Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: felsah    11/09/2014    5 recensioni
“Ci hai fatto correre qui per dei fiorellini?” […].
“Ma questi non sono solo fiorellini, sai?” mormorò Anna indignata, mentre strappava fiori e correva verso Elsa.
Glieli lanciò addosso mentre raccontava in modo teatrale, “questo è il covo della Regina delle Nevi e questi sono i suoi servitori”.
Elsa rise di cuore ancora una volta. “Dei fiori?”.
“Dei fiocchi” consigliò Anna, facendole l’occhiolino, “fiocchi di neve”.
“E dove si nasconde la Regina?”.
“Quasi certamente non qui” rispose Anna, stando subito al gioco. “E’ troppo maestosa perché tutta la corte possa stare qui”.
“Ha anche una corte?”.
“Già, come ogni regina”.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Re, Regina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Exile



Capitolo 2
Il ciondolo dondolava davanti ai suoi occhi




 

 
Io non posso gioire
lunge da voi, che siete il mio desire;
ma 'l mio pensier fallace
passa monti e campagne e mari e fiumi;
e m'avvicina e sface
al dolce foco de' be' vostri lumi;
e 'l languir sì mi piace
ch'infinito diletto ho nel martire.
[Torquato Tasso, Rime XXIII]



 
 
Il ciondolo dondolava davanti ai suoi occhi, mentre teneva la cordicella tesa, e nonostante fosse chiuso, poteva vedere i volti dei suoi genitori che si alternavano rapidi nei suoi pensieri. Ora Idunn, ora Agdar.
Ad un tratto Elsa lo afferrò tenendolo stretto nel pugno destro.
Si preparò a lanciarlo nell’acqua, che nel buio della notte appariva nera, quando la voce di Hans la colse di sorpresa, facendolo cadere sulla passeggiata in legno con un piccolo tonfo.
“Non si dovrebbero sprecare così le cose di valore, quel ciondolo è d’argento, sai?”.
Lei fece una risatina sarcastica e lo osservò mentre lo raccoglieva. Glielo porse e lei lo afferrò con fare sgarbato, riallacciandoselo al collo. “Sei ancora arrabbiata con me?” chiese.
“Non sono arrabbiata” precisò, “ ma avresti dovuto dirmelo prima”.
“No, sei solo infuriata come pochi possono essere” la sbeffeggiò Hans, “ ti conosco troppo bene, e se ne accorgerebbe chiunque possa darti un’occhiata”.
“E allora?”.
“E allora non mi va che tu sia arrabbiata” rispose, “ non per una sciocchezza simile”.
“Non vuoi che io sia arrabbiata, o che sia arrabbiata con te?” chiese lei, a braccia conserte. Lo osservò per qualche minuto prima distogliere lo sguardo.
“Arrabbiata” fece lui semplicemente, prima di aggiungere, “ e arrabbiata con me. Non ora”.
Elsa sospirò. “Ti prego, ho bisogno di te” la supplicò Hans, cercando i suoi occhi.
“ Credo di essere io quella che ha bisogno di aiuto” mormorò la ragazza, “ non so se ce la farò”. Abbassò gli occhi, fissando con una cura ossessiva le sue scarpe lucide.
“Elsa…” lei alzò gli occhi e li incrociò a quelli del principe, “ non so perché tu abbia così paura, e se non me lo vuoi dire, non ti costringerò, ormai lo sai, ma…”.
“So anche che verrai a sapere tutto, in qualche modo, e ho paura”.
“Non averne” le sorrise, “ tu sei una tempesta…una forza, e sopravviverai a tutto”.
“Sopravviverò…”.
“Esatto”.


 
*

Il viaggio in mare durò ben quattro giorni, in cui i due ebbero tutto il tempo di litigare e riappacificarsi, litigare ancora e di nuovo tornare d’accordo.  Il profilo del porto di Arendelle era già visibile nella mattinata del quinto giorno e Elsa si fece prestare uno dei cannocchiali in dotazione ai marinai, scrutando l’orizzonte per diversi minuti, sotto lo sguardo curioso del suo accompagnatore.
Giustificò la sua curiosità dicendo, “Non l’ho mai vista in vita mia, non posso essere curiosa?” e Hans, che stava passando sul ponte in quel momento alzò gli occhi al cielo, proseguendo per andare a discutere con il comandante a proposito dell’arrivo in porto. Dal momento che per tutto il soggiorno sarebbero stati ospiti del palazzo, dovevano disporre tutto perché andasse come previsto.
Elsa rimase incollata al cannocchiale fino a che non venne il momento di scendere.
Avevano visto il profilo del fiordo di mattina presto, ma quando sbarcarono li circondava già la brezza fresca della sera. Una fila di guardie nell’uniforme verde oliva che Elsa conosceva fin troppo bene, li attendeva con fare solenne, ma notò con sollievo che i suoi genitori non c’erano. D’altra parte, non era compito dei reali accogliere gli ospiti al porto, e si diede della sciocca per aver pensato a quella possibilità anche solo per un minuto.
Non sapeva come sarebbe stato vederli di nuovo, ma al solo pensiero il sangue le ribolliva nelle vene, facendola tremare come una foglia. Il solo mettere il piede in quei luoghi conosciuti, o la vista di quelle uniformi che avevano popolato i suoi incubi per un lungo periodo era più che sconvolgente. Batté le palpebre parecchie volte, per accertarsi di essere davvero sveglia.
Anche se più che un sogno, quello le pareva un bizzarro incubo. Si era ripromessa che non avrebbe mai più messo piede ad Arendelle, e adesso eccola lì.
Hans, al suo fianco, le offrì il braccio con un sorriso prima di scendere dalla passerella, e lei guardò la sua euforia e giovanile eccitazione, e infilò il suo braccio tremante attorno a quello che le veniva offerto. Il principe se ne accorse, ma non disse nulla e lei gliene fu grata.
Il capo delle guardie, sempre lo stesso da che Elsa ne aveva memoria, si esibì in un breve inchino. “Spero che le Loro Altezze abbiano fatto un buon viaggio”.
Lei cercò di scrutare il viso del principe a quelle parole, per capire se si stava rivolgendo anche a lei con quel nome, che ormai non sentiva più applicato a se stessa da diverso tempo. Ma lui non la guardava.
“Assolutamente” rispose Hans con fare deliziato, “ il mare è stato il più calmo che si sia mai visto”. Dal suo tono di voce capì che si stava divertendo e si sentiva importante. La gomitata che lui le diede, aspettandosi che dicesse anche lei qualcosa, la lasciò senza fiato per qualche minuto.
“Deliziosa traversata” mormorò alla fine, tentando ancora di riprendersi dal colpo.
“Ne siamo davvero felici” mormorò l’uomo con voce incolore, “io avrò l’onore di scortarvi fino al palazzo. Le loro Maestà vi hanno assegnato delle stanze, e sperano che vorrete unirvi a loro per la cena”.
“Senza dubbio”.
“Prego, vogliate seguirmi”.
Non ebbero nemmeno il tempo di far chiudere lo sportello della carrozza che li avrebbe portati a palazzo che Elsa sussurrò tra i denti, “Ecco. Ora sono arrabbiata”.
“Non lo essere, non ce n’è motivo. Questa sera devi essere deliziosa come solo tu sai essere, e sorridere”.
Lei lo guardò per qualche minuto con fare sgomentato. “Ma certo vostra altezza, tutto quello che vostra altezza desidera” lo sbeffeggiò per poi spostarsi nel sedile di fronte al suo. Incrociò le braccia al petto, lasciandosi scivolare pigramente.
“Sai cosa intendo”.
“No, non lo so veramente”.
“Solo di non farti prendere dal panico” precisò lui. Si spostò accanto ad Elsa, e prese una sua mano tra le sue. Lei lo lasciò fare senza dire nulla e cercò di usare quel contatto per far sbollire la tensione crescente.


 
*

 Giunti a palazzo, furono loro assegnate due delle più belle suite per gli ospiti. Mentre Hans veniva trascinato via per il corridoio da uno stuolo di domestici, Elsa soffocò un gemito di terrore e lasciò che le domestiche al suo servizio per quel soggiorno la portassero dalla parte completamente opposta. Camminava lentamente, come se i suoi piedi fossero stati incredibilmente pesanti, e ad ogni respiro sentiva il ghiaccio artigliarle le dita da sotto i guanti e intrufolarsi nelle sue scarpe. Era tutto esattamente come lo ricordava.
Oltrepassarono la galleria e le armature – sempre lucide e in ordine - , mentre Elsa teneva gli occhi fissi a terra, per impedirsi di vedere qualche ritratto che avrebbe potuto metterla in agitazione più di quanto non fosse già. Sapeva che in uno di quei quadri, doveva esserci anche lei. Sempre che i suoi genitori non lo avessero coperto,  e poi, con il tempo, rimosso. Salirono un’ampia rampa di scale, per poi ritrovarsi nell’ala della nursery. Elsa scorse la porta della sua vecchia stanza da letto e i suoi occhi vi rimasero incollati fino a quando non sparì. A
nche quel corridoio fu oltrepassato e lei giunse finalmente nella camera a lei destinata.
Le fu aperta la porta, e dopo che tutto quel personale inutile si fu allontanato, lei rimase sola al centro dell’enorme stanza dalle pareti color prugna. Rimase lì in piedi per un tempo interminabile, a contemplare il vuoto davanti a sé. Teoricamente, quella solitudine sarebbe dovuta servire per farla riposare, ma lei non ne aveva alcuna voglia, ed oltre a non sentirsi per nulla stanca, era troppo tesa per permettersi anche solo di provare il letto.
Cominciò una perlustrazione della stanza, toccando mobili e soprammobili come se non li avesse mai visti prima o fossero per lei una cosa nuova, aliena. Sfiorò le tende con la punta delle dita guantate fino a che non si decise a tirarle, scoprendo la grande finestra della stanza. La luce pallida della prima sera filtrava debole e lei rimase a contemplare la vista, che dava sulle montagne, coperte dalla fitta vegetazione.
Quel paesaggio le era mancato più di quanto lei stessa osasse immaginare. Sotto il palmo della sua mano poggiata sul vetro cominciarono a formarsi piccoli spruzzi di ghiaccio, andando a ricoprirne una piccola parte. Lei ritrasse la mano e si affrettò a scrollarlo via.

Fu il suono di una risata argentea a distoglierla per un attimo dai suoi pensieri. Fu un secondo, e altrettanto velocemente vide la porta della sua stanza aprirsi dall’esterno e richiudersi con un tonfo. Si girò appena in tempo per vedere una ragazza in un delizioso abitino verde, che incollata alla porta, con la mano ancora stretta sul pomello, riprendeva fiato, respirando affannosamente, ad occhi chiusi.
Sulle sue labbra aleggiava ancora l’ombra di un sorriso. Non doveva essere poi tanto più piccola di lei, si ritrovò a pensare Elsa, imbarazzata come non mai.
Non sapendo cosa fare, si schiarì la voce, nel tentativo di attirare la sua attenzione. D’altra parte, quella non era più casa sua.

 La ragazza, che aveva lunghi capelli rossi acconciati in due trecce, aprì gli occhi, notandola solo allora. Arrossì e portò due mani alla bocca.
“Scusate, scusate davvero!” cominciò, “io…ecco, non c’è mai nessuno in queste stanze e così…insomma sono entrata per…ma non fa niente, piuttosto non vorrei aver creato disturbo…sono davvero tanto dispiaciuta!”.
Elsa si ritrovò immobile nel punto in cui era, senza riuscire più a muovere un solo muscolo, paralizzata dalla sorpresa. Sembrava che nessuna parte del suo corpo volesse obbedirle. L’unica cosa che riusciva a fare era tenere gli occhi puntati su Anna, chiedendosi come aveva fatto non capirlo subito. Certamente era cambiata, e ormai era una bellissima giovane donna.
Nessuno dei volti che lei aveva pensato negli anni trascorsi da sola poteva renderle giustizia. Per un attimo provò un terribile vuoto pensando ai suoi capelli macchiati di pece e i suoi vestiti così inusuali: la sorella non avrebbe potuto riconoscerla nemmeno volendo. D’altra parte, non sapeva nemmeno se si ricordava di lei, e dopo qualche minuto realizzò che forse era meglio così.
Già. Era sempre stato meglio così. Senza di lei.

“Va tutto bene?”.
Elsa batté le palpebre, e si accarezzò la fronte con la mano destra. “Sì, sì “ riuscì a mormorare.
“Ne siete sicura?” domandò ancora Anna, guardandola incuriosita, “ Non vi ho disturbato?”.
“No” rispose lei, cercando di mettere su un piccolo sorriso, che si dimostrò essere assai convincente,” potete stare tranquilla”.
“Pensavo non ci fosse nessuno e…beh, è un po’ difficile da spiegare”.
“Non ne avete alcun bisogno” sorrise ancora Elsa. Anche se Anna non poteva sapere chi lei fosse, per un po’ la gioia di avere sua sorella davanti, oscurò tutti gli altri pensieri avuti in precedenza durante la lunga traversata.
“Voi siete una di quegli ospiti che aspettavamo dalle Isole del Sud, non è così?” chiese la principessa, avvicinandosi un poco. “Pensavo, insomma, credevo che non sareste arrivati prima di domattina”.

“Elsa” si presentò, cercando di capire l’espressione del volto della sorella al suono di quel nome. Fece un piccolo inchino. Quella d’altra parte, non sembrò mutare la sua allegria, né ricordarsi di qualcuno che potesse aver avuto un nome simile. “ E sì, probabilmente dobbiamo essere arrivati con un po’ di anticipo”.
Sorrise, al contrario, “Io sono Anna”.
Elsa lo aveva già capito, ma sentirlo dire da lei stessa fu come ricevere una scossa in pieno petto. Lo so, avrebbe voluto rispondere, e la sola cosa che non glielo permise furono tre veloci tocchi alla porta.
“Ehm…avanti”. Le due ragazze risposero all’unisono e rimasero una di fianco all’altra, mentre la porta si apriva, rivelando la figura di una domestica, alta e slanciata.
“Mi è stato detto di farvi avere questo, principessa” disse rivolta ad Elsa.
Lei non riuscì a far altro che prendere in mano la scatola che le veniva porta e ringraziare schiudendo appena le labbra. La posò sul letto, e slacciò piano i nastri che la tenevano chiusa. Riusciva a sentire lo sguardo curioso di sua sorella, mentre srotolava il bigliettino che le era scivolato tra le mani mentre la apriva e nello stesso momento, capì che l’unico a poter fare una cosa del genere, doveva essere stato Hans.
Stasera sarai in blu! recitava il foglietto. Le sembrò di sentire la sua voce mentre pronunciava quelle parole e le scappò una risatina. Alzò il coperchio, rivelando il corpetto di un vestito celeste, immerso in una gonna dello stesso colore, pieno di ricami sofisticati.
“Che meraviglia!” esclamò Anna, affiancandosi a lei per osservarlo meglio.
“Già…”. Si permise di accarezzarne piano la stoffa.
“Chi ve lo manda?”.
“Emh…Hans, cioè il principe Hans” balbettò, non sapendo come avrebbe dovuto presentarlo, “ mio fratello” fece poi, lanciando alla sorella un’occhiata nervosa. La prima bugia valida che le fosse venuta in mente.
“Sarete davvero spaventosamente bella con questo!” ululò gioiosa la principessa, mentre stringeva le mani, trasognata, “ma…beh, forse è ora che vada a preparami anche io. Penso serviranno la cena tra non molto”.
Elsa non seppe far altro che sorriderle ancora.  “Certo”.
“E…perdonate ancora l’intrusione, sono mortificata”.
“Vi assicuro, non avete creato alcun disturbo. E’ stato bello vedervi…insomma, conoscervi prima della cena”.
“Vedrete! Avremmo occasione di parlare questa sera…! A presto”.
La porta si chiuse e Anna scomparve così com’era apparsa. Elsa la riaprì piano e la guardò mentre correva via per il corridoio, seguendola con lo sguardo, come per accertarsi di non aver sognato. Le gambe le tremavano così forte che per un attimo temette di congelare la stanza. Strinse forte i pugni, e continuò a fissare il corridoio vuoto. Mosse un passo avanti, poi due, tre, e un altro, un altro.
I ghirigori viola della porta della nursery si mostrarono ai suoi occhi, e lei sfiorò la maniglia, tirandola piano. Chiusa a chiave. Per un attimo le lacrime le salirono agli occhi. La porta era chiusa, proprio come se lei fosse stata ancora lì dentro, una prigioniera in casa propria, una principessa nella torre.
“Che diavolo ci fai lì?”.
Elsa sobbalzò. “ Grazie al cielo, sei tu!”.
Hans rise.
“Ma perché ridi? Mi hai spaventato a morte!”.
“ Ammettilo, è stato divertente”.
“ Niente affatto”.
“ Come vuoi. Perché non sei ancora vestita piuttosto? Hai avuto il mio regalo?”.
“Sì” mormorò lei, “è in camera. Che cosa è quella?”. Indicò la scatola che lui aveva in mano, di dimensioni decisamente più ridotte rispetto alla precedente.
“Questa” rispose lui, “è la collana”. Gliela porse per avere le braccia libere.
“Ti sei dato proprio un bel daffare per il mio guardaroba, eh?”.
“Vieni!”, Hans la sollevò da terra, “andiamo a vestirci, non mi farai arrivare in ritardo”.
“Mettimi giù! Ora! So camminare! Hans! Hans!”. Le sue risate e i suoi strilli si confondevano.
“Sssh, dobbiamo sembrare persone civili, sai?” le intimò lui con un occhiolino, “ dov’è la stanza?”.
Elsa gli indicò la porta e lui la lasciò andare solo dopo averla oltrepassata. “Ora, indossalo. Voglio proprio vedere come stai, per una volta senza pantaloni”. Lei mostrò la lingua.
Poi un lampo di tristezza la attraversò. Il blu era anche il suo colore. Il colore di quella Elsa che non era più lei.


 
 

Buondì miei cari! Eccoci qui con il capitolo due :)
(Credo di non essere mai stata così veloce  *yeaaaah!*)
Che dire? Sono stata davvero felice del fatto che la mia idea sia stata apprezzata...diciamo che, nonostante io fossi "divorata dal fuoco della passione" (avevo perfino fatto un disegnino rapido del medaglione di Elsa e interni, ma ve lo risparmio, in quanto è solo una schifezza dell'ultimo minuto per mantenere l'idea fissa nella mia mente XD) mentre la scrivevo, quando mi è venuta la mezza idea di condividerla non ero proprio convintissima, perchè non sapevo se sarebbe piaciuta altrettanto, e invece...! Meravigliosa sorpresa! Quindi vi ringrazio davvero tanto tanto. Allora....ehm sì, in caso qualcuno se lo stesse chiedendo, Anna stava giocando a nascondino/acchiapparella o qualcosa di simile nella mia testa...quindi, è uscito quello che è uscito, l'importante è che volevo che rimanesse la ragazza solare e un po' pazzerella che è, e spero di esserci riuscita. Anche se forse questo rapido assaggio non è abbastanza e si vedrà meglio nei prossimi capitoli.
 Sto riguardando questo in cerca di qualcos'altro che potrei spiegare ma...non vedo nulla, quindi, se mi è sfuggito qualche dettaglio, chiedete pure e sarò felicissima di rispondervi.
Ah, ecco! Ovviamente, anche se l'avrete già capito tutti, per esigenze di trama ( e per non traumatizzare a vita la poverella!) il re e la regina di Arendelle, pur avendo compiuto l'infelice viaggio in mare (e capirete presto anche perchè lo hanno affrontato) sono ancora vivi.
Spero che vi sia piaciuto! A presto,
felsah :*

 
  
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