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Autore: Inathia Len    11/09/2014    9 recensioni
E se la storia della Bella e la Bestia non fosse come ve l'hanno sempre raccontata? E se i protagonisti fossero altri?
Leggete di John, che sacrificò se stesso per salvare la sorella Harry, ma finì col trovare l'amore.
Leggete di Sherlock, del principe senza cuore che la fata Irene trasformò in una Bestia orrenda e che riuscì a redimersi grazie all'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The storm that took us home



John camminava sentendosi mille occhi addosso, guardandosi intorno.

Era nell'Ala Ovest e sapeva di non poterci stare.

Era un luogo spaventoso. Dovunque, statue mostruose e gargoilles che sembravano deriderlo e prendersi gioco di lui al suo passaggio. E poi, nonostante tutto, si sentiva in colpa. Mycroft e Lestrade si erano fidati di lui, si erano impegnati a mostrargli il castello e lui era così che li ripagava. Sgattaiolando via il prima possibile e infilandosi nell'unico posto in tutto il maniero che gli era proibito. Mettendoli in un mare di guai.

Ma essere lì gli metteva anche una strana adrenalina addosso. Se essere nell'Ala Ovest avrebbe fatto infuriare la Bestia, allora ne sarebbe valsa la pena. Sentiva di volersi vendicare di come era stato trattato fino a quel momento. Non era una pezza da piedi, nemmeno uno schiavo o un prigioniero. Ok, forse tecnicamente un prigioniero lo era, ma Lestrade gli aveva detto che lo consideravano un ospite e, a casa sua, gli ospiti non venivano trattati in quella maniera.

Superò saltellando un tavolino per terra, evitando per un pelo i vetri di un vaso che era evidentemente franato sul pavimento insieme al tavolo e fece una giravolta, ma finì lo stesso dritto dritto dentro un ragnatela.

Trattenendo a stento uno starnuto, si guardò attorno.

Il corridoio era identico a tutti gli altri, ma era più buio e più spettrale. Persino il tappeto per terra, che sapeva con certezza essere rosso, sembrava quasi viola, a causa del buio. Quando si era separato da Lestrade, non solo aveva perso una guida, ma anche l'illuminazione.

E solo in quel momento si rese conto di quanto potesse essere buia l'ala abbandonata di un'enorme castello alle quattro di notte.

-Sei un genio. Un maledetto genio- si prese in giro da solo, quasi inciampando in un arazzo mezzo staccato dalla parete.

Per una frazione di secondo, il suo sguardo saettò verso l'alto e venne catturato da un dipinto, rimasto quasi indenne. A parte il segno di qualche unghiata qua e là e la polvere, sembrava come nuovo. Allungò una mano e sistemò la parte che penzolava verso il basso, andando a ricostruire l'immagine.

E rimase sconvolto.

C'era un ragazzo, nel quadro, che lo guardava con aria di sufficienza. Capelli ricci e ribelli, di un castano così scuro da sembrare nero e gli occhi dal colore indefinito, che poteva variare dal verde all'azzurro. Per quanto il giovane fosse di una bellezza sconvolgente, qualcosa in lui gli metteva i brividi.

Decise di proseguire la sua esplorazione, lasciando perdere il ritratto, e la parte di tela che aveva momentaneamente sistemato tornò a pendere inerte verso il pavimento, quasi come una richiesta di pietà e di soccorso.

John scosse la testa e notò qualcosa nella sala adiacente a quella a dove era in quel momento. Un bagliore rosastro, una luce, seppur tenue, in quel mare di nero che lo aveva circondato fino a quel momento.

Si diresse con la massima cautela verso quel piccolo faro, entrando in quella che sembrava essere stata una camera da letto. Il pensiero che potesse essere il luogo dove viveva la Bestia gli attraversò per un secondo la testa. E se il castello fosse stato incantato, e se quel mostro non fosse sempre stato così, e se quella rabbia e disperazione che lo circondavano fossero tutte cose collegate fra di loro? E se quello nel ritratto fosse stato il principe come era un tempo, prima di diventare la temibile e irascibile Bestia che era?

I tasselli cominciavano ad andare al loro posto... E forse la cosa era più grande e complicata di quello che aveva pensato all'inizio. Forse la sua venuta lì non era del tutto casuale. Perché se c'era una maledizione, c'era anche un modo per spezzarlo, no?

Ormai era così vicino al tavolo che poteva distinguere chiaramente la rosa che veniva tenuta sotto teca, come una sacra reliquia e qualcosa che deve essere temuto, allo stesso tempo. Sotto la campana di vetro, il fiore stava come sospeso a mezz'aria e sembrava brillare di una luce tutta propria. La stessa luce rosastra che aveva attirato John inizialmente. Sul tavolino, ma sempre sotto vetro, qualche petalo aveva cominciato a lasciare lo stelo, ma la rosa appariva perfetta come se fosse stata appena colta. Incuriosito, John la liberò piano dalla sua prigione, osservandola come incantato. Lui era quasi un uomo, un maschio, eppure quel fiore lo muoveva nel profondo, quasi ci fosse una connessione tra di loro.

Era talmente assorto nella sua contemplazione che non si rese conto che la Bestia era entrata nella stanza fin quando quella non gli fu accanto con un balzo e un ruggito. John, spaventato, quasi lasciò cadere il vetro e urtò il tavolino, rendendo facendo oscillare pericolosamente la rosa.

-Stupido!- esclamò la Bestia, prendendo al volo tutto quanto e riposizionando il fiore dimostrando una grazia che andava ben al di là delle sue grottesche fattezze.

-Chiedo scusa, davvero non volevo ...- balbettò John, i cui propositi di vendetta e di disubbidire alla Bestia erano andati in fumo non appena aveva visto l'ira di quell'essere. Era evidente che quanto era successo qualche ora prima davanti alla porta della stanza di John non era che una minima parte di quanto era capace.

E lì stava anche cercando di essere gentile ... si ricordò John, sentendosi improvvisamente male per essersi fatto cogliere in flagrante a ficcanasare nell'unica parte del castello che gli era stata proibita.

-Che cosa volevi fare?- urlò la Bestia, mentre John si faceva piccolo piccolo sotto il suo sguardo.

-Ero solo curioso, io ...- tentò, ma il ruggito dell'altro lo zittì.

-Eri venuto a scoprire i miei segreti? L'Ala Ovest ti è proibita, sono stato chiaro?-

John lo guardò un ultimo istante, un paio di occhi disperati blu mare che incontrarono un altro paio di occhi, altrettanto disperati, il cui colore era indefinibile. Variavano dal verde all'azzurro chiaro e fu quello che convinse John della veridicità della maledizione. Qualcosa era successo al principe, qualcosa o qualcuno lo aveva fatto diventare quella cosa orrenda, piena di rancore e paura che aveva davanti.

Ma, ora come ora, non voleva sapere cosa fosse successo.

Voleva andarsene da lì il più in fretta possibile, lasciarsi alle spalle quel castello con le sue maledizioni, incantesimi e stranezze e tornare alla vita di sempre. Persino affrontare Moriarty per la solita questione di Mary ora non gli sembrava così noioso e ripetitivo.

Così diede retta alle sue gambe e sfrecciò via, più veloce che poteva.

Ignorò le urla della Bestia, che lo inseguirono fin quando non arrivò al portone.

Ignorò gli sguardi esterrefatti dei domestici, in particolare quello della signora Hudson e di Clara, che si erano affacciate dalla cucina per vedere cosa stesse succedendo.

Ignorò anche Lestrade e Mycroft, l'uno con le sue suppliche di rimanere, l'altro con i suoi rimbrotti riguardo allo sparire improvvisamente e alle conseguenze delle proprie azioni.

Ignorò tutto e tutti, ascoltando solo il battito del suo cuore impazzito, che ormai gli rimbombava nelle orecchie e in gola. Saltò in groppa a Philip e cominciò a correre all'impazzata nel bosco.

 

 

 

 

 

 

Non gli ci volle molto per capire di aver commesso un'enorme errore ma, d'altra parte, quella giornata era iniziata decisamente con il piede sbagliato. Seppe, però, di aver toccato il fondo, quando Philip si piantò in mezzo alla neve, che ormai gli arrivava quasi al garrese * , e rifiutò di muoversi oltre.

-Avanti, asino di un cavallo, o quando arriviamo a casa do a Harry il permesso di fare esperimenti su di te- provò a minacciarlo, pur sapendo che era del tutto inutile. Ma almeno aiutava a sfogare la rabbia e la frustrazione.

Anche se sapeva che era tutta colpa sua.

Smontò e recuperò un ramo non troppo grosso né troppo piccolo che spuntava quasi miracolosamente dalla neve e provò ad usarlo per scavare un passaggio per sé e per Philip.

Ovviamente, però, al peggio non c'è mai fine.

Perché non appena riuscì a liberare le zampe anteriori di Philip, sentì un ululato in lontananza.

-Oh, andiamo! Non avete di meglio da fare in una notte come questa?- gridò, parlando con i lupi, fregandosene di quanto potesse suonare ridicolo.

Stava per morire in una foresta, mangiato da dei lupi perché il suo cavallo si era piantato nella neve mentre scappava da un castello maledetto, con servitori trasformati in oggetti e un principe che era diventato una tremenda belva.

Decisamente al peggio non c'era mai fine.

Cominciò a mulinare vorticosamente il legno, più per fare scena che per altro, anche perché non appena il primo lupo attaccò, John finì lungo disteso per terra, la neve che gli scendeva lungo la schiena e si infiltrava sotto il mantello. Provò a rialzarsi, ma un secondo e un terzo animale gli furono addosso, bloccandogli entrambe le braccia. Chissà come, riuscì a recuperare il bastone, liberando la mano destra, ma un quarto lupo gli atterrò sul petto, facendogli credere che la sua fine fosse ormai arrivata. Il nitrire spaventato di Philip e il ringhiare basso dei lupi erano stati l'unica colonna sonora fino a quel momento, ma poi un terzo suonò si unì a questi, così terribile eppure così famigliare che a John sarebbe venuto da piangere dalla gioia.

La Bestia saltò ruggendo nel cerchio che i lupi avevano creato intorno a John e al suo cavallo, mordendo e graffiando tutto quello che incontrava. Se credeva di averlo visto arrabbiato poco prima, si era decisamente sbagliato. Mentre John se ne stava immobile, paralizzato dalla paura e dal freddo, la Bestia aveva afferrato i tre animali che gli stavano addosso e li aveva scagliati lontani, quasi fossero state delle pezze. John riuscì a riscuotersi solo quando un lupo si attaccò al braccio della Bestia con artigli estratti e denti acuminati. Brandì il bastone con entrambe le mani e colpì forte, mandando il lupo dolorante dritto nella neve.

Poi si fermò ansimando.

Non ce n'erano più, se ne erano andati, li avevano messi in fuga.

Anche se usare il plurale era più un eufemismo che altro.

Quello lo fece tornare al presente, l'adrenalina lasciò il posto a una strana angoscia quando, voltandosi, non vide la Bestia.

Il suo salvatore.

E invece eccolo lì, accovacciato nella neve, che si teneva il braccio ferito e guardava verso John, quasi lo considerasse un predatore ben più temibile di quelli che avevano appena messo in fuga.

E una strana paura si insidiò nel cuore di John, nel vederlo così vulnerabile e pauroso per colpa sua. Lui doveva urlargli contro, non guardarlo come un cucciolo troppo cresciuto.

-Vieni, andiamo- disse, aiutandolo ad alzarsi e chiamando Philip con un fischio perché lo sostenesse.

-Sherlock- mormorò la Bestia.

-Sherlock- ripeté John.

-E' il mio nome. Tu ...?-

-Io sono John. Solo a uno come te può venire in mente di fare le presentazioni in queste circostanze- borbottò John e gli sembrò che l'ombra di un sorriso sofferente fosse comparsa sul volto dell'altro.

-Dove mi stai portando, John?-

-A casa, Sherlock. Andiamo a casa.-







* Il garrese, nei quadrupedi, è il punto più alto del dorso; si trova nella zona di incontro tra collo e scapole, e serve a misurare l'altezza dell'animale.


Inathia's nook:
ciaao a tutte :) donzelle e donzelli (se ci siete, battete un colpo... se no io continuo a parlare al femminile XD)
ve lo avevo detto che questo capitolo sarebbe stato più lungo e più intenso dello scorso. Spero apprezziate il titolo.... anche se lo si comprende solo quando si finisce di leggere tutto il capitolo. 
Comunque, personalmente amo il capitolo e amo ancora di più come la relazione tra la Best...ops, pardon, Sherlock e John cambi. Basta un attimo, un secondo, un'occhiata e John capisce tutto. E c'è chi dice che il cervello tra i due ce l'abbia Sherlock... scherzo, ovviamente. Perchè John ha anche un gran cuore e lo dimostra, lo dimostra in questo capitolo. Perchè Sherlock non è più la Bestia temibile e orrenda, ma il suo salvatore, che lo guarda con i suoi occhioni da cucciolo (direi che abbiamo tutte in mente gli occhi di Benedict...) e lui è spaventato perchè John lo stava lasciando solo, non perchè ha dovuto mettere in fuga dei lupi. Cavolo, le priorità di quest'uomo... la sua più grande paura è, fin da subito, che John lo lasci. Non è innamorato, sia chiaro, sarebbe innaturale, ma sa che John è diverso e potrebbe fare la differenza anche per lui. 
bene, dopo questa immensa sbrodolata di sciempiaggini, che non fa altro che allungare il capitolo, vi lascio e vi saluto :)



 

  
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