte , anche se quel bagliore che aveva notato poco prima sulla sua pelle avrebbe potuto portare un po’ di confusione per quanto riguardava l’unto. Forse sudate? Chi poteva dirlo? Ma non erano sicuramente zampe. Era stato così maleducato. Jeff era stato davvero scortese. 
Ma nessuna parola uscì anche se aveva cercato di colpire il suo amico sul braccio, ottenendo solo una mezza pacca patetica.
La ragazza parlò ancora una volta prima di alzarsi e andarsene "Bene. Digli che ci siamo davvero divertiti e che possiamo replicare quando vuole".
"Sicuro".
Annoiato da quella conversazione  o sarebbe stato meglio dire completamente confuso, come lo era stato da quando poteva ricordare tutto ciò che lo circondava, Killian cercò di parlare, i piedi non lo reggevano mentre cercava di mettere un passo dopo l'altro  "Jeff ... Io .."
Il suo amico non sembrava così disposto a lasciarlo parlare però, sistemò il braccio di Killian sulle sue spalle e gli avvolse un braccio intorno alla vita per tenerlo in posizione verticale,  lo trascinò lungo la folla di persone intorno a loro "Zitto, abbiamo bisogno di passare dal retro. Scommetto che ovunque sarà pieno di paparazzi e quant'altro, ma abbiamo bisogno di provarci. August ci aspetta lì".
Killian poté sentire l'umidità sul suo volto ed era in preda al panico in quanto non aveva idea se fosse a causa del sudore o delle lacrime per la sua incapacità di non riuscire a fare nulla, riusciva a malapena a pensare. La paura cominciava a paralizzarlo e non riusciva a smettere di bloccare la sua gola "Io .. non posso ... muovermi ...".
Notò che si fermarono. Sentì delle mani, delle mani fredde che gli afferrarono il volto e lo inclinarono verso un altro con degli occhi nocciola che incontrarono i suoi "Ehi, va tutto bene. Ti teniamo".
Dopo di che l'oscurità lo accolse come un vecchio amico. 
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C’erano delle voci.
Voci che lo chiamavano.
Era morto? Questo era il Paradiso?
"Killian?" Un colpo. Due. Tre. Poi la voce riprese a chiamarlo e decise che non era sicuramente il paradiso o la voce sarebbe appartenuta a qualcun altro. "Killian per favore, dì qualcosa".
Era quella di August.
Si passò lentamente la lingua sulle labbra screpolate e secche, riuscì a mormorare sottovoce una parola semplicemente per far sapere loro che era davvero sveglio. E vivo. E che il suo cervello, a quanto pare, funzionava. O almeno così credeva, almeno "Groan".
Sentì che si lasciarono sfuggire una risata nervosa e un po' traballante. Aprì gli occhi cisposi, strizzandoli contro la luce che arrivava dalla finestra, concentrandosi sulle sagome che lo circondavano. I suoi quattro angeli custodi, ognuno di loro in piedi ai lati del letto.
"E' buffo. Almeno il tuo mojo sembra essere intatto" Jefferson si girò e prese una tazza, offrendogliela. Killian si appoggiò al cuscino, con la mano un po' tremante prese la tazza e riuscì a prendere un paio di sorsi. "Come ti senti?".
Si schiarì la gola e trasalì visibilmente quando sentì il suono rauco della sua voce quando rispose "Come se mi avesse investito un camion. Diverse volte". Si fermò per un attimo guardandosi  e chiedendosi perché diavolo si sentisse così male e cercò lividi o qualsiasi altra cicatrice che potesse dargli qualche indizio sul perché sentisse tale disagio e stordimento "Che cosa è successo?".
Il fatto che nessuno di loro sembrava disposto ad offrirgli alcun tipo di risposta non gli fece una buona impressione. Considerando che erano più che aperti e loquaci per dargli addosso ogni volta che tendeva a diventare un po’ più selvaggio, questo non stava andando secondo i piani.
Killian era congelato. Riluttante, sollevandosi si voltò verso loro quattro. Si mossero sui piedi, stavano chiaramente evitando di informarlo. "Cosa è successo? Che cosa ho fatto?"  ripeté,  il panico invase la sua voce e lo scuotimento delle sue membra raggiunse livelli più elevati in pochi secondi.
Fu Victor che finalmente si alzò dal lato del suo letto, pescò una sigaretta e un accendino dalla tasca, l’accese mentre lo fissava con uno sguardo penetrante "Qual è l'ultima cosa che ti ricordi?"
Questo era un bel punto da cui iniziare, ora che ci pensava.
Si morse il labbro abbassando la testa e sforzandosi di concentrarsi. La festa. Il bancone. Aveva chiesto il rum con tutta l'intenzione di ubriacarsi per cercare di dimenticare il bacio di Emma e Graham sul palco. O la sua espressione quando avevano cantato la loro nuova canzone.
"Ho parlato con Graham alla festa. Ho visto Swan con Red Lips. Una ragazza ha cercato di parlare con me" si ricordò la ragazza, il chiaro divertimento nei suoi occhi mentre sorrideva maliziosamente al suo atteggiamento non proprio gentile. Lui aggrottò la fronte, il mal di testa decise di tornare in pieno vigore in quel momento e si premette le mani contro le tempie con circospezione "... il resto è annebbiato o non ricordo. Solo dei flash ... Jeff che urlava ... una ragazza ... che mi sfilava la camicia?" si fermò, la memoria in qualche modo lampeggiò nella sua mente, ma non era disposta a dargli qualcosa di più, nessun indizio di ciò che era accaduto in seguito, nemmeno le fattezze della ragazza erano chiare nella sua mente. Che non era assolutamente una buona notizia. Lasciò cadere la testa sulle ginocchia completamente impotente "Oh, Dio, ho fatto un casino, vero?" 
Sentì un sospiro e lui non provò nemmeno a indovinare da chi provenisse, per quanto ne sapeva, tutti volevano strangolarlo "Hai fatto un casino, ma per una volta, non è stata colpa tua".
Lui li guardò sorpreso. Questo non se l’aspettava. "Che cosa?".
Victor lo fissò dubbioso per alcuni secondi prima di rispondere. "Ecco l’idea, Jones. Stiamo per fare un ottimo accordo. Ti dirò quello che è successo ieri sera se tu ci dirai che cosa diavolo sta succedendo, perché Dio… questo ci sta sfuggendo di mano".
"Di che diavolo stai parlando?" Sentì il suo cuore fermarsi per alcuni istanti mentre aspettava la sua risposta, non sapeva se era davvero pronto a sentirla.
Anche se un'altra parte di lui non desiderava altro che scoprire cosa volesse dire, la necessità di sapere se non fosse in qualche modo colpevole questa volta di aver rovinato di nuovo tutto e di riordinare la sua mente turbata lo stavano quasi uccidendo.
"Prometti di dircelo o no?" August lo pressò.
"Io. ..".
"Condivisione, Jones!" 
Qualcosa dentro di lui sembrò scattare, sbatté il pugno contro la superficie del comodino rovesciando la lampada che era precariamente in bilico sul bordo. Non gli interessò affatto, ignorò i pezzi che ingombravano il pavimento e fissò i suoi compagni "Ascoltate, non posso! Ok? Io davvero non posso!".
Nessuno parlò per un po'. La tensione che riempiva l'aria avrebbe potuto essere perfettamente tagliata con un coltello. Killian era troppo sconvolto, troppo arrabbiato con se stesso, con il mondo, con tutto, per cercare di spiegarsi o anche per trovare qualche scusa per il suo comportamento.
Odiava mentire ai suoi amici.
Come un segnale August sospirò e Killian si preparò. Era sempre lui a fare questi discorsi motivanti quando dovevano 'parlare' , forse perché aveva un dono per le parole. Chi poteva dirlo davvero.
Il fatto che di solito riusciva a calmarlo non aveva niente a che fare con il fatto che era sempre lui a condurre questi loro "Interventi". Assolutamente.
"Killian, ti abbiamo lasciato fare per troppo tempo. Quando è arrivata Emma ... abbiamo smesso di preoccuparci. Eri cambiato e tutto era diverso. Eri come quando abbiamo iniziato". Lui trasalì a questo. Dio, era un incubo. Sembrava un ciclo senza fine: in primo luogo, lui era crollato dopo essere stato felice con Milah. Poi era arrivato al settimo cielo quando aveva incontrato Emma e ora era sprofondato, giù, giù, giù. Aveva toccato il sole, le dita l’avevano afferrato, ma ovviamente era troppo brillante per lui.
Non si era mai sentito così Icaro come allora.
"Sappiamo che non hai rotto con lei di tua spontanea volontà. Ci deve essere stato qualcosa che non ci stai dicendo, se il modo in cui siete distrutti può fornirci qualche indicazione. Ma non abbiamo curiosato, sapendo che ci dev’essere stata una ragione dietro a tutto questo. Ma adesso? Questo sta andando fuori controllo". Augost urtò la spalla con la sua due volte, fino a quando Killian incontrò i suoi occhi e lo fissò "Siamo i tuoi fratelli. Puoi dirci qualsiasi cosa. Vogliamo aiutarti".
Killian vide la mascella del suo amico indurirsi con i suoi fiammeggianti occhi azzurri e pensò, non per la prima volta, che August Booth, nonostante sembrasse il bravo ragazzo del gruppo, era una forza da non sottovalutare. Lo fissò per un minuto e poi rivolse il suo sguardo su Filippo, Jefferson e Victor le loro espressioni erano identiche a quella del tastierista.
Preoccupati.
Emise un respiro tremante, le dita tirarono i capelli arruffati,  non contribuendo al suo stato attuale, ma oh cavolo, che gli importava. Non avrebbe dovuto essere fotografato in quel momento. "Non ho potuto nemmeno dirlo ad Emma e probabilmente mi starà odiando per questo; non posso dirlo nemmeno a voi ragazzi. Questi erano i termini. Lo sto facendo per proteggere tutti noi.. ". 
Poi la sua voce si abbassò, ricordando le ultime settimane, come aveva trascorso notte dopo notte da solo facendo ricerche, leggendo, cercando qualsiasi cosa che potesse trovare su Milah e suo marito, la minima informazione che potesse dargli qualche vantaggio su di lei per aiutarlo a trovare qualcosa per passare ad un gradino superiore. Un tentativo inutile fino a quel momento. "Non posso combattere fino a quando non avrò qualcosa con cui trattare. A quel punto ve ne parlerò. E fino a quando non sarò sicuro al 100% di essere fuori da tutto questo casino, in quel momento andrò da lei".
I suoi amici sembravano essere rimasti senza parole, ma con sua grande sorpresa, non misero in discussione le sue parole criptiche. Invece, condivisero uno sguardo e rimasero per qualche secondo in silenzio, Jefferson prese qualcosa da dietro di se sulla sedia che stava occupando e gliela offrì con un sorriso sarcastico, mentre prendeva la rivista e ispezionava le immagini con gli occhi socchiusi "Bene, considerando che qualcuno si è preso la briga di drogarti - probabilmente così da avere fotografie come queste e per portare Emma a fare questo e questo? - Scommetto che abbiamo qualcosa con cui contrattare".
Il suo cuore batteva così veloce che pensò gli sarebbe esploso fuori dal petto. A quanto pare c'era un intero speciale sull’ after party dei premi o almeno così sosteneva la copertina della rivista. C'erano due piccole immagini che si distinguevano dal resto e lui non ebbe bisogno di leggere le minuscole lettere per sapere chi fosse, le ciocche bionde non lasciavano dubbi. In una sembrava avere un bicchiere vuoto in mano, avvampata come se stesse litigando con la donna che si trovava davanti a lei. La seconda gli fece male allo stomaco: lei era lì, in un angolo del locale, in piedi a pochi centimetri dal volto di Graham e sembrava che fossero in procinto di baciarsi o l’avevano appena fatto.
Prima che potesse iniziare a formulare i possibili scenari su come chiedere perdono ad Emma o trovare scuse plausibili per le situazioni nelle immagini, ricordò le parole del suo amico. Drogato?
Era stato drogato?
"Che cazzo è successo mentre ero fuori gioco?" chiese con voce strozzata, la mano afferrò con forza la rivista, arricciando la carta, le fotografie si trasformarono in una parodia del loro vero io.
I suoi compagni condivisero una conversazione silenziosa fissandosi per alcuni secondi. Killian si era sempre chiesto come alcuni amici potessero riuscire ad arrivare a quel punto in cui probabilmente potevano avere scambi mentali tra di loro. Loro ci riuscivano, almeno per le cose importanti. Infine Filippo scosse la testa e si rivolse agli altri come ad ignorare la presenza di Killian "Speriamo che sputi il rospo dopo che gliel’avremo detto".
Jefferson si alzò e gli strappò la rivista di mano, un fruscio lo fece trasalire e temeva quello che quelle pagine avrebbero potuto mostrare. Il batterista lo ignorò però, scorrendo con facilità con le dita fino a quando non arrivò a ciò che sembrava stesse cercando. Glielo spinse in faccia e Killian dovette tirarsi indietro per concentrarsi sulla fotografia impressa sulla pagina "Ti ricordi questa ragazza?".
Rimase a bocca aperta. Che cosa ...? Quando ...? Era lui in un privè - beh, più che altro disteso con la testa appoggiata contro il cuoio e le sue braccia poggiate sopra i bordi del sedile, gli occhi quasi chiusi e un'espressione confusa sul suo volto, come se stesse per addormentarsi.
O avendo un orgasmo.
E il fatto che ci fosse una ragazza seduta sopra di lui che gli si strofinava addosso, poté contribuire a fargli scegliere la seconda opzione invece di quella più innocente, naturalmente. Premette i palmi delle sue mani sugli occhi, la disperazione lentamente strisciò su di lui per le implicazioni di questi nuovi sviluppi "Aspetta,  ci ho appena parlato con lei. Quando è successo tutto questo?".
Jefferson lo studiò attentamente e annuì prima di rispondergli "Io ti tenevo d'occhio e ho notato il suo essere troppo interessata a quello che stavi facendo. Sembrava che stesse monitorando ogni tua mossa. Credevo che avesse messo qualcosa nel tuo drink, ma non potevo esserne sicuro. Fino a quando non l’ho vista praticamente seduta sulle tue ginocchia e lì ho capito che era andata come avevo immaginato". Fece una pausa e Killian era certo che tutto il sangue avesse lasciato il suo volto. Qualcosa nel suo drink? Ma che diavolo?
"Ti ricordi qualcosa di strano?" continuò August con entusiasmo seduto sul bordo della sedia e notò come tutti loro rimasero con il fiato sospeso in attesa di una spiegazione.
Dio.
Rastrellò il suo cervello, sforzandosi di ricordare quel momento che aveva trascorso con la ragazza dalla pelle scura al bar. Ricordò che aveva scherzato sul suo nome e la sua band cercando di ottenere la sua attenzione in modo un po’ troppo esagerato, promettendogli che l’avrebbe cercato più tardi, quando gli restituì il bicchiere...
Il bicchiere ...
Lui rimase a bocca aperta scuotendo la testa stupito "Aspetta, ha preso il mio drink e l’ha tenuto per un pò".
Infida stronza.
"Hai qualche idea del perché volesse crearti problemi?"
Improvvisamente i suoi occhi andarono sulle altre fotografie che i suoi compagni gli avevano mostrato in precedenza, fissando attentamente quella foto di Emma e la donna sulla quale aveva rovesciato il suo drink. Aveva un sospetto di chi potesse essere quella bruna.
E naturalmente, con sguardo più accurato e ravvicinato era tutto ciò che aveva bisogno di sapere.
Avrebbe dovuto immaginarselo.
Ricordando che i suoi amici erano ancora in attesa di una risposta, espirò rumorosamente, pizzicandosi il ponte del naso prima di rispondere. "Non l’avevo mai vista prima ... ma credo di sapere per chi lavora". Ci fu un'altra lunga pausa nella quale sembrò elaborare queste informazioni. Il silenzio avvolse i cinque ragazzi per un po' e lui tardivamente si rese conto di come il suo dito stava tracciando il profilo di Emma nella fotografia, dolcemente, delicatamente, quasi come una carezza  sulla sua pelle. Un tremito corse lungo la schiena al pensiero. "Cosa è successo a lei?".
Era terrorizzato di chiedere, ma aveva bisogno di sapere. Non alzò lo sguardo, scegliendo di ignorare un'altra conversazione silenziosa tra di loro e continuò ad accarezzare la sua immagine, le ciocche d'oro, le linee fluide del suo vestito. Fu Victor a parlare "... lei ti ha visto. Non sono sicuro fino a che punto. Ruby non ha voluto dirmelo, ma immagino l’abbia fatto e la bruna l’ha stuzzicata o qualcosa del genere. E noi tutti sappiamo che la miglior mossa di Emma è quella di gettare drink in faccia alle persone".
La sua bocca si contrasse per un secondo, i ricordi di quel primo Galà e il suo primo incontro con lei si ripresentarono nella sua mente. Il suo vestito bagnato, il fuoco nei suoi occhi quando si scagliò verso di lui. Quelle prime foto dei paparazzi che li sorpresero mentre stavano discutendo.
I suoi occhi andarono all'altra serie di fotografie e non poté evitare che il suo stomaco di rivoltasse alla vista. Lui non era pronto per questo. Vederla con qualcun altro, era già stata abbastanza dura con quel bacio agli Awards, anche se sapeva che era tutta una scena e che la maggior parte dei vincitori si scambiava un bacio quando andava a prendere il premio, ma questa era tutta un'altra storia.
Eppure, sapeva che lei lo aveva visto con quella ragazza, non fu una sorpresa se aveva scelto di andare con qualcuno per dimenticare.
Per dimenticarsi di lui.
"E ... con Graham?" chiese timidamente, non proprio sicuro che fosse pronto per scoprirlo.
Un'altra pausa. Avrebbe dovuto tenere il conto di tutti gli scambi telepatici che c’erano stati da quando si era svegliato. "Davvero non lo sappiamo amico. Nessuno li ha più visti. Mi dispiace" disse August debolmente con il dispiacere evidente nella sua voce.
Cercò di apparire controllato, una maschera stoica prese posto sulla sua faccia, anche se poteva sentire le sue mani tremare, il suo battito accelerò al pensiero che Emma non avrebbe mai potuto perdonarlo dopo questo.
Il suo cuore si spezzò.
Raddrizzò le spalle e sollevò gli occhi cisposi verso i suoi amici "Va tutto bene. Lei non mi deve nulla, può fare quello che vuole".
Ci fu un gemito forte e alzò la testa in tempo per vedere Victor sbuffare puntando il pollice verso di lui, mentre diceva al resto della band "Se inizia con la scena drammatica da martire, lo uccido".
Scosse la testa categoricamente. Improvvisamente i suoi occhi si spalancarono quando una nuova idea lo colpì. Si voltò per affrontare Jefferson "Niente affatto. Ora so chi c'è dietro tutto questo. Ma abbiamo qualche prova che sono stato drogato?"
Le sue emozioni erano in subbuglio. L'idea di avere qualcosa con cui tenere testa a Milah, per contrastare la sua minaccia, gli fece girare la testa e quasi rimase stordito per il sollievo.
Jefferson inclinò la testa di lato e annuì, una curiosa espressione si presentò sul suo viso. "Fortunatamente per te eravamo li. Anche se sospettavamo quello che era successo,  non potevi ne muoverti ne parlare, è stato piuttosto brutto. Non volevamo portarti all'ospedale. Tutti l’avrebbero scoperto in poco tempo. Il tuo bicchiere era misteriosamente scomparso e quindi non ho potuto prenderlo per usarlo come prova. Così abbiamo chiamato Blue, ti ricordi di lei?".
Blue ...? Era un nome?
Oh aspetta, pensò di ricordare una donna minuta, con i lineamenti gentili, gli occhi a mandorla e spesse ciglia scure che avevano preso in giro senza pietà quando tutta la band andò in ospedale a fargli visita dopo che si era rotto le costole.
"L'infermiera?" Chiese e un cipiglio incredulo gli guastò la fronte al pensiero.
Tutti annuirono  "Sì, le abbiamo chiesto il piacere di venire a controllarti e l’ha fatto. Ha preso alcuni campioni -  era lei  la ragazza che ti ha tolto la camicia tra l’altro – e ha fatto alcuni test et voilà. C’era qualcosa nel drink per renderti praticamente insensibile per un paio d'ore. Una dose molto piccola in realtà, non si sarebbe potuto dimostrare con qualsiasi tipo di test dopo otto ore da quello che ci ha detto quando ci ha dato i risultati, ma era abbastanza per farti assopire in quel modo".
Victor aggiunse lasciando fuoriuscire una nuvola di fumo "Eri una marionetta a tutti gli effetti, amico".
Poteva scommettere che lo era stato. Ogni volta che era ubriaco, almeno aveva una minima idea di quello che era successo; ma dalla notte precedente non c'era assolutamente nulla. Non ricordava come aveva lasciato il club, le fotografie e nemmeno la ragazza. Niente. Nada.
Era stato solo un burattino. Qualcosa con cui giocare.
Dio.
"Mi ha drogato" disse a nessuno in particolare. 
"L’ha fatto, amico".
"Lei mi ha drogato. Giusto per assicurarsi che Emma ed io fossimo separati, nel caso in cui gliel’avessi detto e lei non avrebbe avuto nessun motivo per lasciarmi".  Le sue dita prudevano per la voglia di prendere a schiaffi qualcuno, per rompere qualcosa e poté sentire un urlo represso in attesa di essere tirato fuori "Quella stronza. Non posso crederci".
Filippo si alzò dal suo pouf e gli si avvicinò sedendosi al suo fianco sul letto. Tutti gli altri lo imitarono e si strinsero vicino a lui, seduti sia sui bordi del suo letto o sul pavimento di fronte a lui "... va bene. Ora abbiamo bisogno di sapere". Fece una pausa e Killian poté distinguere la preoccupazione presente in ciascuna delle sue parole, la necessità per lui - per tutti - di condividere ciò che lo stava affliggendo. "Per favore, Killian. Vogliamo aiutarti".
Killian si guardò intorno nella stanza, osservando i suoi amici, esausti e scoraggiati e doveva esserci qualcosa nei suoi occhi, quella stessa paura che era apparsa dentro di lui che l’aveva spinto ad agire per il bene di tutti loro dopo il suo incontro con Milah, ciò portò August seduto accanto a lui dall'altra parte, a mettere un braccio sulla sua spalla e gli diede calorosamente delle pacche.
"Non devi fare tutto da solo" disse con la voce appena in un sussurro.
Killian lo guardò dritto negli occhi e un raro momento di comprensione passò tra di loro. E poi guardò Jefferson, Filippo e Victor che annuirono verso di lui per incoraggiarlo e un’improvvisa minaccia di lacrime si insinuò su di lui.
Quello stupido tirapiedi di Milah credeva che avrebbe provocato questo stupido effetto secondario, perché Killian Jones non piange.
Cedette infine e con un cenno finale mormorò "Ok".
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Non sapeva quanto tempo rimasero a discutere  spiegando loro che cosa era successo, ma tutto quello che sapeva era che il silenzio assordante che era calato su di loro lo stava facendo impazzire.
Ma fu la reazione dei suoi compagni che lo colse davvero di sorpresa.
"Affonderemo quella stronza” ringhiò Victor sottovoce ed erano tutti d'accordo, tutti borbottavano, si scambiarono sguardi increduli e gli diedero pacche di conforto alla schiena. Non riusciva a credere alla rabbia incisa sui loro volti, con denti digrignati, sguardi stretti ogni volta che lui aveva nominato Milah mentre gli raccontava tutta la vicenda.
Ma ora, dopo che tutti si erano in un certo senso calmati, erano in realtà allegri.
Come, lui non l’avrebbe mai saputo.
Forse erano tutti bipolari. Chi cazzo poteva saperlo a questo punto.
"Sarebbe incredibile farne una bonus track per l'album" sottolineò Jefferson e tutti scoppiarono a ridere.
Filippo sbuffò "Lei potrebbe essere la Perfida Strega dell'Ovest".
E come se in qualche modo lo avessero preparato, provato e imparato a memoria, lo fecero
"Ding dong! La strega è morta!".
Come sempre.
Filippo si voltò a guardarlo e gli disse con un sorriso rassicurante "Andrà tutto bene. Vedrai".
E a questo, il sorriso che apparve sulle labbra di Killian non era più così forzato.
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"Mr Jones! Che ci fa qui? Non la aspettavamo ..."
Killian non si prese nemmeno la briga di fermarsi, i suoi piedi lo portarono lungo i corridoi estremamente eleganti dell’edificio dove aveva incontrato Milah settimane prima,  si concentrò per ricordare la strada per l'ufficio dove era avvenuto il ricatto "Allontanati da me. Potrebbe non piacerti se osi avvicinarti, Mendel" ringhiò verso il ragazzo che, ora che sapeva, si era occupato di registrare la sua conversazione con Gold portandola come un cane obbediente alla sua padrona, dandole i mezzi per distruggere alla grande la sua vita.
Sì, non era affatto contento di vederlo.
"Ma ..."
Lo ignorò ancora una volta e non preoccupandosi di bussare, aprì la porta e rese nota la sua presenza alla donna seduta dietro la scrivania di mogano con un finto inchino e un movimento di entrambe le mani, come un mago che si era appena mostrato sul palco.
Lo spettacolo stava per iniziare davvero.
"Ciao cara. Ti sono mancato?".
Milah sbatté le palpebre in confusione "Killian? Che diavolo?"
"Oh, non essere così sorpresa. Dopo tutto abbiamo amici in comune negli ultimi tempi, eh?" Killian affermò e il suo sorriso si allargò. L'aveva colta di sorpresa e gli piacque a non finire.
Lei si irrigidì sulla sedia, le mani strette sul bordo della scrivania "Non ho idea di che cosa tu stia parlando" disse lei, ma Killian semplicemente scrollò le spalle, turbato dalla sua sfida.
Si sedette sulla sedia posta di fronte a quella di lei, proprio come aveva fatto l’ultima volta che era stato lì. Con un sospiro prese la cartellina che aveva portato con sè e la lasciò cadere con noncuranza di fronte a sè, delle carte facevano capolino dall'angolo. Vide Milah aggrottare le sopracciglia mentre fissava verso di loro e dovette combattere la voglia di ridere. "Davvero? Perché a quanto pare, questa bella Tamara, anche se i suoi documenti dicono che è un ingegnere genetico e ricercatrice, in realtà lavora per la tua azienda. Per te". Lui inclinò la testa, arricciando le labbra in un sorriso mentre si preparò a consegnarle la parte successiva di informazioni. Aveva fatto bene il suo dovere "Oh ed è coinvolta sentimentalmente con il tuo ragazzo là fuori. Greg Mendel, vero? Se non l’hai fatto soprannome Beanie stai perdendo il tuo tocco, temo".
Ma davvero? Il ragazzo era stato chiamato Greg Mendel?
Ma veramente?
"Stai delirando" disse Milah con un gesto sprezzante.
"Ah si?" chiese Killian inarcando un sopracciglio con fare di sfida. Oh, come si erano invertite le parti. L'ultima volta che l'aveva vista, era assolutamente disperato, con le spalle al muro, desiderando che la terra lo inghiottisse o che qualcuno andasse a svegliarlo da quell'incubo nel quale gli sembrava stesse affogando. Ora, eccolo lì.
Detenere il potere non era mai stato così bello. Fece un cenno con la testa con risolutezza verso la pila di fogli che aveva portato sotto il braccio e li spinse verso di lei con la mano, invitandola a leggerli beffardamente "Non sei l'unica ad avere amici che possono hackerare computer e fare piccole indagini inquietanti, mia cara".
Poté vedere le fiamme nei suoi occhi, la rabbia improvvisa latente dentro di loro e poi lo fissò con un ghigno e disse "Pensi che questo possa cambia qualcosa? Cosa farai? Dirai a tutti che qualcuno ha inviato una ragazza per rimorchiarti?".
I muscoli della mascella di Killian si contrassero con rabbia repressa, ma riuscì a mantenere la calma "Non qualcuno. Tu".
Sentì il bisogno di fissarla quando ebbe detto quelle parole. Era particolarmente drammatico quel giorno.
Milah si lasciò sfuggire una risata fredda, scuotendo la testa verso di lui, fissandolo con un sorriso quasi paternalistico che non fece nulla, ma lo fece incazzare ancora di più. Voleva questo, va bene "Se non hai ancora parlato di noi, non lo farai mai".
"In effetti, non mi dispiacerebbe a questo punto. Hanno già scritto così tanto schifo su di me, questa sarebbe solo la ciliegina sulla torta" Lui la fissò, duro. "Ma in realtà, questo non è il mio piano. Vedi, ho un affare da proporti".
Lei guardò dritto verso di lui, chiaramente incredula e avrebbe osato dire che un’espressione offesa si presentò sul suo viso "Cosa ti fa pensare che io sarei d'accordo a qualsiasi cosa mi dica?"
Scoprì i denti superiori verso lei in un modo selvaggio, sporgendosi in avanti sulla sedia "Fa schifo, eh? Essere dall’altra parte. Non è così divertente essere controllati e manipolati ora, vero?"
"Non hai nemmeno spiegato".  
"Oh, è questo" cominciò e si abbandonò sulla poltrona, inclinando la testa contro il cuoio e fissandola con gli occhi socchiusi. Passava all’artiglieria pesante "Hai mai sentito parlare di GHB?" disse maliziosamente.
Se non l’avesse guardata così da vicino quando disse quelle parole, si sarebbe perso il sussulto appena visibile delle sue spalle, il movimento impercettibile delle sue sopracciglia e la leggera mancanza di respiro che si poté sentire nel silenzio dopo la sua dichiarazione. Fregata. " Esperienza piacevole. Dovresti provarla un giorno o chiedere a qualcuno di metterla nel tuo drink che ti lascerà completamente impotente, insensibile e senza alcuna capacità di respingere le avances di qualcuno o assicurati che nessuno ti veda o ti scatti delle foto mentre sei in quello stato". Il suo stomaco fece un sussulto familiare ricordando gli avvenimenti di poche settimane prima. Lui era rimasto lì fermo senza fare niente, mentre Emma era stata derisa e insultata dalla donna seduta di fronte a lui e poi era andata da Graham per cercare sicuramente conforto dopo averlo visto in angolo buio del club, completamente fuori di se con una ragazza che se lo stava sbattendo mentre era svenuto. Non poté evitare il tono tagliente della sua voce mentre la scherniva "Un sacco di divertimento, tesoro".
Voleva darsi una stella d'oro per la sua prestazione. Diavolo se Victor fosse stato lì, avrebbe sicuramente fischiato e schiaffeggiato la coscia in segno di ammirazione, sarebbe stato divertente, pensandoci.
"Sei fuori di testa" Milah era ormai sul bordo della sedia, con i pugni stretti per la furia.
Killian stava godendo troppo nel vederla contorcersi, una delle sue solite smorfie apparve sulle sue labbra,  sapeva che la sua mano si contraeva per la voglia di schiaffeggiarlo, il pensiero stava quasi per farlo ridere.
Ma ahimè, non era il momento.
Aprì la cartellina, prese uno dei fogli e in modo quasi annoiato lo lasciò cadere proprio davanti a lei in modo che potesse leggere il suo contenuto "Non è quello che dice la mia cartella clinica della scorsa settimana". Alla smorfia che si manifestò sul suo volto non riuscì a reprimere una risatina, finalmente. "Lo sguardo sul tuo viso. Vedi, hai detto che non avevo niente su di te, ma adesso? Adesso posso affondarti".
Ci fu una pausa in cui batté il dito contro la scrivania, la sue fede nuziale tintinnò contro il legno lucido, l'unico suono che interruppe il silenzio che li circondava e che li copriva come una coperta calda "Cosa vuoi?".
"Dovrei proprio ringraziarti per questa tua trovata folle, mi ha dato qualcosa per lottare contro di te". Lui scosse il dito verso di lei, come se fosse una bambina ribelle, anche se poteva sentire crescere la rabbia. La sua mano si mosse di propria iniziativa, strisciando lungo la superficie della scrivania fino a quando non si ritrovò proprio davanti a lei, la chiuse in un pugno e lo sbatté rumorosamente prima di  dirle le sue condizioni. Il suono improvviso la fece sussultare una volta, spaventata e lui provò un immenso piacere per la sua improvvisa paura "Voglio che tu stia alla larga dalla mia vita, dalla mia band, dalla mia famiglia, da Emma. Da tutti quelli a cui tengo. E voglio che tu firmi giurando che non proverai a far del male a loro o a me. Non è così difficile a mio parere. La maggior parte delle persone può farlo".
Doveva rendergliene atto, aveva accuratamente eliminato dal suo viso ogni espressione o sentimento per mettere su una maschera di indifferenza e controllo  "Devo farlo ora?". 
Si strinse nelle spalle "Si, puoi prenderti una settimana se vuoi. Rimetti in ordine i tuoi affari. Non credo avrai molti problemi a riguardo,  non dopo che hai fatto il possibile per assicurarti che la mia vita fosse distrutta" sbottò accigliato verso di lei. Subito si irrigidì e gli occhi si fissarono su di lui.
"Dovevo! Come potevo fidarmi che tu non le avresti raccontato tutto altrimenti?".
Si alzò dal suo posto in un istante, la faccia si riscaldò e la rabbia crebbe, era completamente infuriato. Questa donna, come diavolo era diventata una tale psicopatica? Come poteva essere la stessa donna della quale si era innamorato, alla quale era stato così devoto al punto che aveva quasi lasciato andare tutto al diavolo per lei? Come poteva anche solo cominciare a scusarsi? E come aveva potuto pensare che lui avrebbe mai potuto sottoporre Emma a qualsiasi tipo di rischio?
"Perché io la amo, io sono innamorato di lei! Non avrei mai messo a repentaglio il suo bene in alcun modo!".
Il suo respiro fuoriuscì in rantoli rapidi e poté vedere le sue mani tremare ancora una volta. Provò a calmarsi e tutta l'energia fluì da lui, come prosciugata dal suo corpo tutta in una volta, risucchiata in un colpo solo. Abbassò le spalle e si pizzicò la radice del naso con una mano, l'altra spostò i documenti disposti tra loro "Basta che firmi questi documenti del cazzo e sparisci dalla mia vita".
Lei si tirò indietro come se fosse stata schiaffeggiata in pieno viso. Sembrava completamente inorridita e furiosa.
"Lei non tornerà da te, lo sai. Non dopo tutto questo. Mi ha detto che l’hai lasciata e hai scelto le conseguenze di questa decisione" affermò con tono di sfida sporgendo il mento.
Killian non riuscì a trovare nulla da dire in risposta a questo. Sapeva a malincuore che tutto quello che aveva detto era vero. Lasciando Emma senza parlare con lei della sua decisione, aveva svilito la sua intelligenza e la sua capacità di pensare per se stessa. L'unica cosa che non sapeva era come avrebbe affrontato tutto questo.
Fu sorprendente e quasi spaventoso come il loro rapporto si era evoluto da appassionato e amorevole a infranto e silenzioso. I ricordi e le emozioni affliggevano ogni suo momento di veglia e i suoi sogni. Alcuni di loro piacevoli, bei momenti condivisi durante il loro periodo insieme. Ma naturalmente non tutti erano delicati, felici e piacevoli.
Ricordò con un sussulto la mattina dopo averla lasciata, quando si gettò nel suo letto dopo essere tornato a casa e si rifiutò di uscire, perché l’avrebbe reso reale. Il dolore che lo colpì immaginandola da sola, sicuramente nascosta in casa sua dopo che lui se ne era andato. Gli sguardi preoccupati scambiati tra i suoi amici quando gli chiesero che cosa fosse successo e lui non poté che trovare risposte evasive e scuse.
Inconsciamente la sua mano andò a strofinare il tatuaggio sul suo avambraccio.
L'ultimo che aveva fatto.
Emise un profondo sospiro prima di affrontarla, con una mano si scompigliò i capelli stancamente. "Se questo è quello che vuole, allora lo accetterò. Perché se ami qualcuno, questo è quello che fai. Rispetti i suoi desideri. Vuoi che sia felice".  Fece una pausa e sentendo il tono doloroso della sua voce che era difficile da mascherare, aggiunse  "Esattamente il contrario di quello che hai fatto tu, anche dopo aver affermato che mi amavi ancora". Con un sospiro finale fece segno verso la pila di carte che si trovavano sulla scrivania "Puoi tenerle, ne ho un sacco di copie, per ogni evenienza".
Lasciò la minaccia sospesa tra di loro. Nessuno scherzo, non era decisamente in vena di altri eventuali giochi. Aveva finito. Davvero finito con tutto questo. Lasciò la sedia con un movimento aggraziato, raggiunse in un paio di passi la porta che portava al corridoio, fuori da quel maledetto ufficio, il profumo di Milah invadeva lo spazio e penetrò nel suo cervello. Prima di andarsene però si fermò, strinse con una mano la maniglia, guardò da sopra la spalla, incontrando il suo sguardo in conflitto per un paio di secondi prima di andare via per sempre "Una settimana".
Come amava la teatralità!
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Non aspettò nemmeno che Ruby lo salutasse e lui già gliel’aveva chiesto, il suo desiderio di sapere come stava ebbe la meglio su di lui. La sua presa sul telefono era così stretta mentre aspettava la risposta che ebbe paura di romperlo a mani nude, in stile Hulk "Come sta?".
Il sospiro di Ruby si sentì dall’altra linea "Sai. Non proprio bene. Intrattabile. Irascibile. Triste. Arrabbiata. Come se avesse un ciclo costante". Fece una pausa e lui poté immaginarsela mentre si mordeva il labbro. Probabilmente colorando i denti con quel maledetto rossetto rosso senza il quale non poteva vivere "E' anche preoccupata però ed è quello che mi tiene più in allarme".
Lui sussultò internamente, le nocche divennero bianche quando afferrò il bordo del bancone al quale s’era appoggiato, cercando di non immaginare come potesse sentirsi Emma in quel momento.
Si stava preparando la colazione in cucina, mettendo da parte il bisogno di andare da Granny e scegliendo di fare qualcosa da solo, per una volta – in un angolo lontano della sua mente si sgridò in una maniera davvero in stile Swan su come avrebbe dovuto imparare a prepararsi qualcosa da sè o probabilmente sarebbe morto di fame se il locale un giorno avesse deciso di chiudere i battenti. I pensieri del nuovo album, il suo scontro con Milah, il dolore di vedere di nuovo Emma e Henry l’avevano distratto, perché quasi perse le parole provenienti dal televisore che aveva lasciato acceso nell'altra stanza dopo il Tg che aveva ascoltato distrattamente poco prima, era iniziato un programma sulle celebrità e i loro gossip. Fu il nome Cassidy a fargli cadere il cucchiaio che che stava usando per correre di fronte alla TV, le immagini di Emma ed Henry - diavolo, anche la foto di loro tre a passeggio con Nana veniva mostrata ancora una volta sullo sfondo, mentre il presentatore parlava di come Neal Cassidy, amore del passato di Emma, stava combattendo contro l'attrice per la custodia del loro bambino, Henry Swan.
Che coglione maledetto.
Killian immaginava la manipolazione quando lo vide: naturalmente Cassidy rendendosi conto che il suo caso contro Emma era povero, aveva venduto la sua storia alla stampa per cercare di ottenere l'attenzione necessaria per permettergli di guadagnare qualcosa dalla situazione - se non i profitti di cui avrebbe goduto se davvero avesse ottenuto un qualche tipo di custodia su Henry, poi si sarebbe presentato su qualche rivista o show televisivo per guadagnare tutto quello che avrebbe potuto da Emma.
Poteva solo sperare che il karma lo avrebbe ripagato in fretta.
Con scenari omicidi ancora ardenti dietro le sue palpebre, strinse i denti nel tentativo di mettere a fuoco la conversazione che stava cercando di mantenere con Ruby "Non dovrebbe esserlo. Ricordarle ciò che ha detto Archie: non importa ciò che Cassidy può dire a qualche rivista di merda, lei vincerà".
Ruby sbuffò in risposta "Lo so. Lo facciamo tutti. Ma troppe cose possono andare storte e non possiamo negarlo...".
Sì, sicuramente lo sapeva. Soprattutto negli ultimi mesi la vita non era stata particolarmente gentile con Killian Jones, perché mentire?
Stava giocherellando con il cucchiaio che aveva lasciato cadere poco prima, battendolo nervosamente sul linoleum con un ritmo scoordinato "Dov'è adesso?".
"Da Regina. Aveva bisogno di cambiare aria e Daniel si è offerto di farla rilassare cavalcando i suoi cavalli. Lei e Graham hanno imparato durante le riprese del loro film, così ha accettato".
L'immagine mentale di Emma a cavallo gli portò momentaneamente un sorriso sulle labbra. Sarebbe uno spettacolo da vedere, di sicuro. Se si fossero ancora parlati, l'avrebbe presa in giro sul suo probabile funerale, magari suggerendole di ordinare qualche targa con su scritta una frase come  'causa del decesso - calpestata da un cavallo' a causa della sua goffaggine. Anche se allo stesso tempo non poteva fare a meno di credere che sarebbe stata incredibile con gli animali.  Sicuramente Daniel l’aveva preparata abbastanza bene per fare le sue acrobazie nel film e da quello che aveva visto era stata magnifica.
Il pensiero improvviso che non avrebbero potuto andare a cavallo almeno una volta lo rattristò. Per tutto ciò che valeva la pena, avrebbero potuto fare tante cose insieme, godendosi ogni momento che avrebbero trascorso insieme, a fare progetti, creando nuovi ricordi - e l’avevano fatto. Ma naturalmente, non era sufficiente. Lui desiderava di più, tutto da lei e non era affatto facile immaginare la sua vita senza di lei.
Chi avrebbe mai pensato che avrebbe ammesso di aver bisogno di lei , una donna che aveva appena conosciuto, con la quale aveva trascorso pochi mesi, non molto di più ed era lì a struggersi per lei come uno scolaretto con una cotta.
Oh, il grande era caduto.
Non voleva chiedere, sapeva che non aveva nessun diritto e non era nemmeno sicuro di voler sapere la risposta, ma sentì comunque il bisogno di farlo "Graham è andato con lei?".
E naturalmente avrebbe dovuto aspettarsi la reazione della bruna.
"Non ti parlerò di Emma e Graham". Sembrò un po' indignata, come se la possibilità di condividere quello che stava succedendo tra i due fosse agghiacciante – il codice delle ragazze, non dire mai niente ai ragazzi o qualche assurdità del genere, pensò - ma poi lei continuò e il suo tono si addolcì notevolmente "Dovresti aspettare e vedere cosa succede. L'hai ferita, così tanto che pensavo non sarebbe più riuscita a venirne fuori. Graham la sta aiutando, ma questo è tutto quello che posso dirti a riguardo". Ci fu una pausa in cui nessuno dei due sembrava sapere cosa dire, fino a quando lei parlò di nuovo, incerta e curiosa "Hai intenzione di provare a tornare da lei?".
Questa era la domanda, giusto?
Discusse un attimo con se stesso se dovesse sentirsi offeso dal dubbio che lei stava chiaramente mostrando. Non aveva dimostrato quanto ci tenesse ad Emma?
Anche se gli sembrava ingiusto, dopo tutto quello che era successo tra loro nelle ultime settimane.
"Voglio farlo, ma non fino a quando tutto sarà risolto al 100%".
Sembrò misurare quello che le aveva detto e dopo aver rilasciato un gran sospiro, lei si rivolse a lui ancora una volta "Non ho idea di cosa diavolo è successo, ma Victor mi ha detto che hai avuto una buona ragione per quello che hai fatto e che stavi provando a risolvere il problema, così io ti darò una possibilità. Non posso parlare per Emma però".
Il fatto che Victor non avesse nemmeno condiviso tutto ciò che era successo la settimana prima per poco non lo fece svenire. Dio, si sentiva debole, lottò contro la voglia di scoppiare a piangere, di pregare e ringraziare qualunque divinità, qualunque angelo gli avesse inviato queste persone a vegliare su di lui.
Sapeva che avrebbe dovuto lottare con le unghie e con i denti per riavere Emma, però questo lo fece sobbalzare e si morse il labbro con ansia, dato che sapeva che sarebbe arrivato a questo alla fine.
"Grazie Ruby" disse infine e cercò di radunare tutta la sua gratitudine e il rispetto nelle sue parole. Per quanto potesse essere vivace, spontanea e divertente, era in momenti come questi, quando non era la Ruby completamente fuori di testa, che la considerava come qualcuno che valeva la pena avere accanto.
La sentì soffocare una risata "Non mi hai chiamato Red Lips!!".
Huh. Immaginò che non l’avesse fatto "Lo so". Inclinò la testa di lato, sorridendo perfidamente anche se lei non  poteva vederlo in quel momento "Ci stiamo comportando da ... adulti?"
Quando era successo?
"Bleah!".
Risero entrambi e Killian si rilassò per un momento, godendosi quel piccolo momento di pace, la spensieratezza che provavi sempre quando ti intrattenevi con la migliore amica di Emma. Non c'era da stupirsi che fossero inseparabili. Era incredibilmente contento del fatto che Emma l’avesse al suo fianco, per prendersi cura di lei ogni volta che ne aveva bisogno insieme al resto della sua famiglia.
Prima che potessero dire qualche altra sciocchezza come era loro abitudine, sentì suonare il campanello e lui aggrottò la fronte, confuso. Non stava aspettando nessuno.
Almeno che ricordasse, ovviamente. Non poteva esserne sicuro in quel momento, la sua mente era stata troppo presa ultimamente e le date, gli appuntamenti e cose di questo tipo non gli passavano per la mente troppo spesso.
"Ehi Ruby, qualcuno è alla porta. Ci sentiamo presto, ok?".
"Bene. Fai il bravo" lo schernì con il divertimento nella voce. E lui rispose mantenendo lo stesso tono di voce divertito.
"Lo faccio sempre".
"Uh-huh".
Riattaccò gettando il telefono verso i cuscini e si diresse verso la porta, dove il campanello aveva continuato a suonare con insistenza dopo che non aveva risposto la prima volta. Dio, chi era? Se erano i ragazzi che erano tornati a fargli un'altra visita li avrebbe presi a calci – si presentavano a casa nei momenti più casuali per fargli compagnia, sei confezioni di birra sotto il braccio e le chitarre appese alle spalle con lo scopo apparentemente innocente di 'passare il tempo'.
Sì, giusto. Il più grande eufemismo di sempre per dire ' ci stiamo solo assicurando che tu stia bene e stiamo cercando di mantenere la tua mente libera dai tuoi pensieri'.
Ma lui apprezzava comunque.
E la birra gratis, naturalmente.
Scosse la testa, un piccolo sorriso sulle labbra e un saluto spiritoso pronto a partire, ma quando aprì la porta tutto il buonumore precedente sfumò in un attimo "Cosa stai facendo qui?".
Milah alzò gli occhi, incrociando le braccia sul petto indignata "Oh, certo, mi piacerebbe entrare, grazie".
Avrebbe voluto schiaffeggiare il sarcasmo della sua voce. Dopo tutto quello che gli aveva fatto passare, il suo atteggiamento da stronza accondiscendente era l'ultima cosa che era disposto a sopportare in quel momento. Ma mentre la studiò attentamente, notò il modo in cui si stava comportando: agitava i piedi, gli occhi vagavano da lui a quello che lo circondava o al pavimento, le labbra tirate.
Sembrava completamente scossa.
Il che poteva significare solo una cosa:  stava crollando.
Aprì di più la porta e la invitò con un gesto della mano. Anche se fosse stata davvero la strega cattiva dell'ovest in persona, non aveva intenzione di lasciare che i suoi modi da gentleman volassero fuori dalla finestra, nemmeno se si trattava di donne come lei. Lo seguì in cucina dove aveva parlato al telefono poco prima che lei lo interrompesse, lui si stabilì su un lato e lei dall'altro. Senza perder tempo portò la sua borsa di fronte a lei e tirò fuori una cartellina. La riconobbe immediatamente come quella che le aveva lasciato da leggere affinché potesse accettare la sua offerta l'ultima volta che si erano visti.
"Tieni".
"Spero che non ti dispiaccia se voglio controllare". Le sorrise e dal modo in cui lei lo guardò sapeva che probabilmente era decisamente spaventoso.
Bene.
Lei trasalì leggermente, ma scosse la testa verso di lui "Non devi preoccuparvi di questo, non c'è nessuna trappola".
Ah. "Disse la donna che mi ha drogato. Vero" Killian scattò passandosi una mano tra i capelli.
"Non stavo pensando con lucidità". 
Ma va? Sherlock. "Questo è un eufemismo" ringhiò fissandola, ignorando il rossore imbarazzato che le si era insinuato sulle guance.
"Non avevo intenzione di farti del male" disse dopo un lungo sospiro e apparendo assolutamente rassegnata ammise sottovoce "Mi dispiace Killian".
Lui scosse la testa, rivolgendole quello sguardo che tante volte aveva usato nel corso del tempo che avevano trascorso insieme, quello sguardo che diceva 'non posso credere che tu me lo stia dicendo adesso'. "E' un po' troppo tardi, Milah".
"Lo so e non posso scusarmi abbastanza. E’ solo ... che ero così furiosa. Che eri andato avanti. Che non avevi più bisogno di me". In realtà sembrava malinconica e non era qualcosa a cui potevi assistere facilmente. Killian la conosceva abbastanza bene da sapere che le parole che aveva detto questa volta erano vere. Si toccò la fronte e si sentì come se avesse voluto solo andare a letto e ignorare tutto quello che succedeva intorno a lui. Era così maledettamente stanco di tutto, Dio.
"Ero disposto a fare tutto per te. Ti ho amata. Ma tu non avevi le stesse idee che avevo io per noi. Sappiamo entrambi che alla fine sarebbe stato un errore in un modo o nell'altro".
Era passato forse un anno, un anno e mezzo dalla loro rottura. Quel vuoto profondo che aveva provato dopo aver capito che era finita, erano rimasti solo sussurri del loro rapporto, segreti che nessuno avrebbe mai scoperto e si ritrovò a capire che ormai era solo un ricordo vago che a lungo andare avrebbe dimenticato.
Quante cose erano cambiate nel corso di un anno. Soprattutto negli ultimi mesi.
Lei annuì solennemente "Lo so. Adesso". Spostò con una delle sue piccole mani delicate una ciocca ribelle dai suoi occhi, guardando in su affettuosamente verso di lui e dovette combattere la voglia di allontanarsi da lei,  anche se sapeva che lei aveva notato come aveva osservato il suo movimento mentre cercava il coraggio di toccarlo. "Eri - sei ancora - molto speciale per me, lo sai. E adesso vorrei vederti con qualcuno che ti merita".
Quando tirò indietro la mano da lui la osservò attentamente con gli occhi socchiusi. Qualcosa non tornava  "Perché questo improvviso cambiamento? Non ha senso" dichiarò Killian aggiungendo nuova forza  alla sua voce di velluto. Anche se sembrava sincera e aveva infatti firmato i documenti, accettando di lasciarli – lui ed Emma - in pace, non era poi così convinto della sua farsa innocente. Era rimasto scottato già troppe volte. Non aveva intenzione di cadere di nuovo in un altro dei suoi giochi.
Milah si morse il labbro inferiore per alcuni secondi. Poi lo guardò con uno sguardo sul suo volto che aveva difficoltà ad interpretare "Per essere completamente onesta, non è stato fino a quando ho letto questo, che ho firmato quelle carte".
Seguì il suo sguardo fino ad una delle carte che ingombravano il suo bancone della cucina. In cima c’era l'articolo di cui stavano parlando in quello show, dopo che ne aveva sentito parlare aveva intenzione di correre al negozio per vedere se fosse stato effettivamente già scritto qualcosa a riguardo. Infatti Cassidy aveva venduto la sua storia ad una di quelle riviste che nessuno di solito legge con attenzione, ma ahimè, il suo piano sembrava funzionare per ora.
Lui aggrottò la fronte. Che cosa ha a che fare tutto questo con Milah ...?
Esitò e si appoggiò al bordo del bancone "Non ti sto seguendo".
Non ci fu alcuna esitazione o finzione nella sua risposta, che fu quasi inquietante per lui come la risposta stessa "Sono una madre anch’io. Sapevo che aveva un figlio,  ho visto quelle foto di te con loro, perfetto materiale per una cartolina da piccola famiglia perfetta. Quella è stata un'altra cosa che mi ha fatto vedere rosso ad essere onesta: rendermi conto che se solo avessi voluto, tu avresti potuto avere tutto quello con me. Ma invece l’avevi trovato con lei".
Con un sospiro rivolse la sua attenzione alle immagini colorate presenti sul magazine, i volti sorridenti di Emma ed Henry quasi a schernire la conversazione. "Non riesco a immaginare quanto possa sentirsi impaurita e impotente in questo momento. Non sapevo che stava affrontando il suo ex che sta cercando di portarle via il figlio. Se avessi ..." Lei si fermò mordendosi il labbro inferiore in difficoltà . Molto tempo fa, in una vita precedente, le avrebbe schiaffeggiato la mano, forse baciato le nocche e avrebbe cercato di scherzare sul fatto che lui era l’unico che aveva il permesso di morderle.
Ora, attese solo che andasse avanti.
"Tu lo sapevi, vero?" chiese infine, il suo tono era conflittuale e gli occhi spiritati andarono in cerca dei suoi. Lui non sapeva che aspetto avesse in quel momento, ma avrebbe scommesso che la sua espressione fosse addolorata, ricordando il momento in cui Emma aveva scoperto di Neal, il suo crollo, il loro primo incontro con il padre di suo figlio, le sue lacrime una volta tornati a casa.
"Le sono stato accanto per tutto il tempo, fino a quando non mi hai allontanato da lei" rispose stizzito alla fine, lo sguardo perso, la mente lontano da lì. Più vicino a lei.
Milah però non sembrava intenzionata a lasciare che la sua mente vagasse verso Emma. Si guardò addolorata le mani strette al bancone mentre si trovava dall'altro lato, fissando gli occhi su di lui. "Mi dispiace tanto. Davvero". Si voltò e aggrottò le sopracciglia quando vide che stava esaminando attentamente un oggetto che era in un angolo. Lui seguì il suo sguardo fino a quando si rese conto di cosa fosse: una fotografia spiegazzata di lui ed Emma. Nella foto, macchie di cioccolato le coprivano il viso, le mani e anche il petto, nel tentativo di sottometterlo mentre ridendo cercava di dargli un cucchiaio di gelato. Killian sorrise al ricordo. Lui ed Emma avevano tantissime fotografie scattate sin dal primo giorno che si erano conosciuti, sia delle anteprime che durante i loro falsi appuntamenti, sia dai paparazzi che dai giornalisti negli eventi a cui avevano partecipato, con loro due in piedi in eleganti pose e in luoghi panoramici o immortalati ovunque avevano passato il tempo insieme in città. Ma lui aveva sempre pensato che quelle foto non erano un ritratto preciso della loro relazione. Il modo in cui erano ritratti in quella che stava fissando adesso invece, questa mostrava come erano realmente stati, litigi e prese in giro senza sosta, ma la cura e l’interesse per l'altro tutto il tempo.
Milah sembrava d'accordo con lui "Adesso vedo che devo lasciarti andare".
Killian all'improvviso si scosse dal suo sogno a occhi aperti, solo per scoprire che aveva fatto cadere sulla superficie del bancone il cucchiaio che non era riuscito a lasciare da quando aveva parlato con Ruby, raschiandolo e piegando il metallo nel processo. "Grazie" disse alla fine con un cenno del capo.
Si aspettava che il loro breve tête-à-tête fosse giunto alla fine e attese l’inevitabile spunto di Milah di andar via, ma con sua grande sorpresa, non lo fece. In realtà sembrava essere concentrata sul suo avambraccio, che era scoperto e quindi lei poté tranquillamente guardare.
Il tatuaggio.
La sua testa si sollevò leggermente e sembrò lottare con qualunque cosa stesse per dire. Killian fu immediatamente incuriosito. Era raramente incerta anche quando sapeva di aver torto. Faceva parte di quella sua personalità così forte. La sua mano si mosse verso di lui e prima di entrare in contatto con la sua pelle, ebbe la buona misura di chiedere prima "Posso?".
Beh, pensò non ci fosse pericolo in questo. Al suo piccolo cenno del capo, gli prese il polso, portando il disegno più vicino ai suoi occhi, studiando l'uccello aggiunto che ora adornava delicatamente la sua pelle "Bello".
L'angolo della bocca si tirò leggermente verso l’alto "Grazie. Era un regalo".
Milah fissò il braccio con una strana espressione sul viso, lui pensò che fosse un misto di fastidio, divertimento e forse una piccola parte di rispetto.
"Lei è qualcosa di più, vero?" aggiunse piegando la testa di lato, mentre lo osservava da sotto le ciglia.
Oh, lei non ne aveva idea.
"Sì, assolutamente". 
E i ricordi di una mano più piccola, più morbida e più pallida che stringeva la sua in una stretta forte mentre faceva il suo secondo tatuaggio corse attraverso la sua testa, portandogli un sorriso triste sulle labbra.
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Era davanti alla sua porta. Lui era lì. Lo stava facendo. E dio, era terrorizzato, il suo cuore batteva così veloce, troppo veloce, veloce come se avesse un uccello dentro il suo petto. Temeva che avrebbe potuto avere un infarto proprio lì, avanti alla sua porta, cazzo.
Si impose di smettere di essere così drammatico o almeno di aspettare di morire dopo averla finalmente vista. Sarebbe stato assolutamente imbarazzante se avesse fatto tutta quella strada per morire prima di poterla vedere un'ultima volta, non è vero?
Beh pensò, a parte la storia degli ultimi sguardi, probabilmente avrei potuto fare di peggio.
Sentì i suoi passi, non aveva avuto abbastanza tempo per prepararsi, diamine, sarebbe mai stato pronto per ciò che importava? Stava aprendo la porta.
Lei era lì, alla distanza di un braccio. Avrebbe potuto toccarla, se avesse voluto. E lui voleva. Lo voleva davvero.
Killian attese con le mani in tasca e il mento sollevato senza batter ciglio mentre stava proprio di fronte a lei. Dovette ammettere che non si aspettava assolutamente la sua reazione: immaginava da quando aveva deciso che sarebbe andato lì, che probabilmente l’avrebbe schiaffeggiato non appena si sarebbero incontrati. O gli avrebbe urlato contro. O l’avrebbe guardato con rabbia per poi chiudergli la porta in faccia. Lui sarebbe rimasto lì e avrebbe accettato volentieri qualunque cosa avesse deciso di fargli.
Invece sembrò completamente sorpresa, un’espressione di panico sul suo viso mentre guardava dalla finesta dove era solita sedersi per trascorrere le sue ore di relax. Si chiese perché avrebbe dovuto andare fuori di testa nel sapere che lui era lì. Non sarebbe stato nulla che non aveva visto prima - diavolo, aveva trascorso più tempo di quanto avrebbe voluto ammettere in quello stesso posto con lei. Lo considerava come qualcosa di simile al loro posto.
Forse fu il fatto che si era presentato quando lei era nel 'loro' posto a renderla così agitata ...?
"Ciao" disse Killian rompendo finalmente il silenzio.
Lo sguardo stupefatto nei suoi occhi si sollevò e lei scosse leggermente la testa "Ehi".
Lanciò uno sguardo dubbioso attraverso la finestra, in direzione del salone, nel caso ci fosse qualcuno con lei e quello non si sarebbe rivelato il momento migliore di presentarsi lì "Spero di non interrompere nulla".
I suoi occhi scattarono di nuovo fino al suo viso "No, no, è solo…che non ti aspettavo".
"Giusto" mormorò stringendo improvvisamente la sua mano in un pugno. Certo che non si aspettava che si sarebbe presentato alla sua porta, dopo quello che le aveva fatto. Trascinò i piedi goffamente, avendo improvvisamente paura di guardarla negli occhi "Posso entrare?"
Sembrò colta di sorpresa, anche di più avrebbe osato dire "Perché?".
"Voglio parlare con te" Fece una pausa e incontrò i suoi occhi ancora una volta, tentò di fermare il suo cuore che batteva all’impazzata alla loro vista, così aperti, così vulnerabili, così spaventati "Ho bisogno di parlare con te".
Ci fu un silenzio per un po' nel quale rimase lì, immobile, una linea tracciata sul terreno che li separava, in attesa che lei parlasse, si muovesse, sospirasse, facesse qualsiasi cosa. Per farlo entrare non solo nella sua casa, ma dentro di lei. Di nuovo. Anche se sapeva che non sarebbe stata un'impresa facile, non questa volta.
Il silenzio fu rotto in modo imprevisto come un colpo di pistola nella quiete "Non credo che sia una buona idea" disse Emma calma, fissando le sue mani.
Lui aggrottò la fronte e cercò nel suo cervello un motivo valido per non lasciarlo entrare "Henry è in casa?".
"No, ma ..."
La sua mano aveva voglia di agire di propria iniziativa e afferrarle il polso, accarezzare la sua pelle, far scorrere le nocche sulla sua guancia -  toccarla - ma lui rimase fermo, non sapendo come avrebbe reagito se l’avesse affarrata. O avuto qualsiasi tipo di contatto con la sua pelle, in quel caso "Per favore, Emma. Hai detto che mi avresti ascoltato. Che mi avresti aspettato. Puoi anche schiaffeggiarmi non appena avrò finito, ma prima devi ascoltarmi".
Il modo in cui lo disse - irremovibile, bisognoso, disperato – probabilmente la prese alla sprovvista, perché appena si lasciò sfuggire un piccolo sospiro distolse lo sguardo da lui, si allontanò e fece cenno in silenzio di entrare in casa.
"Grazie".
Appena entrò nella stanza in attesa che lo invitasse in salotto, Nana si presentò e lo fece quasi cadere tanto era il desiderio di salutarlo. Si inginocchiò su di lei e per la prima volta da quando aveva lasciato casa sua per arrivare lì rideva, contento - una vera, ricca e chiara risata. "Ehi ragazza. Mi sei mancata. Ti sono mancato? Si? A papà sei mancata sicuramente, tu palla di pelo. Sono sicuro che ti sei comportata bene in tutto questo tempo o la mamma non sarebbe felice di te, no?".
Ma appena disse quelle parole avrebbe voluto ritrattarle. Vide l'espressione di Emma cambiare, il suo viso impallidì mentre lui accarezzava goffamente la testa pelosa di Nana, una smorfia a denti stretti apparve sulla sua bocca.
Era un vero idiota. Era così abituato a parlare con il cane come se fosse la loro figlia e loro i suoi genitori e non aveva nemmeno smesso di chiedersi perché stava usando i loro vecchi nomi per salutare il cane.
Dovrebbe davvero iniziare a pensare prima di parlare.
Idiota.
Si rialzò e si spolverò le mani sui jeans, la seguì in cucina e si fermò goffamente vicino ad uno degli sgabelli - il suo sgabello, quello sul quale si sedeva di solito ogni volta che andava a casa sua e iniziò a pensare a qualcosa da dire "Dov'è Henry?". 
"Da Ruby. Devono andare a fare shopping domani e Nana non può andare in giro lì, così ..."
"Notte tra ragazze, eh?" sorrise timidamente verso di lei, inclinando un sopracciglio scherzosamente.
Lei sbuffò, ma si accorse che non riusciva a decidersi ad incontrare i suoi occhi "Sì, più o meno". Girò la testa verso la finestra così da evitare di guardarlo ancora una volta "Vuoi qualcosa? Birra, vino?"
"Certo, perché no".
Non poté fare a meno di ridacchiare quando, come si voltò e aprì il frigo, Emma prima prese due lattine di birra, poi si fermò per prendere anche una bottiglia di vino. A quanto pare aveva bisogno di grandi quantità di alcol per affrontare questa conversazione con lui. Avrebbe giurato che gli angoli delle labbra si sollevarono leggermente: sembrava anche un po' meno pallida di quanto lo fosse quando aveva suonato alla sua porta e ci fu di nuovo un accenno di rosa sulle guance. Rimasero in silenzio per qualche minuto. Killian certo non lo avrebbe definito un silenzio amichevole, ma non fu così imbarazzante come si era aspettato che fosse - che era strano visto che era seduta al tavolo della cucina, dove avevano condiviso così tanti pasti, dove avevano scherzato, litigato, diamine, una volta lo aveva anche schiaffeggiato lì. Si erano baciati lì, avevano fatto l'amore su quello stesso tavolo.
Avrebbe dovuto essere la vera definizione di imbarazzante. Ma non lo era.
I suoi occhi  la scrutarono in tutta la sua lunghezza, dai suoi piedi nudi con le unghie dipinte ai suoi capelli dall’aspetto un po' scompigliato.
Quello che questa donna poteva fargli senza che lei se ne accorgesse lo coglieva ancora di sorpresa.
"Guarda, Emma ..." A quelle parole lei trasalì e distolse lo sguardo, probabilmente addolorata dal ricordo della loro ultima conversazione. Killian si passò una mano tra i capelli, chiedendosi se avrebbe trovato la forza di esprimere le cose che voleva dire.
Avrebbe voluto dirle che era stato uno stupido. Che forse era riuscito a liberarsi di Milah adesso, ma sapere che durante il processo i loro cuori erano stati spezzati lo stava uccidendo. Che l'idea che lei non lo avrebbe voluto di nuovo con se lo teneva sveglio la notte. Che forse avrebbe dovuto dirle tutto prima, ma una parte di lui era contenta che non l’avesse fatto, visto fin dove si era spinta Milah per essere sicura di tenerlo sotto il suo scacco.
Ma in qualche modo non riuscì a dire una qualsiasi di queste cose e così senza incontrare i suoi occhi, pronunciò invece le uniche parole che poté forzare ad uscire dalla sua bocca:"Sono così dispiaciuto. Non hai idea di quanto. Tutta …questa cosa. Ho fatto quello che pensavo fosse meglio… per  te, per la band. Ma non potrò mai perdonarmi per averti fatto soffrire".
Attese col fiato sospeso mentre lei lo fissava, la sua espressione era imperturbabile  "Perché sei qui esattamente?".
Killian si sentì così frustrato a quel punto, dovette praticamente sedersi sulle sue mani per trattenersi dall’afferrarla per le spalle e chiederle di vedere quanto fosse disperato per lei, quanto desiderasse che lo facesse tornare da lei, che lo perdonasse, che capisse che non era sua intenzione quella di farle del male, che aveva fatto quello che pensava fosse meglio per tenerli al sicuro.
"... A parte implorare il tuo perdono e cercare di spiegare tutto questo casino che è successo tra di noi?".
"Ti conosco. Hai sicuramente qualcosa nella manica nel caso in cui non avessi voluto parlare con te. Così che cosa è?" Emma incrociò le braccia sul petto, gli occhi verdi fissi su di lui.
Ouch. "Ragazza intelligente, come sempre" sottolineò Killian.
Era un’ottima osservatrice. O forse lo conosceva troppo bene.
Quello probabilmente era stato uno dei motivi per cui si erano legati così tanto.
Sospirò pesantemente e la sua mano si allungò dietro di lui per pescare un pezzo di carta piegato ordinatamente dentro la sua tasca posteriore. Fissandola, stese il braccio verso di lei e lentamente Emma allungò la mano per raccoglierlo. Nel momento in cui avvolse le dita intorno al foglio inspirò profondamente "Oh".
"Hai ancora un lavoro da fare, Lost Girl". Ci fu un silenzio imbarazzante quando le sue parole ricordarono ad entrambi quella notte di diversi mesi fa, quando avevano fatto la loro scommessa in quel club. Come alla ricerca di una sorta di distrazione Killian fissò il tovagliolo che le aveva appena dato, osservando come lei giocherellava con esso. Infine, parlò ancora una volta, reindirizzando il discorso al presente "E sono sicuro che sai che non c'è nessuno meglio di te per il ruolo".
Lei gli rivolse uno sguardo curioso "La canzone della premiazione?".
"Sì" fece una pausa chiedendosi se avrebbe avuto il coraggio di chiedere ciò che lui stesso si stava chiedendo dal momento in cui aveva avuto l'idea per la canzone, tanto tempo fa. L’aveva tenuta segreta solo per farle una sorpresa. Con tutto il cuore aspettava di sorprenderla, avrebbe voluto fargliela ascoltare durante gli MTV Movie Awards insieme a tutto il resto del pianeta.
"Ti è … ti è piaciuta?".
Il suo respiro uscì con un rumoroso sospiro quando sentì la sua ammissione. "Mi è piaciuta. Ma mi anche confuso".
Lo sguardo di Killian immediatamente passò dal tovagliolo al suo viso, un cipiglio gli guastò la fronte. Che cosa voleva dire? "Perché? Sapevi che era su di te. Era la tua canzone".
"Lo so. L’abbiamo capito tutti. Ma vedi, due ore dopo, stavi amoreggiando con una ragazza incontrata per caso al party proprio mentre stavo per venire a parlare con te".
Killian si trovò a respirare una rapida boccata d'aria dopo aver sentito quell’ultima accusa, facendolo sentire come se gli avessero dato un pugno nello stomaco.
"Emma, ascoltami. Credi davvero che avrei potuto baciare qualcun’altra dopo aver cantato per te?"
Scosse leggermente la testa, si girò e cominciò a camminare lontano da lui, nella direzione del lavandino, le dita strinsero il bordo così forte che poté vedere le sue nocche diventare bianche da dove si trovava "Non ne ho idea. Non molto tempo fa credevo che non mi avresti mai lasciata ed invece eccoci qui. Non sono più sicura di chi sei".
Tutto il fiato lasciò i suoi polmoni in un rantolo sibilante, quasi come se qualcuno lo avesse preso a calci nel petto.
"Non era quello che sembrava. Faceva tutto parte dallo stesso piano che mi ha fatto stare lontano da te. Io .. " Killian rispose e un'espressione di vergogna e di colpa cadde sul suo viso.
Ma lei non lo lasciò finire "Ti prego, non farlo".
Killian la fissò atterrito.
"... che cosa?".
"Io non voglio sapere" disse piano, ancora intenta a evitare il suo sguardo. Lui si alzò in un baleno, girò intorno al bancone e raggiunse il suo fianco, facendo sempre attenzione a non toccarla dato che avrebbe potuto schiaffeggiarlo o fare qualcos’altro in stile Swan, inclinò la testa per guardarla intensamente.
I suoi occhi erano così pieni di dolore e di paura che gli trafissero il cuore. Sembrava così smarrita ed era uno sguardo che sembrava completamente fuori luogo sul volto di Emma Swan, facendolo sentire dieci volte peggio per l’inevitabile sensazione che era stato lui la causa di tutto ciò.
"Non ora" aggiunse infine alla sua dichiarazione precedente. Inutile dire che Killian era completamente perso in quel momento.
"Ma pensavo avessi detto ..."
Lo interruppe prima che potesse andare avanti con le sue riflessioni confuse. ... "Lo so. Dio sa che tutto quello che voglio è sentire quello che hai da dire,  crederti, prenderti a calci nel culo e tornare a come eravamo. Ma tu mi hai fatto male. Mi hai lasciato. E io … ho bisogno di tempo Killian. Non posso farlo ora, potrei aspettarmi che tu decida di scappare di nuovo per qualsiasi motivo e non potrei affrontarlo di nuovo" affermò Emma con le guance avvampate di calore "Non posso stare con te in questo modo. Sono un disastro in questo momento".
"Mi dispiace tanto". Stava avendo problemi a formulare le parole da dire, da chiedere, da implorare. Avrebbe voluto solo condividere ciò che sentiva con uno sguardo e anche se entrambi potevano leggersi a vicenda come nessun altro, sapeva che lei avrebbe apprezzato sentirle ad alta voce, qualunque cosa fosse che lui voleva sapere "Non possiamo solo perdonare e dimenticare?".
Ci fu un momento di silenzio, durante il quale Killian non riuscì a incontrare i suoi occhi. Per la prima volta da quando era un bambino molto piccolo, sentì una spiacevole emozione: la vergogna. Aveva ammesso tempo fa come Emma era riuscita a fargli sperimentare cose che non aveva fatto per anni o forse mai. Accidenti a lei. Accidenti a quella donna. Come faceva, gli sarebbe piaciuto saperlo.
Infine decise di guardarla, pronto ad affrontare la rabbia, la delusione che si aspettava di vedere nei suoi occhi. Invece, stava guardando verso di lui con comprensione, nostalgia, pietà. E se questo lo sorprese, la sua azione successiva fu ancora più scioccante.
Con l'esitazione di avvicinarsi ad un animale potenzialmente pericoloso, Emma allungò una mano e gli prese la guancia con una delle sue mani sottili. Il suo tocco era morbido e sorprendentemente fresco. Killian si trovò istintivamente a poggiarsi contro la sua mano, in cerca di qualche conforto dal contatto, decine di tocchi del passato filtrarono dalla sua pelle a lui con quell’unico tocco.
"Credo che tu conosca i The Corrs, giusto Irishpants?" disse piano. Poi tirò via la mano, lasciandolo con una sensazione di vuoto. .. "Hanno detto 'Forgiven, not forgotten' , perdonato, ma non dimenticato…Questa sono io adesso. Posso perdonarti  e lo faccio, ma non posso dimenticare il fatto che hai scelto di lasciarmi allo sscuro di tutto questo schifo che è successo.. ".
"Pensi che sarai in grado di fidarti ancora di me un giorno?" chiese quello che sembrò una vita più tardi, temendo di incontrare i suoi occhi, per paura di ciò che avrebbe visto se l'avesse fatto.
Codardo. Sei un dannato codardo, Jones.
Lottò contro i suoi pensieri traditori e finalmente cedette, incontrò il suo sguardo nello stesso momento in cui lei cercò il suo, la sua espressione accuratamente cauta, insicura “Non lo so. Forse".
Il suo cuore cadde.
Pensò perché fosse così sorpreso e colpito, un improvviso malessere lo investì facendolo ansimare in silenzio, non era troppo sicuro. Aveva immaginato che non gli avrebbe dato la possibilità di spiegare, una possibilità per loro due di far funzionare tutto ancora una volta.
Si era incasinato e adesso era troppo tardi. Come sempre.
Al suo viso mortificato, lei tirò la sua mano nella sua, intrecciando le dita e gli offrì un sorriso incerto "Ehi. Ho detto forse".
Non poteva farne a meno.
Non aveva mai potuto.
"You’re gonna be the one that saves me".
Come se il tempo non fosse mai passato tra di loro. Una canzone scambiata, viaggiando da un angolo del mondo all'altro, facendola sentire meno sola, facendolo sentire più vicino a lei. La sua mano sopra la sua inviò scintille attraverso la sua pelle, non poté fare a meno di muovere il suo dito per accarezzarle la mano. Al movimento però lei lo lasciò andare e Killian represse la necessità di darsi uno schiaffo. Idiota. "Comunque, andrò via per un po’ per le riprese. Per schiarirmi le idee. Pensare, sai".
Infine Killian si voltò verso di lei e lo sguardo nei suoi occhi le fece palpitare dolorosamente il cuore. Li chiuse per un secondo, concordando con lei in tono sommesso "Già".
"E August mi ha detto che voi sarete occupati con la registrazione del nuovo album" aggiunse cercando di mettere insieme una sorta di allegria nella sua voce. Ci stava davvero provando, vero?
Ed eccolo lì a deprimersi come un cucciolo preso a calci.
Killian, ricomponiti, per l'amor del cielo.
Lui deglutì rumorosamente e annuì, cercando di controllarsi e seguire il suo esempio e di fare qualcosa di simile alla normalità, per quanto fosse possibile a quel punto. Cosa della quale non era troppo sicuro, ma vabbè. "E' quasi pronto. Vivremo praticamente nello studio per le prossime settimane".
"Bene" disse Emma con calma, evitando il suo sguardo "Questo è quello di cui abbiamo bisogno. Tempo".
Lui ridacchiò, ma il suono era asciutto e privo di divertimento "Sciocca Swan. Io ho bisogno di te". Fece un respiro vacillante e si allontanò prontamente da lei, temendo che se fosse rimasto così vicino a lei, avrebbe fatto qualcosa di assolutamente stupido. Si passò una mano tra i capelli, sicuramente scompigliati e ancora di più e scosse la testa, cercando di apparire disinvolto "In un modo o nell'altro, non puoi scampare a questo. Una scommessa è una scommessa dopo tutto". Lui tirò il mento verso il bancone dove era posato il tovagliolo, le lettere scritte con l’eyeliner brillavano  contro lo sfondo bianco e ruvido.
Lei seguì il suo sguardo e annuì tristemente non appena scorse il loro così informale contratto "Lo so. Lo farò".
"Non ti preoccupare, sarà dopo il tuo ritorno. E dopo che avrai preso a calci il culo di Cassidy in tribunale" disse con aria dubbiosa studiandola con la coda degli occhi. Sapeva che aveva bisogno di ricordare che aveva tutto questo, che l’aveva di nuovo, non importava come. Lei l’avrebbe sempre avuto con se, anima e corpo, Emma emise un sospiro sconfitto e avrebbe potuto giurare che lei avrebbe potuto vedere delle lacrime nei suoi occhi, ma lui non si lasciò avvicinare affinché potesse vederle così da vicino "Grazie".
Lui inclinò la testa nella sua direzione, per sventolare una mano con noncuranza, come se lui meritasse la sua gratitudine. Ah. Aveva solo bisogno di credere in se stessa e di smettere di preoccuparsi. Puntò l’attenzione su una macchia che colorava la superficie liscia del tavolo, sospirando pesantemente alla prospettiva di andare via, non voleva essere un fastidio e non era sicuro che Emma volesse averlo intorno troppo a lungo, dopo tutto quello che era stato detto e fatto. Stava cercando una scusa per andarsene, consapevole di disturbarla quando probabilmente avrebbe voluto restare da sola  o almeno non era pronta a trascorrere del tempo con lui, non per adesso almeno, quando la richiesta improvvisa lo colse completamente di sorpresa.
"Ehi. Potresti prenderti cura di Nana mentre sono via ed Henry verrà a farmi visita?" Fece una pausa e gli rivolse un piccolo sorriso tenero e affettuoso "Le manchi".
Fu completamente incapace di combattere il sorriso che gli si stampò sulle labbra. Gli era mancata quella palla di pelo e l’avrebbe volentieri tenuta con se per tutto il tempo necessario "Naturalmente".
"Manchi anche al suo padrone".
"Mandami il ragazzo, tesoro. Mi manca terribilmente. Può venire allo studio quando vuole, lo sai".  Henry era mancato a tutti loro. Soprattutto a Grace naturalmente, ma Killian si era così abituato ad averlo intorno ad incoraggiarlo con le sue storie, con le sue idee acute e i fatti che gli piaceva condividere con lui che fu molto difficile non vedere o parlare più con il ragazzo tutti i giorni. Non avrebbe mai pensato che sarebbe diventato così affettuoso e protettivo nei confronti di un ragazzino prima d’allora - con la sola eccezione di Grace e Bae, naturalmente - come non si sarebbe mai immaginato come una figura paterna; ma stando con Henry e sperimentando per la prima volta come poteva essere, prendersi cura di qualcuno e proteggerlo così ferocemente come Emma aveva dimostrato di fare fin dal primo giorno, l’idea si era radicata nella sua mente.
Fu violentemente portato alla realtà quando sentì la sua voce, ora cambiata in qualcosa di lontano e dal cuore spezzato "E manchi anche all’altra sua padrona".
Alzò la testa senza neanche accorgersene, i suoi occhi in cerca di lei. Scene di loro insieme iniziarono a scorrere dietro le sue palpebre; il suo profumo che lo avvolgeva, le sue morbide ciocche dorate che gli accarezzavano la pelle e gli solleticavano il collo, l'eco della sua risata ogni volta che l’afferrava o diceva qualcosa di davvero divertente.
Killian dovette combattere la voglia di seppellire il suo viso tra le mani. Perché si stava torturando con questi pensieri? Una cosa era avere Emma ad ossessionarlo nei sogni, cosa della quale non aveva alcun controllo, ma avrebbe dovuto almeno essere in grado di controllare il vagare della sua mente quando era sveglio ... o almeno avrebbe dovuto.
Sapendo che lei si aspettava una qualche tipo di risposta, ammise finalmente "E io non posso sopportare di stare lontano dal clan Swan ancora per molto". Il silenzio che si insinuò tra di loro era pieno di incertezze, dubbi e sentimenti inespressi. Poté vedere Emma agitarsi e decise che era il momento di liberarla dalla sua presenza. Si batté i jeans debolmente, attirando la sua attenzione e si alzò con un movimento regolare. Le sorrise mentre si controllava le tasche e rimise a posto lo sgabello, ricordò distrattamente come era solita deriderlo per essere così ossessionato dall’ordine, dato che era completamente incapace di lasciare le cose in altri luoghi a cui non appartenevano. "Credo che sia arrivato il momento di andare. Grazie per il drink. Per la conversazione. Per la compagnia. E per la tua bellezza".
Un debole sorriso apparve sulle sue labbra e per un attimo, gli occhi verdi incontrarono quelli blu senza traccia di malizia, di sospetto o di rabbia. Killian sentì il battito accelerare leggermente nelle sue vene e sperò che Emma non si fosse accorta che le sue mani erano diventate sudate e stavano tremando all'interno delle sue tasche. Solo perché lei aveva sorriso ad una delle sue battute stupide.
Era davvero fregato. Lo era sempre quando si trattava di lei.
"Stiamo tornando al punto di partenza?" chiese piegando la testa di lato, senza malizia, senza rabbia o confusione dietro la sua domanda. Solo un’onesta curiosità che fece stringere il cuore di Killian. Al punto di partenza? Che cosa significava?
"Preferisci non avere a che fare con me, nemmeno come amico ? Preferiresti, sai, che non interagissimo affatto?" Killian non vide la necessità di attenuare le sue parole. "Farò tutto quello che desideri, Emma. Ma ammetto che preferirei averti come amica, se non posso avere tutto di te. Non sei l'unica che ha desiderato la tua compagnia".
... va bene, forse era stato troppo intenso. Ma Dio, voleva farle capire che lui aveva bisogno di lei. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, anche dire solamente frasi casuali e stupide pur di farla ridere.
Lei gli rivolse il più piccolo dei sorrisi e Killian non poté fare a meno di sorridere a sua volta "Fuori di qui, perdente".
Dopo alcuni momenti di silenzio, si alzò in piedi e si diresse verso la porta, ma si fermò con la mano sulla maniglia "Ciao, Swan" disse sorridendo leggermente. Si ricordò di come  a volte quando stavano insieme, mentre lo stava rimproverando o lo prendeva in giro, lei si rivolgeva a lui chiamandolo ancora con il suo cognome. Era il suo modo di cercare di metterlo al suo posto e lo trovava stranamente affettuoso. A volte anche lui, si ritrovava a chiamarla 'Swan', soprattutto quando voleva stuzzicarla. Le vecchie abitudini erano dure a morire.
Ora però, in momenti come questo, non poteva pensare a lei come 'Swan'. Qui, con la luce che filtrava dalla finestra, che aumentava i riflessi dorati dei suoi capelli e che rendeva i suoi occhi brillanti come gemme preziose, era 'Emma' per ​​lui. Una volta che per lui era diventata Emma, sarebbe stato difficile tornare a come erano stati all’inizio, quello che avevano rappresentato per l'altro.
L’espressione conflittuale di Emma si ammorbidì e i suoi occhi mostrarono un'emozione stranamente simile al desiderio. Tale era l'intensità dei suoi occhi che Killian dovette scuotersi per contrastare la voglia di lanciarsi contro di lei, di non lasciarla andare. Ma doveva rispettare i suoi desideri. E per adesso, questo tipo di gesti non erano contemplati "Ci vediamo presto, Jones. Comportati bene".
"Farò del mio meglio". Un’espressione controllata,  lui la fissò intensamente per un paio di secondi prima di scuotere la testa e uscire da casa sua "Prenditi cura di te".
Tornò alla sua auto, lo sguardo intento a fissare i suoi piedi per non inciampare nei suoi passi, focalizzando l’attenzione su qualsiasi cosa, tutto per non guardare indietro verso di lei.
Così contò.
28 respiri. 47 mattoni passati sul marciapiede. 4 auto rosse, 5 auto nere, 3 auto bianche, 2 auto blu parcheggiate nella sua strada. 3 porte in legno superate. Due cassette della posta bianche ...
E dietro le sue liste inarrestabili, un mantra che continuava a ripetersi più e più volte, che non riusciva a farlo smettere di tremare e di desiderare di poter tornare da lei per dirle quelle parole.
Io non voglio essere tuo amico. Voglio essere molto di più.
Se si fosse guardato indietro, avrebbe potuto vedere Emma rannicchiata accanto alla finestra, seduta contro il vetro che dava sulla strada, stringendo ferocemente qualcosa contro il suo petto mentre Nana cercava di consolarla dalle lacrime con la testa appoggiata sul suo ginocchio.
La sua felpa. 
 

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Eccoci qui di nuovo con i nostri Lost Boys!!
Ok, Milah ha dato l'ennesima dimostrazione di essere una vera psicopatica, questo è il motivo reale che ha spinto Killian a mantenere il segreto e rompere con Emma per proteggerla e poi le basta sapere di Neal e corre a chedere scusa?? Ma sei di fuori o che??? Bene la situazione sembra essere leggermente migliorata, ma la scena finale...corro a piangere XD
A prestissimo :*

 
  
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