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Autore: Cruel Heart    12/09/2014    3 recensioni
C'è sempre un modo per raccontare le storie tristi.
C'è chi vuole addolcirla, come se si trattasse di una tazzina da caffè un po' amara, o c'è chi vuole renderla ancora più tragica di quanto lo sia già.
Sarebbe bello narrare di due adolescenti che si sono innamorati improvvisamente, magari al liceo.
Ma non è la verità, o, per lo meno, non lo è di questa storia.
I piccoli segreti sono ovunque.
Sto parlando di segreti non del tutto svelati, di argomenti tenuti nascosti e di scheletri troppo grandi per essere rinchiusi in un armadio.
E se tutto quello in cui lui credeva, si rivelasse una mera finzione?
E se tutto quello che lei riteneva impossibile, fosse la dura realtà?

Ecco: questa è la verità che voglio raccontarvi.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little secrets - Missing Moments'
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Salve salvino (?)

Non mi piace molto com’è venuto questo capitolo, ma ho voluto aggiornare oggi perché sarò molto impegnata nei prossimi giorni, e credo che non sarei riuscita proprio a mettermi al computer.

Comunque, la canzone sarà “With Me”, dei miei amori Sum 41.

Le loro canzoni all’interno della storia, per il momento, dovrebbero essere sette. Sempre che non cambi idea ^^”

Spero vi piaccia :3

Ringrazio molto chi apprezza questa storia silenziosamente e chi la legge e la recensisce.

Buon nuovo anno scolastico a tutti. In bocca al lupo <3

 

 

~ Cruel Heart.

 

***

Sum 41 - With Me

 

***

 

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Harrisburg, Pennsylvania, Stati Uniti d’America, 16 Maggio 2001

 

Avril's pov

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La luce del sole filtrò dalla finestra in camera mia e mi svegliai.

Aprii piano gli occhi e mi stiracchiai per bene, ma non fu un buon risveglio.

In un attimo, ricordai tutto quello che era successo la sera prima: l’agitazione per l’incontro con Matt e gli altri, la frenesia subito dopo aver bevuto, il bacio… e il buio.

Avevo avuto un attacco. Di nuovo.

 

Scostai le coperte e mi alzai: qualcosa di giallo era attaccato alla porta.

Mi avvicinai e vidi un post-it, riconoscendo subito la scrittura disordinata con cui era scritto il messaggio.

Ho visto che stavi dormendo e non ho voluto svegliarti. Tutto bene? - E

Lo strappai bruscamente e lo accartocciai.

 

Tutta la rabbia, che avevo cercato di trattenere inutilmente, venne fuori: rabbia verso questa stupida malattia, che era sempre lì, pronta a sopraffarmi in ogni momento, e rabbia verso Dio, perché aveva scelto proprio me per sopportarla.

Strinsi il biglietto appallottolato nella mano destra. Ero arrabbiata, delusa e ferita, soprattutto perché avevo permesso a lui di vedermi in quello stato.

 

Le lacrime minacciavano di uscire, ma le ricacciai immediatamente indietro.

Provavo vergogna, una cocente e dolorosa vergogna.

 

Vergogna perché mi aveva vista nel peggiore dei momenti.

Vergogna perché mi aveva vista quando ero debole e inerte.

Quando ero vittima della mia malattia senza nome.

 

Guardai il tatuaggio sul polso sinistro e fissai, per dieci, lunghissimi secondi, il suo secondo nome, David.

Strinsi le nocche fino a farle sbiancare.

 

Non succederà mai più una cosa del genere, promisi a me stessa.

Mai più.

 

***

 

Harrisburg, Pennsylvania, Stati Uniti d’America, 01 Giugno 2001

 

 

La campanella suonò, dichiarando conclusa un’altra noiosissima giornata di lezione.

Qualche minuto dopo, voltai piano la testa e mi guardai le spalle con circospetto, sperando che lui non ci fosse.

 

«Avril.»

 

Saltai dalla sedia per lo spavento e fulminai Kevin con lo sguardo. «Kevin! Mi hai fatto perdere quindici anni di vita!»

 

«Wow, ti facevo un po’ più grande di una poppante…»

Roteai gli occhi, ma non ebbi il tempo di replicare. «Se lo stai cercando, mi dispiace, ma non c’è.» disse. «È stato uno dei primi ad andarsene e adesso starà sicuramente in sella alla sua moto sulla via di casa.»

 

Emisi un impercettibile sospiro di sollievo e rilassai le spalle. «Va bene. Noi andiamo con Alfred?» chiesi, alzandomi.

 

Annuì. «Certo.»

 

E così, accompagnata dall’andatura leggermente zoppicante di Kevin, percorsi il corridoio del Sanford-Brown e raggiunsi la limousine guidata da Alfred.

Strabuzzai gli occhi: era completamente nera, tirata a lucido e, beh… enorme.

Decisamente poco vistosa.

 

Io e Kevin ci sedemmo sui sedili posteriori, mentre venimmo accolti dalla baritonale voce di Alfred, che canticchiava “James Bond”.

Appena si accorse del nostro imbarazzo, s’interruppe subito. «Oh, scusatemi tanto, ragazzi. È che, da bambino, fantasticavo di essere una spia in missione che sparava con la pistola ad acqua e pensavo che bastasse solo canticchiare questa canzoncina per entrare nell’FBI.» ridacchiò, ricordando quello che, evidentemente, era rimasto solo un sogno infantile. «Piuttosto, com’è andata la vostra giornata?»

 

Io e Kevin rispondemmo in coro.

«Magnifica.» disse lui, facendo un sorriso da 1060 watt.

«Noiosa.» risposi io, roteando gli occhi.

 

Alfred rise ancora. «Beh, mettetevi d’accordo.»

 

«Direi magnificamente noiosa, Alfred.» terminò Kevin, sempre con il sorriso.

 

Mi girai verso di lui. «Perché magnifica?»

 

Fece un cenno con il capo. «Perché… sono riuscito a seguire tutto il discorso di Wilson.»

 

Alzai un sopracciglio. «Tu ti addormenti, alle lezioni di Wilson.»

 

Arrossì. «E… perché… uhm… Mary ha fatto le polpette al sugo. Io adoro le polpette al sugo. E anche tu adori le polpette al sugo. Chi non adora le polpette al sugo?»

 

Ridussi gli occhi ad una fessura. «Tu non me la racconti giusta, Kevin Beadfluent.»

 

Scrollò le spalle e diresse lo sguardo all’esterno della macchina.

Anch’io guardai il finestrino e riconobbi la moto di Evan parcheggiata accanto al cancello di villa Taubenfeld.

Sentii improvvisamente lo stomaco in subbuglio.

 

Kevin scese dalla limousine e mi tenne la portiera aperta, in modo da poter far scendere anche a me. «Dio, ho una fame!»

 

Aprì il cancello con la chiave e percorremmo il viale. «Allora ti è andata proprio bene, visto che Mary ha preparato le polpette al sugo.» dissi, dandogli una pacca sulla spalla.

 

Lui, però, ebbe una reazione del tutto inaspettata: con una smorfia, si scostò.

Lo guardai, totalmente confusa.

 

Abbassò lo sguardo. «Scusami, tu non c’entri niente. È che… ho la schiena completamente coperta di ferite. E, beh… mi fa male anche se qualcuno mi sfiora.» sussurrò.

 

Abbassai subito la mano, sentendomi terribilmente in colpa. «Oddio, mi dispiace tanto Kevin, non lo sapevo. In che senso… ferite? Cosa sono, graffi?»

 

Scosse la testa. «No, sono delle lesioni più profonde, non semplici graffi.»

 

«E come te le sei procurate?»

 

«Non lo so, non ne ho la più pallida idea. Ce le ho sempre avute, da quel che ricordo.»

Ci fu qualche breve istante di silenzio, in cui pensai a cosa potesse essergli capitato.

Poi, parlò di nuovo. «E tu?»

 

«Cosa?» gli chiesi, mentre aprivamo la porta e andavamo verso la sala da pranzo.

 

«Hai fame?»

 

“Più di quanto immagini.” stavo per rispondergli.

Ma non pronunciai una sola sillaba, perché una morsa mi strinse pericolosamente lo stomaco.

Alzai gli occhi e vidi Evan, seduto al tavolo, con lo sguardo dritto verso di me.

 

«No. Credo che salirò in camera.»

E scomparsi dalla sua vista.

 

***

 

 

 Evan's pov

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Inspirai ed espirai profondamente.

Poi, mi presi la testa tra le mani ed emisi un gemito di frustrazione.

 

In tutta risposta, sentii Kevin spingere indietro la sedia, facendola raschiare sul parquet.

«Ehm… Che succede, amico?»

 

Alzai lo sguardo verso di lui. «Ti manca solo la carota e poi saresti un perfetto Bugs Bunny.»

 

Alzò le spalle. «Allora? Mi vuoi dire che succede?»

 

Sospirai. «È evidente, non c’è altra spiegazione: ce l’ha con me.»

 

«Chi ce l’ha con te?»

 

Roteai gli occhi. Kevin era il mio migliore amico, va bene, ma era un po’ duro di comprendonio. «Mia nonna.» gli risposi sarcasticamente.

 

«Non sapevo avessi una nonna…»

 

«Oh mio Dio, Kevin, non è di mia nonna che sto parlando! Si tratta di Avril!»

 

«E che ne so io! Se tu mi dici “Mia nonna”, io credo veramente che tu intenda tua nonna, scusa.»

 

Ignorai la sua ultima risposta. «Il fatto è che sento che mi sta evitando. E lo sta facendo con tutte le sue forze.» Appoggiai le mie mani sulle sue. «Ti prego Kevin, aiutami, non so cosa fare!»

 

«Non toccare le mie mani, maniaco!» mi disse, facendo una finta faccia schifata. «E poi, non capisco: perché non ci vai a parlare e risolvi tutta la faccenda?»

 

Sgranai gli occhi.

Era un’idea così semplice… che poteva funzionare!

Un secondo dopo, però, la sorpresa venne rimpiazzata da un’enorme sensazione di stupidità.

Perché non ci avevo pensato prima, dannazione?!

 

«Grazie Kevin, sei un vero amico!»

 

«Figurati, “Centro d’Ascolto” è il mio secondo nome. Beh no, in effetti sarebbe il secondo e il terzo…»

 

Ma non lo stavo già più ascoltando.

Non mi complimentai per la sua battuta e salii in fretta le scale.

Poi, cercando di calmarmi, bussai alla porta della camera di Avril.

 

***

 

 

 Avril's pov

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Sentii qualcuno bussare alla porta.

Increspai le sopracciglia ma, sicura che fosse Kevin, andai ad aprire.

E, invece, mi ritrovai davanti… Evan.

Rimasi completamente paralizzata, non sapendo se sbattergli la porta in faccia o se lasciarlo entrare.

Così, approfittando della mia indecisione, decise lui per tutti e due e si catapultò nella mia camera, muovendosi irrequieto.

 

«Non va bene. Non va bene per niente.»

 

Lo guardai, confusa. «Di cosa…»

 

«No, non interrompermi, sto cercando di mettere insieme un discorso decente. In questo modo, la cosa non può più andare avanti.» Si passò una mano tra i capelli. «Io non posso più andare avanti, Avril. Sono quindici fottutissimi giorni che mi eviti. Andiamo a scuola e tu mi eviti. Cerco di attirare la tua attenzione e tu mi eviti. Persino se mi parassi davanti a te e ti mettessi un dito nell’occhio, tu mi eviteresti! E non dire che non è vero! Non ti sento più vicina come prima, mentre invece vorrei che tu fossi sempre con me.

È da quella sera al locale che sei distante e mi sto scervellando da allora, perché non riesco a capire se il problema sia stato il bacio o quello che è successo dopo!

Prego che tu non ti sia pentita del bacio, perché… insomma… è stata la cosa più bella di tutta la mia vita. Poi, dopo quell’episodio, io e tua madre abbiamo parlato. Non del bacio, è chiaro, ma di quello che ti è successo quella notte: mi ha spiegato la tua malattia e mi ha detto anche della sua assurdità, perché, voglio dire, non c’è alcuna causa che la determini. E se, magari, tu provi… non so… vergogna… o imbarazzo… ti posso assicurare che non ce n’è alcun bisogno, perché, andiamo, io m’imbarazzo a dire la parola “assorbente”!» Fece una breve risata isterica, ma tornò subito serio. «La affronteremo. Affronteremo questa malattia insieme. Io sarò il tuo Augustus e tu sarai la mia Hazel Grace. Sempre se lo vuoi. Quello che voglio dire è che… insomma… io… io sto impazzendo… senza di te.»

 

Avevo sentito abbastanza.

Mi avvicinai a lui, allacciando le mani al suo collo.

«Sta’ zitto.» gli sussurrai.

 

E poi, mi alzai sulle punte, e lo baciai.

 

***

 

I don't want this moment to ever end,
wh
ere everything's nothing, without you.
I'd wa
it here forever just to,
to see you smile.
'Cause it's true,
I am nothing without you.

[…]

I want you to know,
with everything, I won't let this go.
These words are my heart and soul.

I'll hold onto this moment, you know,
'cause I'll bleed my heart out to show.
And I won't let go.

[…]

All the streets,
where I walked alone,
with nowhere to go,
have come to an end.

[…]

I don't want this moment to ever end,
where everything's nothing, without you.

.

 

 

Vorrei che questo momento non finisse mai, 
dove tutto è niente, senza di te. 
Aspetterò qui per sempre, 
solo per vedere il tuo sorriso. 
Perché è vero, io non sono niente senza di te. 

[…]

Voglio che tu sappia che, 
con tutto quello che è successo, 
non permetterò che questa cosa vada in fumo. 
Queste parole sono il mio cuore e la mia anima. 
Terrò stretto questo momento, lo sai, 
mentre il mio cuore sanguina per mostrartelo.

E non permetterò che questa cosa vada in fumo. 

[…]

Per le strade, dove cammino da solo, 
senza alcun posto dove andare, 
sono arrivato alla fine. 

[…]

Vorrei che questo momento non finisse mai, 
dove tutto è niente, senza di te. 

 

~ Sum 41 – With Me

   
 
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