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Autore: Woland Mephisto    10/09/2014    4 recensioni
Salve! Questa "storia" è un mero esperimento a cui ho pensato proprio oggi, ispirandomi alla pagina facebook "Il peggio di EFP", sulla quale vengono pubblicate le cose più stupide e assurde che io abbia mai letto. E quindi volevo scrivere qualcosa di stupido e assurdo anch'io, perciò ecco la mia storia.
Diciamo che non ha nessuna trama, sto scrivendo esattamente senza pensare, perché voglio proprio vedere cosa uscirà fuori da tutto questo delirio. Se avete voglia di farvi due risate gratis e senza motivo, passate pure.
Detto ciò, voglio solo dire che non è mia intenzione offendere nessuno con questa storia, anzi, ho scritto più che altro per ridere con voi tutte autrici/lettrici delle assurdità che vengono fuori in certe storie e dei cliché che spesso tutti usiamo. Grazie a chiunque vorrà passare e ridere insieme a me, ne sarò felicissima.
Genere: Demenziale, Parodia, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Nonsense, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Attenzione: la seguente storia contiene argomenti al 200% demenziali e idioti. Si consiglia ai deboli di vescica di procurarsi delle traversine dei nonni e sedervisi sopra. È, inoltre, sconsigliabile bere coca-cola o aranciata durante la lettura: le risate potrebbero farvi espellere il suddetto liquido dal naso provocandovi un assai fastidioso e frizzante formicolio.
In caso di strozzamenti causati dalla sbagliata mescolanza di saliva e fiato per ridere, dolore alla pancia dovuto alle risate sfrenate, cadute accidentali durante la lettura, pioggia di meteoriti ed eruzioni vulcaniche contemporanee in tutto il mondo, la sottoscritta dichiara di non avere alcuna responsabilità.
Detto ciò: divertiamoci insieme!


 

 - Di adorabili cretini incompresi e non-abbracci gratis -




 
 
Bill si svegliò nel suo letto morbido e profumato, macchiato del sangue che era provenuto dal suo braccio e si sorprese di nuovo di se stesso: non era ancora morto! Questa sì che era una notizia (quella di ogni mattina)!
Scese e andò alla toilette per togliersi il trucco sbavato del giorno precedente, perché, nonostante avesse avuto tutto il tempo del mondo per toglierlo la sera prima, era rimasto a piagnucolare e a strafarsi di tic tac (in mancanza di altre pillole) tutta la sera, così poteva somigliare ancora di più a Fenriz dei Darkthrone, anche se lui non aveva la minima idea di chi fosse perché non ascoltava Black Metal. O forse sì, ma dipendeva da quanti grammi di roba aveva fumato o sniffato.
Dopo aver finito di struccarsi, si truccò di nuovo e ancora più pesantemente, per poi sistemarsi i capelli nero pece con la piastra, lavarsi il resto del corpo e tornare in camera  a scegliere dei vestiti.
Possiamo tranquillamente dire che Bill Trümplitz era un ragazzo molto particolare che, quando si trattava di scegliere cosa indossare, non riusciva a non tirare fuori dall’armadio meno di venticinque capi d’abbigliamento, portarli alla finestra per fare gli accostamenti alla luce naturale, poi buttava tutto sul letto, si metteva davanti, coperto solo dai boxer neri e dall’accappatoio rosso e nero e piumato, e cercava di scegliere.
Quando gli veniva posta la domanda, che fosse da suo padre o da suo fratello: «Ti vuoi sbrigare?», Bill rispondeva: «Shh! Sto scegliendo!», alla quale risposta di solito seguiva un: «Non ti azzardare mai più a fare “shh!” a me, checca isterica!», al quale veniva replicato con: «Zitto, sto scegliendo!», finché al nostro carissimo Trümplitz non venivano suonate di prima mattina, così era costretto a piangere, facendosi sbavare il trucco e, conseguentemente, a rifarselo da capo.
Non vi racconto il dramma di scegliere le scarpe! Anzi, credo proprio che lo farò. Ne indossava due di diverso tipo, una per ogni piede ovviamente, e andava da suo fratello dicendogli qualcosa tipo: «Hey, Tom, che ne dici: verde acqua», restando in equilibrio sul piede che calzava lo scarpone verde acqua, «o verde bottiglia?» qui fece calare l’altro piede e alzò la gamba che precedentemente era in basso, come a voler imitare le galline dormienti; alla domanda l’altro replicava scioccato: «Che dico? Tu ti devi ricoverare!», facendo viaggiare la mente di Bill fino ad arrivare al pensiero “Oddio! Pillole gratis!”.
Quando finalmente il principesso si degnò di scendere a colazione, trovò suo fratello, che era già pronto da tre quarti d’ora, spaparanzato sul divano ad aspettarlo, con una fetta di pane e nutella che avanzava verso la sua bocca.
«Oh, pane e nutella, che buono! La mia fetta dov’è?», chiese speranzoso Bill al fratello. L’altro, per tutta risposta, rise a crepapelle.
Ci hai provato, Trümplitz, questo è l’importante.
 
°°°
 
A scuola, il bellissimo e truccatissimo protagonista stette malissimo perché ogni due secondi circa il suo stomaco brontolava, per via del fatto che non aveva assolutamente fatto colazione, dato che suo fratello si era mangiato tutto il pane con la nutella, e senza nemmeno mettere su un grammo! E ogni volta che il suo stomaco brontolava, c’era qualcuno che irrimediabilmente riusciva a far ridere tutti di lui, un’altra volta, come tutte le volte, dicendo: «Gente, Trümplitz soffre di flatulenze croniche!», e Bill era costretto a piangere davanti a tutti come un moccioso, dato che il professore di letteratura tedesca non aveva nessuna intenzione di mandarlo al bagno, perdendosi lo spettacolo.
«Tienila, Trümplitz, o fattela sotto, ma da quest’aula non uscirai prima della fine delle mie due ore» gli aveva detto.
E Bill non tenne chiuse le fontane che aveva per occhi, dando una scenata penosa su cui gli altri avrebbero potuto ridere, fratello compreso.
E non solo, nei corridoi, mentre stava tornando al suo armadietto per prendere il libro che gli serviva per la lezione successiva, quella di chimica, due ragazzi, tra cui Gustav il cicciottello, lo presero per le braccia, sollevandolo da terra (la dieta forzata che suo padre e suo fratello gli facevano fare dava i suoi frutti!) e gettandolo a testa in giù in un cassonetto, lasciandolo lì a dimenarsi, agitando per aria le gambe secche. Avete capito Gustav il cicciottello!
Quando lo tirarono fuori da lì era passata mezz’ora e i suoi capelli puzzavano di marcio, sudicio e spazzatura. Inutile dire che con il trucco sbavato, i capelli in disordine e quell’indicibile puzza che emanava poteva essere scambiato facilmente per un barbone transessuale, e infatti mentre stava camminando per strada per tornarsene a casa, un signore ben vestito gli allungò perfino un paio di euro.
Ora che cosa fa un ragazzo con due euro, normalmente? Niente, di solito niente. Ma lui no, perché lui era un ragazzo con l’animo semplice e dolce, quindi andò in un bar e comprò venti goleador da potersi gustare al parco, in compagnia delle puzzole. E pensare che il barista gli fece anche lo sconto di cinquanta centesimi per fargli lasciare immediatamente il bar, dato che la puzza allontanava i clienti.
 
°°°
 
Intanto, Tom Kaulimper, dopo la scuola, andava a trovare il suo migliore amico Georg “quanto sò bello, ma mai quanto Tom” Listing, che abitava in un quartiere super lussuoso e aveva un’Audi stupenda con cui andava all’università, dato che era di due anni più grande del suo amico. Studiava chimica farmaceutica e per questo procurava sempre pillole di ogni sorta per lui e per Tom: provavano sempre a sballarsi con qualcosa di diverso, tranne quando si era presentato con dell’aspirina in polvere da sniffare. Quella aveva fatto loro piuttosto male.
Prima di riuscire a prendere dalla tracolla per l’università una qualsiasi delle cose che aveva preso al laboratorio, Tom lo abbracciò forte e gli diede due poderose pacche su una spalla, e Georg, tutto contento che il suo più grande amore (sì, perché il più grande amore di Georg era Tom. Così come era il più grande amore di chiunque) lo avesse abbracciato, disse: «Yo, bello, hai novità?».
Tom lo guardò tutto raggiante, esclamando: «Preparati, fratello, perché ho una notizia sensazionale per te! Non pensavo proprio che potesse succedermi!».
«Dio, Tom, davvero? Voglio sapere tutto!», rispose subito l’altro, tutto curioso e ansioso.
«Sì, beh, però non devi dirlo a nessuno, capito?», gli fece il gemello maggiore di rimando, con uno sguardo d’intesa che Georg trovò assolutamente sexy.
«E se no perché sarei il tuo migliore amico?», affermò Georg, sicuro di sé.
«Giusto! Beh, tieniti forte, eh!», cominciò Tom, mordendosi il labbro dall’entusiasmo.
Chiuse gli occhi, prese un bel respiro e poi, sorridendo e tutto d’un fiato disse: «Georg, io sono lesbica!».
All’altro cadde quasi la mascella a terra.
«Ma…Tom, tu sei un maschio!», gli disse, cercando di fargli rendere conto quanto fosse così adorabilmente cretino.
«Lo so! Per questo non pensavo che potesse succedermi! Non è forte?», affermò il ragazzo, tutto sorridente e soddisfatto.
L’altro lasciò perdere, tanto che fosse etero o lesbica, la cosa non volgeva comunque a suo favore, quindi annuì e fece un’alzata di spalle. Almeno poteva abbracciarlo con la scusa dell’essere amico!
«Hai portato qualcosa di interessante? E ti prego, niente aspirina! Non ne voglio mai più vedere una in vita mia!», affermò il ragazzo coi rasta, rabbrividendo visibilmente. E Georg rabbrividì con lui.
Si ricordavano solo due cose di quella terribile esperienza: la prima, era la casa di Georg poco prima di infilarsi quella robaccia su per il naso, ovvero un posto accogliente, pulito, ordinato e con soli loro due in giro (perché, ovviamente, i genitori non ci sono mai, se no che sballo sarebbe? Una villa è una villa, e lui deve tenersela tutta per sé!); la seconda era un futon scomodissimo, in un monolocale sporco e puzzolente, con una cicciona coi capelli corti e verdi a dividerli sul materasso, i loro tre corpi nudi e un dolore insopportabile alle gambe e alla schiena per entrambi.
Inutile dire che erano fuggiti come dei ladri e non hanno nemmeno voluto sapere cosa esattamente fosse successo, sperando e scongiurando di non aver fatto niente con quella…roba traumatizzante con cui si erano ritrovati.
No, decisamente niente più aspirina per Tom e Georg.
 
°°°
 
Dopo aver finito le sue ottime goleador tutto da solo, Bill cominciò a saltellare di qua e di là in cerca di qualcosa da fare, nonostante fosse tutto sporco e puzzolente, perché non aveva ancora voglia di tornare a casa da suo padre e farsi sporcare/menare anche da lui.
Incontrò per caso Gustav, per strada, e cercò di nascondersi il più in fretta possibile, ma, come abbiamo già detto, la Fortuna è cieca, mentre invece la Sfiga ci vede benissimo, così come il cicciottello che stava passando di lì.
«Abbracci gratiiiiiiis!», andava gridando Gustav, però, quando vide Bill proruppe in un: «E no, che schifo, te non ti abbraccio!», passando oltre.
Bill, tremando perché non voleva finire di nuovo in un cassonetto, era però anche curioso di sapere perché Gustav distribuiva abbracci gratis.
Allora lo pedinò pian piano, cercando di non farsi notare, anche se il suo tanfo arrivava fino alle narici dei cinesi dall’altra parte del mondo, e riuscì a scoprire che in realtà Gustav era generoso e gentile. Abbracciava chi ne aveva bisogno: bambini che avevano perso per strada la mamma e ne approfittavano per rubare würstel o caramelle dai botteghini, vecchietti e vecchiette soli e sole che non avevano nessuno con cui parlare e quindi stordivano di chiacchiere il primo che capitava, cagnolini con la scabbia che tutti allontanavano e perfino un barbone sul ciglio della strada che viveva in uno scatolone di cartone poco più grane di lui.
Bill si commosse e cercò di parlare con Gustav della cosa, ma l’altro ragazzo lo evitava come la peste, finché il moro, scocciato, non cominciò a gridargli dietro: «E che cavolo, perché non vuoi parlarmi?», mettendo su il broncio da bambino indifeso, davanti al quale perfino Tom riusciva a smettere di menarlo.
E Gustav si fermò. Già, perché non gli parlava?
«Perché tu puzzi!», fu la risposta che fece deprimere tanto Bill, che, dato che non si sa mai cosa può succedere, afferrò il kit per il tagliuzzamento d’emergenza e si fece un paio di graffi profondi sulle braccia, al che Gustav lo guardò e disse: «Non dovresti fare queste cose!», e subito si precipitò a fermarlo.
Bill, che aveva le lacrime agli occhi, prima per il dolore di essere preso in giro e poi per la gratitudine e forse per aver trovato qualcuno che gli volesse bene per la prima volta nella sua vita, lo guardò con gli occhioni dilatati come quando cominciava a farsi di meta anfetamine e allora Gustav incontrò i suoi occhi e, serissimo, concluse: «Il sangue è difficilissimo da lavare via, poi ti puzzeranno i vestiti per sempre!».
E allora, il cuoricino di Bill fece “patatrac” e il giovane ragazzo si accasciò a terra a piangere, incurante perfino della gente che lo calpestava mentre passava per strada.
   
 
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