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Autore: saitou catcher    12/09/2014    2 recensioni
Cosa succede se due mondi differenti si uniscono e personaggi che non hanno nulla in comune finiscono per incontrarsi?
O meglio: cosa succede se due folli decidono di fondere gli universi di Harry Potter e I Miserabili e di tirare a sorte per creare coppie imperdibili?
Raccolta di one-shot su coppie create dal caso fra i personaggi di Harry Potter e dei Miserabili.
Leggete e recensite!
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Odierò, se potrò, altrimenti amerò, controvoglia.”
Ovidio

L'ennesimo grido squarciò il silenzio immobile della stanza, e la figura del prigioniero si contorse sul tavolo a cui l'avevano legato, per poi ricadere con un ringhio strozzato sulla dura superficie di legno.

Bellatrix Lestrange sorrise, il sorriso sadico e perverso di una bambina che tortura il suo giocattolo, e mosse di nuovo la bacchetta, quasi sprezzantemente. Un altro grido proruppe dalla sua vittima inerme. Sotto di lui, una piccola pozza di sangue si allargava e colava sul pavimento con un lento gocciolio.

-Allora?- domandò- Non sei stanco? Non sarebbe migliore se tutto questo strazio finisse?

Dal tavolo a cui l'avevano incatenato, perché lei potesse impunemente torturarlo, Jean Valjean alzò lentamente la testa e la fissò. Ansimava, un rivolo di sangue gli scendeva dalla bocca, e tutto il suo corpo fremeva in reazione alle maledizioni che lei gli aveva scagliato. Ma nei suoi occhi non c'era una sola scintilla di odio.

Non una.

Bellatrix storse la bocca. -Si può sapere cosa speri di ottenere? Non potrai salvarli, nessuno di loro. I tuoi amici dell'Ordine, il tuo amico Ispettore, la tua disgustosa, preziosissima figlia. Moriranno tutti. Provvederò personalmente. Ma dammi un'indirizzo, dimmi dove posso trovarli, e ti garantisco che la tua piccoletta avrà una morte rapida e indolore.

Nulla cambiò, nel viso di Jean Valjean. Aveva sempre dipinta sul volto quell'espressione stoica ed impassibile che Bellatrix Lestrange aveva imparato a conoscere e a disprezzare. Quando parlò, la sua voce era calma.

-Stai perdendo il tuo tempo- disse.

Bellatrix storse di nuovo la bocca. -Che vuoi dire?

Valjean si sollevò un poco dal tavolo. -Semplicemente questo: se credi di poter farmi scrivere quello che non voglio scrivere, di farmi dire quello che non voglio dire, ebbene...

I muscoli del braccio sinistro ebbero una contrazione improvvisa, e poi Valjean urlò, un grido orribile che sembrava più un ruggito, mentre con uno strattone violento faceva scivolare il polso e la mano attraverso l'anello di ferro che lo assicurava al tavolo della tortura.

L'uomo ricadde sul piano di legno, ansimando pesantemente, il viso solcato da lacrime di dolore; poi, lentamente, alzò il braccio. E persino Bellatrix Lestrange distolse lo sguardo con un moto di disgusto: la pelle sul polso era rivoltata come un guanto, attraverso il rosso sanguinolento della carne s'intravedeva il bianco delle ossa.

-Guarda- sussurrò con un filo di voce.

In quel momento Bellatrix lo odiò, lo odiò più di quanto lo avesse mai odiato da che lo conosceva: odiò la sua incrollabile forza di volontà, il suo disgustoso spirito di sacrificio, la sua fede cieca ed iremovibile in un Dio pietoso e bugiardo. Lo odiò più di quanto lo avesse mai odiato... se si eccettuava il giorno in cui lo aveva conosciuto.

 

“Gli sciocchi che portano il proprio cuore con orgoglio sul bavero, che non riescono a controllare le emozioni, che si crogiolano nei ricordi tristi e si lasciano provocare così facilmente... gente debole, in altre parole... non hanno alcuna possibilità contro l'Oscuro Signore!”*

Se quello che diceva Piton era vero, allora, Jean Valjean non avrebbe potuto definirsi altro che uno sciocco e un debole.

Eppure, a vederlo non sembrava. E non perché fosse più grosso e più forte di chiunque altro Bellatrix avesse mai conosciuto. C'era qualcosa, nei suoi occhi, che parlava di un animo che non si sarebbe piegato facilmente, anzi, che non si sarebbe piegato mai.

Bellatrix ricordava bene il giorno in cui se n'era resa conto per la prima volta.

Lei e il suo gruppo di futuri Mangiamorte avevano preso di mira una ragazza. All'epoca Bellatrix non aveva idea di come si chiamasse, anche se negli anni a seguire avrebbe ricordato con astio il suo nome: era una ragazza di Grifondoro del quarto anno, e si chiamava Fantine.

Non ricordava più che cosa le avessero detto, ricordava solo che Jean Valjean si era messo di mezzo.

-Che cosa sta succedendo qui?

Si era frapposto fra loro e la ragazza, gli occhi fissi sul loro gruppetto senza traccia di paura, e Bellatrix l'aveva guardato, affondando lo sguardo nelle iridi nocciola di lui. Gli occhi di Valjean avevano ricambiato il suo sguardo, senza paura ne' disprezzo.

Non sapeva bene cosa l'avesse colpita in lui; solo molti anni dopo, ripensandoci, se ne sarebbe resa conto con chiarezza. Le avevano sempre insegnato a credere che una caratteristica imprescindibile del bene fosse la debolezza, e lei ci aveva sempre creduto: negli anni a venire ne avrebbe visti tanti, dei cosidetti “buoni” perdere il controllo, prostarsi ai loro piedi privi di ogni difesa e piagnucolare per la loro salvezza, ed era giusto che fosse così, perché la pietà, l'amore,la misericordia ti creavano nuovi nemici, nemici che un giorno o l'altro avrebbero potuto colpirti alle spalle; meglio, allora, eliminare subito chi avrebbe potuto nuocerti, e indurire il proprio cuore, trasformarlo in un mero strumento di sopravvivenza, perché così nulla avrebbe potuto ferirti, nulla avrebbe potuto farti vacillare.Ma in Valjean non aveva visto nulla di tutto questo. In piedi di fronte a lei, quel giorno lontano, non aveva mostrato ne' paura ne' esitazione, semplicemente il desiderio di difendere la ragazza che si rifugiava, tremante ma spavalda, dietro le sue spalle. Nel petto di Bellatrix si era agitato uno strano impeto di ammirazione, e sì, anche di qualcos'altro: qualcosa che sulle prime non era riuscito a definire, ma che col tempo aveva acquistato un nome e un peso preciso: desiderio.

In quel momento, mentre era in piedi di fronte a lei, con le iridi nocciola tranquillamente fisse nelle sue, Bellatrix Black l'aveva desiderato.

-Levati dai piedi, lurido Mezzosangue- aveva sibilato Lucius Malfoy con tutto il disprezzo che era riuscito a caricare nella sua voce calda e modulata.

Bellatrix osservò Valjean, incuriosita, chiedendosi come avrebbe reagito. Non reagì. Si limitò a scrollare le spalle.

-Ho detto levati dai piedi, oppure provvederemo a farti sloggiare- quello di Lucius era stato un ringhio.

Altra scrollata di spalle. -Fate pure.

-Che spavalderia- aveva riso allora Avery- E come pensi di affrontarci, tutto da solo?

-Non è da solo- aveva risposto Javert, sbucando alle sue spalle e mettendosi al suo fianco.**

Bellatrix non gli prestò attenzione. I suoi occhi erano fissi sul Valjean, in un'avida attesa della sua reazione. Non sembrava cercare la lotta, ma nemmeno temerla. Semplicemente, attendeva.

Le bacchette eranio state sfoderate, tutti si erano messi in posizione, e già l'aria vibrava della caratteristica tensione che precede la battaglia, quando la Professoressa McGranitt era sopraggiunta, ponendo bruscamente fine al loro confronto. Era stato in quel momento, o meglio, pochi secondi dopo, che il desiderio di Bellatrix Black nei confronti di Jean Valjean si era tinto della sanguigna sfumatura dell'odio. Bellatrix non l'avrebbe mai dimenticato.

Nel seguire i suoi compagni che battevano in ritirata si era voltata a guardare, per un istante, il loro avversario. Valjean era vicino a Fantine e le chiedeva come stesse. E in quel momento, mentre gli occhi di lui erano fissi su quell'insopportabile bambolina bionda, il sorriso che gli sollevava le labbra era così sincero, così vero, che sarebbe stato praticamente impossibile dubitare di quanto il suo animo fosse profondamente, innatamente buono.

In quel momento, Bellatrix Black l'aveva odiato.

 

Nei mesi seguenti, lo aveva osservato. Lo aveva studiato, e credeva di essere riuscita, almeno in parte a comprenderlo. Non era un compito così facile come poteva sembrare: Javert era facile da inquadrare, spietato ed impersonale come la Legge che credeva di rappresentare, e Fantine era immersa in un suo mondo in cui l'amore esisteva, e il lieto fine era sempre presente. Valjean non era così ingenuo, eppure si avvertiva in lui un candore che sconcertava. Ad Hogwarts si era guadagnato la nomea di difensore degli oppressi,e tutti tra le Case lo avevano in simpatia, esattamente per quelle qualità di lealtà, bontà, onestà che gli avevano guadagnato un posto nella casa di Tassorosso. Persino attraverso la barriera dei suoi modi bruschi, si avvertiva un animo gentile e un incrollabile spirito di sacrificio. Jean Valjean non mentiva, non rubava, non faceva del male. Era semplicemente se stesso.

Quel che era ancora più sconcertante era il fatto che lui non fosse minimante consapevole di tutto questo. Era come se non si accorgesse di emanare luce e calore, di infondere in chiunque lo osservasse un immediato senso di protezione. Lui era puro, ma ne era ignaro, e questo fatto in qualche modo lo elevava ancora di più. C'era in lui una semplice dignità che annullava l'umiliazione.

Jean Valjean emanava luce, e Bellatrix Black era attratta da quella luce in un modo peverso, alla stessa stregua di una falena che anelasse la fiamma di una lucerna. La desiderava, la contemplava, anelava di stringerla tra le sue mani e di vederla palpitare tra le dita, debole e calda come la fiamma di una candela. E, nelle profondità più segrete del suo animo, lì dove custodiva i pensieri che non potevano essere rivelati, Bellatrix nutriva la sua fantasia più profonda e segreta, il sogno delirante che l'avrebbe tormentata persino nelle fredde notti di Azkaban.

Sognava di stringere la luce di Valjean e di sporcarla, di macchiare il candore di quell'anima con le spirali rosse e nere del sangue e dell'odio. Sognava di corrompere quell'anima che di corrotto non aveva nulla, di veder lentamente appassire e morire quell'impronta di santità che si scorgeva attraverso le chiare iridi nocciola di lui. Sognava di marchiare a fuoco sulla sua anima il simbolo di ogni possibile peccato, di donare tutta quella forza e quella volontà alla causa che serviva.

In un angolo del suo cuore, Bellatrix era perfettamente cosciente del fatto che corrompere Valjean avrebbe rappresentato per lei l'unica possibilità di possederlo veramente. Solo se fosse riuscita a spingerlo oltre il segno di quella sottile linea al di là della quale non c'è redenzione lui sarebbe potuto essere veramente suo. Perché finché Bellatrix fosse stata Bellatrix e Valjean fosse stato Valjean, lei non avrebbe mai potuto amarlo. Erano troppo diversi, percorrevano sentieri opposti, e Bellatrix non poteva accettare di provare una simile attrazione per un essere che rappresentava tutto ciò che lei detestava.

Così lo odiò, perché non aveva scelto.

Lo odiò con la stessa intensità con cui l'avrebbe amato se avesse potuto farlo.

Lo odiò perché non voleva amare.

 

A distanza di anni da quel giorno, Bellatrix Lestrange scoppiò a ridere.

-Non male, come giochetto di prestigio- sibilò, sprezzante- Ma dimmi, conserveresti ancora la tua ferrea determinazione, se legata su quel tavolo ci fosse tua figlia?

Lo sguardo di Valjean rimase tranquillo e limpido come un lago di montagna. -Non arriverai mai a lei.

Bellatrix rise di nuovo, una risata malvagia, strozzata, e si avvicinò al tavolo, chinandosi sul prigioniero fino a che tra i loro visi non vi furono che pochi millimetri d'aria. Delicatamente, quasi come se non volesse fargli male, sfiorò con la punta delle dita le labbra insanguinate di lui.

-E chi me lo impedirà?- sussurrò, e la sua voce era quasi gentile- Il tuo Dio, forse? Se ti amasse quanto dici, non ti avrebbe abbandonato qui, o sbaglio? La tua adorata figlioletta? Non durerà nemmeno un secondo, il giorno in cui me la troverò davanti. Il tuo amico Ispettore? È mille miglia lontano da qui, e non potrà salvarti. Chi ci è rimasto? Mmmh, vediamo... ah, sì, la tua amatissima moglie! Me la stavo quasi dimenticando! Che dici, Valjean? Sarà lei a proteggere te e tua figlia, dalla tomba?

Nel momento in cui nominò Fantine, sentì Valjean sussultare, la mascella stringersi fino a far scricchiolare i denti.

-Oh, poverino, ho toccato un tasto dolente?- mormorò Bellatrix. -Ti manca molto, non è vero? Chissà come devi sentirti solo, la notte, mentre dormi in un letto vuoto senza la tua sposa accanto. Ma se è di una donna che hai bisogno, posso essere io a rimediare...

Lo baciò. Lentamente e a lungo, godendosi il sapore del sangue sulle sue labbra. Valjean era immobile sotto di lei, e Bellatrix riusciva quasi a percepire il disgusto che lo agitava, e qualcosa in lei ne godette. Indugiò a lungo sul labbro inferiore,quasi illudendosi di potergli in qualche modo trasmettere l'oscurità che si sentiva dentro.

Quando si sollevò, gli occhi di lui la fissarono, pieni di ribrezzo, e Bellatrix rise, leccando via il sangue che aveva assaggiato dalla sua bocca. E mentre rideva, ricordò l'unica altra volta in cui Valjean l'aveva fissata con quella luce omicida negli occhi.

 

Era riuscito a penetrare nel loro rifugio, a giungere alla cella che cercava facendosi largo tra i Mangiamorte solo per vedersi morire tra le braccia la moglie. La disperazione che emanava era una sensazione quasi fisica, una carezza che Bellatrix sentiva su ogni centimetro della proprio pelle. Valjean era in piedi di fronte a lei, il volto rigato di lacrime e la guardava, e c'era odio nel suo sguardo. Sì, proprio odio, un odio puro, illimitato, distruttivo. Gli occhi che la fissavano ardevano di una fiamma che sembrava in grado di bruciarla viva, e quella fiamma era la cosa più bella che Bellatrix Lestrange avrebbe mai visto. Rise, sentendosi vicina alla vittoria.

In mezzo a loro, il cadavere di Fantine giaceva abbandonato come una bambola rotta. Persino lei, la sognatrice, ingenua Fantine si era rivelata di una tempra più forte di quanto Bellatrix avesse previsto. Aveva deciso di rapire lei, in modo che potessero estorcerle l'ubicazione dell'Ordine della Fenice proprio perché la riteneva più debole degli altri, ma Fantine non aveva ceduto. Mai. Nemmeno quando le avevano tagliato i capelli, quei suoi bei capelli che un tempo erano stati per Bellatrix motivo d'invidia. E aveva riso, Bellatrix, mentre una ad una le ciocche d'oro cadevano sul pavimento, aveva riso con lo stesso godimento di una bambina maligna che sfregia la sua bambola.E ad ogni sfregio che le faceva aveva provato un oscuro piacere, perché sapeva che ogni ferita inflitta a lei sarebbe stato un marchio a fuoco sull'anima di Valjean.

Ma Fantine non aveva ceduto. Nemmeno quando le avevano strappato i denti. Esattamente come avrebbe fatto suo marito diciassette anni dopo di lei, Fantine non aveva rivelato nulla.

E ora, in piedi di fronte a lei, Valjean la fissava, il volto trasfigurato da una smorfia di furia omicida,

-L'hai uccisa- mormorò. La sua voce era calma, ma nel suo sguardo l'incendio infuriava.

-SÌ!- rise Bellatrix, quasi piegata in due- Sì, l'ho uccisa, la tua bella mogliettina, ma non è più tanto bella, adesso, vero? Guardala, guardala adesso, senza più tutti quei capelli, e senza più i suoi bei dentini, è bella adesso, vero?

-Stupeficium.

Valjean mosse appena le labbra,la voce mortalmente piatta, e l'incantesimo colpì Bellatrix in pieno petto, mandandola a sbattere contro la parete. Un “Expelliarmus” appena mormorato, e la bacchetta le volò dalla mano.

-Incarceramus- sussurrò Valjean, e Bellatrix si sentì mozzare il respiro, tutto il suo corpo serrato da legami invisibili.

Lui era di fronte a lei, adesso, la sovrastava, la bacchetta levata sopra la sua testa come una sentenza di morte. Continuava a piangere.

-L'hai uccisa- sussurrò.

Bellatrix lo fissò, e i battiti del suo cuore accellerarono, mentre una strana estasi sembrava riempirla. Finalmente erano giunti al momento che sognava da anni, l'anima di Valjean brillava negli occhi che la fissavano, corrotta dall'odio e dal desiderio di vendetta. E nel momento in cui la sua bacchetta si sarebbe mossa e le sue labbra avrebbero pronunciato le parole che segnavano la sua dannazione, Bellatrix avrebbe saputo di aver vinto. Aveva rubato la sua anima a Dio. E macchiandosi le mani col suo sangue, Valjean si sarebbe reso definitivamente, irrevocabilmente suo.

-Uccidimi, allora- ringhiò- Che aspetti? È quello che vuoi, vero?

Tutto il suo corpo si tese, preparandosi al colpo.

Che non arrivò.

Sotto gli occhi stupefatti di Bellatrix, Valjean abbassò la bacchetta. -No.-replicò- Non è quello che voglio.

Bellatrix lo fissò, sbattendo le palpebre.-Cosa stai dicendo?

Valjean abbassò lentamente la testa per fissarla. Nei suoi occhi non c'era più odio. Solo lacrime.

 

 

Diciassette anni dopo, negli occhi di Valjean non c'era odio.

Bellatrix si staccò da lui, alzò la bacchetta per colpirlo di nuovo. Nel momento in cui preparava il colpo, i suoi occhi e quelli di Valjean s'incontrarono.

E, incredibilmente, Valjean sorrise.

Bellatrix arretrò di scatto, abbassando il braccio come se si fosse scottata. -Che cosa hai da ridere?!

-Tu non puoi vincere- ribatté semplicemente Valjean- Tu e il tuo signore disprezzate tanto l'amore, ma è l'amore che da' la forza di resistere a tutte le torture che una mente ristretta come la tua potrebbe inventare. Se io non voglio, tu non riuscirai mai a farmi dire quello che speri di sentire. Persino adesso, persino mentre mi torturi, sono più forte di te.

Bellatrix lo colpì sulla bocca con tutta la forza che aveva.

-Questo è quel che vedremo-sibilò, prima di lasciare la sala.

 

Quando seppe che Jean Valjean era fuggito, circa tre ore dopo, Bellatrix Lestrange urlò con tutto il fiato che aveva. Urlò tutta la sua frustrazione, la sua rabbia, il suo odio. Ma quando l'urlo le si spense in gola, i suoi occhi erano più determinati che mai.

Non avrebbe ceduto.

Alla fine, in quella partita per l'anima di Valjean, sarebbe stata lei la vincitrice.

 

-Mia figlia no, cagna!

Attorno a lei, la battaglia infuriava; Silente giaceva ai piedi della Torre di Astronomia, inerme e spezzato come una bambola rotta, sotto un cielo dominato dal Marchio Nero, ma a Bellatrix Lestrange non importava; in quel momento, contavano solo gli occhi di Jean Valjean, fissi su di lei, di nuovo carichi di quella furia omicida che lei ben ricordava.

Si preparò allo scontro, mentre Valjean si faceva avanti scostando sua figlia, la piccola, inerme Cosette, che Bellatrix avrebbe ucciso, se non fosse stato per il suo intervento.

Ancora una volta si affrontarono, ancora una volta furono maledizioni che volavano e s'infrangevano intorno a loro; ancora una volta, Bellatrix finì a terra.

Valjean incombeva su di lei, esattamente come quel giorno di diciassette anni prima, e Bellatrix fu certa che questa volta l'avrebbe uccisa, che doveva ucciderla, perché solo così si sarebbe concluso la guerra che dal quel lontano in cui i loro sguardi si erano incontrati per la prima volta, infuriava tra loro.

Ma ancora una volta, Valjean la sorprese.

-Non ti ucciderò- disse.

Bellatrix lo fissò con tutto l'odio del mondo.

L'uomo si accovacciò di fronte a lei, inclinando il volto in modo che fossero alla stessa altezza. -Non riuscirai a farmelo fare- disse infine- La mia anima non vale la pena di essere salvata, ma non la spingerò tanto a fondo; io sono migliore di così.

Sotto gli occhi stupefatti di lei, si alzò e le voltò le spalle,allontanandosi da lei.

Mentre fuggivano da Hogwarts, come quel lontano giorno di trent'anni prima, Bellatrix si voltò a guardarlo; come quel lontano giorno di trent'anni prima, lo vide, mentre stringeva tra le braccia la figlia, mentre gli occhi gli risplendevano di quella luce calma e gentile.

In quel momento, Bellatrix Lestrange comprese di avere perso, e in quel momento, per la prima volta nella sua vita, comprese che, forse, tutto l'odio del mondo non era sufficiente per sconfiggere l'amore di un singolo uomo.

 

* Parole di Severus Piton quando parla ad Harry dell'Occlumanzia.

**Il perché Valjean e Javert girano insieme verrà spiegato nel prossimo capitolo.

Per chi non l'avesse capito, il finale è ambientato nella notte della morte di Silente, e le parole che Valjean grida all'inizio dell'ultimo paragrafo sono le stesse che la signora Weasley rivolge a Bellatrix prima di ammazzarla (finalmente!).

 

Nel momento in cui è uscita questa coppia, ho pensato che sarebbe stato interessante scriverci sopra. Di due universi narrativi differenti, i personaggi che rispettivamente amo e odio di più: voglio dire, Valjean è l'emblema della santità e della fighezza, Bellatrix è un'assassina psicopatica che ha avuto una morte infinite volte meno dolorosa di quello che meritava. Ho il leggero dubbio di aver calcato troppo la mano... ma questo dovrete essere voi a dirvelo! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché sinceramente questa è una delle poche volt in cui sono soddisfatta di quello che scrivo.

Un bacio, Saitou

 

 

 

 

 

 

  
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