Film > Ralph Spaccatutto
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Autore: Malanova    11/09/2014    1 recensioni
Sequel di 1982. E' passato un pò di tempo da quando Ralph e Felix hanno conosciuto Vanellope e Calhoun. Ora i due fanno una vita felice: Ralph è ben voluto dai Belpostiani ed è l'amico inseparabile della piccola presidentessa di Sugar Rush mentre Felix convolerà presto a nozze con la sua "Dinamite Pura". Ma l'apertura di un nuovo portale capulterà i nostri amici in una avventura che li porterà fuori dalla lora amata Arcade e una nuova minaccia sarà in agguato. Vi auguro una buona lettura.
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Re Candito/Turbo, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Celeste uscì dalla stanza vestita con un abito principesco color pesca e delle scarpette bianche ai piedi, gli unici indumenti che aveva trovato all’interno del grosso armadio a specchio insieme ad una spazzola, un fermaglio per capelli e una trousse di trucchi dalle tinte leggere. Con gesti rapidi ed esperti; ella si era acconciata la fluente chioma, che scoprì che era stata lavata e pettinata accuratamente in modo che ritornasse morbida al tatto, ed aveva indossato il vestito senza nascondere una smorfia di disappunto. Percorse lentamente un lungo corridoio, con i tacchi che risuonavano sul lucido marmo del pavimento ed i sensi in allerta, fino a che non raggiunse una elegante rampa di scale. Lei, come da abitudine, poggiò una mano sul cornicione dorato e scese con molta grazia fino a ritrovarsi in un enorme atrio, riccamente decorato, dove c’era il portone d’ingresso, ovviamente ermeticamente chiuso, ed altre quattro porte più piccole che conducevano in altre stanze, due per ogni lato. La principessa scelse di entrare nella prima porta a sinistra.

Era una graziosa saletta da the, illuminata una enorme vetrata circolare simile a quelle che si trovano in una chiesa e le pareti tinteggiate di un tenue rosa incarnato. Addossate ad esse le eleganti ottomane bianche erano affiancate da un servo muto, un bizzarro tavolino a tre piani dove su ognuno di essi c’erano riposti migliaia di variètà di pasticcini. Al centro della sala; una tavola rotonda era ricolma di altri dolci e teiere di porcellana che fumavano dal beccuccio, espandendo nell’aria il forte profumo di svariati the. Celeste guardò golosa la teglia di tiramisù ed i funghi di meringa e si estasiò quando si accorse che c’erano anche dei piccoli blocchi di cioccolata bianca, la sua preferita. Sfiorò con le dita la candida tovaglia del tavolo e mormorò tra sé “Deve essere un trucco … Mi vogliono prendere per la gola …”. I suoi occhi si posarono sui bignè di crema spolverati di zucchero riposti a piramide e sulle lingue di gatto immerse nella mousse di cioccolato fondente. Alla fine la golosità ebbe la meglio. Allungò la mano tremante ed afferrò con la punta delle dita uno di quei bignè invitanti. Aprì la bocca ma a metà gesto si fermò. C’era uno strano odore mescolato all’aroma vanigliato del zucchero a velo, lieve ma pungente. Lo posò sulla superficie del tavolo, si versò del the dentro a una tazza riccamente decorata e se la avvicinò al naso. Quell’aroma pungente si sentì anche lì. Che cos’era? La porta si aprì dietro di lei e la voce di Lancaster echeggiò nella stanza “Celeste?”.

La principessa, nel sentirlo, si voltò di scatto. Il capitano spaziale entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle ed esclamò “Grazie al cielo ti ho trovata!”. Lei lasciò cadere la tazza a terra e si lanciò verso il suo amico, che si chinò e la accolse fra le sue braccia. Lancaster borbottò “Sono felice che tu stia bene …” “Mi dispiace di essere scappata in quel modo ma …” iniziò a dire lei ma l’altro la rassicurò dicendole “Ora non ha più importanza, mia cara, l’importante è che noi siamo di nuovo insieme …”. Celeste sentì le braccia del capitano stringerle la vita più forte mentre il viso si infossava sulla linea del collo ed ispirava profondamente la sua pelle. “Lancaster … Che stai facendo?” domandò la principessa mentre sentiva la stretta farsi ancora più forte, tanto da farla gemere alla fine “Mi stai facendo male …”. L’amico, per tutta risposta, si mise a sghignazzare con voce distorta. Fu allora che Celeste si accorse, con orrore, che il capitano si stava trasformando: la pelle si tirò in modo innaturale strappandosi in più punti, la statura diminuì vertiginosamente fino a raggiungere la sua ed il colore dei capelli e dei occhi mutarono diventando neri come il petrolio. A quel punto la lasciò andare, continuando a ridere, e iniziò a strapparsi la pelle ed gli abiti come se fossero fatti di carta. La principessa quasi si aspettava di vedere il rosso del muscolo ma invece intravide qualcosa di grigiastro, bianco e rosso. La faccia fu l’ultima cosa che si strappò, mostrando infine la sua vera identità.

Turbo finì di togliersi gli ultimi rimasugli di pelle bianco latte e gettò tutto a terra. La pelle si scompose in milioni di piccoli pixel rossi e arancioni fino a scomparire del tutto. Celeste si riprese dallo shock e ringhiò “Schifoso pezzo di …” “Andiamo!” sbottò lui sorridendo “Il mio è stato solo un piccolo trucco di magia, una dimostrazione di cosa ero capace di fare tutta per te …” “Non pretenderai che io mi metta ad applaudire per la tua performance …”. Turbo fece un sospiro fintamente esasperato. Poi notò la tazza caduta per terra, ora ridotta in mille pezzi e borbottò, fintamente afflitto “Ma come siamo maldestri principessina mia … Hai fatto cadere il tuo the …”. Scalciò i pezzi più grossi con la punta del piede, si girò di nuovo verso la donna ed le porse una mano elargendole un sorriso accattivante “Vieni, te ne verso subito un’altra tazza”. Lei rifiutò dicendogli “Sono a posto così …” “Ma io insisto” ribatté il virus ed un lampo di furore attraversò il nero dei occhi “Ho fatto preparare le delizie che vedi solo per te e sarebbe una scortesia non prendere un altro po’ di the o assaggiare qualche dolce”. Vedendo che ella non si muoveva; la afferrò per una mano e la trascinò fino a raggiungere il tavolo. Poi, tornando ad essere allegro, prese una tazza color ciclamino dai bordi ondulati e ci versò un po’ di the con gesti aggraziati. Dopo la poggiò su un piattino e gliela porse, con un sorriso agghiacciante.

Celeste la prese con le mani che tremavano appena. Ora aveva la certezza che lui avesse messo qualcosa nella bevanda ma come poteva evitare di berla? Era da sola, disarmata, ed il virus le aveva dimostrato più volte di possedere una forza prodigiosa. La sua mente ritornò a quando l’aveva costretta a baciarlo ed arrossì appena. Ma poi si riprese e pensò “Non voglio dargli la soddisfazione di avermi in pugno! Pensa, Celeste, pensa! Ci sarà un modo per sfuggirgli ed avere le informazioni che stai cercando …”. Il suo sguardo saettò per la stanza, nella disperata ricerca di qualcosa, quando i suoi occhi indugiarono sulla vetrata. Allora mormorò “Che magnifica vetrata! Scommetto che si gode una vista meravigliosa al suo esterno …” “Conosco il giochetto che stai cercando di fare …” iniziò a dire lui ma la principessa ribatté “Non sto facendo nessun giochetto. Lo so che se tentassi di scappare sarebbe tutto inutile; allora tanto vale fare un po’ di quella cosa che si chiama … uhm, fammi pensare un po’ su … conversazione? Si … conversazione”. Turbo la fissò sospettoso per un paio di secondi ma poi annuì e disse “Allora conversiamo”.

Le tese di nuovo una mano e indicò una delle ottomane della stanza, la più piccola, sogghignando malignamente e sedendosi al suo fianco quando ella si accomodò da un lato. Il mobile era talmente ristretto che un ginocchio aderì, senza volerlo, contro quello del virus. Lui stese un braccio lungo lo schienale per mettersi più comodo, in modo che la mano fosse dietro alla spalla della donna, e disse con nonchalance “Di che cosa vuoi parlare? Sappi che sono un interlocutore perfetto e che ho una vasta conoscenza in tutti gli argomenti …” “Sei sempre così modesto oppure è la presenza di una donna che ti ispira?” domandò Celeste sarcastica. L’altro ridacchiò e disse “Sei sempre stata così agguerrita, soprattutto quando sei con le spalle al muro. Non hai mai capito che comportandoti in questa maniera non facevi altro che peggiorare la tua situazione …” “Non potrebbe andar peggio di così, la mia situazione, visto che ora sono una vostra prigioniera”. Lo guardò dritto nei occhi e domandò acida “Quali sono le tue intenzioni? Perché stai aiutando quel ragazzino ad aprire la porta del LAZZARUS?”. Turbo alzò le spalle e borbottò, seccato “Cosa vuoi che siano … sono soltanto questioni d’affari che mi legano a quel rompiscatole …” “Questioni d’affari” ripeté lei lentamente, poi gli occhi violetti si spalancarono per la consapevolezza e mormorò “Le tre richieste!”. Turbo ridacchiò “Allora lo sai ancora utilizzare il tuo cervellino …”. Si avvicinò di più a Celeste ed ammise “Si; mi sono alleato con lui perché ha esaudito le mie richieste a differenza di quella lampadina ambulante di Pi: mi ha reso libero, potente e …”. La squadrò dalla testa ai piedi ed concluse “Mi ha permesso di tenerti con me quando, di norma, i prigionieri vengono portati in una dimensione desertica in preda a ciò che non possono sfuggire: la loro mente …”. Sospirò e sussurrò “Io ci sono stato laggiù e, credimi, arrivi ad un punto che desideri la morte piuttosto che rivivere i ricordi più dolorosi della tua esistenza …”. Scosse la testa, si voltò di nuovo verso di lei e la fissò in modo lascivo, mormorando suadentemente “Io ho sempre pensato che questo colore ti donasse … Risalta molto la linea della tua definizione e si sposa perfettamente con il chiarore della tua pelle …” “Io, invece, penso che con questo colore sembro una pesca sciroppata pronta per essere consumata …”. Lui ridacchiò ancora, divertito, poi allungò d’improvviso il braccio che non era sullo schienale e con la mano le palpò voluttuosamente una gamba. Gli occhi neri sfavillavano lussuriosi e sussurrò “Forse è questa la funzione dell’abito …”.

Celeste si irrigidì mentre la mente era nella disperata ricerca di una via di fuga. Gettargli in faccia il the avrebbe causato lo stesso effetto dello sputo e lei voleva … si, voleva … farlo incazzare in modo che la trovasse ripugnante, che non la volesse più davanti ai occhi. Così ringhiò “Sei un mostro! L’Arcade è anche la tua casa, il tuo mondo! Come hai potuto darlo in pasto ad un megalomane che vuole soltanto creare il caos? Nemmeno lui lo avrebbe fatto …”. Lì si interruppe e corrugò la fronte, confusa. Ma cosa … Il virus domandò, nervoso “Lui? Chi è questo lui?”. Un lampo illuminò gli occhi di Turbo mentre il perenne sorriso era scomparso “Non ti starai riferendo a Curtis … Vero?!?” sibilò alla fine. La cerulea spalancò gli occhi nel sentire quel nome.

La tazza di the le volò via dalle mani e si infranse sulla parete opposta. La bevanda aveva formato una chiazza scura simile ad un fuoco d’artificio sul muro ed alcune gocce scivolarono fino al pavimento. Celeste alzò lo sguardo verso Turbo, sorpresa e spaventata. Il virus aveva un espressione truce sul viso cenerino e gli occhi neri lampeggiavano d’ira. Poi respirò velocemente, come per cercare di calmarsi e sibilò “Tu … tu non puoi … tu non puoi ricordarti di … LUI … e di … di me no …”. La afferrò per le braccia ed urlò, furioso e disperato “Perché?!? Perché ti ricordi di Curtis e di me no?!? Perché?!?”. Si guardarono nei occhi, a lungo, finché lei non disse a voce bassa “Mi dispiace …”. Turbo ripeté quella parola un paio di volte, sussurrando, poi sorrise e si mise a ridere istericamente “Ah, ah, ah! Tu … Tu lo stai facendo apposta … Ah, ah, ah! Vuoi farmi arrabbiare … Vuoi … che io ti odi … ah, ah, ah!”. La stretta delle sue mani divenne più forte, tanto da farla gemere di dolore, ma sapeva che non doveva fare movimenti bruschi altrimenti gli avrebbe dato una pretesa di attaccarla. Se solo avesse avuto un arma … le andava bene anche un coltello da burro!

Il virus intravide nei occhi violetti l’odio e il terrore che la donna provava nei suoi confronti e ne fu profondamente scosso. “Celeste …” sussurrò lui infine e si chinò per baciarla ma la principessa sfoderò le unghie e le conficcò nella carne del braccio. Turbo fece un verso d’irritazione e si trasformò entrambe le braccia in quelle dello Scarafoide. Così anche l’unica arma che ella possedeva fu debellata. Con estrema facilità; lui la costrinse a sdraiarsi sull’ottomana ed si mise a cavalcioni sopra le sue gambe, paralizzandole con le mani i polsi. Poi la contemplò compiaciuto e si mise a sghignazzare “Così vuoi il gioco duro eh? Eh, eh, eh! Va bene tesoro … Farò il cattivo …”. Le bloccò i polsi sopra alla testa con una mano sola mentre l’altra calò lentamente, con l’indice vermiglio proteso, fino a raggiungerle il torace. Celeste continuò ad inveirgli contro a parole ma si azzittì quando lui premette l’artiglio appena sotto il seno e forò lo strato di tessuto fino a raggiungerle la pelle. Turbo si leccò le labbra in modo osceno mentre iniziava a strapparle l’indumento …

In quel momento entrò nella sala da the un antivirus che esclamò “Signore! Abbiamo bisogno della sua presenza ai pi …”. Vedendo la scena; il robot si ammutolì e divenne arancio scuro. Il virus si fermò e gli lanciò un’occhiata furiosa “Continua idiota, ammasso di ferraglia! Ormai mi hai interrotto!” “C’è bisogno di lei ai piedi del vulcano Gulgu …” borbottò l’altro, sempre più in imbarazzo. Turbo si voltò verso la principessa, che era rimasta in silenzio per sentire il discorso, poi borbottò “Arriverò là fra cinque ore …” “Jabal ha detto che deve andarci ora” ribatté l’altro diventando ancora più scuro, balbettando “Ed ha aggiunto che possono aspettare a fine missione i suoi ‘intrattenimenti’ …” “Quel ragazzino inizia a rompermi le palle …” borbottò il virus “Va bene …”. Scese sbuffando dal divano, trascinando con sé la principessa, poi la gettò contro l’antivirus ordinando “Rinchiudila dentro alle mie stanze e fai in modo che non esca fino a che io non faccia ritorno …”. Poi si piazzò davanti a lei ed, accarezzandole una ciocca di capelli, le mormorò “Papino adesso deve andare a lavorare ... Continueremo dopo che avrò preso questo maledetto Keyblade ed avremo ottenuto l’immortalità dal LAZZARUS …”. Celeste si dimenò nelle braccia di ferro del robot, lo guardò con odio e sibilò “Per me puoi anche crepare”. Lui fece un sorrisetto e borbottò “Bambina cattiva …”. Le sfiorò le labbra con un bacio ma si ritrasse subito quando lei fece per morderlo. Turbo si limitò a sorriderle, poi guardò con aria di sufficienza il robot e gli fece un secco gesto con la mano.

L’antivirus gettò bruscamente Celeste dentro alla stanza dove si trovava prima e chiuse a chiave la porta. La principessa si passò una mano tra i capelli e ringhiò di frustrazione. Cazzo! Non aveva funzionato niente! Doveva andarsene da lì … Corse verso la finestra e la spalancò, pensando che potesse essere un’ottima via di fuga. Rimase senza fiato: l’edificio in cui si trovava era un castello dalla pietra bianca, identico a quello di Vanellope a SUGAR RUSH, e si ergeva su un scoglio gigantesco in mezzo all’oceano. L’unica cosa che univa il grosso maniero alla terra ferma era un ponte, fatto anche esso di pietra. Poté vedere da là in alto la figura di Turbo, piccola quanto una formica, recarsi verso la fine del ponte dove c’era ad attenderlo un kart rosso e una ventina di antivirus. Allora fece un respiro profondo e gridò “Bastardo! Brutto traditore! La pagherai per tutto questo!”. Lui si voltò e ribatté “Anche io ti amo zuccherino!”. Fece la sua risatina isterica, si infilò nel kart e gridò “Andiamo!”. La principessa non poté fare a meno di vederli allontanarsi fino a che non si fusero con l’orizzonte e si mise ad imprecare in tutte le lingue che conosceva. Stava andando tutto sempre più storto! Lasciò scivolare lungo le gote tutte le lacrime di rabbia e frustrazione che si era tenuta da quando il virus le aveva urlato contro. Si premette le dita sulla costola, dove l’uomo aveva infilato il lungo artiglio da Scarafoide. Lo squarcio sul vestito era profondo, tanto che poteva sentire sotto i polpastrelli la pelle che, per fortuna, non aveva subito nessuna lacerazione. Cercò di smettere di piangere ed osservò il cielo, dove uno stormo di gabbiani volava lanciando strida. La principessa, colta da una improvvisa rivelazione, si guardò intorno fino a trovare ciò che cercava: un cornicione spesso cinque centimetri che collegava la finestra ad una torretta, dove intorno ai lati c’erano infilzati dei pali di legno in modo da formare una scala che portava verso una rientranza tra gli scogli. Si sporse ancora un po’ e intravide una grotta. Non perse tempo. Poiché la lunga gonna era soltanto un intralcio; la strappò senza alcun riguardo, denudando le gambe. Anche quelle scarpette erano inutili così se le sfilò con impazienza. Si arrampicò su e si girò verso il cornicione. Deglutì. Il vento salmastro le scompigliò i capelli facendoli sembrare le stesse onde dell’oceano. I gabbiani continuavano a stridere ed a volare in alto. Ed infine, seppur tremando, poggiò un piede sul cornicione.

  
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