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Autore: Dragon_Flame    12/09/2014    3 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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15.



 

La domenica mattina, mentre se ne stava tranquillamente a chattare su Facebook, Lidia ricevette la richiesta d'amicizia di un certo Gianluca Tommasi. Aprendo in una finestra a parte il profilo di quest'ultimo, si lasciò uscire uno sbuffo di fastidio non appena visualizzò l'immagine del profilo ingrandita: si trattava dell'amico di Antonio. Meglio, dell'amico del fratello di un amico di Antonio. Il compagno di classe di Céline ci teneva a rimarcare il fatto, dato che anche al biondo quello studente universitario non stava propriamente simpatico.

Sbuffando infastidita, Lidia eliminò quella richiesta. Lei non voleva averci niente a che fare con quel coglione. Oltretutto, le stava troppo addosso. E lei voleva tenerselo a debita distanza, anche per rispetto nei confronti di Ivan.

Osservando con più attenzione i lineamenti del volto di Gianluca ritratto sorridente nella foto del profilo, Lidia notò una certa somiglianza con una persona che lei conosceva. Assomiglia ad Ivan, considerò, pensando anche al fatto che questo ragazzo aveva lo stesso nome del fratello dell'infermiere. Sarà una coincidenza. Non è possibile che proprio io in tutta Firenze debba aver conosciuto anche suo fratello. Sarebbe... troppo strano.

Fece spallucce e cominciò a parlare nella chat di gruppo con i suoi amici, ma presto le arrivò un'altra richiesta di amicizia da parte del ragazzo di prima. Sospirando innervosita, rispose negativamente ancora una volta. Ma che voleva da lei quel tizio?

Ad un tratto notò di aver ricevuto un messaggio. Aprendolo, si accorse che gliel'aveva mandato Gianluca.

 

Perché non vuoi accettare la mia richiesta d'amicizia? :O
 

Lidia si portò entrambe le mani al volto, scuotendo la testa con aria infastidita. Replicò in fretta al messaggio.

 

Gianluca, io neanche ti conosco, ma con te sarà sincera fin da subito: ieri sera non mi hai dato una bella impressione. Mi stavi troppo addosso. Per cui lasciami in pace.
 

Premette il tasto 'Invio' e spedì la sua replica negativa, secca e irremovibile.

 

Dai... voglio conoscerti. A quanto mi hanno detto in giro, so che sei single. Non c'è nulla di male se ci vediamo, no? :)

 

Non voglio.

 

Lidia era incerta se inserire o meno quella frase, ma alla fine l'aggiunse.
 

Mi vedo già con qualcuno.

 

La replica del ragazzo non tardò ad arrivare.
 

Ah sì? E con chi, se posso saperlo?

 

Fatti gli affari tuoi!
 

Almeno mi puoi dire se è una cosa seria?

 

No. Sono cazzi miei, diavolo.

 

Eddai... :3
 

Mi stai dando su i nervi.
 

Lo so ;)

 

E allora finiscila!

 

No, finché non riesco a strapparti un appuntamento.
 

Potrai strapparmene anche diecimila, tanto non riuscirai mai a conquistarmi. Il mio cuore è già impegnato.

E ora lasciami in pace.
 

No.
 

Guarda che te la faccio pagare.

 

E come? :'D
 

Troverò il modo, vedrai... >_<''

 

Concedimi un appuntamento. Uno solo, dai! Non chiedo molto!
 

Per me è fin troppo. E sei fin troppo arrogante! Più insisti e più mi convincerai a starti alla larga. Per cui lasciami in pace.

E ora ciao. Ho perso fin troppo tempo con te.
 

Lidia chiuse la chat e e andò a bloccare il profilo di Gianluca, riuscendo a liberarsi dei suoi messaggi snervanti e opprimenti. Poi sbuffò inviperita, battendo la fronte contro il monitor del computer. Pensò che non aveva mai risposto così male ad una persona che conosceva così poco. Ma fa niente. In fondo, mi stava infastidendo. Solo così capirà che deve starmi alla larga.
 

***

 

Quel pomeriggio Lidia uscì con gli amici. Si erano ritrovati, come loro solito, davanti all'entrata del Ponte Vecchio al di là dell'Arno. Con suo grande stupore, mentre si avvicinava al capannello di gente radunata vicino alla struttura sul letto del fiume, la ragazza aveva notato che c'erano anche altri ragazzi che lei non conosceva, oltre ai soliti cinque. Con grande disappunto della castana, Gianluca Tommasi era tra questi. Cambiando istantaneamente espressione, Lidia si unì al gruppo, salutando con calore gli amici per poi rivolgersi con la più completa freddezza a Gianluca.

"Non ti è bastata la chat di stamattina? Devi per forza rompermi le scatole?" lo aggredì, portandolo con sé lontano dalla combriccola.

Lui rispose con la massima tranquillità.

"Ti ho già detto che non rinuncio a starti addosso fino a che non mi concedi questo appuntamento" e le sorrise sardonico.

"Credo che ti concederò qualcos'altro, piuttosto" replicò seccamente la ragazza.

"E che cosa, di grazia?" la provocò lui.

Un sorriso tremendo aleggiò sulle labbra scarlatte e piene della giovane.

"Un pugno sul naso, per esempio. Oppure... un bel calcio nei tuoi paesi bassi, magari... così imparerai a starmi alla larga?"

A quelle parole il moro ammutolì.

"Non oserai farlo, spero" disse con una punta di incertezza nella voce, schermandosi poi con una mano proprio il cavallo dei pantaloni aderenti che indossava.

Lidia scoppiò a ridere sarcastica, senza replicare, e tornò ad unirsi al gruppo, decidendo di ignorarlo. Gli altri due ragazzi unitisi a loro erano due amici del Tommasi, ma non erano né sfrontati né insistenti come lui. Erano entrambi piuttosto simpatici, anche se uno causò un certo scompiglio tra gli amici della castana.

Si trattava di Maurizio Baldini, il più bel liceale dello stesso istituto frequentato dai sei amici, di cui era innamorata Aurelia e che Antonio invece trovava tanto antipatico. Si rivelò un tipo tranquillo, un po' sbruffone ma anche piacevole, molto alla mano. Aurelia non li staccava gli occhi di dosso, come giustamente nemmeno Alessandra e Céline, tuttavia questo non si accorse, o forse non volle accorgersi, delle occhiate ammirate ed insistenti che gli venivano rivolte.

Gianluca se ne andò per qualche minuto, dicendo di dover parcheggiare la macchina da un'altra parte per evitare una multa.

Lidia si rilassò, contenta di poter stare in pace per un po', cominciando poi a parlare e a ridere con l'altro ragazzo che era uscito con loro, Ivan Sergeevič Shakarov. Questo era uno studente moscovita giunto a Firenze per studiare alla facoltà di Biologia, una delle più prestigiose d'Italia. Non parlava ancora correntemente l'italiano, dato che era lì solo da qualche mese per un programma internazionale di studio all'estero, ma conosceva bene l'inglese, perciò i due si capivano tranquillamente mentre discorrevano del più e del meno.

"Sai, un mio amico si chiama come te" gli disse ad un certo punto, pensando ad Ivan, l'uomo di cui era innamorata.

"Davvero?" replicò stupito il russo, sbattendo le palpebre sulle iridi azzurre come il ghiaccio. "Non pensavo che qui in Italia ci fossero così tante persone che portano nomi russi. Anche il fratello di Gianluca si chiama Ivan" aggiunse poi scherzosamente.

Lidia rimase interdetta a quelle parole, con un sospetto che stava lentamente germinando in lei.

"Gianluca ha un fratello di nome Ivan?" chiese, cercando di assumere un'espressione tranquilla e un tono fintamente casuale.

"Per la verità sono fratellastri. Hanno sedici anni di differenza."

"E chi è il più grande?"

"Ivan."

"Ah."

Non può essere, si ritrovò a gridare dentro di sé la ragazza. Non può assolutamente essere vero! Il destino mi sta sicuramente giocando un brutto tiro, perché Ivan non può essere il fratello di quel rompipalle maniaco sessuale di Gianluca!

"E fa di cognome Castellucci?" si arrischiò ad aggiungere, ormai troppo curiosa di sapere se erano veramente fratellastri.

Lo studente russo stava per replicare, quando Gianluca, giunto proprio in quel momento alle spalle della ragazza, avendo udito qualche frammento della conversazione, si unì ad essa, facendo sobbalzare visibilmente Lidia per lo spavento.

"Quel vecchietto quarantenne di mio fratello fa di cognome Castellucci" esclamò a voce alta, provocando alla giovane un colpo al cuore per non essersi accorta di averlo dietro di sé. "Perché ne stavate parlando?" chiese poi, fissando i curiosi occhi grigi su Lidia.

"Io conosco un Ivan Castellucci, ma non è di Firenze... però potrebbe essere questo tuo fratello maggiore" replicò prontamente lei, buttandola sullo scherzo.

Lui fece spallucce.

"Non credo che si tratti di lui. Mio fratello abita proprio qui in città. Però, effettivamente, il mio vecchio è nato a Bologna, dove viveva mia madre col suo primo marito... forse si potrebbe trattare davvero di mio fratello."

Poi Gianluca, annoiato da quel discorso, si voltò, decidendo di unirsi alla conversazione tra Céline, Antonio e gli altri ragazzi del gruppo.

Lidia dovette fingere imperturbabilità, ma dentro di sé si sentiva sconvolta. Non era vero, non poteva essere. Perché proprio io, in tutta Firenze, dovevo conoscere quell'idiota del fratello di Ivan?
 

***

 

Intorno alle sei scoppiò un temporale sulla città.

"Ci mancava solo questo" era stato il commento di Lidia, seguito da un lungo sospiro di rassegnazione.

"Io non ho l'ombrello... come faccio a tornare a casa?" si lamentò Aurelia, guardando incupita il violento scroscio dell'acqua sulle strade e sui tetti delle case, su cui degli sporadici lampi gettavano una luce opaca e inquietante.

"Ragazzi, qui non credo che il tempo si calmerà tanto presto... forse ci conviene tornare a casa il prima possibile" considerò Maurizio, massaggiandosi la mascella leggermente coperta dalla barba biondo cenere.

"E come vorresti fare, di grazia? Hai per caso un aggeggio per fermare il tempo e la pioggia fino a che ognuno di noi non sarà al sicuro nella propria casa, al riparo dalla tempesta?" borbottò Antonio con voce scettica, guadagnandosi uno sguardo interrogativo dal suo interlocutore e un'occhiataccia di fuoco da parte di Aurelia, che poi gli pestò un piede con violenza, facendolo gemere lievemente.

"In verità, pensavo che potremmo usare le nostre auto. Io, Gianluca e Ivan, ovviamente. Voi non siete venuti con le vostre?" replicò Maurizio con la massima calma.

"Del nostro gruppo, solo Lidia ha preso la patente" ammisero i cinque interpellati, lanciandosi poi occhiate imbarazzate.

La castana ridacchiò.

"Non avete scusanti, ragazzi" disse per prenderli in giro. "Io non sono una perdigiorno come voi. A parte Mauro che non ha ancora diciassette anni, voi altri quattro avete tutte le carte in regola per poter conseguire la patente di guida. Vi manca solo la voglia."

I membri del gruppo risero a quella battuta, tutti tranne Aurelia, che si sentì le guance infiammate di stizza e vergogna di fronte alla risata di Maurizio. La ragazza lanciò un'occhiataccia fulminante all'amica che l'aveva presa in giro, scurendosi in volto ancora di più.

Antonio, notando quel suo rannuvolamento, le diede una pacca sulle spalle, sorridendole allegramente.

"Auré, Lidia scherzava. Non te la sarai mica presa, spero. Allora dovrei sentirmi offeso pure io."

Nonostante il tentativo di tirarle su il morale, Aurelia reagì male a quelle parole, voltandosi bruscamente verso la parte opposta, incapace di sopportare la vicinanza dell'amico. Il biondo, a quella reazione, sentì la delusione e lo scoramento invaderlo, ma decise di mostrarsi imperturbato, continuando a scherzare con gli altri.

Dopo dieci minuti il temporale stava degenerando in un vero e proprio diluvio.

"Lidia, credo che sia meglio tornare a casa... Ormai sono le sette" le fece presente Céline, picchiettando con leggerezza un dito sulla sua spalla destra.

La ragazza, che stava chiacchierando con Maurizio, si voltò, annuendo.

"Io però non sono venuta con la macchina. Mi sono fatta una camminata. Il tempo era così bello, prima..."

"Avete bisogno di un passaggio?" s'intromise Gianluca, interrompendo, come suo solito, la conversazione fra le due amiche.

Lidia aveva intenzione di rifiutare, ma Céline rispose prima di lei, negandole la possibilità di potersi esprimere a proposito di quella gentile offerta.

"Ci faresti un piacere enorme, Luca! Grazie tante!" esclamò la bruna, concedendogli un sorriso smagliante.

"Bene, allora voi due venite con me" decretò Gianluca, mettendo fine alla conversazione.

"Io e Ivan, allora, ci dividiamo gli altri" si offrì Maurizio, posando poi lo sguardo sui membri del gruppo.

L'ultima cosa che Antonio avrebbe potuto desiderare in quel momento era proprio un passaggio in auto da parte del suo rivale. Perciò si aggregò subito al russo, sperando ardentemente che Aurelia non potesse tornare a casa a bordo della sua macchina. Sfortunatamente per lui, tuttavia, la ragazza risiedeva nelle vicinanze della sua casa, per cui lei fu più che felice di farsi riaccompagnare da lui in compagnia di Mauro, il quale abitava nello stesso condominio della cugina. Alessandra abitava nei pressi della Facoltà di Biologia, quindi per Ivan non ci sarebbero stati troppi problemi a riportarla a casa.

Fu così che i nove ragazzi della combriccola si divisero, salutandosi a vicenda per poi prendere ognuno la propria strada. Correndo sotto la pioggia, riuscirono ad arrivare illesi e quasi asciutti alle macchine, ma Lidia inciampò e rischiò di scivolare a terra sul didietro, mollandosi quasi completamente.

Malgrado questa si fosse augurata di essere accompagnata per prima, Céline risiedeva fin troppo vicino a dove era avvenuto l'incontro, per cui fu accompagnata per prima. Perciò la castana si ritrovò da sola nell'auto di Gianluca, osservando ostinatamente fuori del finestrino del passeggero anteriore le gocce di pioggia che s'abbattevano violentemente contro il vetro, gettando prismi lucenti all'interno dell'abitacolo quando venivano illuminate da qualche fulmine roboante. Teneva le braccia conserte, chiusa in un testardo silenzio.

"Lidia, so di non esserti proprio antipatico, ma non mi vuoi nemmeno rivolgere la parola?" le chiese Gianluca appena Céline scomparve dietro al cancello del condominio in cui abitava, voltando lo sguardo su di lei per un breve istante di ammirazione.

La castana sospirò, guardandolo biecamente.

"Credevo che tu avessi capito che non ti volevo più intorno."

"Non è colpa mia se ti sei aggregata a me e a Céline."

"Non è colpa mia se lei mi ha obbligata a seguirla e nemmeno se gli altri non avevano la possibilità di riaccompagnarmi a casa, dato che avrebbero altrimenti dovuto compiere un giro troppo lungo per riportarmici."

"Certo che però sei acida" commentò il corvino, scoppiando poi a ridere con sarcasmo.

Lidia fece una smorfia.

"E tu credi di strapparmi un appuntamento con queste parole lusinghiere?"

"Hey, sono già bello e carismatico, oltre che simpatico, intelligente, sportivo... Ho tante qualità. Ma la capacità di essere un buon oratore non fa proprio parte delle mie numerose virtù. Non posso averle tutte quante" si corrucciò Gianluca.

La ragazza sperò che non dicesse sul serio, perché le veniva da pensare che quel giovane avesse qualche rotella fuori posto per davvero.

"Neanche la modestia fa parte delle tue... qualità" osservò lei con ironia.

Lui scoppiò a ridere nuovamente, scuotendo la testa in segno di assenso e di approvazione.

"Hai proprio ragione, sai? La modestia è l'ultima cosa che potrei mai avere" asserì, mulinando poi il volante per virare a destra su una curva.

Insieme a un po' di cervello, a quanto pare, aggiunse mentalmente Lidia, senza però dare voce alla sua riflessione.

Mentre percorrevano la strada del Lungarno, ad un certo punto il motore cominciò a dare dei problemi. L'auto cominciò a disattivarsi e a riaccendersi, poi il motore, dopo un ultimo, cupo brontolio, si spense. Gianluca riuscì a parcheggiare l'auto vicino ad un marciapiede prima che essa si spegnesse in modo definitivo, poi imprecò a gran voce contro la propria vettura, cedendo ad un torpiloquio piuttosto acceso e violento che Lidia non apprezzò per niente.

"Cazzo, adesso come si fa? Siamo bloccati!" borbottò lo studente, guardando fuori dal finestrino con aria stizzita.

"Adesso rimaniamo qui, fermi e buoni, e aspettiamo che il temporale finisca" suggerì Lidia, sfregandosi poi le mani sulle braccia nude mentre un gemito, procuratole da un brivido di freddo, le saliva spontaneo alle labbra.

La ragazza indossava solo un paio di pantaloncini e una canotta, indumenti non proprio ideali per proteggerla dall'aria improvvisamente rinfrescatasi con l'inizio dell'acquazzone.

"Sento freddo" mormorò pochi minuti dopo, sentendo il gelo penetrarle lentamente nelle ossa come mille piccole scaglie di ghiaccio. La temperatura s'era di parecchio abbassata. Lidia posò i piedi sul sedile, avvicinando le gambe al corpo e tendendole strette a sé con entrambe le braccia, posando poi il mento tra le due ginocchia per rannicchiarsi e cercare di creare un po' di calore per riscaldarsi.

"Credo di conoscere un modo per farti prendere letteralmente fuoco, Lidia cara" la provocò il ragazzo, avvolgendole le spalle con un braccio muscoloso.

Non aveva capito che la giovane sentiva veramente freddo, che aveva detto sul serio. Perciò continuò a sfiorarla piano, posandole poi una mano sulla coscia candida. A quel gesto Lidia si ritrasse, schifata. Gianluca non fece in tempo a rendersi conto che le parole della castana erano state dette senza secondi fini che si ritrovò un forte schiaffo in piena faccia, con un bruciore acuto che gli infiammò tutta la parte colpita.

"Se devo rimanere in macchina con un depravato come te, preferisco farmi a piedi l'ultimo tratto di strada... saranno due o tre chilometri, forse, ma chi se ne frega! Sempre meglio che rimanere a farti compagnia mentre ci provi con me" stabilì aspramente la ragazza, sciogliendo la cintura di sicurezza e aprendo la portiera per poi catapultarsi fuori della Ford blu metallizzato di Gianluca.

Sbattendo la portiera per il nervosismo, la ragazza s'allontanò, mentre il moro la osservava dall'abitacolo con aria dispiaciuta e imbarazzata, cercando di distinguere la sua figura offuscata nello scroscio tempestoso dell'acquazzone.

Lidia procedeva sotto la pioggia battente, rabbrividendo di freddo per la sensazione gelida che provava sulla pelle. Le pulsava la testa e si sentiva un nodo in gola, come se le stesse venendo uno dei soliti malanni alle vie respiratorie. Ancora infuriata per il comportamento spregiudicato e vergognoso di Gianluca, la giovane camminava a passo spedito, incespicando ogni tanto in qualche ramo caduto o piazzando i piedi in qualche grossa pozzanghera. Ad un certo punto un giramento di testa la colse, facendola oscillare. Sarebbe caduta a terra se qualcuno non l'avesse afferrata per la vita, offrendole sostegno.

Lidia aprì gli occhi, che aveva chiuso un momento prima, osservando con stupore Gianluca che la tratteneva a sé sotto un grande ombrello rosso a quadretti, con negli occhi una tacita richiesta di perdono.

"Scusami, a volte sono proprio un irresponsabile e un idiota... Perdonami. Io pensavo che ci stessi provando. Di solito le ragazze ci fanno con me."

"Sei una specie di ninfomane, se pensi che io ci possa provare con un tizio che conosco da meno di un giorno e a cui ho già detto apertamente che voglio che mi stia alla larga" commentò aspramente Lidia con voce arrochita, sbattendo i denti per il freddo.

Gianluca la strinse a sé, ignorando le sue proteste, per trasmetterle un po' del suo calore corporeo, incurante di bagnarsi i vestiti asciutti. Quindi, tenendo sempre il manico dell'ombrello aperto nella mano, cominciò a camminare nella direzione opposta a quella che aveva intrapreso la castana. Questa gli rivolse uno sguardo incuriosito, chiedendogli poi dove aveva intenzione di portarla.

"Mio fratello abita proprio a due passi da qui. Non credo che per lui sarà un problema ospitarci per qualche minuto. Poi ti riaccompagno con la sua auto" le spiegò, mettendo in chiaro le sue intenzioni.

Già... la casa di Ivan è proprio in questa via. Come ho fatto a non pensarci?, si domandò mentalmente la ragazza, dicendosi poi però che doveva rifiutarsi di andare da lui.

Doveva dire a Gianluca che non poteva disturbarlo per così poco, che forse non era in casa, che non doveva scomodarlo. Tutte scuse per evitare di farsi vedere insieme a quel ragazzo davanti a Ivan. Gli sarebbe preso un colpo per la sorpresa. Per di più, non poteva rischiare che Gianluca scoprisse qualcosa di loro due.

Invece Lidia non disse nulla. Non si sentiva bene, le scoppiava la testa. E poi, la voglia di rivedere Ivan aveva vinto il timore di ciò che avrebbe potuto scoprire il fratello dell'uomo se l'infermiere avesse reagito in modo sospetto a quella strana visita a casa sua. Perciò se ne rimase in silenzio, facendosi cullare dallo scroscio potente e stentoreo della pioggia sull'asfalto e sui muri e i tetti delle case, persa nel ricordo del profumo maschio e intenso della sua pelle, quell'essenza divina e tentatrice di cui si era riempita le narici la notte prima, quando si erano toccati ed accarezzati i corpi per la prima volta, amoreggiando insieme sul letto della sua camera.

A quel pensiero le sue guance si fecero scarlatte. Scuotendo la testa con vigore, Lidia si costrinse a scacciare dalla mente quel ricordo piacevole che la faceva fremere tutta, concentrandosi sull'ascolto del martellare delle gocce piovane sul terreno.

Non si accorse che Gianluca aveva preso il telefono. Componendo il numero di Ivan, lo studente aveva poi avviato una chiamata, avvertendo il fratello del suo arrivo imminente a casa sua per cercare riparo dall'acquazzone. Aggiunse che con sé aveva un'amica che non si sentiva proprio bene e che poi gli doveva chiedere un favore. Quindi chiuse la conversazione.

Risistemando il cellulare nella tasca dei pantaloni, il moro incrociò casualmente lo sguardo pungente delle iridi azzurre e profonde che Lidia aveva posato su di lui. Ricambiò l'occhiata.

"Che c'è?" le chiese gentilmente.

Lei accennò un sorrisetto ironico.

"C'è che per me tu non sei proprio un amico" commentò lei semplicemente.

"Felice di sapere che il mio affetto è ricambiato con così tanto slancio ed entusiasmo" replicò lui, sfoderando il solito sarcasmo.

Condivideva quel pungente senso dell'humour con il fratello maggiore. Anche Ivan era estremamente ironico, a volte.

Nonostante la castana non fosse disposta a sopportarlo, almeno ancora per molto, a quella battuta scoppiò a ridere fragorosamente, suscitando un sorriso ammirato nel suo accompagnatore.

"Sei più bella quando ridi" osservò lui con sincerità, guadagnandosi un'occhiata lusingata da parte della ragazza.

"Grazie" balbettò lei, osservando con gioia e trepidazione il cancello dell'ingresso dell'abitazione di Ivan.

Erano arrivati.

"Siamo arrivati" le annunciò Gianluca, confermando le sue parole.

Il cuore della ragazza prese a battere più forte. Di lì a pochi secondi avrebbe rivisto Ivan. Pregò il cielo che l'uomo non reagisse in modo bizzarro a quell'incontro altrettanto strano ed inaspettato, perché quel terzo incomodo di suo fratello avrebbe potuto anche sospettare qualcosa.

I due entrarono nel giardino della dimora, passando per il cancello precedentemente aperto, per poi ripararsi sotto la tettoia. Gianluca, una volta chiuso l'ombrello e posatolo da una parte contro la parete, tirò fuori un mazzo di chiavi, scegliendo quella giusta per poter aprire il portone ed entrare.

Lidia non era mai stata nella casa di Ivan. Cioé, già da piccola era stata nella sua abitazione, ma quando ancora viveva da solo e in un appartamento del centro città, prima di sposarsi e trasferirsi nella casa nuova subito dopo la nascita di Emma. Perciò, una volta dentro essa, divorò con lo sguardo ogni singolo dettaglio del salotto che era adiacente all'atrio di quella villetta. L'arredo era freddo, tecnologico, chiaramente ispirato dal gusto moderno e decisamente non troppo accogliente di Alessia, che era fissata con la tecnologia. Due divani bassi e ampi in pelle chiara erano sistemati trasversalmente di fronte ad un piccolo tavolino in vetro e legno, due macchie di bianco accecante in contrasto con la tonalità color mogano dei mobili semplici ed essenziali, con uno spazio in mezzo che lasciava posto ad un grosso televisore al plasma. Era un ambiente moderno, ma così inospitale e incolore che la ragazza si sentì attraversata da brividi di freddo.

"Ivan, siamo arrivati!" gridò a voce alta il fratello dell'uomo, cercando con gli occhi la figura dell'infermiere.

Questa spuntò improvvisamente dalla cucina, seguita un istante dopo dalla sagoma sottile e minuscola di Emma. Padre e figlia erano vestiti in modo simile e osservavano piacevolmente sorpresi l'inattesa intrusione del rispettivo fratello e zio.

Emma, che non vedeva Gianluca da quella mattina, dopo il pranzo domenicale dai nonni, fu felice e stupita di vedere che con lui c'era Lidia. Perciò emanò un gridolino di gioia, correndo poi incontro alla giovane mentre salutava frettolosamente lo zio.

Ivan, invece, teneva tra le mani un vassoio con quattro tazze fumanti di té al limone, una zuccheriera e un piatto colmo di pasticcini e biscottini da té che quasi lasciò cadere a terra per lo stupore, perciò si dovette trattenere dal correre incontro alla ragazza per coinvolgerla in un abbraccio energico. Rimase a osservarla a bocca aperta, chiedendosi come mai lei si trovasse proprio in compagnia di suo fratello.

"Ciao, zio Luca! Lidia, che sorpresa!" esclamò la bambina ridacchiando felice, facendosi poi sollevare dalla ragazza, che si era chinata per prenderla in braccio, e trasportare in una rapida giravolta.

La castana, però, la depose subito per terra, sentendosi la testa vorticare furiosamente. Barcollò in avanti e fu trattenuta da Gianluca, che le teneva ancora il braccio, il quale poi la condusse nel salotto per aiutarla a sedersi.

"Scusatemi, sono bagnata fradicia" esordì la giovane, starnutendo poi furiosamente.

"Papà, vado a prendere una coperta pesante?" chiese Emma all'uomo con uno sguardo preoccupato e sollecito nelle iridi nocciola.

L'infermiere annuì, affrettandosi a posare il vassoio sul tavolino del salotto. La bambina invece si precipitò verso la zona notte della casa per svolgere la consegna assegnatale.

"Porta anche un asciugamano" le suggerì a voce alta, certo che la figlia l'avesse udito.

Le iridi castane chiare dell'uomo di spostarono quindi su Lidia, che rabbrividiva di freddo, seduta sul divano in pelle. Si accomodò accanto a lei, passandole il braccio sulle spalle per poi stringerla a sé in un caldo abbraccio, tentando di infonderle un po' di calore, incurante delle chiazze d'acqua che si era procurato sulla maglietta. Prese una tazza e gliela porse. Il suo sguardo attento e premuroso non si spostò mai da lei.

"Lidia, ti sentì un po' meglio, adesso?" le chiese, scatenando la curiosità, finora trattenuta, del fratello minore che sedeva all'altro fianco della castana.

"Vi conoscete?" indagò, posando i grigi occhi su entrambi e squadrando l'abbraccio fin troppo intimo che li legava.

"Io sono figlia di una sua collega di lavoro" riuscì a dire la ragazza con voce un po' appesantita.

"Te la ricordi Sara, la mia collega infermiera? E' anche una mia cara amica" aggiunse l'uomo, scansando il braccio dalle spalle di Lidia con finta indifferenza.

"Papà, ecco ciò che mi avevi mandato a prendere!" li interruppe Emma, precipitandosi nella stanza con un plaid e un asciugamano e deponendoli di fronte a Lidia.

La ragazza le rivolse un sorriso di sincera gratitudine e poi si passò velocemente l'asciugamano lungo tutto il corpo, sfregando poi rapidamente i capelli bagnati e scomposti che le si erano appiccicati al volto, al collo e alla schiena. Si sistemò quindi il plaid a quadri gialli sulle spalle, tornando a sedersi e sorseggiando il té insieme agli altri.

"Grazie mille, Ivan. E grazie anche a te, Emma" mormorò poco dopo, ricambiando l'occhiata amorevole che l'uomo le rivolse, senza farsi fortunatamente notare dal fratello e dalla figlia dell'uomo.

"Come va con Alessia?" chiese Gianluca ad un certo punto, curioso di sapere come se la passava in quel momento il fratello maggiore.

Non era al corrente della loro separazione, dato che, nonostante la madre gliel'avesse ripetuto almeno dieci volte nel corso delle ultime settimane, lui non ascoltava mai i chiacchiericci materni, per cui pose la domanda senza sapere che era meglio evitare l'argomento. Il volto di sua nipote si scurì, mentre Ivan sentì il buonumore che la visita inaspettata di Lidia gli aveva procurato abbandonarlo improvvisamente. Il moro tirò un sospiro.

"Io e mia moglie siamo separati in casa, Luca" rispose sospirando, guardando poi il fratello con uno sguardo di rimprovero.

Il ragazzo si ricordò improvvisamente di ciò che Miriana gli aveva detto a proposito e si morse la lingua per la propria sbadataggine, cercando poi disperatamente un modo per cambiare argomento.

Per fortuna fu proprio il fratello a fornirgli la possibilità.

"Luca, al telefono avevi detto che mi dovevi chiedere un favore... di che si tratta?" lo interrogò, salvandolo dall'imbarazzo e sciogliendo la tensione che aveva cominciato ad impregnare quella conversazione.

"Ah, già... Ivan, potresti prestarmi la tua auto? Alla mia si è spento il motore e l'ho parcheggiata qui vicino, ma non riparte - infatti è per questo che siamo venuti da te. Comunque, devo riaccompagnare Lidia a casa, per cui mi serve la tua" gli chiese, sperando che il fratello non si offrisse di riaccompagnarli.

Invece Ivan aveva un'altra soluzione in mente per poter passare la serata da solo con Lidia ed Emma e s'affrettò ad esporla.

"Io credo che invece potrei riaccompagnare te... Lidia può tranquillamente rimanere a cena da me ed Emma. Chiamo sua madre ed è fatta. La riaccompagno più tardi, quando si sarà asciugata completamente. Non vorrei che si prendesse la febbre."

"Ma... Oh, in effetti non hai tutti i torti."

Gianluca non era d'accordo, voleva scoprire dove la ragazza abitasse, ma non poteva opporsi alla proposta del fratello, che era logica e razionale, anche per la salute di Lidia. Perciò dovette assentire e sottostare ad essa, salutando mestamente la giovane che gli interessava. Dopo aver finito il proprio té, salutò con un bacio sulla fronte e un abbraccio soffocante la nipote e con un semplice e asettico cenno della mano la ragazza, uscendo poi con il fratello dalla porta.

Ivan afferrò il cellulare, le chiavi di casa e delle macchina dal tavolino del salotto e seguì il minore alla porta, volgendosi poi verso la figlia.

"Torno fra cinque minuti. Voi aspettatemi qui. E tu, Emma, non combinare pasticci" l'ammonì il padre con un sorriso serio, posando poi lo sguardo, come al solito indecifrabile, su Lidia per un'ultima volta.

Infine l'uomo si girò e di diresse verso la propria nuova auto, comprata poco più di due settimane prima in sostituzione alla vecchia Punto bianca precedente, accingendosi ad accompagnare il fratello a casa di Miriana e Giovanni.


***



N.d.A.
Salve a tutti!
Eccomi qui col nuovo capitolo :D
Alla fine si viene a sapere che Gianluca è il fratellastro di Ivan. E anche che è un po' troppo fisso col pensiero su certe cose xD ma sono dettagli. E' un personaggio che condivide vari punti in comune con il protagonista maschile, ma anche che, paradossalmente, incarna il suo contrario per altri aspetti. Ivan è un uomo serio e responsabile, monogamo e fedele, mentre Gianluca è l'opposto. Malgrado ciò, però, entrambi provano un'attrazione nei confronti di Lidia. E la situazione che si va creando creerà un po' di grattacapi alla ragazza.
Bon, termino subito perché fra poco devo staccare. Comunque, vorrei ringraziare controcorrente che ha recensito lo scorso capitolo e che non manca mai di lasciarmi un commento o una riflessione sulla storia e sui personaggi e le situazioni che la caratterizzano.
Be', ora sparisco, ma ci si rilegge la prossima settimana >.^
A presto e buona notte! :*


Flame

  
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