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Autore: Alice Sart    29/09/2008    2 recensioni
La sete. La brama. Ero un mostro e meritavo di marcire all'inferno.
Lo avevo sempre pensato.
Ed ora ne ero sempre più convinto.
Mi voltai verso il suo corpo, livido e bagnato di sudore.
Era là, distesa, silenziosa ed immobile, con il volto serrato in una morsa di dolore. Mi avvicinai al letto. Con il dorso freddo della mano le accarezzai la fronte e le guance.
Chiusi gli occhi, vederla così mi faceva morire -anche se in realtà io ero morto da ormai cent'anni-.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimers: i personaggi della fanfic non mi appartengono, ma sono proprietà di S. Meyer; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Lasciamo i nostri sogni
 

Stavo disteso supino sul divano con gli occhi gonfi di lacrime che non volevano scendere ed il cuore -se tale si poteva ancora definire- straziato dal dolore. Il dolore del rimorso per ciò che avevo fatto. Fuori la neve cadeva dolcemente, a fiocchi, a copriva di un bianco candido il paesaggio tutt'attorno, come se avesse voluto cancellare i segni de mio crimine.
Tutto taceva. Tutto. E quel silenzio era così insopportabile. Insostenibile almeno quanto le sue urla di dolore.
Erano passati ormai già due giorni non mi ero quasi mai mosso dal piccolo rifugio. Da due giorni e mezzo vegliavo su di lei, sul suo corpo.
Avevo paura di guardarmi allo specchio. Paura di vedere gli occhi rosso rubino, che mi ricordavano di essere un orrendo mostro famelico.
Mi ero liberato dei vestiti che indossavo, sudici di terra e sangue, eppure avevo ancora addosso l'eccitante odore di quel dolce liquido rosso. Del suo sangue. Potevo sentire i miei denti affilati come bisturi affondare nella tenera e debole carne. Tagliarla come burro.
La sete. La brama. Ero un mostro e meritavo di marcire all'inferno.
Lo avevo sempre pensato.
Ed ora ne ero sempre più convinto.
Mi voltai verso il suo corpo, livido e bagnato di sudore.
Era là, distesa, silenziosa ed immobile, con il volto serrato in una morsa di dolore. Mi avvicinai al letto. Con il dorso freddo della mano le accarezzai la fronte e le guance.
Chiusi gli occhi, vederla così mi faceva morire -anche se in realtà io ero morto da ormai cent'anni-.
Eppure all'inizio stava andando tutto così bene.

¤•†† ◊ ††•¤

Avevo deciso di portarla con me in montagna per il week-end, un modo come un altro per tenerla lontana per un po' dai cani di LaPush. Da Jacob Blake sopratutto.
Lo chalet in cui dovevamo trascorrere la nostra vacanza si trovava in mezzo al bosco, in una piccola radura dall'aspetto romantico, a cui il candore della neve, irradiato dai gelidi e timidi raggi del sole invernale, donava un'aura mistica. Eravamo solo io e la mia Bella. Nessuno a disturbare. Nessuna voce oltre alle nostre. Nessun pensiero oltre ad i miei.
La baciai delicatamente. Era come una fiore, se non stavo attento rischiavo di calpestarlo.
Entrammo nello chalet. Accesi il camino. Io non sentivo il freddo nè il caldo, ma i denti di Bells battevano nervosamente. Le diedi un altro bacio, avrei voluto poterla baciare con più passione per dimostrarle quanto l'amassi e la desiderassi. Avrei voluto fare l'amore con lei lì. Ma non potevo. Mi ero promesso che prima di provare una cosa così rischiosa ci saremmo dovuti sposare. Oltretutto non volevo rubarle la sua dote prima di allora. Nè volevo perdere la mia.
Verso mezzogiorno si preparò da mangiare.
Quello che successe poi, avvenne talmente in fretta che non ebbi il tempo di riflettere.
Si tagliò con il coltello da cucina.
Iniziò a sanguinare.
Io impazzii.
Mi avventai su di lei immobilizzandola. Desideravo assaggiare quel dolce nettare. Quel profumo di fiori mi aveva completamente annebbiato la mente. Bella cercò di ribellarsi, come se fosse servito. Non volevo farle del male, ma non riuscivo a pensare ad altro se non a bere il suo sangue.
E così feci.
Affondai i denti nella carne morbida del suo collo, che si ruppe come burro. Li affondai sempre più in profondità. Era squisito.
Fermati Edward!
No, ne volevo ancora, almeno una goccia, e bevevo da quella zampillante fontana di ambrosia.
Se non ti fermi la ucciderai.
Quel sangue aveva un sapore squisito.
FERMATI!
La sentii pian piano smettere di dimenarsi tra le mie braccia. Solo allora riuscii a riprendere controllo delle mie azioni e smisi di bere e di respirare.
«Oh dio, no...dio, cosa fatto? Bella! Bella! Rispondimi.» piangevo e la stringevo. Impaurito. Disgustato.
Dopo una manciata di minuti lanciò un urlo di dolore.
Un urlo straziante. Uguale a quello della prima volta. «Il fuoco! Spegni il fuoco!»
Il veleno stava iniziando a propagarsi, mentre continuava a sanguinare.
Cosa potevo fare? Se avessi succhiato via il veleno e cercato di portarla da Carslie sarebbe morta dissanguata.
Se non le avessi succhiato via il veleno sarebbe diventata come me.
Sapevo che non era giusto condannarla ad una vita da essere reietto e dannato. Ad una vita senza il sole che tanto amava.
Però...
Però ero troppo egoista.
La distesi sul letto e la coprii. Tamponai e medicai la ferita, cucendola in maniera molto rustica -e non troppo efficace-. Non ero un medico, ma ricordavo come Carslie la aveva medicata le altre volte che si era ferita. Medicai anche la mano.
Poi corsi alla velocità massima a casa e presi della morfina per alleviare la sua sofferenza.
Tornato mi accoccolai vicino a lei, deciso a vegliare fino al suo risveglio, pregando che il veleno le impedisse quella che sarebbe stata altrimenti una morte -definitiva- certa.

¤•†† ◊ ††•¤

La vidi muovere debolmente le palpebre e girare appena la testa.
«Ed...Edward...» mi chiamò stancamente, con voce sommessa.
«Sono qui Bella...» le strinsi la mano «Sono vicino a te.»
Aprì a fatica gli occhi e si girò a fissarmi ed io abbassai lo sguardo per incrociare il suo «Cosa è successo? Io...non ricordo.»
Oh, Bella. La mia Bella. Mi scrutava con le iridi rosse ed accese. La sua pelle era fredda e marmorea, il suo cuore non batteva più. Respirava, ma era un respiro falso, ipocrita.
Non trovavo la forza di risponderle. Alzai il volto e lasciai che i nostri occhi si incontrassero.
«Edward...i tuoi occhi....»
Sorrisi mestamente, «No Bella. I tuoi occhi...»
Non colse subito il senso della mia risposta. Rimanemmo in silenzio per un po'. Poi capì e sciolse l'intreccio delle nostre mani, scuotendo il capo sconvolta. Le spiegai quello che era accaduto.
«Non ho neppure potuto salutare Charlie, Renee e Jacob...» i suoi occhi erano lucidi di lacrime.
«Non odiarmi, Bella. Ti prego» supplicai, con voce bassa e rotta dal dolore. Si voltò verso di me.
«Non ti odio amore mio. E' solo che...» lasciò liberi gemiti e singhiozzi, che sembravano risuonare nel nulla che ci circondava.

¤•†† ◊ ††•¤

Spazio autrice
spero vi sia piaciuta! per iniziare la mia permanenza qui ho pensato di iniziare con qualcosa di soft, anche se tendenzialmente sono più per il rating Rosso =__= (e genere Erotico -ma non sono una ninfomane eh °_°-), aspettate e se avrete la pazienza di seguirmi vedrete ^^!
Questa one-shot mi si è praticamente scritta da sola, io mi sono limitata a chiedermi: Ma se Edward non avesse resitito? ed il resto è venuto da se O_O.
Spero che qualcuno lasci qualche commento!!!

   
 
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