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Autore: BeatriceNataliePrior    12/09/2014    0 recensioni
La punta della bacchetta era adagiata sulla maniglia, e sorrise, perché sapeva di esserci quasi, perché non le mancava molto e sarebbe stata salva.
La morte, ora, non era altro che un brutto sogno.
Il tempo, quello che tanto ancora bramava, quello che più di tutti sembrava avercela con lei, /c’era/; non l’aveva abbandonata.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Weasley Jr, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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I can sense a storm is coming, anchoring you to me
Far beneath my skin and bones
I harbor my divided soul
My greatest source of strength might be my downfall
But love was not a choice to me.
 
-

« Un’ultima cosa. »
« Mh? »
Gli occhi di Molly scivolarono lentamente sul viso di Benjamin, le guance visibilmente tinte di un colore rossastro, che giustificò come un’ondata di caldo improvviso; sorrise, per la prima volta dall’inizio della serata.
« Ti amo. »
Non gli diede il tempo di meravigliarsi o arrabbiarsi, la giovane e piccola Weasley, perché subito decise di stampargli un leggero bacio sulle labbra, fuggendo via.
Le piaceva, le piaceva in maniera quasi drastica quel correre via, fuggire con una risata stampata sulle labbra, dove vi aleggiava ancora il sapore dolciastro di quelle di Benjamin.
Correva, Molly, stringendosi goffamente nella sciarpa di lana, il naso seminascosto dietro al colletto alto della camicia, mentre con le piccole dita ghiacciate tentava di legarsi i capelli in una coda alta.
Si fermò solo quando capì di essere finita abbastanza lontana da lui, sicura che non la stessa più seguendo, certa che avrebbero avuto un’altra occasione per discutere anche di quello, seppur sapesse che avrebbe dovuto tacere: né lei e né Benjamin erano il tipo di persone che si perdevano in quelle parole tanto superflue, perché lo sapevano già di per sé, e questo bastava.
Ma qualcosa, quella sera, l’aveva spinta a soffermarsi su quel dettaglio, su quelle due parole, quelle cinque lettere, formulatesi così tante volte nella sua mente, ma mai veramente apparse sulle sue labbra, munite già di un linguaggio loro.
La neve scendeva morbida e delicata sul terreno delle strade di Hogsmeade, e il vento portava qualche fiocco di tanto in tanto ad appoggiarsi sul naso della ragazza, i palmi delle mani aperti, pronta ad accogliere quella soffice meraviglia pre-Natalizia, come in conclusione della splendida serata appena passata, un regalo divino che sicuramente le era stato concesso per grazia, qualcosa che aveva chiesto e chiesto più volte, nel suo piccolo animo, augurandosi di vederne sempre di più, fino a rimanerne sotterrata perché – pensò – non vi era prigione più bella di quella di neve, gelida sì, ma estremamente bella.
Gli stivali rossi scricchiolavano tenuamente sul terreno, accompagnandola nel silenzio tombale della via deserta; era così tardi! Quanto l’avrebbe sgridata, la premurosa ma severa Lily, al suo arrivo! Quanto si sarebbe preoccupata, per lei!
Molly, però, non voleva pensarci: alzò il viso verso il cielo, gli occhi verdi che brillavano di una gioia intensa, le labbra bianche per il freddo, mentre con dolcezza guardava il blu di una notte senza stelle.
Era uno spettacolo di certo raro quanto invidiabile, ovvio, e pareva che nulla al mondo potesse guastarlo, né permettersi di interferire con la felicità di una giovane donna, la quale aveva appena trovato una consolazione alternativa ad un mondo immerso nella guerra più improbabile fra tutte.
Eppure, come tutti sanno, spesso gli Dei tendono a non concederci tanta grazia in una sola volta, ma a togliercene – se ovviamente possibile – più del dovuto, lasciandoci solo un’amara consolazione, quale era la neve per Molly.
Passo dopo passo, il piede destro seguito poi dal piede sinistro, la consueta calma prima della tempesta, fu così che Molly vide disgraziatamente ciò che mai una giovane ed intraprendente donna come lei avrebbe dovuto vedere: due uomini, vestiti completamente di nero, erano infilati in una stretta via all’angolo della strada, fra Mielandia – le cui luci si stavano spegnendo – ed un edificio.
Inesorabilmente attenta, la ragazza si mosse verso i due, accostando in tal modo l’orecchio alle pietre fredde e dure della casa lì vicino, la mano prudentemente appoggiata alla bacchetta.
« Domani, al Ministero della Magia. »
« Ma non sarà troppo pericoloso? » L’uomo che ora aveva preso la parola, dopo un lungo silenzio, pareva sinceramente preoccupato; difatti, continuò, abbassando il tono di voce.
« I nostri uomini…- Ares…- non si presenteranno? »
« Certo che no. Non sarà sprecato sangue puro. Per di più, abbiamo intenzione di attaccare solo l’Ufficio Auror. Non corriamo nessun rischio. »
« Alle otto, dunque? »
Molly non poteva vederlo, ma era certa che l’altro stesse sorridendo, sicuramente soddisfatto della futura e sicura riuscita del piano, di cui purtroppo aveva udito poco o niente.
« Alle otto. »
Non sempre i valorosi di cuore sono anche i più fortunati, e Molly non fece da eccezione alla regola: la suola delle sue scarpe scivolò malauguratamente sulla superficie troppo liscia del pavimento sotto ai suoi piedi, facendola cadendo con un tonfo, attirando in tal modo l’attenzione di entrambe le ombre scure al fondo della via.
Ma come sempre, non perse neanche un secondo di tempo: si tirò immediatamente su, e corse, corse come /mai/ aveva fatto in vita sua, corse incurante delle grida, incurante del terreno scivoloso, incurante dello schiantesimo che era appena riuscita a mancare, chinando per pura, purissima fortuna la testa, la mano gelata stretta alla bacchetta, una presa così forte da farle male.
Il cuore le batteva all’impazzata, ciononostante sapeva benissimo di non potersi fermare, perché doveva correre, più velocemente di prima: doveva correre ancora più rapidamente di quando cercava di scappare da Benjamin, quando non voleva affrontarlo, non adesso, non /ora/.
Ci sarebbe stato un giorno, aveva pensato, un altro momento, un’altra ora, un altro posto: un luogo, magari, dove loro due avrebbero potuto fingere di non amarsi anche in pubblico, dove lei avrebbe potuto aggiustargli i capelli con la solita calma, e lui se li sarebbe scompigliati ancora, facendola arrabbiare.
Ci sarebbe stato un tempo, secondo lei, in cui sarebbe stata in grado di baciarlo in pubblico, dimostrandogli che non voleva stare solo con “Uno come lui”, ma con /lui/; nulla le avrebbe proibito di risvegliarsi l’indomani con lui accanto, e finalmente – ne era certa – avrebbe potuto dire di essere a /casa/.
Nulla le avrebbe proibito di ridere e scherzare in sua compagnia, e mai si sarebbe sentita minimamente minacciata dagli sguardi altrui.
« Fermati! /Fermati/, ragazzina! »
Il respiro di Molly si fece pesante, ma non diede il minimo segno di esitazione, nonostante la stanchezza fosse sempre più evidente in lei: si voltò, allungò la bacchetta davanti a sé, ed urlò, il più forte possibile.
« STUPEFICIUM! »
Non si concesse neanche il tempo di vedere se aveva mirato giusto, perché riprese subito a correre.
Mille e mille immagini presero a scorrere nella sua mente, offuscandole ad ogni passo la vista, malgrado si stesse sforzando di mantenere calma e lucidità; sua nonna, suo nonno.
Lily.
Lily che le parlava, Lily che l’abbracciava, Lily che le stampava un bacio umidiccio sulla guancia, Lily che si sporcava di cioccolata, Lily che cantava, Lily che disegnava, macchiandosi distrattamente il naso con la tempera blu.
Gli occhi talmente azzurri della bella cugina che occupavano perennemente i suoi pensieri, la sua dolcezza così materna, che l’aveva accompagnata per diciassette, lunghi anni.
Svoltò velocemente l’angolo, imboccando la via più pratica per raggiungere la Guferia; sembrava talmente vecchia, l’ormai non più bella Molly Aimee Weasley, sul viso stampati i segni di una stanchezza già al termine.
Manca poco , si consolò la ragazza, chiedendosi perché gli Dei stessero giocando in tal modo con lei, perché le avessero dato così tanto, per poi trascinarla in un baratro simile.
Manca poco, e per prima cosa scriverò alla zio. Andrà tutto bene.
Fra sé e sé, sorrise di scherno, riacquistando secondo dopo secondo tutta la sua inconsumabile sfacciata sicurezza, alimentata dal fuoco del desiderio; quale desiderio, vi starete quindi chiedendo voi.
Ma certo, ma certo: il desiderio di /essere/, di /fare/, di /combattere/.
« NON MI SCAPPI, NON MI SCAPPERAI MAI. »
L’uomo la stava inseguendo senza sosta, ma perché? Perché non l’aveva ancora raggiunta?
Molly era senza dubbio una ragazza veloce, nella corsa, ma non a tal punto da creare fra di loro una così grande distanza. 
« Expelliarmus! »
« 'Fanculo. »
Sibilò Molly a denti stretti, chinandosi appena in tempo per evitare l'incantesimo di disarmo.
Ma /eccola/: ecco la Guferia, lì, la Torre piazzata proprio davanti a lei.
« /Protego/. »
Tempo, tempo, tempo: serviva proprio questo, alla ragazza. Il tempo di scrivere due righe, e dopo - ne era convinta - avrebbe potuto dedicarsi completamente all'uomo, uccidendolo.
Per la prima volta, si accertò di aver compiuto correttamente l'Incantesimo, percorrendo subito dopo con velocità disumana le strette scale a chiocciola, arrancando sulle fredde rocce; eppure avrebbero dovuto capirlo, gli Dei, che mai si sarebbe arresa.
« Colloportus. »
La punta della bacchetta era adagiata sulla maniglia, e sorrise, perché sapeva di esserci quasi, perché non le mancava molto, e sarebbe stata salva.
La morte, ora, non era altro che un brutto sogno.
Il tempo, quello che tanto ancora bramava, quello che più di tutti sembrava avercela con lei, c’era; non l’aveva abbandonata.
Afferrò un foglio dal tavolo di legno in mezzo alla stanza, una piuma, che intinse poi nel calamaio e scrisse, con una grafia tremolante, quasi fosse affetta da una strana malattia.
Sigillò il foglio di pergamena, spalancò la finestra ed allacciò la lettera al Gufo che era solita usare nella Torre.
« Ora, ti /prego/, vai. »
Tirò un sospiro di sollievo nel preciso attimo in cui il Gufo spiccò il volo, senza la benché minima esitazione, e con una velocità che anche lei, oramai rinchiusa in quella stretta Torre, avrebbe voluto avere, pur di poter volare via, scappare e salvare chi doveva essere salvato.
Ora, però, Molly era carica di rabbia.
L'aveva detto, ridetto, scritto, urlato, specificato fin troppe volte, che /nessuno/ al mondo avrebbe mai dovuto permettersi il lusso di minacciare la /sua/ famiglia.
/Mai/ nessuno, finché fosse rimasta in vita, avrebbe potuto torcere un solo capello alla sua dolce sorellina, alla madre isterica, o al padre privo del minimo autocontrollo; /nessuno/ avrebbe osato minacciare i Potter, o sua cugina Rose, o Hugo.
Per non parlare di Roxanne, Fred, gli zii, Dominique, Victoire, Lulù – Louis -. /Mai/.
Si era presa quella responsabilità nel preciso istante in cui l'aveva /voluto/, quando si era sentita parte di una bellissima casa, e ora non sarebbe venuta a meno della sua promessa, fatta una notte di Luglio alla piccola Lily.
D'altro canto, non ci si poteva davvero aspettare diversamente da una piccola creatura dall'animo così puro e la rabbia incontrollabile; un desiderio di morte impareggiabile, certo, il quale si era sfortunatamente scontrato con l'arroganza.
Che terribile destino, le era stato riservato.
Strinse come non mai la mano alla bacchetta, andando a spalancare con un tonfo la porta.
« Vieni qui, stronzo. Prova a farmi fuori, dai! »
L'uomo, che aveva cercato di forzare la serratura per tutto il tempo in cui Molly si era trovata dentro alla stanza, aveva impugnato a sua volta la bacchetta, pronto al combattimento quasi quanto lei.
« Bombarda. »
La calma nella voce di Molly era quasi /macabra/, la bacchetta puntata contro al soffitto sopra l'uomo; quest ultimo, rimase per un secondo interdetto, lanciandosi subito in avanti, per evitare la massa di pietre che stavano per cadere su di lui.
« Non puoi fermarci. Non puoi fermare nessuno, /ragazzina/. Levicorpus. »
Molly - nonostante il "Protego" appena mormorato - venne letteralmente scaraventata via, rischiando quasi di battere la testa contro al muro dietro di lei.
« Si può sapere chi diavolo ha chiesto il tuo parere? »
Forse solo il Cielo potrà mai spiegarci il perché della continua sfacciataggine della giovane ragazza, nonostante la situazione, il pericolo, la paura; l'adrenalina, però, non smetteva di ricarla, facendola divenire simile ad una molla.
Così, balzò intrepidamente in piedi, ignorando bellamente l'atroce fitta alla schiena.
« Expelliarmus! »
L'aveva /disarmato/, Molly ci era finalmente riuscita! Aveva disarmato l'uomo, ancor prima che potesse accorgersi della sua ripresa! La bacchetta del mago era volata via, abbastanza lontana da lui, e Molly fu esattamente sul punto di farlo fuori, le labbra pronte ad urlare l'ultimo e decisivo incantesimo, per marcare a sangue la sua vittoria.
Eppure...-eppure no, non sempre va a finire come desideriamo noi: molto spesso, bramiamo ciò che non ci sarà mai concesso, perché esiste un volere molto più grande di chiunque, al di sopra della magia stessa; pensiamo di avere potere perché preceduto dal /volere/, ma ci è negato.
L'altro uomo, lo stesso che Molly credeva fosse zoppo, si era smaterializzato dietro di lei.
« Avada Kedavra. »
Lo volevano.
Volevano che fosse veloce, rapido, definitivo.
Volevano che quella sciocca e stupida ragazzina sparisse il prima possibile, l'avevano /desiderato/, e Molly glielo poteva leggere nei loro occhi, così /sciocchi/, a suo parere, per niente simili a quelli di Benjamin.
Benjamin, Benjamin, Benjamin.
Poteva quasi sentire la sua mano sfiorarle i capelli, la guancia, le labbra: era lì.
Quanto lo aveva amato, quanto lo aveva desiderato, quanto lo aveva sentito parte immancabile ed insostituibile di sé: stranamente, si fece prendere da una strana e triste paura, perché non voleva lasciarlo, non voleva che si dimenticasse di lei, di loro. Non voleva vederlo crescere, divenire un uomo, e non voleva non poter far parte di una vita futura, non ora che sapeva di essere amata da lui come non mai, non ora che sapeva di amarlo, di amarlo per davvero.
Ancora un bacio,  si disse Molly, annaspando, ancora un ultimo bacio, e poi potrò andare via.
Ma lui c’era. Lo vedeva, le stava proprio di fianco.
Come lì c'era anche la sua bellissima Lily, e lei avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto dire loro che aveva amato tutti, anche chi diceva di odiare, anche chi aveva appeso al muro, o chi aveva malamente schiantato.
Lei, Molly, aveva amato tutti, dal primo all'ultimo: aveva amato addirittura James e Dominique, nonostante le loro bugie.
Aveva amato Louis, Albus e Hugo, forse più di quanto loro avevano amato lei, si disse.
Aveva amato Victoire, l'insopportabile bionda, e Roxanne, la stessa Roxanne che si era fidata di lei, che le aveva concesso di diventare capitano della Squadra di Quidditch.
"Tu vali più di chiunque altro."
Aveva amato Aiden, e l'aveva amato davvero, come solo una sorella poteva amare un fratello, e aveva amato Lucy, l'aveva delicatamente stretta fra le sue braccia, l'aveva baciata su entrambe le guance, l'aveva guardata fisso negli occhi - quella notte - e le aveva detto che non era sola, che non lo sarebbe mai stata.
Aveva amato Margaret ed Italo, aveva amato anche Clayton, Natalie, 'Belle, Annaleine, l'inconsolabile e bella Anemone, la dolcissima Linnie, con Gabriel.
E più ci pensava, in quei secondi, più si rendeva conto che aveva voluto tutti, che non si era più sentita sola, che in un anno aveva trovato ciò che tutti trovano in una vita.
Molly era /felice/: felice di essersene andata con onore, felice di aver dato la sua stessa vita per salvare tutti loro.
Non era morta invano.
E mai lo sarebbe stata.

-


Carissimo zio,
ho scoperto che domattina, alle otto precise, vi sarà un attentato all’Ufficio Auror.
Ti prego di credere alle mie parole e di darmi ascolto, per quel poco che può valere il nostro legame di sangue.
Con infinito affetto,
Molly A. Weasley.

 
  
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