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Autore: The Stranger On The Moon    10/09/2014    2 recensioni
La Bella e la Bestia, il Gigante e la Bambina, la Spada e la Rosa, così li chiamavano.
Poi la Bella ha domato la Bestia, la Bambina ha piegato il Gigante e la Rosa ha spezzato la Spada.
Come, chiedete?
Lui un tempo l'ha chiamato Peccato,
Lei un tempo l'ha chiamato Amore.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexander Andersen, Enrico Maxwell, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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13. Il Mare Impetuoso

 

Passò il resto del pomeriggio un po' a chiacchierare col prete, un po' a leggere e un po' a cantare, visto che a lui piaceva molto la sua voce associata ai salmi - cosa che le disse personalmente, assieme ad un'altra manciata di complimenti, visto che da febbricitante i suoi freni inibitori venivano piacevolmente a meno.

-Te l'ho già detto che sei molto bella coi capelli sciolti?

-Una decina di volte, padre. Ma faccia pure, non mi da' fastidio.

-Maxwell t'ha messo gli occhi addosso, eh?

-Ma che dice?

-Ah, non prenderlo come uno scandalo!Ti guarda come Giuda deve aver guardato i suoi trenta denari prima di riceverli.

Ok che si fidava di lui, ma non era il caso di sparlare di Maxwell quando era in quello stato. All'attimo corrente sarebbe stato capace di alzarsi, andarlo a cercare e spiattellargli tutto in faccia giusto per avere la soddisfazione di vedere la sua espressione.

-Lo sa di cosa sta parlando? È un vescovo!

-Ed un grandissimo cascamorto. Vuoi che non lo sappia?Bah. L'ho tirato su io. Ti ha già invitata a cena?

-Ah, la cena!- Esclamò, battendosi il palmo sulla fronte -Me l'ero completamente scordata!

-Visto?Un marpione.- Concluse il prete, incrociando le braccia al petto -E in più non ti ha certo invitata a cena per mangiare in sala da pranzo.

-Lei dice?

-Io dico.

Sospirò sconsolata lanciando una veloce occhiata all'orologio. Le sette. Per quando le aveva dato appuntamento quando s'era congedato? Si mordicchiò il labbro, cercando di ricordare. Le otto...? No, le otto e mezza. Nell'atrio.

Alzò uno sguardo costernato verso Andersen.

-È il caso che io mi preoccupi? Non sono qua per questo, voglio solo stare tranquilla.

-Ma no, ma no- La rassicurò lui, sorridendo -Probabilmente vuole solo studiarti da vicino. Maxwell sa qual è il suo ruolo, non ti darà fastidio. E se proprio dovesse dillo a me: non mi si metterà contro.

-Sa cosa?Oggi stavamo parlando, io le ho chiesto se l'aveva vista...E lui si è subito innervosito. Mi è sembrato quasi geloso.

Il sacerdote liquidò la questione con un gesto noncurante.

-È nulla. È solo che non gli va che qualcun altro tocchi i suoi giochi. Essendo capriccioso come un bambino, perderà interesse per te alla svelta se non lo assecondi.

-Non ho alcuna intenzione di assecondarlo. Io sono qui solo per fare il mio lavoro.

-Ne sono sicuro. Comunque fare buona impressione sul proprio capo non è peccato. Magari potresti interessargli perchè sei intelligente, che ne sai?

-Oh, certo- Commentò lei, scettica -Avrebbe dovuto vedere che luminari della filosofia moderna venivano a trovarmi prima che venissi qui. Un simposio di acuti pensatori.

-Come non detto. Ma sta' tranquilla, vai a prepararti: a Maxwell non piace affatto aspettare- La incoraggiò lui, dandole un buffetto sulla guancia.

-Sì, e lei?- Sospirò, abbassando lo sguardo -Dovrei restare qua ad aiutarla, altrochè.-

-Non ti preoccupare per me, io sto bene. Probabilmente sarò in piedi già domattina.

Scosse la testa, poco convinta, e si chinò a posargli le labbra sulla fronte.

-Be', almeno la febbre le sta scendendo-Commentò, raccattando le sue cose-Chiederò ad Heinkel o a Yumiko di portarle la cena. Ci vediamo domattina, padre, buonanotte.

 

Filò a farsi una doccia perchè era già tardi.

Quando fu davanti all'armadio, però, diede una testata all'anta, sull'orlo delle lacrime.

Lei non ci voleva andare a quello schifo di cena. Non le interessava Maxwell né qualsiasi cosa lui avesse da dirle. Voleva solo starsene in pace, per i fatti suoi, senza che quello o quell'altro le mettessero gli occhi addosso. Lo sapeva come andavano a finire quelle cose.

Aveva finito di fare la puttana, lei.

Inspirò a fondo, raddrizzandosi, e riprese il controllo di se stessa.

Ormai doveva andare, non aveva scelta. L'unica cosa che poteva fare era sorridere e annuire per tutta la serata, senza mostrare alcun tipo di interesse - rimanendo nei limiti della cortesia, naturalmente. Non le conveniva nemmeno inimicarsi uno potente come quello.

Bene. La prima cosa da fare per mantenere un uomo a distanza di sicurezza era non provocarlo, anzitutto visivamente.

Aprì l'armadio, riflettendo. Non che avesse una vasta scelta, ma niente di precisamente normale. Non poteva tenere le spalle scoperte perchè erano bendate?Tanto meglio.

Se Andersen aveva ragione, però, e lui aveva intenzione di portarla fuori a cena, non poteva neppure presentarsi in calzoncini e maglietta. Tantopiù che quello girava in tiro come un damerino persino a colazione.

Ad ogni modo, lei di vestiti ne aveva avuti sempre e solo tre, due dei quali erano scollati in una maniera improponibile.

Risolse per un tranquillissimo tubino nero che le arrivava poco oltre le ginocchia e che sprizzava decenza e contegno da tutti i pori.

-Mai usato questo vestito in vita mia, troppo sobrio- Pensò, guardandosi allo specchio alla ricerca di un qualsiasi punto troppo scoperto.

Passò a raccogliersi i capelli in una crocchia visto che, come il prete le aveva ribadito una decina di volte, coi capelli sciolti stava meglio.

Non si truccò: non lo faceva più da quand'era nell'Iscariota, le ricordava troppo i giorni in cui, invece, doveva bistrarsi pesantemente gli occhi tutte le mattine.

Si mise due semplici cerchioni d'argento alle orecchie e adagiò la croce sul petto. Infilò dei sandali neri ai piedi - era già alta quanto Maxwell - e si ricontrollò un ultima volta.

Perfetto: assolutamente niente di lascivo o inverecondo, tutto nella norma.

Pronta ad affrontare il drago.

 

-Bellissima- Commentò Maxwell vedendola scendere le scale, alle otto e mezza spaccate. Lui era nella solita impeccabile tenuta bianca e viola, la croce d'argento sostituita con una d'oro lucidata e poggiata sul petto come d'ufficio.

-Troppo buono- Rispose lei, sorridendo leggermente.

Quando gli fu davanti l'uomo si esibì - di nuovo - in un impeccabile baciamano, per poi porgerle il braccio con fare galante.

Lo accettò con una certa indifferenza. Poteva anche avere classe, ma non la incantava.

-Non ho intenzione di cenare in sala da pranzo, stasera...- Esordì il vescovo, conducendola verso l'ingresso.

-L'avevo intuito-Lo interruppe lei, rivolgendo un sorriso di saluto ad una suora di passaggio-Però potevi avvisarmi.

-Sono desolato, mi è passato di mente: lo davo per scontato. Ad ogni modo sei perfetta così. Andiamo in uno dei ristoranti più rinomati di Roma.

-E sei proprio sicuro di volerti far vedere con una come me al fianco?

-Perchè?

Gli rispose soltanto un sorriso misterioso.

 

-Prego.

Accettò con un sorriso la sedia che Maxwell le aveva cavallerescamente accostato, accavallò le gambe e si guardò intorno.

Il ristorante era grande, illuminato dai due lampadari di cristallo più grossi che avesse mai visto e arredato con mobili antichi in legno scuro: i tavoli, almeno alla prima occhiata, sembravano di mogano ed erano coperti da tovaglie di lino immacolate; la sedia su cui si era appena accomodata, invece, era foderata di velluto rosso. Le posate erano d'argento, i piatti di porcellana, i bicchieri di cristallo e a centro tavola c'erano -grazie al Signore- un candelabro ed un'elaborata seppur inodore composizione floreale che le coprivano Maxwell per metà.

Lui fissò i fiori, improvvisamente a disagio.

-Avevo pensato a prenderti un bouquet, ma...

Lo zittì con un gesto, sorridendo.

-A me i fiori piacciono quando crescono nei campi.

Il vescovo si rilassò, sorridendo a sua volta.

-Allora è meglio così.

Un cameriere rigido come un'asse da stiro si affiancò al loro tavolo, comicamente simile alle caricature dei fumetti.

-Buonasera signori, questa sera mi occuperò del vostro tavolo. Cosa desiderate mangiare?

Maxwell le rivolse uno sguardo interrogativo.

-Oh, io...Mangio poco e leggero, solitamente non pesce. Cosa mi consiglia?-Domandò, volgendosi verso il cameriere.

-La signorina forse gradirà un delicato carpaccio di manzo, insaporito con erbe e sale rosa himalayano. Altrimenti abbiamo un'ottima arista di maiale con patate dolci, molto saporita.

-Vada per il carpaccio, grazie.

-Io prendo l'arista.

-Signori.-

Il cameriere chinò leggermente la testa e segnò l'ordinazione su un blocchetto.-Posso suggerire un eccellente rosso dell'86, corposo e piacevolmente fruttato, per accompagnare?-

-Tu bevi?-Le chiese l'uomo.

-Di solito no.

-Posso tentarti, per questa sera?

Gli concesse un “d'accordo” ed un sorriso indulgente. Reggeva bene l'alcol, non sarebbe stato certo un bicchiere di vino a mandarla fuori di testa.

Maxwell congedò il cameriere-che si defilò dopo un breve inchino-e poi le rivolse la sua completa attenzione.

-Come vanno?-Domandò, accennando alla stola color avorio che le copriva le spalle.

-Meglio-Rispose lei, aggiustandosi una ciocca ribelle dietro un orecchio-Si rimarginano più velocemente di quanto credessi.

-Mi fa piacere. Non mi sono ancora complimentato per la missione: Andersen mi ha detto che hai fatto un ottimo lavoro.

-Ha detto così?Mah. Avrei preferito finirlo fino in fondo.

-Non è stata colpa tua. Andare oltre significava rompere un accordo che...Be', mi sta già dando abbastanza da fare. Probabilmente dovrò incontrare la Hellsing, quella...-Si fermò con una smorfia di disgusto-Ad ogni modo, non è colpa tua. È Andersen che tende a voler fare sempre più del dovuto.

-Crede nei suoi ideali molto fermamente. È da biasimare?

-No, ma potrebbe contenersi. L'hai poi trovato?Mi dicono che non l'hanno visto in giro, oggi.

-Avrà avuto da fare-Mentì-Io non l'ho più cercato. Ho studiato per tutto il giorno.

-Capisco. È probabile. Ti piace studiare?-Aggiunse, dopo una breve pausa.

Cielo, quell'uomo era interessante come un blocco di polistirolo.

-Sì, mi diverte.

-Cosa in particolare?

-Be', la filosofia, come sai...La storia dell'arte e le scienze.

-Argomenti interessanti. Che mi dici della musica?Ho saputo che hai una voce stupenda.

-Andersen?

-E chi altri?

-Così dicono, ma io continuo ad esercitarmi un paio d'orette al giorno, dopo pranzo.

-Sarei curioso di sentirti cantare.

-Forse, un giorno...

-Ci conto.

Si interruppe perchè il cameriere era tornato con le pietanze. Appoggiò i piatti davanti a loro e tirò fuori il vino, versandolo nei calici.

Domandò se serviva altro e, alla loro risposta negativa, si congedò con un altro breve inchino.

Miryam fissò a lungo la disposizione artistica del suo piatto, prima di decidersi ad intaccarlo. Tutto quel lusso davvero non faceva per lei.

-Qualcosa non va?-Le chiese Maxwell, le posate sospese a mezz'aria nell'atto di tagliare la carne.

Lei si riscosse dall'osservazione e sorrise.

-No, nulla. Notavo solo che il piatto è molto ben disposto.

-Eh?Ah, sì-Abbassò lo sguardo sul suo piatto come se l'avesse visto solo in quel momento.

Figurarsi, uno del suo rango doveva essere abituato a mangiare così tutti i giorni. Non che lo invidiasse, comunque: per lei la mensa frugale del Vaticano era più che perfetta.

-Sai che posate usare?Perchè io non ci ho...

Lo fermò prendendo forchetta e coltello corretti e mostrandoglieli.

Lui diede in un'alzata di sopracciglia stupita.

-Il corso di galateo era offerto dalla matriarca del bordello, ed io lavoravo anche come accompagnatrice. Una delle più richieste...Buonasera, Onorevole-Salutò amabilmente al passaggio di un tizio in smoking dall'aria terribilmente snob.

Quello sussultò come se fosse stato punto da un ago e spostò gli occhi da lei a Maxwell, fermandosi su quest'ultimo con uno sguardo sorpreso e leggermente contrariato.

-Eccellenza!-Salutò, con una lieve nota di rimprovero nella voce.

-Onorevole...-Ricambiò il vescovo, deponendo le posate.

L'uomo sostò accanto al tavolo.

-Lei conosce la signorina Shiva...?-Chiese a bassa voce.

-Lavora per il Vaticano-Rispose freddamente l'altro.

-Be', ottima scelta. Ma le sembra prudente così allo scoperto, un uomo di chiesa come lei...?

-Ho detto che lavora per il Vaticano, non sotto il Vaticano-Ribadì l'uomo con tutta la superiorità di cui disponeva, indicandosi con un gesto.

-Ho dato una svolta netta, Onorevole, non sono più sul campo-Intervenne lei, sorridendo.

-Quand'è così...Un vero peccato. Una delle migliori. Be', buon proseguimento.

-Tu lo conosci?-Le chiese Maxwell quando se ne fu andato.

-Se mi alzassi e facessi un giro, mio caro, saluterei tutta la sala-Rispose lei prendendo un sorso di vino-Ma preferirei evitare l'imbarazzo agli illustri ammogliati.

Il vescovo inarcò un sopracciglio, fissando il suo piatto, e poi tornò a guardarla.

-Si può sapere quanti nomi hai?

-Uno per ogni ambiente. Nel bordello mi chiamavano Shiva. Mia madre mi chiamava Candide. Qui mi chiamate Miryam.

-Ed il tuo preferito?

-Miryam-Rispose, tagliando la carne.

Non ebbe bisogno di guardarlo per percepire il fastidio che l'aveva assalito.

-Perchè te l'ha dato Andersen, suppongo.

-Perchè è l'unico a non essere stato infangato-Replicò alzando lo sguardo, con un'intensità che lo fece vergognare-Davvero, Enrico, smettila di tirare in mezzo quel povero Cristo. Sembri innamorato. Non te lo tocco, va' tranquillo.

-Ma che dici?!

Sospirò, snervata. Senso dell'umorismo non pervenuto.

-Scherzavo.

-È che c'è sempre qualche problema, con Andersen-Borbottò prendendo in mano il calice.

-A me finora non ne ha creati, tutt'altro.

Inarcò un sopracciglio, in disapprovazione-Potresti mostrare un po' di riconoscenza, comunque. Senza di lui saresti ancora in strada, e allora ti saluto guanti bianchi e camicie di seta.

-Non è che non gli sono riconoscente, cerca di capire...-Sospirò brevemente, tamponandosi il tovagliolo sulle labbra.-È che quell'uomo, da subordinato, è pressoché ingestibile. Fa sempre di testa sua. Ed io devo renderne conto al Papa, non ad un tizio qualunque.

-Va bene, non importa-Disse, addolcendo il tono.

-Noi due ci siamo già conosciuti, comunque, sai?

-Hm?

-Forse tu non ti ricordi di me, in orfanotrofio sono stata solo due mesi. Io mi ricordo di te, comunque: stavi sempre da solo, da piccolo. Con me però ti piaceva giocare.

Lo vide corrugare le sopracciglia, concentrato, e poi rilassarsi in un sorriso.

-Quindi eri tu quella piccolina che ronzava sempre attorno ad Andersen e a fra' Francesco?

-E chi altri?

-Anch'io mi ricordo di te, allora. Eri l'unica che non mi prendeva in giro. Mi è dispiaciuto quando te ne sei andata.

-Eh, già. Ma mio padre non aveva ancora fatto abbastanza soldi, con me.

-Come hai fatto ad andartene, a proposito?

-L'ho ammazzato-Rispose lei, sorridendo.

Maxwell la fissò, interdetto.

-Scherzi.

-Affatto. Dopo la tua visita ho parlato con lui e gli ho riferito che avevo intenzione di smettere con quel giro. Lui, ovviamente, si è opposto e non voleva lasciarmi andare. Io allora gli ho tagliato la gola e l'ho buttato in un vicolo. A nessuno importa se muore uno strozzino come lui. Che c'è?Scioccato?

-Onora il padre...-Mormorò il vescovo a mezza bocca.

-Ah, già. Be', sono sicura che da qualche parte, nella Bibbia, ci sia scritto qualcosa anche contro il picchiare a sangue la figlia treenne e venderla ad un branco di pedofili. Ma andrò a confessarmi, se la cosa ti sconvolge tanto.

-Forse è meglio.

-Occhio per occhio, dente per dente-Citò freddamente.

-A chi ti schiaffeggia tu porgi l'altra guancia, e a chi ti toglie il mantello non negare la tunica-Replicò lui.

-Io di guance ne ho due, dopodiché mi incazzo. E se ti fossi tolto la tunica e il mantello tante volte quante me li sono tolti io, saresti anche peggio di me. Forse dubiteresti persino dell'esistenza del Signore.

Il suo tono era calmo, ma il suo sguardo era più affilato di una lama.

-Forse, ma non c'è modo di saperlo. Mi dispiace sia toccato a te-Commentò l'uomo, come a voler chiudere la questione.

-Tanto meglio. Io, almeno, adesso so riconoscere chi mi fa del bene.

La frecciatina andò perfettamente a segno. Lo vide abbassare la testa e occuparsi del cibo come se non ci fosse altro.

-Comunque mi dispiace davvero-Mormorò dopo un po', e sembrandole sincero lei si concesse di rilassarsi. Del resto aveva anche lui i suoi pregi: se l'argomento fosse saltato fuori con Andersen, sospettava, ne sarebbe nata una sfuriata di dimensioni ciclopiche.

-D'accordo. Non c'è bisogno di scusarsi, quel che è stato è stato.

Gli vide fare il primo vero sorriso della serata, senza ombra di ipocrisia o superiorità.

-Vuoi un dolce?-Le chiese.

-Oh, no. Perdo la linea!-Aggiunse in tono melodrammatico.

Lui scosse la testa, sorridendo, ma non insistette oltre.

Chiamò il cameriere e pagò il conto. Quando si fu alzata le porse il braccio e la scortò all'esterno.

Tutto sommato non era stato troppo malvagio.

 

La lasciò solo quando furono nuovamente nell'atrio.

-Grazie per la serata.-Sorrise cortesemente, separandosi dal suo accompagnatore.

-Nulla. Grazie a te per la compagnia.

Fece per congedarsi da lei come al solito, baciandole la mano, ma quel gesto le sapeva troppo di viscido: così, si sporse e gli sfiorò con le labbra prima la guancia destra e poi la sinistra.

-Buonanotte-Lo salutò, e senza dargli il tempo di replicare si dileguò rapidamente su per le scale.

Non che si fidasse di lui, ovvio. Però ora le sembrava un po' più rispettabile.

Si fermò fra la porta della sua camera e quella di Andersen, indecisa.

Concluse che l'ora era troppo tarda per disturbare, e sicuramente stava già dormendo.

Sospirò. Nonostante tutto, avrebbe di gran lunga preferito essere rimasta con lui.

  
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