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Autore: Oceangirl    11/09/2014    4 recensioni
A volte basta un solo, minuscolo, dettaglio a cambiare totalmente il futuro di una persona: un treno perso, un semaforo rosso o, in questo caso, un ascensore che arriva troppo presto al piano.
Tutto è diverso. Callie e Arizona, dopo cinque anni dal loro primo bacio, sono due anime perse alla disperata ricerca di qualcosa o qualcuno da chiamare "Casa": riusciranno a trovarlo?
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nona stagione
Capitoli:
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Chiedo scusa per il terribile, assurdo ritardo.. Spero di farmi perdonare con il capitolo che segue. 


-Calliope, non ti permetterò di dipingere le pareti del NOSTRO salotto di blu notte, puoi scordartelo!- Per quanto le piacesse Callie, la sua compagnia e sarebbe stata pronta a scendere a qualsiasi compromesso pur di godere di quella vicinanza il più a lungo possibile, Arizona non riusciva a immaginarsi davvero di poter vivere in un posto scuro e buio, senza la minima luminosità e davvero, davvero non capiva come alla mora potesse essere venuta quell'idea: eppure non sembrava depressa, almeno non quando erano insieme, in quelle occasioni Calliope aveva sempre il sorriso su quelle carnose, desiderabili labbra e nei suoi occhi era sempre presente una scintilla di vita che sarebbe riuscita a illuminare una stanza, quindi no, davvero non capiva come proprio quella persona avesse potuto anche solo immaginare una casa così scura e buia.
Continuava a camminare avanti e indietro per tutto il perimetro del soggiorno, studiando le pareti ancora spoglie di qualsiasi personalizzazione, non fosse stato per qualche pennellata dei colori più disparati dei quali, però, non c'era nessuno che la soddisfasse in pieno, tanto meno i colori suggeriti da Callie che, in quel momento, la guardava dal centro della stanza con un adorabile broncio sulle labbra che le rendevano ancor più invitanti e baciabili di quanto non lo fossero già di solito.
-Nemmeno io ti permetterò di dipingere i muri di rosa acceso, Arizona.- Ribattè la latinoamericana incrociando le braccia al petto e guardando la sua futura coinquilina con aria di sfida: Robbins avrebbe voluto vivere nella casa delle Bratz, con colori accesi e, a parere di Callie, troppo infantili; adorava il lato bambino del chirurgo pediatrico di fronte a lei ma non aveva voglia di vivere nel castello di Barbie Principessa, nossignore. Il progetto principale, quando ancora non aveva una coinquilina, comprendeva un colore tra il viola e il blu, colori che la latina trovava rilassanti, nei quali riusciva, in qualche modo che non riusciva proprio a spiegare, a identificarsi, li sentiva suoi e l'idea di averli non solo dentro di lei ma anche tutto intorno, la elettrizzava.  
Mancava solo lo stanzone principale da dipingere, i due bagni erano stati piastrellati e per le loro camere avevano deciso ognuna il proprio colore, il salone con annessa cucina a isola era dunque l'unico a essere rimasto senza tinta: il fatto era che, anche se nessuna delle due l'avrebbe mai ammesso, quella casa era una speranza per loro, per la loro amicizia, per quello che entrambe speravano, almeno in segreto, che sarebbe diventato un grande amore, quindi la casa doveva essere perfetta: non avrebbero accettato niente che fosse stato meno che perfetto. 
Erano ore che continuavano a bocciarsi i colori l'un l'altra, almeno il tempo necessario perchè Mark finisse di portare i mobili nelle rispettive stanze dei due chirurghi, aiutato solo da una Teddy che iniziava a pentirsi di aver accettato di aiutare la sua amica a preparare l'ormai celebre appartamento 502 per il trasloco: in realtà aveva acconsentito solo per controllare come fossero le cose tra Arizona e Callie, di sicuro non per spostare scatoloni pieni di misteriosa roba pesante, mobili e ascoltare infinite discussioni sulla disposizione dei mobili o sul colore delle pareti.
-Perchè non bianche?- Sbuffò esasperata dopo essersi fermata per riprendere un attimo di fiato, sperando di riuscire a mettere d'accordo le due.
Infatti ci riuscì.
Entrambe si voltarono verso di lei con occhi accigliati, come se quella appena uscita dalle labbra del cardiochirurgo fosse la cosa più stupida mai pensata ed espressa da alcun essere umano.
-Perchè è il colore della sala operatoria, ecco perchè non bianca.-
-Già ci passiamo un sacco di tempo lì dentro, almeno a casa vorrei non avere la sensazione di avere un bisturi in mano!- 
Ribatterono con tono quasi isterico una dopo l'altra in direzione di Teddy, impietrita dalla reazione delle due e lei di cose che facevano paura ne aveva viste, specialmente quando era in servizio in Iraq.
-Era solo un suggerimento..-Borbottò allontanandosi velocemente da lì, raggiungendo Mark in quella che sarebbe stata la stanza di Callie.
I due chirurghi guardarono Altman lasciare la stanza in religioso silenzio, pentite per aver perso la calma per motivi così trascurabili, rivolgendo poi lo sguardo l'una all'altra: erano due donne forti e testarde, questo Callie lo sapeva bene, ma dovevano trovare un compromesso, non voleva rovinare tutto per qualcosa di così banale come la tinta dei muri.
-Io..- Sospirò -Non voglio vivere in un uovo di Pasqua: sono una persona cupa, non ce la farei a sopportare dei colori troppo accesi..- Confessò aprendo le braccia per indicare l'intera stanza, sperando in una reazione positiva da parte della bionda.
-No, infatti tu vuoi vivere nella Bat-Caverna..- Osservò Arizona regalando il più soffice dei suoi sorrisi a Callie, avvicinandosi poi a lei di qualche passo. -Veniamoci incontro, ok?- Concluse quando fu così vicina a Calliope da riuscire a perdersi in quegli occhi castani così grandi ed espressivi.
Il profumo dolce della sua pelle, che in quel momento la accerchiava, stregava,  spingeva a volerne ancora e ancora e ancora, le stava facendo perdere lentamente il controllo, spingendola ad avvicinarsi all'altra più di quanto fosse socialmente accettabile per due coinquiline.
Il suo cuore iniziò a martellare furiosamente dentro la cassa toracica quando i suoi occhi azzurri caddero su quelle labbra carnose, riusciva ancora a ricordarsi la loro consistenza, il loro sapore, la loro delicatezza come se le avesse avute solo pochi giorni prima e, in quel momento, lottava per non fare un tuffo nel passato e rinfrescarsi meglio la memoria, Arizona lottava con sè stessa per non buttare fuori i suoi sentimenti che spingevano per affiorare, per esplodere con tutta la loro forza e passione addosso a Calliope: non poteva, non voleva, doveva trattenere tutto dentro di lei, non voleva spaventare Callie, anche se, a volte, c'erano sguardi o delicati tocchi che le facevano pensare che la latina ricambiasse, sguardi come quello che si stavano scambiando in quel momento, come se al mondo non esistessero altro che quegli occhi.
-Calliope, sai..- Mormorò avvicinando il suo viso a quello di Callie, mentre sentiva il proprio respiro accelerare leggermente come risposta allo sguardo castano  che si scuriva istante dopo istante, facendo perdere ad Arizona la facoltà di alzare qualsiasi muro contro di lei, anche muri come quello che le impedivano di esprimere le proprie emozioni.
-Cosa?- Soffiò Callie, incapace anche lei di distogliere lo sguardo dalle labbra di Arizona, in quel momento così vicine e così allettanti: le desiderava così tanto che la sua testa si abbassò da sola, avvicinando ulteriormente il volto a quello della bellissima donna di fronte a lei mentre il suo cuore batteva come mai aveva battuto prima per nessuna persona, nemmeno per George o per Erica, nemmeno per Katie, la veterinaria; in quel momento, solo in quel momento, Calliope Iphegenia Torres realizzò qualcosa che aveva avuto paura di ammettere perfino a sè stessa fino a quell'istante: era innamorata di Arizona Robbins, innamorata come non lo era mai stata, di quell'amore che ti spinge a migliorare tirando fuori il meglio di te, che ti scorre nelle vene insieme al sangue, facendo il giro del corpo e arrivando infine al cuore, dove esplode e fa venire voglia di urlare al mondo la tua felicità, di quell'amore che è vero amore e lei, prima di Arizona, non aveva mai provato niente che ci si avvicinasse nemmeno, niente di così meraviglioso come un bellissimo fiore colorato e profumato nato in mezzo al deserto e allo stesso tempo  devastante come un uragano che passava e lasciava solo rovine, era tante cose tutte diverse e allo stesso tempo era una sola cosa. 
Callie Torres si era innamorata di Arizona Robbins nonostante la lontananza che c'era stata tra loro due in quegli anni, nonostante il matrimonio tra Robbins e Novak, nonostante avesse provato in ogni modo ad allontanare le emozioni, si era innamorata di lei in modo graduale, o meglio, si era innamorata del pensiero di lei, dell'idea che si era fatta di lei durante gli anni e la conferma di tutte quelle idee, lo scoprirla ancora meglio di quanto avesse mai creduto, aveva fatto crollare definitivamente i muri che aveva costruito intorno al suo cuore dopo tutte le delusioni.. E in quel momento erano lì, a pochi centimetri dalle labbra dell'altra, con l'unico pensiero e l'unica voglia di un bacio che avrebbe spazzato via tutta la sofferenza del passato.
-Torres, questo CD è mio, che ci fa tra le tue co..?- Il tono burbero di Mark morì quando, uscendo da quella stanza, vide cosa stava accadendo, o meglio, cosa sarebbe accaduto se non avesse interrotto quel momento; il braccio che stava sventolando quel CD con fare di rimprovero si stese lungo il fianco con un gesto veloce, come a voler far finta che non avesse detto nulla ma, beh, qualcosa l'aveva detta, quel giusto che era bastato a spezzare la magia che si era creata tra i due chirurghi.
Come un mago che schiocca le dita e fa svegliare le persone dall'ipnosi, Mark era riuscito a svegliare Callie da quel momento intenso, facendole di colpo ricordare di tutto ciò che la circondava, di tutto ciò che aveva dimenticato mentre la sua mente e il suo cuore erano concentrati solo sulla bionda; la latina si allontanò dal volto di Arizona con un movimento veloce, voltandosi subito verso Sloan tentando di riprendere quel fiato che aveva trattenuto fino a qualche istante prima. -Sì.. Ecco.. Riprendilo, scusa.- Balbettò Torres, allontanandosi di appena qualche passo da Arizona, quel tanto che bastava a non sentire più il suo profumo.
-Non abbiamo ancora deciso il colore..- Mormorò Arizona, anche lei ancora scossa dall'incantesimo appena rotto.
-Azzurro.- Disse Callie dopo aver preso un lungo respiro ed essersi nuovamente voltata verso il chirurgo pediatrico. -Azzurro pallido... Penso vada bene.- 
Arizona annuì debolmente tentando di riconcentrarsi su quella questione. -Azzurro pallido è perfetto.- Constatò infine Robbins, mostrando le sue fossette in un sorriso entusiasta o, almeno, in quello che voleva sembrare un sorriso entusiasta: non sapeva ancora se odiare Sloan per aver rovinato quel momento perfetto o se ringraziarlo per averle impedito di annullare la distanza tra le loro labbra e rovinare la loro amicizia.. Ma era amicizia? Sebbene la latina non avesse mai detto niente che fosse potuto sembrare di più, i suoi occhi colmi di luce che la guardavano intensamente continuavano a riempire la mente di Arizona, senza contare che si era avvicinata anche lei, non se l'era immaginato, Callie avrebbe voluto baciarla proprio come e quanto avrebbe voluto lei.
-Io le chiederei di uscire..- Lanciò lì Teddy vedendo lo sguardo adorante che stava dedicando a Torres, dopo averla raggiunta alle spalle, facendo sobbalzare il chirurgo biondo dalla sorpresa.
-Infatti, credo che le chiederò di uscire..- Ammise senza distogliere lo sguardo. -Stasera. Le offrirò qualcosa da bere e le chiederò un appuntamento.- Il tono era deciso e sicuro, aveva deciso di tentare, c'erano buone possibilità che accettasse e non voleva perdere ulteriore tempo, cinque anni erano già passati da quando avrebbe voluto chiederglielo, non voleva che potessero passarne altri cinque.
-Finalmente una cosa sensata.- Sorrise Teddy, voltandosi anche lei verso la latina con un sorriso soddisfatto sulle labbra. -Ora andiamo a sistemare anche la tua camera.- Sospirò poi, raggiungendo gli altri che stavano già cercando di montare delle mensole al muro.

Era passato parecchio tempo dal giorno dell'incidente in Africa e non era passato giorno in cui Arizona non avesse detto o pensato che non avere una gamba faceva schifo.
Faceva schifo, davvero. Faceva schifo quando la cicatrice si irritava e le bruciava fino a farla impazzire, faceva schifo quando si dimenticava e appoggiava il peso sulla protesi, cosa che ancora capitava, faceva schifo quando aveva voglia di mettersi i pattini, faceva schifo quando voleva sfogare le energie in eccesso correndo, faceva schifo sempre.
O quasi.
Infatti, quando le persone intorno a lei si adoperavano a montare mobili o pulire i pavimenti dalla polvere e lei si limitava a incitarli, beh, in quei casi lo schifo era sopportabile.
-Robbins, vuoi smetterla di sorridere e darmi una mano?- Sbottò Mark, seduto sul pavimento con in mano il martello e una scatole di chiodi: il viso paonazzo, la maglietta verde madida di sudore, Arizona non l'aveva mai visto in quelle condizioni, di solito era sempre piuttosto attento alla sua immagine, cercava di apparire al meglio e l'immagine che aveva davanti, beh, era quella di un uomo che non riusciva proprio a montare uno scaffale.
-Non ho una gamba, Sloan, non posso proprio aiutarti, mi spiace.- Cinguettò divertita la bionda dal letto su cui era seduta di fronte a lui, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di tutti tranne che di Callie, che ridacchiava per lo scambio di battute appena avvenuto.
Calliope.
Arizona non riusciva ad andare oltre il momento vissuto prima, nella sala; era stato tutto così emozionante e.. Giusto, quel bacio sarebbe stato come il giusto passo successivo a un percorso, la strada più naturale da percorrere.
Si stava forzando di ricordare quando una cosa simile era successa con Julia, quando baciarla era diventato essenziale e giusto; il loro primo bacio non era stato così desiderato come quello che avrebbe voluto dare a Calliope poco prima, il suo corpo non si era mosso da solo verso quello di Julia come attratto da una calamita, era stato un bacio come i tanti che dava alle ragazze che rimorchiava a quei tempi: era stato bello, sì, ma c'era stato solo il brivido del desiderio, la soddisfazione della conquista, in seguito era arrivato lo stare bene insieme, la buona comunicazione, il sesso elettrizzante e Arizona aveva scambiato quelle sensazioni per amore, un amore adulto, un fuoco che non alzava fiammate di passione alte e ustionanti ma che bruciava di un fuoco tiepido e continuo, abbastanza per scaldarsi ma non per bruciarsi, era davvero convinta di amarla, tanto da accettare di sposarla.
Calliope le stava facendo capire che no, lei non aveva mai amato Julia perché ciò che aveva provato con un quasi bacio non l'aveva mai provato con l'infermiera, non aveva mai avuto la sensazione che il cuore le saltasse un battito solo guardandola, non aveva mai avuto voglia di andarle incontro nelle scelte che dovevano affrontare nella vita, nemmeno quando si trattava di questioni importanti come l'Africa: Arizona faceva solo ciò che si sentiva di fare, non le era mai andata incontro, non come aveva fatto con Callie per il colore delle pareti, andarle incontro era stata la cosa più naturale del mondo, la cosa più giusta da fare, come baciarla, come chiederle di uscire quella sera stessa.
-Non avrei mai creduto che avresti usato questa scusa per evitare di lavorare..- Borbottò Teddy, facendo scoppiare a ridere i chirurgo pediatrico, che subito dopo le sorrise in modo ironico con il suo sorriso più adorabile. 
-Non è una scusa, davvero non ho una gamba.. Vero, Calliope?- Chiese in direzione della latina, con sguardo complice e un sorriso furbo sulle labbra: sì, voleva essere sua complice anche negli scherzi tra amici.
-Confermo, è una mia paziente.- Annuì Callie restituendole quello sguardo complice, un'ulteriore conferma per Arizona dell'interesse del chirurgo ortopedico per lei.
La bionda si alzò e si guardò intorno: la stanza era grande quanto l'altra e c'era solo una parete a separarle, dall'unica finestra della camera entrava una buona quantità di luce, complice il fatto che la strada di sotto era larga e il palazzo di fronte era piuttosto lontano, sapeva già che lì dentro ci sarebbe stata bene.
-E' bellissima questa stanza..- Sospirò sognante, facendo sorridere l'altra padrona di casa.
-Mi fa piacere che ti piaccia.- Rispose Callie alzando lo sguardo dal lavoro che stava facendo e perdersi guardando i lineamenti di Robbins illuminati dalla uce che entrava dalla finestra.
-Toglimi una curiosità, Callie..- Si intromise Teddy, con aria dubbiosa. -Se non ci fosse stata Arizona, che avresti fatto di questa stanza in più?-
Domanda legittima, pensò Arizona, però non era certa di voler sentire la risposta, non era certa di voler sapere di Calliope che decideva di condividere appartamento e vita con un'altra persona.
-Beh.. Sai.. Vorrei dei figli un giorno.. Suppongo l'avrei usata per loro..- Rispose in modo distratto Torres, facendo gelare il sangue nelle vene del chirurgo pediatrico.
Callie voleva un figlio. Era come un incubo che tornava, era come il mondo che le cadeva addosso.



-Ok, vediamo questa. Paziente, circa quarantenne, presenta dolori addominali, frequenti scariche intestinali con presenza di sangue e perdita di peso. Diagnosi e terapia, vai.- 
Le stanze d'ospedale vuote erano perfette per lo studio: comodi letti vuoti, silenzio e tranquillità.. Entrare in una di quelle stanze raramente libere e chiudersi la porta dietro equivaleva a lasciare fuori tutto il resto del mondo, fermare il tempo e riuscire, finalmente, a respirare e prendere un attimo di pausa dal folle mondo che girava come una giostra e non si fermava mai, nemmeno per un secondo. 
Beh, sì, questo valeva per i giovani specializzandi, non per i pazienti, certo.
Charlotte serrò le labbra in un'espressione pensierosa dopo aver sentito il quesito che Lexie Grey aveva letto da una delle schede su cui stavano studiando per l'esame.
-Ehm..- Fu tutto quello che riuscì a dire la ragazza dai capelli blu, non riusciva davvero a collegare quei sintomi con qualche cavolo di malattia. -Penso richiederei delle lastre addominali, prima di qualunque cosa.. Tumore all'intestino, ecco cosa cercherei.- Affermò con non troppa sicurezza Benson: il suo campo erano le ossa, gli scheletri, i trapani e i seghetti chirurgici, non.. Qualsiasi cosa significasse ciò che le aveva appena letto la sua collega dai capelli scuri!
-Anzitutto, tu non "pensi". Tu sai.- La rimproverò con voce sicura, troppo sicura per essere della piccola, dolce Grey, facendo roteare gli occhi a Charlotte con uno sbuffo esasperato. -E poi no. Nessun tumore. Era la malattia di Chron.- La informò con voce severa Lexie, le sue parole rimbombarono ammonenti nelle orecchie di Benson e le vibrazioni della voce le fecero tremare leggermente la schiena, vista la posizione in cui studiavano: schiena contro schiena, sedute sul letto, con le gambe incrociate, mentre Sean Cameron sedeva sulla sedia di plastica blu per i visitatori. 
Erano rimasti solo loro tre dai venti che erano il loro primo giorno, era stata dura e non poche volte avevano pensato che sarebbe stato meglio mollare, non poche volte avevano invidiato i loro colleghi caduti durante il percorso ma, in fin dei conti, erano contenti di essere arrivati fin lì, di avere il loro sogno a pochi metri da loro, a dividerli c'era solo uno stupido esame che, secondo Benson, poco contava, visto che il talento dei medici si misurava sul campo e non sui libri. 
-Devi studiare, Charlotte. Dobbiamo venire promosse entrambe, lavorare nello stesso ospedale e riuscire a far camminare i paraplegici.- Continuò con enfasi Lexie, allontanandosi dalla schiena di Charlotte per voltarsi verso la sua compagna di studi: era un bel sogno, quello di riuscire a curare le persone paralizzate grazie alle competenze sue e della sua amica, era sicura che insieme sarebbero state una grande squadra.
-Woah, non corri un po' troppo?- Strabuzzò gli occhi Sean, riportando poi la sua attenzione verso i cartoncini bianchi su cui stavano studiando. 
-Sì, infatti..- Gli fece eco Charlotte con tono scettico, per poi voltarsi fino a poter guardare la giovane allieva di Shepherd -E poi come fai a ricordartelo? Capita una volta su un milione quella malattia, non è la prima cosa a cui si pensa quando ci sono quei sintomi..- Riflettè con aria accigliata.
-Pagina 684 del manuale di medicina, ultimo paragrafo, decima riga a partire dal fondo.-Sputò tutto d'un fiato Lexie, lasciando i suoi compagni a bocca aperta: era sempre incredibile vedere Lexipedia in azione, sembrava un manuale vivente, un fottuto piccolo genio che sarebbe riuscito a far sentire inadeguato perfino Einstein, se avesse fatto la specializzazione di chirurgia insieme a lei.
-No, non è possibile.- Ridacchiò Charlotte, prendendo in mano lo spesso manuale giallo e iniziando a sfogliarlo velocemente per cercare la pagina poco prima citata: forse non doveva essere sorpresa che, effettivamente, quel particolare argomento lo trattavano proprio a pagina 684 ma ogni volta che Lexie se ne usciva con le sue cose da "supercervellona" Charlotte non poteva fare a meno di rimanere a bocca aperta mentre la piccola Grey sorrideva divertita.
Benson iniziò a leggere il paragrafo con attenzione, facendo così cadere di nuovo la stanza in un silenzio piacevole.
-Hai parlato con Torres oggi?- Già, un silenzio piacevole interrotto dalla frase borbottata con imbarazzo da Sean che continuava a pretendere di fingere disinteresse mentre, in realtà, voleva fare quella domanda da quando erano entrati in quella stanza.
-Mh..- Mugugnò in senso affermativo Charlotte in modo distratto, mentre voltava la pagina.
-E.. E ti ha parlato di me?- 
-Perchè diavolo avrebbe dovuto parlarmi di te?- Rise Charlotte, continuando a dare tutta la sua attenzione alle pagine di quel grosso volume, come se fosse stato il suo unico, grande amore.. Beh, forse lo era davvero.
-Sono in rotazione con lei.. E stamattina abbiamo avuto un intervento.. E.. E niente, sono stato bravo.. Mi chiedevo se ti avesse detto niente di me..- Borbottò sempre più imbarazzato il biondo che iniziava a pentirsi di aver fatto quella domanda a Charlotte. 
Charlotte. Non la sopportava. Aveva la fortuna di avere Torres come mentore e aveva tutta l'aria di una che non apprezzava affatto il dono che aveva ricevuto, oh, se solo fosse stato suo quel dono.. Se solo avesse avuto l'opportunità di riuscire a passare più tempo con la bella latina! Sì, aveva un certo interesse per lei che andava ben oltre l'interesse che dovrebbe avere uno studente per il suo insegnante, interesse che stava crescendo in modo esponenziale da quando, negli ultimi giorni, aveva avuto la rotazione a ortopedia: Callie era raggiante in quel periodo, come non lo era mai stata e quel sorriso, beh, quel sorriso felice aveva fatto perdere la testa a Sean, completamente.
-No, di solito mi parla degli interventi che deve eseguire con me, non con gli altri specializzandi.- Spiegò alzando le spalle. E di Arizona.. Avrebbe voluto aggiungere al ragazzo che sembrava volersi intromettere fin troppo tra Callie e il chirurgo pediatrico e, anche se lui non poteva saperlo, Charlotte non poteva permettere che qualcosa potesse mettersi tra lei e quella che era diventata la sua missione. 
-Mh.. Peccato. Mi ha fatto un sacco di complimenti..- Constatò alzando le spalle il biondo, facendo scappare un mezzo sorriso vittorioso a Charlotte: era stato più facile del previsto farlo allontanare dalla sexy Callie Torres.
-Perchè non le chiedi di uscire? Non le piaci come chirurgo ortopedico ma magari come ragazzo..- Consigliò Lexie con un sorriso, cercando di tirare su il morale al ragazzo che, si vedeva, si era un po' abbattuto. 
-No!- Urlò con voce stridula Charlotte: non era riuscita a fermarsi, le parole di Lexie erano state come una molla che serviva a far scattare un meccanismo, la reazione era stata inevitabile. -Cioè..- Borbottò imbarazzata dopo aver sentito l'attenzione dei suoi due colleghi su di lei -Le storie tra capi e subordinati non vanno quasi mai bene, lo sai..- Non poteva dire che dopo anni, finalmente, si stava presentando l'occasione di vedere Callie felice e che le attenzioni di Sean potevano allontanare Arizona e far pensare alla latina che poteva essere una buona distrazione, non poteva dirlo perché l'aveva promesso, aveva promesso al suo capo di mantenere il suo grande segreto. Stupidi segreti.. -Prendi Robbins e Leah.. Disastro. O Stephanie e Avery.. O Sloan e Lexie!- Elencò per dare più credibilità alla sua affermazione, pentendosi subito dopo di aver aggiunto all'elenco Lexie e Mark: Charlotte sapeva che la mora ci stava ancora male e sapeva di averle inflitto, con quelle parole, una spada dritta nel cuore. 
Non riusciva a fermarsi: lei parlava, agiva seguendo solo l'istinto, senza prestare troppa attenzione alle conseguenze e poi se ne pentiva. 
-Tra mia sorella e Derek è andata bene, anzi, sta andando bene..- Disse in tono sommesso Lexie, tentando di ricacciare indietro il nodo alla gola che le era appena venuto: no, non le era ancora passata l'enorme cotta per Mark Sloan e, ogni volta che lo vedeva in ospedale provarci con una o l'altra infermiera, le bolliva il sangue dalla gelosia ma.. Beh, voleva far credere a tutti che fosse solo un ricordo ciò che provava per lui.
-Sono un caso su un milione.- Ribattè con sicurezza Benson, incrociando le braccia al petto.
-Non è vero.- Si aggiunse Sean – Prendi Hunt e Yang..- 
-Loro.. Beh.. Loro fanno parte di un altro milione.- Si intestardì la ragazza-dai-capelli-blu facendo sorridere gli altri: se ne rendeva conto anche in quel preciso istante, doveva sembrare una bambina che si ostinava a difendere un punto a tutti i costi.
Quando la porta si aprì all'improvviso, Charlotte ringraziò mentalmente chiunque  stesse interrompendo quel momento, non avrebbe saputo più portare a casa il punto, quelle erano le migliori motivazioni per cui qualcuno non avrebbe dovuto invitare a cena Callie Torres, non ce n'erano altre.
-Charlotte, sei qui? Ti ho cercata ovunque..- Leah aprì la porta solo quel tanto che le permetteva di sbirciare dentro e di far sentire la sua voce, quel tanto che bastava per far provare a Charlotte un brivido freddo lungo la spina dorsale: era riuscita a evitarla per un bel po' di giorni, si era fatta cambiare alcuni turni per averli opposti a quelli di Murphy, quando, per caso, si ritrovavano a casa insieme, Charlotte fingeva sempre di studiare o di essere impegnata in qualche altra importantissima attività che proprio non poteva rimandare perché davvero davvero, davvero non voleva affrontare la castana riguardo i suoi sentimenti per lei, non avrebbe saputo che dirle, non avrebbe saputo che fare dopo il rifiuto.. Avrebbe dovuto cambiare casa? O addirittura Stato? Leah era tanto imprevedibile quanto pazza, l'avrebbe certamente ossessionata a vita.
-Sì.. Noi stavamo studiando, però..- Borbottò Charlotte, mostrando alla sua coinquilina il volume che aveva in mano e i cartoncini bianchi su cui erano scritti i quesiti, sperando così di convincere la matricola ad andare via, a rimandare quel dannato discorso. 
Non voleva ferirla, ecco la verità. Non sarebbe stato difficile cambiare casa nel caso Leah avesse iniziato a comportarsi da maniaca ma il pensiero di infliggere lei l'ennesima pugnalata al cuore di quella che, in fin dei conti, era una sua amica la metteva in ansia. Ovviamente non l'avrebbe mai detto a nessuno, nossignore.
-Devo solo parlarti di una cosa, solo un minuto..- 
La tentazione di trovare un'altra scusa era forte ma la gomitata di Lexie che la esortava a non rimandare più e il -Per favore..- mormorato da Leah con un tono così arrendevole la spinsero ad alzarsi da quel letto e andare verso la porta.
-Ok, ho cinque minuti..-Sbuffò uscendo dalla porta bianca seguita dalla sua coinquilina che chiuse, poi, la porta.

Il pavimento dei corridoi del Seattle Grace Mercy West era calpestato da centinaia di persone ogni giorno tra addetti ai lavori, pazienti e visitatori eppure era sempre lucido, proprio come la prima volta che Charlotte aveva messo piede lì dentro, sembrava lo stesso, mattonella per mattonella. Sapeva che l'igiene negli ospedali era importante, sapeva che veniva lavato più volte al giorno, non era della pulizia che si stupiva, infatti, ma del fatto che non sembrava minimamente consumato dagli anni o dalle persone, era come se fosse stato incantato, un eterno pavimento lucido e nuovo; in quello le ricordava un po' Leah, in effetti: il suo cuore era stato calpestato da tante persone, eppure era sempre pronta ad aprirlo agli altri, proprio come se fosse stato nuovo, come se non avesse mai avuto esperienze negative e, sì, un po' la invidiava per questo, lei non ne era capace.
Procedevano con passo lento verso le macchinette del caffè di quel piano, in religioso silenzio, ascoltando i rumori di un ospedale che viveva intorno a loro: annunci all'altoparlante che cercavano qualcuno, passi veloci di dottori che avevano fretta, parole, risatine, pianti.. Era tutto normale per loro, così normale che non ci facevano mai caso troppo presi, com'erano tutti, dal pensare ai fatti propri ma in quel momento la-ragazza-dai-capelli-blu non voleva pensare ai suoi problemi perché tra questi c'era la sua coinquilina che provava delle emozioni che lei non riusciva, non poteva ricambiare.
Leah si fermò all'improvviso e Charlotte alzò lo sguardo dal pavimento per guardarla sorpresa: la matricola stava prendendo un respiro, stava per iniziare a parlare e così Benson la imitò: lì serviva davvero un bel respiro per affrontare quella situazione.
-Non è facile dire ciò che voglio dirti..- Iniziò con voce flebile, inchiodando questa volta lei gli occhi al pavimento: non l'aveva mai presa per una persona timida, era strano vederla così titubante.
-Allora dillo e basta.. Come togliere un cerotto, capito?- Provò ad aiutarla: quello era proprio un cerotto da togliere, erano giorni che viveva con il timore di ciò che sarebbe successo, di ciò che avrebbe detto, era meglio ascoltarlo, essere sinceri a riguardo e basta.
-Un cerotto..- Mormorò in modo quasi impercettibile Murphy, voltandosi poi verso la sua amica. -Mi sono innamorata di te!- Tirò fuori in un solo fiato, attaccando tutte le parole per fare più in fretta, con il risultato di farla sembrare una lunga e inesistente parola quasi urlata con imbarazzo. -E mi chiedevo se.. Se ti andava di uscire, di frequentarci, di..- 
-Ehi, ehi, ehi.. Stop, basta.- La interruppe la-ragazza-dai-capelli-blu sopraffatta dal fiume di parole in cui la sua coinquilina la stava affogando. -Leah.. Io non credo dovremmo frequentarci, io.. Io non sono la persona giusta per te.- Affermò con tono secco. Cercare le parole giuste era complicato. Come si fa a rifiutare una persona senza ferirla o offenderla? E' impossibile. -E.. E non credo sia amore quello che provi per me: l'amore è qualcosa che ti fa stare bene, che non ti fa soffrire e piangere, che..- 
-Tu non capisci un cazzo dell'amore, Charlotte.. L'amore fa stare male da cani, fa contorcere lo stomaco dal dolore..Tu non lo capisci.- Questa volta fu Leah a interromperla, il tono arrabbiato e offeso non era proprio ciò a cui puntava Benson provando a spiegare cos'era l'amore. Ma come poteva lei, che non era certa di averlo mai provato, spiegare a qualcuno che, forse, nemmeno l'aveva mai provato, cos'era l'amore? Per Charlotte era la sua famiglia, era la chirurgia, erano i suoi amici, erano le persone e le cose di cui non riusciva a fare a meno, era Lexie, la ragazza per cui aveva una mezza cotta ormai da qualche anno ma la guardava con malinconica rassegnazione, sapeva che nel cuore della moretta c'era solo posto per Sloan e non sperava in niente più dell'amicizia che condividevano: forse per quello non stava male, forse per quello non le si contorceva lo stomaco solo a pensarci, dove non c'è speranza non può esserci dolore, lì può esistere solo quella leggera mancanza, quel vuoto che non faceva male ma non faceva nemmeno stare davvero bene. Forse, quindi, aveva ragione Leah a dire che non capiva un cazzo dell'amore, ma non per questo la cosa le stava bene. 
-Tu sì, invece?- Alzò la voce anche lei, spazientita dalla reazione della sua amica. -Tu capisci? No, perché mi pare che quella che si innamora almeno una volta al mese sia tu, sempre di persone completamente diverse, a volte opposte.- Sbottò Charlotte. -E la cosa assurda è che nemmeno le conosci! Tu di Karev cosa sai, a parte che fa il chirurgo pediatrico? E di Arizona? So più cose io di lei di quante ne sappia tu! E di Sloan? Che sai tu di Sloan?- Forse stava sbagliando a buttarle addosso quelle cose ma in quel momento non vedeva alternative: Leah conosceva l'amore proprio quanto lei, non di più, non di meno, l'unica cosa che le differenziava davvero l'una dall'altra era che Charlotte non si invaghiva della prima persona che si mostrava appena interessata, lei non si faceva mille film mentali su una persona quasi sconosciuta, non li ossessionava pretendendo qualcosa in cambio, lei non... Lei non cercava affetto in giro. 
Alzò lo sguardo verso la castana ormai in lacrime e si sentì un'idiota per aver capito solo in quell'istante chi davvero fosse Leah Murphy: una ragazza che cercava affetto sincero e riceveva solo rifiuti e prese in giro, perfino da chi si diceva suo amico, come lei. Certo, tutto con una certa dose di psicopatia.
-Un mese.- Disse infine Charlotte, dopo aver preso un respiro. 
-Cosa?- 
-Un mese. Se dopo un mese quello che provi non è ancora passato, allora.. Beh, uscirò con te.- Sospirò arrendevole, vedendo tornare il sorriso sul volto della sua coinquilina.
In che razza di casino si era cacciata?

   
 
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