CAPITOLO VENTIDUESIMO: FUOCO
NEL CUORE.
Tiresia
dell’Altare aveva atteso l’inizio delle ostilità nella sua stanza, nella
più alta torre di Tirinto. L’aveva scelta deliberatamente, chiedendola ad
Ercole in persona, poiché amava la vista che si apriva di fronte ai suoi occhi
dall’alto di quella costruzione. Nelle giornate di sole, quando il cielo era
terso, era possibile persino vedere lo spumeggiare del mare, a chilometri di
distanza ad Oriente, e sentirne il sapore scivolare nel vento, fino a poterne
respirare anche solo un refolo. Non era per un mero soddisfacimento estetico
che Tiresia aveva fatto richiesta per quella stanza, ma per onorare il ricordo
del suo maestro, per sentirlo sempre dentro di sé, rivivendo continuamente le
emozioni finali del suo giovane cuore.
Tiresia
era stato infatti uno dei discepoli di Asmita della
Vergine, Cavaliere d’Oro di Atena, morto durante l’ultima Guerra Sacra
combattuta contro Ade, sotto un cielo stellato in cui Asmita
per la prima volta aveva sorriso, realizzando quanto fosse bello il mondo. Quel
mondo che, cieco fin dalla nascita, non aveva mai potuto osservare
direttamente, ma soltanto sentire, percependolo attraverso il cosmo, diventando
testimone del dolore e della sofferenza annidate nell’animo umano. Questo
atteggiamento di scarsa fiducia nei confronti della vita, Asmita
l’aveva trasmesso a Tiresia e agli altri suoi discepoli, auspicando che loro,
anche in un futuro, riuscissero a trovare una risposta all’interrogativo che lo
aveva spinto a dubitare persino di Atena, la sua Dea.
“Se la
vita è eterno dolore, come io lo percepisco tramite il cosmo, se la vita è
soltanto sofferenza per gli uomini, che senso ha allora vivere?” –Ripeteva
spesso il Cavaliere d’Oro della Vergine. –“Non sarebbe meglio morire, affidando
l’anima alla pacata tranquillità della morte piuttosto che condannarla ad una
vita di patimenti?”
Soltanto
in punto di morte, riuscendo per un momento a vedere il mondo con i suoi occhi,
e a coglierne la luce, la gioia, le risate degli uomini di cui finora aveva
colto soltanto il dolore, Asmita aveva compreso che
in fondo esiste sempre una ragione per vivere, e per lottare, pur essa sia. E
questa consapevolezza Tiresia voleva ricreare, inseguendo gli ideali del suo
precettore, al punto che, per sua libera scelta, teneva gli occhi chiusi. In
questo modo raccoglieva il cosmo dentro sé e riusciva ad entrare in intima
connessione con il mondo in movimento attorno a lui, molto di più di quanto gli
uomini comuni riuscissero a fare con i loro occhi.
“Gli
occhi dell’anima riescono a scavare nel profondo più di quanto possano fare
quelli del viso, pur belli che siano!” –Aveva detto Tiresia a Penelope, un
giorno in cui la Sacerdotessa del Serpente gli aveva chiesto per quale motivo
tenesse gli occhi chiusi.
E
Tiresia al riguardo era maestro, riuscendo a percepire dubbi e tensioni
annidate nell’animo dell’uomo. Era stato proprio lui, poche ore prima, ad
ascoltare una conversazione tra Opi della Lepre e Dione del Toro, i cui cosmi ardevano di una tenebra sopita
da cui era necessario stare in guardia. Per questo aveva informato Ercole,
prima di salire nelle sue stanze, chiudendosi in meditazione e raccogliendo il
cosmo attorno a sé, rimanendo così, immobile ma sempre attento al mondo
circostante, finché non aveva sentito l’acceso cosmo di Neottolemo
del Vascello fendere l’aria con la Nave di Argo, decidendo quindi di
intervenire.
“Abbandono
dell’Oriente!!!” –Gridò adesso Tiresia dell’Altare, sospeso in volo sopra
l’alta torre di Tirinto, mentre dietro di lui comparivano immagini di angeli e
di teschi con una falce, attornianti una fanciulla incappucciata in groppa ad
un cavallo.
L’energia
da lui liberata esplose a ventaglio, generando un’immensa onda cosmica che spinse
indietro di qualche metro Ificle della Clava e gli
altri tre Shadow Heroes suoi compagni, giungendo
persino a sbattere a terra Eolo, Iris e Zefiro. Ma neanche il suo potere fu in
grado di scalfire la superficie di pietra dei Kouroi,
rivestita dal cosmo di Era, non riuscendo ad impedire che i Giganti lanciassero
pietre e sassi contro la barriera protettiva di Tirinto e sconquassassero il
suolo con forti pedate.
“Quel
damerino ci ha disturbato fin troppo!” –Esclamò Ificle
della Clava, sollevando una delle sue rozze armi e puntandola verso
Tiresia, concentrando su di essa tutto il suo cosmo. Una cometa di energia
sfrecciò nel cielo, dirigendosi verso il volto dell’Hero
dell’Altare, ma non riuscì a raggiungerlo, poiché un attimo prima dell’impatto
Tiresia creò una cupola di energia atta a proteggerlo, con un semplice
schioccare di dita.
“Kaan!” –Gridò Tiresia, e la sua voce risuonò come un
grido di guerra su tutto il piazzale di Tirinto e sul campo al di fuori di
esso, rincuorando l’animo degli Heroes che ancora resistevano, fieri del suo
coraggio e istigati dalla sua determinazione.
Il colpo energetico di Ificle si infranse contro la cupola protettiva del Kaan, venendo rimandato indietro ad un semplice accigliarsi dell’Hero dell’Altare, obbligando lo Shadow Hero a difendersi con la sua stessa Clava, con la quale parò l’assalto, venendo comunque spinto indietro, scavando solchi nel terreno con i piedi robusti.
“Ha
del fegato!” –Si limitò a commentare Ificle, di
fronte allo sguardo divertito di Dinaste di Antinous e degli altri Heroes, contenti nel vedere qualcuno
in grado di zittire il tono brusco del loro Comandante. –“Ma non basterà quella
cupola a trattenere la foga della mia Clava! Neppure Ercole potrebbe opporsi a
me! Ooh, quanto vorrei che il Dio abbandonasse quella
stupida posa difensiva ed uscisse fuori, mostrando la sua virilità, per poter
confrontare la sua clava con la mia! Allora, con il nostro sangue, sarebbe
decretato il più forte e il più degno di comandare gli Heroes! Oh oh oh!” –Rise sguaiatamente Ificle.
“Stai
attento a cosa chiedi, Ificle!” –Lo ammonì Dinaste di Antinous.
–“Spesso i desideri trovano la via per essere esauditi!”
La loro conversazione fu interrotta da un nuovo attacco di Tiresia dell’Altare, che diresse nuovamente il suo ventaglio di energia contro gli Shadow Heroes ribelli, obbligandoli a difendersi con il proprio cosmo. Prima che Ificle e gli altri potessero reagire, un’ombra li superò, balzando nel cielo sopra di loro in uno scintillio di luce dai colori dell’arcobaleno.
“Spegnerò
io la sua fiamma vitale!” –Tuonò Zefiro, il Vento dell’Ovest, librandosi
in volo sopra Tirinto, fino a portarsi a pochi metri dal volto di Tiresia
dell’Altare, che sembrava non degnarlo di alcun interesse. –“Così tanto sei
convinto della tua superiorità, stupido mortale, che non ti degni neppure di
osservare il tuo avversario?”
“Non
ho bisogno degli occhi per vedere il mio nemico! Mi basta soltanto percepire la
sua presenza e l’ostilità del suo cosmo, che è ardente come fiamma pura!”
–Precisò Tiresia, con voce calma e pacata, mentre Zefiro piroettava nel cielo,
sbattendo le ali multicolori della sua corazza, avvolto in un turbinio di cosmo
incendiario.
“Mi
intrighi, lo ammetto! Sono proprio curioso di vedere quanto riuscirà, un uomo
superbo come te, che non ha esitato a scendere in battaglia da solo per fare
sfoggio del suo potere, a resistere all’impeto del mio cosmo infuocato!”
–Esclamò Zefiro, creando una tempesta di aria calda. –“Ascolta il mio nome,
uomo, poiché esso ti farà da guida nella tua discesa verso gli Inferi! Io sono
Zefiro, il Vento dell’Ovest, il più gradito agli uomini dei quattro Venti miei
fratelli, poiché il mio arrivo annuncia la primavera, la fine della stagione di
gelo e di piogge, che Austro e Borea non risparmiano durante l’inverno, e la
calda stagione! Ma posso divenire anche mortale nemico, aumentando l’intensità
di calore delle mie raffiche e portare siccità e fiamme distruttive, anziché
sereni giorni di sole!”
Tiresia
dell’Altare non rispose, seguitando a rimanere nella sua posa meditativa, con
le gambe incrociate e le braccia conserte, intente a
disegnare con le dita qualche simbolo arcano che Zefiro non conosceva, in una
calma imperturbabile, che il Vento dell’Ovest interpretò come superba
arroganza. E questo lo fece imbestialire.
“Non sopporto che non si presti ascolto alle mie parole!” –Gridò Zefiro, sollevando una tempesta di aria calda e torrida, come il pesante clima desertico, e dirigendola in un vortice di potenziata energia contro l’Hero dell’Altare, il quale, per non essere spazzato via, ricreò la sua cupola protettiva, lasciando che la tempesta di torrida energia si infrangesse su di essa, come onde su uno scoglio. Ma Zefiro, irritato da tanta serena dimostrazione di superiorità e fermezza, aumentò l’intensità del suo assalto, trasformandolo in una vera e propria bufera di fuoco.
“Primavera
infuocata!” –Gridò Zefiro, creando un movimento vorticoso del vento,
violento e carico di torride fiamme, che diresse contro la barriera energetica
di Tiresia, obbligando il guerriero di Ercole ad impegnarsi al massimo, per
difendersi da tale tempesta divina.
“Dei
delle stelle!!!” –Commentò Polifemo del Ciclope, dal basso della corte,
osservando l’impetuoso abbattersi di fiamme sulla barriera di Tiresia e
chiedendosi quanto ancora il compagno avrebbe resistito. Concentrò il cosmo sul
pugno destro, muovendosi per colpire il Dio, ma Marcantonio dello Specchio lo
fermò, afferrandogli il polso con fermezza. Bastò uno sguardo del Comandante,
per far capire a Polifemo che Tiresia avrebbe combattuto da solo, trovando
dentro di sé, nella meditazione a cui aveva dedicato anni interi della sua
vita, la forza per reagire.
“Sarebbe
un disonore se intervenissimo!” –Esclamò Marcantonio, avviandosi verso il
Portone Principale. –“Inoltre, temo che Ificle e i
suoi compari stiano preparando l’assalto finale! Raduna tutti gli Heroes!”
Polifemo
annuì, prima di sollevare nuovamente lo sguardo verso l’alto. Tiresia resisteva
ancora, riparato dalla barriera circolare che lo attorniava come una sfera,
mentre le devastanti fiamme di Zefiro, le cui scintille cadevano come stelle su
tutta la corte di Tirinto, incendiando tetti e costruzioni di legno,
continuavano a turbinare imperterrite attorno a lui, in un’immagine a tratti
soffocante. Stufo di giocare, Zefiro riunì le forze per un poderoso assalto,
più potente di tutti quelli che aveva condotto finora, con il quale era certo
di riuscire a sfondare la barriera dell’Hero, che,
rifletteva il Dio, in fondo era soltanto un uomo.
“E
nessun uomo può opporsi alla furia di un Dio!” –Esclamò a gran voce, mentre il
turbinante movimento di aria infiammata si abbatteva sul Kaan,
facendolo vibrare sinistramente e obbligando Tiresia a mettere tutto se stesso
nella difesa.
Proprio
quando Zefiro fu certo della sua vittoria, convinto che la barriera avrebbe
ceduto entro breve, vide un breve gesto di Tiresia che inizialmente non riuscì
a comprendere. Dopo aver trascorso tutta la durata dell’assalto in posizione
ferma e meditativa, l’Hero dell’Altare mosse per la
prima volta le mani, giungendole insieme, e in quell’unione generò una sfera di
energia cosmica, un ammasso indistinto di cosmo che andò facendosi sempre più
grande. In quel momento il Kaan andò in
frantumi, schiantandosi con un rumore secco, mentre il cosmo che Tiresia aveva
concentrato tra le mani fino a quel momento venne liberato, generando un’onda
di energia che scaraventò Zefiro indietro di parecchie decine di metri,
facendolo roteare confusamente in aria. Affannato e sorpreso, il Vento
dell’Ovest si raddrizzò, sbattendo le ali della sua Armatura, non ancora
danneggiata, osservando stupito l’uomo che aveva ardito respingerlo in così
malo modo, dovendo tutto sommato applaudirlo.
Quale
raffinata maestria! Confessò Zefiro. Ben sapendo che non è possibile
lanciare due attacchi simultaneamente, poiché nessuno possiede l’energia e la
concentrazione necessaria, quest’uomo ha racchiuso il cosmo offensivo tra le
mani, liberandolo soltanto nel momento in cui la barriera ha ceduto, svincolato
quindi da qualsiasi legame mentale su di essa! Con estrema abilità e acume è
riuscito a calcolare il momento esatto in cui abbandonare la difesa per passare
all’offesa! Sarebbe bastata un’esitazione, anche soltanto di un centesimo di
secondo, e la Primavera Infuocata lo avrebbe travolto annientandolo!
“Ora
so come vincerti, cavaliere senza nome!” –Esclamò Zefiro, puntando l’indice
destro contro il guerriero di Ercole. –“Tu stesso me lo hai indicato!”
“È
Tiresia dell’Altare il mio nome celeste, discepolo di Asmita
della Vergine, e Guardiano della Porta Eterna di Ade! Come il mio maestro
infatti, il mio cosmo ha il potere di sigillare le anime dei defunti, per
impedire loro di tornare in vita!” –Rispose l’uomo, mostrando per la prima
volta segni di affaticamento, dal tono della voce.
“Presto
il tuo cosmo sarà così debole da permettere alle anime di coloro di cui sei
fine aguzzino di tornare alla vita!” –Ridacchiò Zefiro, espandendo il cosmo,
preparandosi per una nuova tecnica d’assalto.
“Questo
non accadrà!” –Sentenziò Tiresia, ma per la prima volta sentì l’insicurezza
nelle sue parole, dovuta alla posa assunta da Zefiro, alla sua rinnovata
sicurezza, che lo faceva presagire un potere al quale non sarebbe stato in
grado di opporsi.
“Come ho avuto modo di verificare, il tuo cosmo è vasto e potente! E la funzione che assolvi, all’interno della cerchia dei guerrieri di Ercole, ne spiega anche il motivo! Perciò sarebbe vano per me cercare di annientarti con un attacco diretto, poiché per quanto potente possa essere il turbinare delle mie fiamme, con altrettanta potenza ti opporresti a me, come hai fatto finora!” –Spiegò Zefiro, sollevando il braccio, attorno al quale presero a radunarsi strati di torrida aria infernale, che rotearono attorno ad esso prosciugando l’aria di ogni freschezza, di ogni energia vitale. –“Per questo non ti attaccherò apertamente, ma aggirerò l’ostacolo, privando te dell’energia necessaria per opporti a me, rendendoti un mero fantoccio, un vuoto involucro umano incapace di difenderti! Preparati, Tiresia dell’Altare, perché io ti vincerò! E questa è una promessa!”
“Ascolto
le tue parole, figlio di Eos, e le rigiro a te, promettendoti che sarò in grado
di oppormi al tuo potere, dovessi dar fondo a tutte le mie risorse!” –Replicò
Tiresia, radunando il cosmo tra le mani, pronto per scagliare nuovamente il
potere dell’Ohm, l’energia allo stato puro.
“Siccità del Cosmo!!!” –Esclamò Zefiro, incanalando gli strati di aria torrida raccoltasi attorno al suo braccio destro in una cometa di apparente energia cosmica, che diresse contro Tiresia, il quale liberò l’energia raccolta per ricreare la sua cupola protettiva, proprio come Zefiro aveva previsto. Non resistette che un secondo e poi il Kaan andò in frantumi, e la sua energia apparentemente dispersa.
“Cosa?!” –Tiresia si lasciò scappare un moto di sorpresa, inarcando entrambe le sopracciglia scure. –“Com’è possibile? Il colpo che ho ricevuto era di potenza inferiore alla tremenda Primavera Infuocata che poc’anzi aveva quasi rischiato di travolgermi, eppure il Kaan è stato annientato come fosse di carta!!!”
“Non ho distrutto la tua barriera, Hero dell’Altare! L’ho soltanto fatta mia!” –Esclamò Zefiro, con un sorriso soddisfatto sul volto, mentre gli strati di aria torrida che aveva disperso con la sua cometa ritornavano verso di lui, vorticando attorno al suo braccio, come fosse vapore acqueo. –“Ecco dove è finita la tua bella barriera! Ah ah ah!” –Affermò, dirigendo un violento raggio di energia contro Tiresia, il quale non riuscì ad evitarlo, ancora stordito per l’accaduto, e venne investito in pieno e spinto indietro, perdendo la posa meditativa e la concentrazione che gli permetteva di levitare e precipitando sul pavimento della torre di Tirinto. –“Che te ne pare? Non è forse il modo migliore per vincere un uomo dotato di un cosmo vasto come il tuo? Rendere inutile il suo cosmo!”
“Adesso ho capito!” –Mormorò Tiresia, rialzandosi e ansimando per lo sforzo. –“Non hai distrutto la mia barriera, l’hai semplicemente assorbita! Hai catturato la sua energia e poi me l’hai rinviata contro!”
“Analisi acuta e intelligente, degna della tua mente!” –Commentò Zefiro, volteggiando in aria fino a planare a piedi uniti sui merli della torre di Tirinto, a pochi metri dall’Hero dell’Altare. –“Perciò, adesso che hai compreso l’inutilità dei tuoi poteri e di ogni tuo misero gesto, fatti da parte e lascia che l’esercito di Era entri a Tirinto! Non sei più in grado di impedirmi di avanzare! Hai perso!”
Hai perso! Quelle parole ferirono Tiresia nel profondo del cuore, colpendolo come il taglio di una spada acuminata. Avrebbe preferito ardere all’inferno, nelle tombe degli eretici del Quinto Cerchio, piuttosto che dover ammettere la sua sconfitta, piuttosto che dover ammettere di non essere in grado di fermare l’avanzata di un invasore, non potendo onorare la memoria del suo maestro. Asmita! Pensò Tiresia, radunando il cosmo attorno a sé. Non vi deluderò, maestro mio! Farò tesoro dei vostri insegnamenti! Voi avete dato la vita per dare una possibilità agli uomini! Lo stesso farò io, se ciò mi sarà richiesto, per difendere il mio Signore!
“La tua tecnica è ottima, lo ammetto! E apparentemente non lascia possibilità alcuna! Sferri attacchi di energia che, anziché offendere direttamente, riescono ad assorbire il cosmo del tuo avversario, come il sole caldo delle torride regioni desertiche priva il terreno di ogni frescura, rendendolo arido e sterile all’inverosimile!” –Esclamò Tiresia, sedendosi nuovamente in posa meditativa, mentre il cosmo dall’accecante color oro cresceva tra le sue mani. –“Ma sarà utile anche per difenderti? Riuscirai a fermare il mio attacco, assorbendolo prima che esso ti annienti?! Ohm!!!” –Gridò infine Tiresia, liberando un ammasso di energia sotto forma di ventaglio che si chiuse sul torrione merlato, puntando su Zefiro.
Il Vento dell’Ovest non si scompose affatto, aprendo entrambe le braccia lateralmente, mentre consistenti strati di aria calda e torrida ricoprivano la sua Veste Divina, lasciando che il ventaglio di energia lo travolgesse e poco dopo si estinguesse, senza recargli danno alcuno.
“Che cosa?!” –Esclamò stupefatto Tiresia, mentre Zefiro balzava in alto, puntando il braccio verso di lui e liberando un possente assalto di energia, composto dallo stesso cosmo che Tiresia gli aveva gettato contro. L’Hero dell’Altare venne colpito in pieno e scaraventato contro i merli della torre, sfondando la cinta muraria e precipitando verso il basso, di fronte agli occhi sconvolti degli Heroes radunati nel cortile della fortezza.
Neottolemo del Vascello corse istintivamente verso la Nave di Argo, per sollevarla in volo, ma realizzò di non riuscire a fare in tempo a salvare Tiresia. Non potrò salvarlo come lui ha salvato me! Commentò tristemente l’Hero, salendo comunque a bordo della sua Nave e afferrando il timone. Ma proprio in quel momento il corpo di Tiresia dell’Altare sfondava il tetto di un edificio adibito a stalla, schiantandosi al suo interno, mentre un paio di asini e di cavalli, rimasti legati fino a quel momento, strapparono i lacci che li tenevano prigionieri, scappando via spaventati.
Zefiro planò sulla corte interna di Tirinto, cercando un punto ove appoggiare, ma incontrando continuamente la strenua resistenza del cosmo di Ercole, che gli impediva di proseguire, quasi fosse una ragnatela di energia, sottile ma al tempo stesso resistente e noiosa da abbattere, anche per una Veste Divina dotata dei suoi poteri. Indispettito, Zefiro atterrò in cima alle mura laterali, di fronte allo sguardo interessato di Marcantonio dello Specchio, di Polifemo del Ciclope, di Neottolemo del Vascello e dei tre Heroes della Quinta Legione scampati al massacro di Tebe: Paride della Rosa, Circe della Mandragola e Morfeus del Papavero.
“Questa barriera ha disturbato fin troppo i progetti espansivi della Regina degli Dei! È ora di estinguerla!” –Esclamò Zefiro, aprendo entrambe le braccia di lato, quasi volesse abbracciare l’intera Tirinto.
Socchiuse gli occhi e lasciò che strati di aria torrida e calda si radunassero attorno al suo corpo, iniziando ad assorbire l’energia del cosmo di Ercole, indebolendo la barriera protettiva. Tale diminuzione venne avvertita anche da Ificle e dagli altri Shadow Heroes, e da Iris ed Eolo, all’esterno delle mura, i quali decisero di tentare un assalto diretto contro il sollevato Ponte di Ercole, riuscendo infatti ad abbatterlo e a farlo cadere in malo modo sopra il fossato. I Kouroi, a tale esplosione cosmica, agitarono convulsamente le braccia, gettandosi a capofitto contro le mura della fortezza. Per la prima volta, da quando l’assedio di Tirinto era iniziato, i Giganti di Pietra riuscirono a distruggere parte di esse, spaccando la roccia con le loro robuste mani. A tale visione, Ificle e gli altri gridarono sovraeccitati, credendo che il potere di Ercole fosse giunto all’esaurimento, ma Eolo, Signore dei Venti, che ben conosceva la particolarità di cui la veste di Zefiro era dotata, sperò che il figlio adottivo, che aveva cresciuto assieme ai suoi tre fratelli, sentendoli ormai come figli loro, non abusasse del suo potere. O avrebbe potuto essergli fatale.
“La barriera di Ercole sta cedendo!” –Notò Polifemo, osservando strisce sfilacciate di energia sovrastare Tirinto e convogliare verso il figlio di Eos, il quale, in piedi sulla cinta muraria, a braccia aperte, stava prosciugando l’energia del Dio, convogliandola all’interno del suo corpo.
“Al Portone!!!” –Gridò Marcantonio improvvisamente, sentendo lo schianto del Ponte esterno, mentre un altro gruppo di Heroes della Seconda Legione abbandonava le sue precedenti postazioni per raggiungere il Comandante di fronte al Portone Principale.
Ma gli
Heroes non riuscirono a raggiungere il portone, investiti da una tempesta di
energia cosmica che Zefiro aveva diretto verso di loro, canalizzando l’intera
energia liberata da Ercole fino a quel momento per proteggerli. Quindi il Vento
dell’Ovest balzò a terra, incontrando adesso minori impedimenti nel muoversi
all’interno della fortezza, come se essa fosse stata svuotata della sua forza
vitale. Di fronte a sé, ammassati in un immenso cratere che la potenza del suo
assalto aveva scavato, vi era una decina di Heroes, prevalentemente della
Seconda Legione, che erano stati travolti e scaraventati via inermi. Soltanto
un uomo aveva osato resistere.
“Chi
sei tu?!” –Lo fissò Zefiro, e per un momento gli parve di vedere uno specchio
di luce proteggere il guerriero alto e maschile.
“Marcantonio
dello Specchio, Comandante della Seconda Legione!” –Si presentò l’uomo,
togliendosi il mantello che aveva portato con cura fino a quel momento. –“Il
tuo prossimo avversario!”
“Avversario?!
Non hai dunque visto l’orrenda fine che ho fatto fare ai tuoi compagni? Senza
neppure utilizzare un briciolo della mia forza, ho annientato una Legione
intera e massacrato l’uomo che levitava sopra le vostre teste, per quanto, lo
ammetto, la sua imperturbabilità mi abbia allibito e infastidito!” –Esclamò
Zefiro, prima che una voce conosciuta lo richiamasse.
“Accertati
della fine del tuo nemico prima di cantare vittoria!”
Zefiro,
voltandosi verso le stalle di Tirinto, vide Tiresia farsi strada tra le macerie
e i mucchi di fieno, con l’Armatura danneggiata in qualche punto e il peplo
strappato. Per la prima volta inoltre Tiresia aveva gli occhi aperti, ed erano
splendidi, azzurri come il mare, immacolati come quelli di una Vergine. E
questo spaventò Zefiro, che si sentì bloccato per un momento, incapace di
muovere i piedi anche solo di un passo. Superata l’incertezza iniziale, dovuta
più alla sorpresa di ritrovare l’avversario vivo e con il cosmo ancora carico,
Zefiro ritrovò la sua superba calma.
“Non
ne hai avuto abbastanza? I tuoi poteri sono inutili, già te l’ho detto! Vuoi
che ti prosciughi completamente? Vuoi che svuoti il tuo inutile corpo di tutta
la sua energia vitale, riversandola infine contro di te?” –Esclamò Zefiro con
baldanza, aprendo le braccia lateralmente.
“Se ne
sarai in grado…” –Commentò semplicemente Tiresia,
sedendosi in posizione meditativa.
“Tiresia!!!
No!!!” –Gridò Marcantonio, ma l’Hero dell’Altare
neppure gli prestò ascolto, iniziando a radunare tutto il cosmo che portava
dentro, concentrandolo tra le mani, in una informe massa di energia.
“Siccità
del Cosmo!!!” –Esclamò Zefiro, iniziando ad attrarre a sé ogni particella
di energia, anche la più piccola, che Tiresia pareva produrre, e a farla
propria.
“Abbandono
dell’Oriente!!!” –Gridò Tiresia, liberando il suo principale attacco, a
forma di un possente ventaglio di energia dorata che travolse Zefiro, il quale
rimase comunque stabile di fronte a lui, fermo su due piedi, ad attrarre tutta
l’energia cosmica che l’Hero dell’Altare stava
liberando per lui, donandogli indirettamente la forza per annientarlo. Ciò che
sorprese Zefiro, e che lo fece preoccupare, fu la stanchezza crescente che il
Dio stava iniziando a provare, e che lo rendeva sempre più debole, sempre più
incapace di rimanere in piedi, mentre una pesantezza senza limiti, che mai
aveva provato prima, pareva invadere il suo animo, rendendo ogni suo singolo
movimento pari ad una fatica spropositata.
“Aaargh!!!” –Urlò il Dio, attorniato dalle fiamme che il suo
cosmo aveva prodotto, incendiando l’aria circostante. –“Cosa mi succede? Perché
non riesco più a controllare l’energia?! Mi sento…
esplodere!”
“Hai
abusato del tuo potere, figlio di Eos, e ciò ti sarà fatale!” –Tuonò la decisa
voce di Tiresia, fissando il Dio con severo sguardo e aumentando l’intensità
dell’assalto, fino a portarlo ad un punto massimo che Zefiro non fu più in
grado di contenere, venendo scaraventato indietro, schiantandosi contro il muro
di confine e ricadendo a terra.
A fatica, il Vento dell’Ovest si rimise in piedi, barcollando per un momento, prima di osservare la sua corazza, la splendida Veste Divina forgiata da Efesto, bruciare come mai aveva scottato prima ed emanare un bagliore terribile. Improvvisamente l’armatura venne percorsa da un fremito violento, che scosse Zefiro fino al profondo delle sue ossa, prima di esplodere, liberando tutta l’energia che il figlio di Eos aveva immagazzinato al suo interno. La gigantesca bomba di luce scaraventò Zefiro indietro, facendolo schiantare contro le mura di Tirinto e ricadere a terra in una pozza di sangue, e spinse lontano anche Tiresia, Marcantonio e gli altri Heroes che nel frattempo si erano rialzati. Qualche edificio poco distante crollò e nuvole di polvere si sollevarono, vorticando nell’aria satura di scariche energetiche, che presto vennero disperse dal vento.
Quando Zefiro si rimise in piedi, con il corpo pieno di lividi e la fronte sanguinante, trovò Tiresia dell’Altare in piedi di fronte a lui, con uno sguardo carico di dispiacere, ma al tempo stesso di fierezza.
“Cos’è successo?!” –Domandò il figlio di Eos, rabbioso.
“Hai chiesto troppo alle tue forze, Vento dell’Ovest, più di quanto fossero in grado di offrirti!” –Spiegò Tiresia, che aveva ben capito il funzionamento del potere del Dio. –“Era la tua Veste Divina, non il tuo cosmo, che ti permetteva di assorbire l’energia circostante! L’ho capito quando ti ho visto aprire le braccia nel cortile di Tirinto e quando ho notato la tua corazza ardere, come se fosse stata lasciata su tizzoni ardenti! Quel vapore che circondava le tue braccia altro non era dovuto che al surriscaldamento della Veste stessa, capace di incendiare persino l’aria circostante! Ma quando hai tentato di immagazzinare l’energia cosmica di Ercole, per eliminare la barriera protettiva, hai fatto un passo più lungo di quanto le tue gambe potessero reggere! Poiché essa era troppo vasta, troppo potente, perché tu potessi prosciugarla senza risentirne! Per questo ti ho provocato con l’Abbandono dell’Oriente, obbligandoti ad assorbire ancora energia, per portare la tua Armatura al punto di rottura, al punto oltre il quale non avrebbe potuto proseguire, incapace di immagazzinare ancora energia senza esserne divorata essa stessa!”
“Perversa mente la tua, Tiresia dell’Altare! Ma vittoriosa, lo ammetto!” –Ringhiò Zefiro, radunando le ultime energie che ancora gli rimanevano. –“Mi hai spogliato della Veste Divina, hai ferito il mio volto e il mio orgoglio, ma ancora non hai falciato le mie gambe! Ancora mi reggo in piedi e saprò vincerti anche senza le mie ali!” –Ed espanse il proprio cosmo, evocando un violento turbinio di fiamme, che diresse contro l’Hero dell’Altare. –“Primavera Infuocata!!!”
Ma Tiresia, che aveva previsto un nuovo assalto del figlio di Eos, giunse le mani a sé, concentrando un ammasso di energia allo stato puro tra di esse, prima di liberarla con un immenso boato. –“Ultima luce dell’Oriente!” –Gridò, lanciando il colpo massimo appreso da Asmita. Una gigantesca onda di energia, simile ai frangenti che si rovesciano sulla costa, travolgendo persino gli scogli, annientò il vorticoso roteare delle fiamme di Zefiro, inghiottendo anche il corpo indebolito del figlio di Eos, di cui niente rimase se non un pallido bagliore che presto scomparve.
Soddisfatto, Tiresia dell’Altare si lasciò cadere a terra, distrutto e privo di energia, lasciando volare la mente oltre le mura della sua città, nel desiderio di abbracciare nuovamente il maestro che tanto gli aveva insegnato. Maestro Asmita! Mormorò Tiresia. Presto saremo di nuovo insieme! E perse i sensi.
Illustrazione
capitolo 22, by Nirti.
Tiresia dell’Altare,
by Nirti.
Zefiro, by Nirti.