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Autore: Rebecca_lily    12/09/2014    4 recensioni
“Puoi stare a casa mia per tutto il tempo di cui hai bisogno, se desideri”- disse Abel guardandola negli occhi...
La mia storia ha inizio quando Georgie incontra di nuovo Abel, dopo aver lasciato Lowell da Elise, e vuole esplorare il rapporto tra i due 'fratelli' nel periodo in cui cercano di salvare Arthur dalle grinfie del Duca Dangering. In particolare questa storia intende approfondire sia la lenta presa di coscienza di Georgie del suo amore per il suo ex-fratello sia il carattere di Abel come viene reso per buona parte del testo originale, ovvero del manga. Nella mia storia, Abel non vive dal sig. Allen e i due non affrontano immediatamente la questione del ritorno in Australia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mattina seguente Abel si svegliò rinfrancato: aveva dormito più a lungo del solito e aveva sognato suo padre che - da lontano - gli sorrideva. Ancora sdraiato nel suo letto, il ragazzo aveva ripensato alla sua fattoria e alla sua cara Australia, che aveva lasciato senza alcuna remora per seguire Georgie e che forse non avrebbe mai più rivisto. Al contempo però conforto gli venne dal pensiero che il sole della sua amata terra avrebbe di sicuro aiutato il fratello a guarire da tutte le sue ferite. “Coraggio Arthur, resisti – si disse Abel - tra poco verrò a salvarti” e con queste parole nel cuore si fece forza per affrontare la lunga giornata che aveva davanti a sé e, più ampiamente, il destino che si profilava per lui all'orizzonte. Abel, infatti, aveva in programma di passare dal porto per supervisionare l’inizio dei lavori di costruzione della nave da lui progettata ma, soprattutto, era sua intenzione comunicare al Conte Gerard l’esito delle sue riflessioni notturne e, di conseguenza, organizzare con lui la spedizione di salvataggio.
Più tardi, quella stessa giornata, nella residenza del Conte Wilson, risuonarono però queste parole: “Sono contrario a che tu resti nella cella al posto di tuo fratello. Se tu non riuscissi a fuggire, ricadresti nel suo stesso inferno”. Era la voce del Conte Gerard, a cui Abel aveva appena finito di illustrare il suo piano. “Sono certo di potercela fare” – rispose Abel nel tentativo di convincerlo. “Abel, cerca di ragionare, si tratta praticamente di un suicidio” – si inserì nella conversazione il Conte Wilson. “No, se riesco a uscire” – gli rispose Abel impuntandosi.
Di fronte alla sua ostinazione, Wilson e Gerard si guardarono sconsolati. Il ragazzo cercò allora di cambiare tono e di spiegare loro le sue ragioni: “In qualità di fratello maggiore, ho il dovere di salvare Arthur”. Ed era vero, la cosa più importante per Abel in quel momento era salvare il fratello e proteggere Georgie, più importante ancora della sua stessa vita. I due uomini provarono un enorme rispetto per lui così, al termine di quella che era stata una lunga discussione, accondiscesero a portare a compimento il suo piano.
Tuttavia, finito di organizzare la spedizione, il Conte Gerard cercò per l’ennesima volta di dissuadere il ragazzo: “Ripensaci figliolo, non farlo … se dovesse accaderti qualcosa, mia figlia ne soffrirebbe enormemente. E non solo lei …, anche io ti sono affezionato come fossi mio figlio”. “Conte Gerard … - disse Abel guardandolo commosso, poi aggiunse cercando di mascherare il nodo che sentiva in gola - in questo modo Georgie sarà finalmente fuori pericolo”. Il padre della ragazza non potè che convenire dentro di sé che Abel aveva ragione. “Conte Gerard – continuò il ragazzo - se non le dispiace, vorrei comunicare personalmente a Georgie la mia decisione” – il Conte annuì sperando ardentemente che sua figlia fosse in grado di fargli cambiare idea.
Georgie si trovava in giardino: era una giornata in cui nuvole e sole si alternavano nel cielo, ma la ragazza aveva comunque deciso di stare all’aria aperta per contenere l’ansia che le attanagliava l’animo. Aveva, infatti, ancora impressa nella mente l’espressione disperata del volto di Abel una volta ascoltato suo padre e ancora echeggiavano dentro di lei le sue parole: “Ma allora … allora come possiamo fare? Anche con l’aiuto di Maria … anche sapendo del passaggio segreto… se le cose stanno così non potremo mai salvarlo...”. Georgie avrebbe tanto voluto essere con lui per confortarlo, per non lasciarlo da solo ad affrontare i suoi peggiori incubi.
Da lontano intanto Abel aveva scorto la figura della ragazza seduta su un’elegante altalena che pendeva da un maestoso albero di quell'incantevole giardino fiorito e si era preso del tempo per ammirarla: era un fiore splendido e delicato, la sua Georgie, il bocciolo più bello di quel giardino di primavera. Un fiore delicato, ma anche forte e tenace che, con la sua freschezza, la sua dolcezza e la sua allegria aveva conquistato il suo cuore sin da bambino.
D’un tratto tra le nuvole si fecero prepotentemente strada dei raggi di sole. La ragazza alzò gli occhi nel vedere quella luce abbagliante e pensò alla terra in cui era cresciuta. Sentì forte il desiderio di correre di nuovo libera nei prati, come quando era bambina e di tornare a ridere spensierata. Forse, una volta salvato Arthur - si disse - riusciremo a ridere di nuovo tutti assieme come una volta. E la ragazza sorrise di nostalgia vedendo scorrere davanti ai suoi occhi le immagini di loro tre da piccoli, su cui però si imposero con forza i ricordi della sera precedente. Georgie desiderò allora con tutta se stessa che il sole della loro infanzia potesse riuscire a far dimenticare ad Arthur - una volta salvato - tutte le sofferenze subìte come anche a cancellare la maschera di tristezza che la solitudine e il peso delle responsabilità avevano stampato sul volto di Abel. “Oh Abel” - sospirò Georgie che, da tempo ormai, non riusciva a pensare al ragazzo che era stato suo fratello, senza che il cuore le fosse invaso da un sentimento di dolcezza e di struggente trepidazione.
In quel momento, una voce profonda e avvolgente la sorprese: “Hai bisogno di un aiuto per toccare il cielo?”. “Abel!” – quasi gridò Georgie, girandosi di scatto. Il ragazzo si trovava in piedi dietro di lei e le stava sorridendo. Georgie sentì il battito del suo cuore accelerare nell’ammirare il volto bello e fiero del ragazzo.
“Ti è sempre piaciuto andare sull’altalena, non è vero?” – le disse Abel dolcemente. Georgie sorrise annuendo. In risposta, Abel iniziò a spingerla, prima delicatamente poi sempre più velocemente. E Georgie si lasciò andare, godendosi quel momento di serenità con Abel che, come quando erano bambini, la stava davvero aiutando a sfiorare il cielo. Dopo un po’ il ragazzo smise di spingerla e si appoggiò con la schiena al vicino albero per contemplarla perché voleva imprimere dentro di sé quelle immagini ridenti di lei: i suoi riccioli biondi che si muovevano al vento, la sua figura delicata che volteggiava nell’aria, il suo sorriso cristallino.
Cullata da quel movimento ondeggiante che tanto le piaceva, Georgie ripensò a quando suo fratello, da piccolo, le aveva costruito un’altalena per distrarla dal dolore della morte del padre. Si girò così a guardare con tenerezza il ragazzo e si accorse che la sua espressione si era fatta seria ma, non appena Abel incrociò nuovamente il suo sguardo, tornò a sorriderle. Georgie ricambiò il suo sorriso. Lentamente, l’altalena rallentò la sua corsa.
Quando l’altalena si fermò, Georgie chiamò Abel a sè. Il ragazzo le si avvicinò, afferrando con la mano una delle corde dell’altalena poi chinò il suo volto per guardarla negli occhi. Georgie sostenne il suo sguardo con difficoltà ma, ancora accaldata, trovò il coraggio di confessargli - entusiasta e timorosa assieme - i suoi più profondi desideri: “Abel, non vedo l’ora di tornare a casa. Non riesco ancora a credere che fra poco tempo saremo in viaggio per l’Australia. Sono certa che lì potremo tornare tutti a essere felici”. Nell’udire quelle parole piene di speranza, Abel istintivamente serrò la mascella e strinse forte la corda dell’altalena poi abbassò lo sguardo. E se il doloroso pensiero di ciò che doveva dirle non lo avesse indotto a chinare istintivamente il capo per mascherare le sue emozioni, Abel forse si sarebbe accorto che lo sguardo di Georgie si era brevemente posato sulle sue labbra e che quella implicita carezza era stata seguita da un improvviso rossore.
Riacquistata una parvenza di calma, Abel tornò a guardare Georgie poi, porgendole una mano per aiutarla a scendere dall’altalena, le disse: “Georgie, ti devo parlare”, e la guidò verso la più vicina panchina. La ragazza però non si sedette perché il brivido che serpeggiava lungo tutta la sua schiena - generato dalla criptica espressione dipinta sul volto del giovane - non la rendeva per niente tranquilla.
Georgie – cominciò Abel, in piedi di fronte a lei - io non salirò su quella nave con voi. Resterò al posto di Arthur nella sua cella finchè la nave non sarà partita e poi, quando riuscirò a scappare, resterò qui per vedere costruire la mia nave”. Georgie sentì il terreno crollarle sotto i piedi: che cosa stava succedendo? Abel non voleva tornare in Australia? Abel aveva intenzione di sostituirsi ad Arthur nella prigione? Una sensazione di panico attanagliò la sua gola tanto che, a stento, riuscì a sentire le parole che Abel le disse subito dopo: “Se riusciremo a salvare Arthur, potremo provare l’innocenza di tuo padre e allora sarà la fine dello ambizioni di Dangering”. Dopo alcuni secondi di raggelato silenzio, ancora sbigottita e incredula, con voce incrinata riuscì a chiedergli: “Davvero a te sta bene così?”, mentre le lacrime iniziavano a rigarle il volto. Abel guardò la ragazza e sfiorò teneramente il suo viso con una mano per asciugarle le lacrime.
“Georgie, mi chiedi se mi sta bene così… – disse Abel dentro di sè – … amore mio, io vorrei poter vivere la mia vita e vorrei viverla con te. Vorrei sposarti, girare il mondo assieme a te, avere dei figli con te, vorrei starti accanto e renderti felice fino al mio ultimo respiro, ma se con il mio sacrificio posso proteggerti e far sì che tu possa ricominciare a vivere, allora sì… a me sta bene così”. Il ragazzo non pronunciò però alcuna di queste parole, si limitò ad annuire con il capo e a rispondere più genericamente: “Io devo restare Georgie, altrimenti tutti verremmo ripresi prima ancora di raggiungere il porto. E’ la soluzione migliore ”.
La ragazza scoppiò allora in un pianto dirotto e gli si gettò tra le braccia. “Non piangere Georgie – le disse Abel accarezzandole il capo – vedrai che presto questo lungo periodo di sofferenza finirà e tu sarai di nuovo al sicuro, in viaggio per l’Australia e potrai tornare a vivere e ad essere felice. Questi brutti ricordi saranno lontani”. Ma Georgie non gli credeva e continuava a piangere disperata, con i pugni serrati sul suo petto. “E’ sempre stato cosìqualsiasi cosa succedesse c’era sempre Abel a proteggere me e Arthur … – pensava con terrore la ragazza tra i singhiozzi – Abel si è sempre messo in pericolo per difendere noi … anche adesso… ma stavolta… stavolta …. Abel che prende il posto di Arthur … Abel che scambia la sua vita con quella di Arthur…”.
“Ti preoccupi troppo – cercava di rassicurarla Abel – Non piangere, vedrai che andrà tutto bene”. Georgie alzò gli occhi per guardarlo, Abel le stava sorridendo dolcemente. “Ho solo un favore da chiederti, Georgie – le disse il ragazzo – una volta in Australia, porteresti dei fiori sulla tomba dei miei genitori da parte mia?”. Georgie annuì d’istinto, poi però si rese conto delle implicazioni di quanto Abel le aveva appena chiesto: “… ma Abel … potrai portare tu stesso i fiori sulle loro tombe quando ci raggiungerai in Australia, una volta costruita la tua nave… non è vero?” – replicò angosciata Georgie, che in realtà gli stava chiedendo altro. “Può darsi, Georgie, può darsi” – le rispose Abel continuando ad accarezzarle i capelli. Si trattava di una promessa che dentro di sé non era certo di poter mantenere. Tuttavia, se gli fosse successo qualcosa, una parte di lui sarebbe comunque vissuta in Georgie perché questa volta l’avrebbe protetta e l’avrebbe salvata. Lei insistette: “Promettimelo Abel, promettimi che tornerai da me…”. Abel pensò: “Amore mio, non so neanche per quanto tempo ancora vedrò sorgere il sole, come faccio a prometterti che tornerò in Australia?”. Però le disse: “Te lo prometto, ovunque e comunque io tornerò da te”. La ragazza sembrò calmarsi un poco. Dentro di sé Abel si stupì di essere ancora in grado di trovare le parole giuste per consolarla quando il suo cuore era dilaniato, quando neanche lui nel profondo ci credeva.
Georgie tornò a rifugiarsi tra le braccia del ragazzo, che la strinse a sé appoggiando il volto sui suoi capelli. Non avrebbe mai voluto lasciarla andare: entrambi sapevano che quello sarebbe potuto essere il loro ultimo abbraccio. Anche Georgie, infatti, stringeva con la mano il braccio di Abel e non voleva staccarsi da lui. Il panico cresceva dentro di lei di minuto in minuto e il pensiero che in quella cella lui sarebbe anche potuto morire, le straziava il cuore.
In lontananza cominciò a tuonare. 
  
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