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Autore: Princess of Dark    11/09/2014    6 recensioni
Un incontro "illuminante", come l'ha definito Estrelle.
Ed è proprio così che si può chiamare: Isa si trova a dover ripercorrere i suoi passi, un uomo le ha fatto riflettere sui suoi sentimenti, un uomo l'ha baciata come nessuno aveva mai fatto.
Ma mai e poi mai Isa avrebbe immaginato che, poco tempo prima del matrimonio, fosse costretta a vivere sotto il suo stesso tetto...
La mia terza fanfiction su Johnny e sono emozionatissima come se fosse la prima! Spero che vi piaccia come le altre due xD
Cut the bond, rompi il legame, capirete voi stesse di cosa sto parlando e sarete d'accordo con me!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2


Il campanello trillò di nuovo, stavolta più a lungo, come se la persona dall’altra parte della porta si fosse stufata di aspettare e avesse attaccato il dito sul pulsante.
Sobbalzai dal sonno, drizzandomi a sedere e guardandomi attorno spaesata. Ci misi alcuni secondi a realizzare che non ero in camera da letto ma che avevo dormito tutta la notte sul divano e quando tentai di alzarmi anche la mia schiena rimpianse il caro materasso a due piazze. Ricordai cos’era successo la sera precedente e mi alzai di scatto con espressione allarmata, facendo scorrere lo sguardo a destra e sinistra come in cerca di qualcosa. O di qualcuno.
Non ho avuto neanche la brillante idea di chiedergli il nome.
Per fortuna, sebbene non lo ricordassi, se n’era andato senza il minimo preavviso, probabilmente dopo aver aspettato che mi addormentassi. L’avrei ringraziato a vita per avermi risparmiato l’epica scenetta da film in cui avrei dovuto nasconderlo nell’armadio o sotto il letto.
Avvertii un’improvvisa fitta allo stomaco, simile a un pugno dato da parte di qualcuno veramente incazzato. Cos’era? La mia vocina interiore che urlava “Cosa diavolo hai combinato?!”.
L’ennesimo scampanellio mi ricordò il frustrante motivo per il quale mi ero svegliata così bruscamente e corsi verso la porta per aprire, quasi inciampando nelle scarpe che mi ero tolta ieri.
«Ce ne hai messo di tempo!». Sal entrò in casa abbastanza infastidito, facendo rumore mentre trascinava in stanza il suo trolley blu da viaggio e si richiudeva la porta alle spalle. Indietreggiai, incrociando le braccia al petto nel tentativo di coprirmi dalla sottile canotta che indossavo.
Come se non mi avesse mai visto nuda!
«Sono stato mezz’ora fuori alla porta»
«Scusa», mugolai, senza trovare il coraggio di guardarlo negli occhi dopo quello che era successo. Sal si accorse subito dal mio tono di voce diverso dal solito che c’era qualcosa che non andava. Ci conoscevamo da tanto tempo ormai ed era impossibile nascondergli il mio umore. Si voltò e mi fissò perplesso mentre sul volto si dipinse una strana espressione che mi metteva a disagio.
«Non dirmi che stavi ancora dormendo…», accennò con tono predicativo, lasciando che le braccia gli cadessero molle lungo i fianchi.
«No», feci prontamente, alzando lo sguardo, «cioè sì, mi ero appisolata», aggiunsi dopo una sua occhiataccia che voleva dirmi “a chi vuoi darla a bere?”.
«Hai delle occhiaie… non sei riuscita a dormire?»
«Vuoi un caffè?», deviai il discorso, sfuggendo alle sue mani e al suo sguardo indagatore mentre mi aggrappavo al pensile in cucina alla ricerca del barattolo di caffè. Me ne serviva almeno un litro per riprendermi.
«No, l’ho preso al bar in stazione», fece lui e lo sentii armeggiare con il trolley. Aprì la zip in un solo colpo e iniziò a borbottare qualcosa. «Mi hanno spostato la riunione a mercoledì per questo sono venuto in anticipo»
«Ma mercoledì…»
«… saremo dai miei», concluse prima di me. «Ho preso i biglietti anche per i tuoi genitori, penso dovresti avvisarli perché partiamo fra tre giorni»
«Cosa?». Mi voltai di scatto e lo fulminai con lo sguardo, guardandolo incazzata nera.
«Ne avevamo parlato ieri sera… per festeggiare il nostro fidanzamento…»
«Lo so, me lo ricordo, ma non pensavo di partire subito con i miei genitori»
«Lo sai che i miei ci tengono, è una vita che sognano questo evento»
«Non c’era bisogno di fare tutto così in fretta!», esclamai allarmata, accendendo il fornellino per fare il caffè. «Cioè… ieri sera abbiamo deciso e sei già andato a comprare i biglietti… devo ancora metabolizzarlo», farfugliai nervosa, sbattendo l’anta del mobile di scatto. Gli diedi nuovamente le spalle per evitare di vedere la sua faccia delusa: mi sarei sentita ancora più in colpa.
Sal aveva il brutto vizio di correre, correre e correre: bastava progettare una cosa e due secondi dopo era già fatta. Era come entrare in un negozio di abbigliamento e starsene davanti ad uno specchio indecisa sull’acquisto mentre lui aveva già comprato quattro maglie e due jeans. Odiavo andare di fretta.
«Sei nervosa?». Il suo tono di voce si fece improvvisamente più apprensivo e rilassato, sentii il suo fiato sul collo e una mano che si posava leggera sul fianco per poi accarezzarmi. Era strano sentirla sulla mia pelle impudica dopo che altre mani c’erano passate sopra.
«Io… ho pensato a tante cose», annuii poco convinta, inarcando la schiena quasi per staccarmi dalle sue mani. Mi fece voltare e incrociai i suoi magnifici occhi azzurri: erano capaci di cogliere al volo ogni mio stato d’animo. Speravo davvero che non capisse che quello che provavo ora era rimorso: nel guardarlo preoccupato per me, con un sorriso innamorato stampato sul volto, mi sentivo terribilmente in colpa a pensare che avevo fatto sesso con uno sconosciuto sul divano dove ci accoccolavamo la sera a vedere film drammatici.
«Anch’io dalla felicità non ho chiuso occhio», sorrise raggiante, stringendomi in un forte abbraccio. Quanto mi sentivo sporca nel ricambiare quell’abbraccio, quanto desideravo che ieri sera non fosse accaduto nulla.
Non avrei mai dovuto far salire quell’uomo in casa, anzi non sarei mai dovuta andare a quel locale. O forse non avrei dovuto dire di sì così precipitosamente: il suo modo di fare tutto alla svelta mi stava contagiando e così mi ero ritrovata a dire subito “sì” alla domanda che avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
«Avviso i miei della partenza», feci infine, staccandomi dal suo abbraccio.
«Vado a comprare le ultime cose da mettere in valigia e poi andiamo a pranzo fuori»
«No, oggi meglio di no», tagliai corto, smorzando il suo sorriso entusiasta. «Sai, voglio fare una lista di tutto quello che ci occorre e andare dall’estetista per la ceretta e...»
«Ok, ok, a stasera», rise lui. «Ti amo mogliettina», aggiunse in un sussurro prima di sparire dietro la porta d’ingresso. Tirai un sospiro: dover fingere di non avere i postumi di una sbornia era davvero un’impresa.
Mi sentii improvvisamente in trappola e, a questo punto, penso di dovere a tutti delle spiegazioni.
I miei genitori lavoravano per quelli di Sal all’azienda di famiglia, la Klayton Society, da circa vent’anni il che voleva dire che alla base c’era un rapporto di profonda amicizia, di vacanze trascorse insieme, regali ai compleanni e lunghe chiacchierate davanti a una tazza di the. I Klayton mi amavano come se fossi la loro figlia femmina mai avuta, dato che Sal aveva solo un fratello, e lo stesso valeva per i miei genitori che desideravano tanto un figlio maschio ma non erano stati così fortunati. E se due più due fa quattro, non ci voleva di certo un indovino per capire che stavano aspettando da sempre il nostro fidanzamento. Era già tutto programmato dall’inizio, come se fosse scontato che con il tempo ci saremmo affezionati al punto da amarci e decidere di sposarci. In effetti, non avevano tutti i torti perché con il passare degli anni crescevamo insieme e diventavamo entrambi consapevoli del fatto che stavamo bene assieme.
E così a distanza di vent’anni Sal Klayton mi aveva fatto la fatidica proposta.
Chiusi gli occhi e mi apparì l’immagine di Sal inginocchiato di fronte a me, con in mano la scatolina aperta per mostrarmi l’anello con il diamante sbrilluccicante, che tutto contento mi sorrideva dopo avermi chiesto “vuoi diventare mia moglie?”.
Sebbene avessi già capito tutto, dalla gita in barca alla cenetta romantica a lume di candela, ero rimasta senza parole. Non che fossi sorpresa ma semplicemente non mi ero preparata perché non sapevo cosa rispondere: mi univa a lui un incondizionato affetto ma non sapevo se poteva definirsi “amore”.
Ma i Klayton si aspettavano che Sal me lo chiedesse e i miei che acconsentissi.
Ed io mi sono sentita in dovere di accettare per il bene delle nostre famiglie, avevo paura di creare uno scompiglio e un grosso litigio che avrebbe portato alla rottura dei loro affari: dopotutto i miei lavoravano per i Klayton e potevano essere licenziati in qualsiasi momento. Non me lo avrebbero mai perdonato. Dovevo decidere se accontentare me o gli altri.
In poche parole, sono nei casini.
Composi di corsa il numero dell’unica persona che avrebbe potuto comprendermi e aiutarmi e dopo un paio di squilli rispose la sua voce squillante registrata.
«Qui è Estrelle, al momento sono fuori, lasciate un messaggio»
«Sos migliore amica, ho un disperato bisogno di te, richiamami appena puoi!».
E ovviamente Estrelle era corsa subito da me, neanche avesse le ali sotto i piedi.
«E quindi hai detto sì…», sospirò Estrelle, guardandomi con compassione manco dovessi scalare l’Everest. Lei era una tipa che andava assolutamente contro i fidanzamenti così ufficiali, non le piaceva avere il fiato sul collo. Io le ripetevo che lo diceva solo perché non si era ancora ritrovata con i piedi dentro una storia seria: Estrelle era molto bella da potersi permettere di cambiarne uno a settimana, dai capelli neri che scendevano in boccoli lungo la schiena e un paio di occhi a cerbiatta scurissimi che trasudavano erotismo appena si posavano su qualche essere di sesso maschile. Se non fosse la mia migliore amica potrei odiarla, ma solo per invidia: lei era tutta la sicurezza, la ribellione, la spavalderia che non avevo mai avuto. Lei non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, era un mix di fierezza e consapevolezza di sé.
«Non potevo dire di no, avevano programmato tutto da anni… hanno invitato me e i miei genitori a passare la settimana nella loro casa estiva per festeggiare il nostro fidanzamento… come farò a fingere di essere entusiasta?!»
«Ubriacati», sbottò con un sorriso perfido e per poco non la divoravo con lo sguardo. Non doveva dirlo, non dopo aver saputo della mia avventura post-sbornia.
«Ti ho già raccontato che effetto mi fa l’alcool»
«La casta e pura Isabel Layport è stata a letto con un sexy sconosciuto da orgasmi multipli. Stento a crederci», mi prese in giro, alzandosi dal divano appena in tempo per scansarsi una spinta con piede destro.
In realtà appena gliel’avevo detto ed ero scoppiata in lacrime era stata più premurosa di una madre, mi aveva sostenuta e mi aveva aiutato ad affievolire i sensi di colpa sostenendo che dovevo prendermi un po’ di tempo per me stessa e per decidere cosa volevo davvero. Ma Estrelle era fatta così, dopo la parte “seria” preferiva scherzarci su… e in effetti era una buona strategia per affrontare i problemi.
«Dico a Sal di dormire a casa. Resta con me ti prego o resterò ad autocommiserarmi su quanto la mia vita farà schifo»
«Non ti lascerei per niente al mondo in piena crisi pre-matrimoniale con un barattolo di nutella nel mobile», sorrise facendomi un occhiolino. La ringraziai a mia volta con un sorriso. La sua presenza mi avrebbe fatto bene, come sempre.
«Allora? Ci guardiamo un film?». Estrelle si avvicinò a me ed io annuii rannicchiandomi con le ginocchia al petto per lasciarle spazio accanto a me sul divano.
«Vediamo cosa trasmettono», le proposi, puntando un dito verso il telecomando. Lei iniziò a fare zapping trai canali fino a quando non vidi nello schermo un volto conosciuto.
«Ferma! Vai indietro!», esclamai di botto, scattando in piedi sui talloni. Estrelle sobbalzò e obbedì, tornando indietro di un paio di canali.
«The rum diary», lesse. «Ne ho sentito parlare, guardiamo questo?»
«Non è possibile», sussurrai ad alta voce anche se stavo parlando con me stessa, lì impalata come una mummia con un’espressione stralunata in volto. Sullo schermo del televisore, a recitare accanto ad una donna dai capelli biondi, c’era l’uomo dagli occhi cioccolato. Quello che ieri sera mi aveva aiutata nel mio piccolo sfogo e che mi aveva gentilmente e innocuamente ripotata a casa. «Ma… è lui».
Magari gli somiglia soltanto, non agitarti troppo. È impossibile che sia proprio lui…
«Johnny Depp», precisò lei accanto a me. «Quanto è bono in questo film!», squittì un secondo dopo. Un primo piano mi fece notare il neo che aveva sul sopracciglio destro e quel suo modo di aggrottare la fronte come quando era perplesso mi convinse che si trattava davvero dell’uomo del locale. Rimasi a fissare Johnny Depp che recitava, sorridendo con quelle labbra così sottili e mi venne in mente quando quelle labbra si erano posate avidamente su di me.
«No, Elle, è lui!», urlai alzandomi dal divano. «Johnny Depp ha un tre tatuato?»
«Sulla mano sinistra», annuì Estrelle, senza distogliere lo sguardo da me. Lo ricordavo bene il tre sulla mano sinistra, ricordavo bene quel neo, quelle labbra, le fossette che si formavano quando sorrideva: ogni dettaglio combaciata con l’uomo nello schermo davanti a me.
«Ho fatto sesso con Johnny Depp», mugolai con un filo di voce. Avrei riso io stessa delle mie parole al dir poco assurde, se non fosse che ero davvero convinta di averlo spogliato proprio lì su quel divano. Elle invece scoppiò a ridere e annuì, sistemandosi più comodamente sul divano.
«Ti sbagli, era un’orgia. C’eravamo anch’io e Bradley Cooper»
«Estrelle! Ti giuro è identico»
«Isa sei andata in un locale a sfondarti di alcool e sei andata a letto con uno sconosciuto, il tutto dopo esserti fidanzata ufficialmente. Non eri del tutto sobria, non aspettarti che ti creda ciecamente»
«Ubriaca o no me lo ricordo», bofonchiai, sempre più convinta di me mentre mi avvicinavo allo schermo del televisore. Proprio quando la sua faccia stava per ricevere un altro splendido primo piano Elle spense il televisore e mi guardò seriamente preoccupata prima che l’ombra di un sorriso spuntasse sul suo viso.
«Faresti meglio a dimenticare quello che è successo e pensare alle bomboniere», aggiunse con un tono scherzoso.
«Stronza», risi io, tirandole dietro il cuscinetto del divano.
 
Tre giorni dopo, avevo velocemente riepilogato tutto quello che mi ero portata dietro e mi ero chiusa la porta alle spalle dopo aver trascinato sulla soglia di casa tutte le valige, con la strana sensazione di aver scordato qualcosa.
Sal stava imprecando perché non riusciva a caricare la borsa più grande sull’auto mentre Estrelle, che era venuta a salutarci, mi teneva la borsa mentre chiudevo a chiave. Mi tirai su e lei me la restituì, senza smettere di guardarmi. Stava cercando di decifrare il mio stato d’animo visto che prima era piombata in casa nel bel mezzo di una mia crisi con tanto di lacrimoni mentre Sal era andato a fare benzina.
Stai tentando di analizzarmi, Estrelle McCall?
«Sei sicura di quello che vuoi fare?», mugolò quando alzai lo sguardo su di lei. Era la prima volta che la vedevo così ansiosa e preoccupata. Alzai le spalle.
Si vede così tanto che non ho voglia di partire?
«Non lo so, Elle… credo che questa settimana mi aiuterà a scoprirlo»
«Oh, certo, vivere assieme ai tuoi suoceri milionari che ti stanno col fiato sul collo, in una casa di due piani con un’immensa piscina e un campo da golf privato e un’equipe di camerieri ti sarà certamente d’aiuto», borbottò fingendosi pensierosa mentre si strofinava il mento, senza preoccuparsi di nascondere la punta d’ironia. Non le era mai piaciuto che Sal fosse così ricco, diceva che lo rendeva un damerino viziato che voleva tutto e subito, era chiaro che non conosceva bene Sal né aveva intenzione di scoprire com’era.
«Non essere così cattiva con loro», risi io.
«Lo sai che non posso sopportare i damerini viziati», bofonchiò alzando gli occhi al cielo.
«Isa? Ti muovi?!», urlò Sal, affacciandosi dalla macchina sulla quale stava caricando le ultime valige.
«Arrivo!». Rivolsi un’altra occhiata a Estrelle, non avevo il coraggio di andarmene.
«Perché non vieni con noi?»
«Grazie ma mi risparmio il quadretto dell’allegra famiglia del mulino», fece ironica, accennando una risatina che mi fece sorridere amaramente. «Ma per qualsiasi cosa, fammi un fischio»
«Isa?», mi chiamò Sal nuovamente, stavolta più spazientito.
«Vai, prima che il damerino si arrabbi sul serio. Potrebbe mandarmi il suo equipaggio armato a fucilarmi». Ridemmo alla sua battuta e mi chiesi come avrei fatto, per una settimana intera, a starle lontana.
Estrelle si affrettò ad abbracciarmi forte e mi gustai tutto il calore della mia migliore amica.
«Ti voglio bene»
«Chiamami quando arrivi. E se dovessi incontrare qualche figo al bar, fammene anche due di fischi», mi fece un occhiolino ed io entrai in auto ancora ridendo.
«Non vi entra in testa che non stiamo partendo per una missione in Afghanistan», commentò sarcastico, mettendo in moto.
«Ti sei scordato cosa sono capaci di fare i nostri genitori insieme?», alzai un sopracciglio scettica, strappandogli una risata.


Eccoci con il secondo capitolo! Ho visto che come inizio non è stato proprio un disastro e quindi boh intanto continuo a scrivere! ahahah questo capitolo di "chiarimenti" era necessario, anche se sembra inutile xD
Il prossimo schiarirà ancora di più il rapporto che c'è tra la famiglia di Isabel e quella di Sal e soprattutto... ci sarà Johnny!! Quindi preparatevi u.u
Intanto sono curiosa di sapere cosa ne pensate del famigerato Sal e di Estrelle, commentateli nella recensione!
Spero di sentirvi presto, un bacio!
  
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