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Autore: Billina_Rocky    11/09/2014    1 recensioni
In realtà non ho bene in mente una trama, ancora. Verrà da sé, penso.
E' semplicemente una storia qualunque, in cui tutte o quasi le teenager potranno rivedersi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una di quelle giornate insulse, non più di autunno ma nemmeno d'inverno, quelle in cui non splende il sole, ma nemmeno piove. Quelle in cui la temperatura può variare improvvisamente, quelle in cui non sai cosa metterti, perché fa troppo caldo per i maglioni, ma troppo freddo per una t-shirt.
Ed era esattamente quello il problema, Gaia era da più di mezz'ora davanti all'armadio senza ancora aver preso una decisione. Tutto quello che aveva voglia di mettersi non andava bene:
"No, questo è troppo pesante", "No, questo mi sta male", "No, questo non mi va", e intanto rimaneva lì, senz'accorgersi che il tempo passava e che l'orario del suo appuntamento con Luca si avvicinava, e che se avesse continuato così sarebbe stata ancora una volta in ritardo.

Squillò il telefono.

"Oh, Gà, ho visto Sara l'altro giorno"
"Oh Ste, ma Sara chi, l'oca?"
"Sì, esattamente. Sai con chi era? Beh, no che non lo sai, altrimenti me l'avresti detto tu. Era con Gio!"
"Gio..vanni?"
"E chi altrimenti?"
-Silenzio. Colpo di tosse.-
"Fantastico. No, davvero, fantastico. C'è riuscita anche con lui. Benissimo, sono felice per lui. Ora dimmi, che cazzo mi metto per uscire con Luca?"
"Ah, quindi ci esci. Ma non avevi detto che non ti piaceva?"
"Boh, forse mi piace, voglio dargli una possibilità.."
"Mettiti  i jeans chiari, le all star bianche e una maglia a caso. Andrai benissimo"
"Mh. Grazie." 
E attaccò il telefono poco convinta. Non che non la convincesse l'abbigliamento, aveva altro per la testa. Improvvisamente il suo appuntamento era passato in secondo piano, e qualsiasi cosa trovasse nel suo guardaroba andava bene, così seguì i consigli di Stefania.
Mezz'ora dopo era puntuale al suo appuntamento, che si rivelò esattamente come quella giornata: insipido. Lui non le piaceva, non le sapeva di niente, ma accettò di uscirci ancora senza sapere il perché.

Nel ritorno a casa si guardò intorno in cerca di conferme, ma non ne trovò. Il viale che conduceva nel suo mondo la guardava con disapprovazione, come per dirle che non stava seguendo se stessa, ma qualcosa che non le avrebbe dato nulla.
Infilò le chiavi nella serratura del suo portone grigio. Le procurava un certo imbarazzo, era l'unico non colore in tutta la via, o almeno così le era sempre sembrato. La sua dimora era spenta, e questo la turbava: in quel momento avrebbe voluto essere un po' più viva, avrebbe voluto sentirsi come ogni ragazza dopo un appuntamento con un bel ragazzo: entusiasta.

Entrò con calma in camera sua, senza nessuna fretta nonostante fosse in ritardo per la cena e sua madre le urlasse dietro di muoversi. Si guardò allo specchio e vide che i suoi occhi, solitamente molto grandi e verdi, erano piccoli e tendenti al grigio. 
"Fantastico, ho pure degli occhi che fanno cagare" si disse.

Dopo cena, se così si può chiamare visto che non toccò quasi nulla, si buttò stanca sul letto. Non che avesse fatto grandi cose, ma essere priva di emozioni positive le faceva venire sonno. E così si addormentò nel giro di pochi minuti, ancora vestita e sopra le coperte.

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La sveglia suonò alle sei in punto, puntuale come al solito. Lei si svegliò esattamente come si era addormentata, a pancia in giù e con ancora i vestiti del giorno prima, e imprecando.
"Che palle, mi è successo di nuovo. E, al solito, non sono per niente riposata. Fantastico".

Alle sette e sedici minuti era fuori di casa, diretta alla fermata dell'autobus poco distante, quando si vide passare davanti una Vespa bianca. Guardò e vide Giovanni alla guida con una ragazza bionda come passeggero e sentì qualcosa stringerle lo stomaco. Chiamò Stefania.

"Oh Ste, io non vengo a scuola. Inventati una balla per me"
"Che succede? Stai male?"
"No, semplicemente non ne ho voglia"
"E come fai con la giustifica? Non sei ancora maggiorenne, manca una settimana. Muovi il culo e vieni a scuola"
"Non ce la posso fare"
"Puoi dirmi che succede?"
"Ho visto Gio in moto con Sara"
"E quindi? Tu non esci con Luca?"
"Sì, ma... Niente, arrivo, come non detto"
Attaccò il telefono sentendosi stupida. Stefania aveva ragione, non c'era motivo di saltare la scuola, così continuò a camminare dritta per la sua strada. Guardò l'ora: le sette e mezza. Era in ritardo, come al solito. E, come al solito, rischiava di perdere l'unico mezzo che l'avrebbe potuta portare a destinazione. Si mise a correre e arrivò un secondo prima della corriera.

Entrò in classe alle otto meno due minuti e posò pesantemente la tracolla sul banco, per poi uscire in attesa della seconda campana, quella che avrebbe determinato l'inzio ufficiale delle lezioni. Si appoggiò al muro su un lato e si mise a chiacchierare con una sua compagna di classe fino all'arrivo dell'insegnante, che le accompagnò in classe.

Si sedette al solito posto e guardò Stefania a fianco a lei, aveva un sorriso dolce stampato in faccia, e questo la rincuorava. Stefania sorrideva sempre, che stesse bene o male, che fosse allegra o triste, serena o arrabbiata, e Gaia si era sempre chiesta come facesse, visto che per lei era una cosa quasi aliena.

"Come stai, Gà? Ti sei ripresa?"
"No, Ste, per niente. Mi chiedo come abbia fatto a caderci anche lui"
"Uomini, Gà. Che ci vuoi fare?"

Il suono dell'ultima campana fu la prima cosa lieta di quella giornata iniziata male e, probabilmente, non destinata a finire meglio. Decise di tornare a casa, di non fermarsi a mangiare fuori con Stefania come al solito, con la delusione di quest'ultima.

Le arrivò un messaggio. Era Luca.

"Hai da fare oggi pomeriggio? Ti va di vederci per un caffè? Un bacio."

Aspettò un attimo prima di rispondere, doveva trovare la forza di non sembrare svogliata nel confermare l'uscita. Dopo mezz'ora non riuscì a fare di meglio di un "Perfetto, alle tre al bar della scuola. Bacio"

La sera rientrò ancora più in ritardo di quella precedente, ma stavolta annunciò a sua madre che non avrebbe mangiato nulla, calmando così le urla di quest'ultima. Stavolta però s'impose di mettersi il pigiama e d'infilarsi sotto le coperte, e così fece.

Squillò il telefono. Numero sconosciuto.

"Pronto? Chi è?"
"Gaia? Sei tu?"
"Sì, direi di sì, ma tu chi sei?"
   
 
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