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Autore: Il_Dottore    12/09/2014    0 recensioni
Cosa ne peseresti se ti dicessi che tutto quello che ti hanno insegnato fino ad ora non è reale?
Che il mondo è miliardi di anni più vecchio di quello che ti dicono?
Che questa è la seconda volta che il genere umano si sviluppa su questo pianeta?
Che la magia, quella cosa attorno alla quale sono stati creati film, libri e favole, esiste veramente?
Ma l'umanità ha già dimostrato di non essere in grado di gestire un potere tanto grande.
Solo in pochi possono sperare di essere addestrati in questa magnifica arte dal Maestro. Egli istruisce e difende la popolazione della terra da tempo immemorabile.
Nessuno sa perché lo fa.
Egli è l'ultimo sopravvissuto di un'antichissima stirpe di esseri straordinari, l'ultimo degli Arcani.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Indizi Indecifrabili




Diana aprì gli occhi al buio, ancora insonnolita; si svegliava sempre così, di colpo.
Dopo cinque minuti di beato far niente si alzò. Sapeva che erano circa le 10:00 e sapeva anche di avere un appuntamento con Domenico alle 10:30 per andare alla sala giochi a provare un nuovo videogame in anteprima. Il proprietario del locale era il padre di Francesca e le offriva sempre qualche gettone in più di quelli che gli pagava la ragazza, ignorando completamente ogni tipo di protesta.
Dubitava di trovare la sua amica al negozio del padre, lei cercava di evitarlo, a differenza di Diana non amava particolarmente i videogiochi.
Dopo essersi preparata scese per fare colazione. Al tavolo trovò suo fratello intento a leggere il giornale sullo sport, il padre a leggere “Il Centro” e la madre al portatile e ai fornelli contemporaneamente, anche se la maggior parte della concentrazione era al computer e alla sua chat di facebook.
“Mamma, il latte sta traboccando” disse Diana sbadigliando.
“Oh cielo!” esclamò sua madre e si affrettò ad abbassare la fiamma del fornello.
“Novità?” chiese non rivolta a nessuno in particolare.
“Niente di che… le tasse che aumentano, la crisi che avanza, i politici che si criticano a vicenda… roba vecchia” rispose suo padre burbero.
“Ma tu non hai un appuntamento tra cinque minuti?” chiese sua madre dando prova, come sempre, di essere a conoscenza dei suoi programmi.
Diana non si preoccupò nemmeno di chiederle come facesse a sapere che doveva uscire, tanto c’era abituata, ma piuttosto si preoccupò del fatto che mancavano effettivamente cinque minuti al suo appuntamento: Domenico era puntualissimo e se lo si faceva aspettare o gli si dava tempo di pensare, s’incappava in brutte sorprese.
Trangugiò in fretta la colazione e si diresse verso la porta di casa. Era sulla soglia quando suo padre, con la voce di chi sapeva già quale sarebbe stata la risposta, le chiese: “Cara, hai preso i soldi, la borsa con il cellulare e tutta la tua roba?”
Dalla porta della cucina si vide Diana che si dirigeva con aria rassegnata verso le scale diretta in camera sua per prendere borsa e cellulare.
Mike sorseggiò il caffè, poi posò la tazza, abbassò il giornale e congiunse pollice ed indice con il palmo rivolto verso l’alto, tracciando un’invisibile linea orizzontale in aria.
 
 
Domenico aspettava Diana sul marciapiede di fronte casa sua ed era preoccupato per quello che sarebbe successo quel pomeriggio, ma non lo dava affatto a vedere; ostentava un’aria seccata, di chi era stufo di aspettare. Proprio mentre stava architettando uno scherzo per ingannare il tempo, la ragazza uscì dalla porta di casa e lo salutò; lui le rispose e insieme si incamminarono verso la sala giochi.
Francesca li aspettava stranamente fuori la porta; Diana si accigliò leggermente quando le sembrò di vedere Francesca scambiare un cenno impercettibile con Domenico. Le sembrò assai insolito… tra i suoi due amici non c’era mai stata molta intesa; si conoscevano appena e si incontravano di rado. Dopo averla salutata allegramente, Francesca si incammino verso il centro. Diana in ogni caso non si fece molte domande, in quei giorni si sentiva stanca ed era probabilmente per quello che le sembrava di vedere cose strane. Si concentrò piuttosto sul nuovo videogame: superare Domenico nei voti scolastici era una partita vinta in partenza, ma sconfiggerlo ai videogiochi era una vera impresa.
“Non vincerai mai!” esclamò il ragazzo sicuro.
“La vedremo” gli rispose Diana di rimando.
“Ah-ah, sono in testa!”
“Ancora per poco!”
Il resto della lotta passò in silenzio, entrambi erano troppo concentrati per giocare al meglio. Alla fine fu un pareggio, ma tutti e due promisero la propria vittoria alla prossima partita.
Uscirono dal locale e decisero di pranzare fuori.
Andarono verso una delle varie pizzerie della zona, questa si chiamava Trieste e, a parere di tutti e due, era la migliore pizzeria della città.
Presero una pizza alla diavola ciascuno e si sedettero a un tavolo fuori il locale per mangiare all’aria aperta.
Mentre gustavano ognuno il proprio trancio di pizza, Diana vide Matteo che andava verso il campo da calcio per l’allenamento.
Quasi si strozzò.
Domenico si guardò intorno per cercare cosa avesse potuto provocare in lei quello spasmo, senza neanche cercare di aiutarla. Quando vide Matteo un sorrisetto malizioso gli si allargò in viso.
Si girò nuovamente verso Diana e chiese con voce ironica:
“Qualcosa ti innervosisce, cara?”
“Nulla che debba impensierirti, tesoro” gli rispose lei velenosa.
“Non fare la scontrosa con me, non vorrai pentirtene”
“E cosa mi potresti mai fare tu?”
“Saresti molto sorpreso di quello che potrei farti”
“Adesso non incominciare a vantarti altrimenti finiamo domani”
“Ne riparleremo oggi pomeriggio verso le sei”
“Allora me lo hai mandato tu quel messaggio anonimo!” esclamò Diana sicura che i suoi sospetti fossero fondati.
“Di cosa stai parlando?” disse con una punta impercettibile di sarcasmo.
“Non fare il finto tonto con me! Conosco quel sorrisetto complice! Stai per combinarne un’altra delle tue!”
“Io non so di che messaggio stai parlando”
“Bè, se non sei stato tu a inviarmi quel messaggio, c’entri lo stesso qualcosa, lo so, ti conosco da troppo tempo caro mio; non mi nascondi più niente a me!”
“Di nuovo, saresti molto sorpresa di quanto non sai di me; ma ripeto, ne riparleremo oggi pomeriggio” detto questo si alzò dal suo posto, pagò al cameriere la sua pizza e se ne andò salutandola solo con un gesto della mano stando di spalle per giunta.
Lei rimase lì, con un palmo di naso. Domenico si comportava sempre più stranamente.
Pagò anche lei e si avviò verso i campi da calcio per assistere alla partita.
Mentre camminava si guardava intorno come se si aspettasse che Domenico con un paio di amici le saltasse addosso da un momento all’altro.
A un certo punto la sua attenzione venne catturata da uno strano ragazzo che sembrava guardarla dall’altro capo della strada, poteva avere vent’anni; indossava un mantello cremisi ornato d’oro.
Aveva il cappuccio calato sugli occhi ed era contro luce, perciò Diana non riuscì a scorgere il suo viso. Il mantello gli copriva tutto il corpo, ma poteva vedere che era alto e grosso quasi come Matteo.
Le sembrava che solo lei riuscisse a vederlo, nessuno pareva accorgersene. Con un vestiario talmente bizzarro, sarebbe dovuto essere al centro dell’attenzione.
Fu visibile solo per pochi secondi, poi un uomo corpulento gli passo davanti nascondendolo al suo sguardo per non più di una frazione di secondo, ma al ragazzo bastò per svanire nel nulla, risucchiato dal niente. Diana rimase ferma per qualche secondo, poi si chiese se stava impazzendo. Infine decise che stava lavorando troppo di fantasia in quel periodo… era stanca dopo la fine della scuola, stressata dalla montagna di compiti delle vacanze che già voleva finire subito. L’odore di bruciato e il fruscio l’altra notte, il ragazzo misterioso… Iniziò a dubitare anche del cenno di intesa che aveva visto fare a Francesca verso Domenico.
Tranquillizzata continuò a camminare e giunse ai campi di calcio.
Arrivò mentre i giocatori si riscaldavano. Vide Matteo che faceva stratcching vicino alla porta della sua squadra e intanto chiacchierava con degli amici.
Diana alzò una mano per salutarlo e lui le rispose con un cenno e un ampio sorriso.
La ragazza sentì improvvisamente caldo all’altezza del colletto della camicia.
Cercò sugli spalti Domenico e lo trovò in meno di due minuti visto che le tribune non erano molto vaste.
“Si può sapere perché mi hai mandato quel messaggio ieri?” gli chiese.
“Ti ripeto che io non ti ho inviato nessun messaggio!” le rispose con un sorriso malizioso sulle labbra.
“E io ti ho già detto che ti conosco fin toppo bene. Poi come giustifichi la tua ‘allusione’ allo stesso orario che era scritto nel messaggio? Non può essere un caso.
Ti avverto, se mi fai fare un’altra figuraccia come quella del secchio d’acqua in testa ti faccio secco.”
“Che paura! Sto tremando!” disse Domenico con finto spavento e senza neanche guardarla.
Poi, visto che si accorse che stava per minacciarlo di nuovo si affrettò ad avvertirla:
“La partita sta per incominciare; non vorrai perdertene qualche istante”
“Taci, simpaticone!” gli rispose acida, ma si affrettò a concentrarsi sulla partita.
 
 
Non andò poi tanto male, pensò Diana fra se e se; vinsero 4-2 ed era un buon risultato visto che alla fine del primo tempo perdevano 0-2 e che solo grazie alla doppietta di Matteo la squadra aveva ripreso fiducia ed era riuscita a rimontare. Avrebbero dovuto vincere 6-2 perché due gol erano stati annullati e lei al secondo si era messa a strillare contro l’arbitro tanto che molti spettatori vicini si voltarono a guardarla stupiti.
Alla fine della partita raggiunse Matteo all’uscita dello spogliatoio e lo accompagnò fino alla stazione. Mentre camminavano discutevano della partita e la ragazza espresse tutto il suo non trascurabile disappunto sui gol annullati.
“Si vedeva benissimo che non era fuorigioco nel primo e nessuno aveva commesso fallo di mano quando vi hanno annullato il secondo!” gli disse infervorata; mentre parlava Matteo ridacchiava felice. Arrivati alla stazione girarono, imboccando Corso Umberto e quando Diana se ne accorse un brivido le percorse la schiena; si guardò in giro ma non vide Domenico o qualche suo solito compare di brigata e si disse che era stata una sciocca a credere a quel messaggio; era sicuramente di Domenico che voleva tenerla sulle spine per tutta la sua camminata con Matteo.
Fece appena in tempo a finire di formulare il pensiero che sentì di nuovo l’odore di foglie bruciate.
Si girò bruscamente verso quella che pensava fosse la direzione da cui venisse quell’odore e vide qualcosa a cui non seppe dare nome, qualcosa che sarebbe dovuta esistere solo negli incubi, qualcosa che era di casa solo nelle fiabe e nei racconti. Una donna urlò e svenne, molti si misero a correre me lei non si mosse, paralizzata dallo shock, non riuscì a emettere alcun suono, a parte un sommesso singulto. In quel momento Diana capì che la sua vita non sarebbe stata più la stessa.
 
 
Iulia si assesto sulla poltrona di pelle di Daino. Era arrivato il momento. Lo aspettava da tempo.
Era nella sua villa privata ad Atene, nel suo studio per la precisione. L’aveva arredato personalmente; oltre alla sedia c’era una scrivania in legno di quercia con la forma di una ampia mezzaluna. Sopra di essa vi erano posati probabilmente gli oggetti più strani che si sarebbero potuti trovare: c’era un computer di tecnologia avventuristica; una lampada levitante alla sua sinistra; la sua poltrona multifunzione.
Naturalmente Iulia avrebbe potuto benissimo fare tutte queste cose da sola, sarebbe potuta perfino stare seduta sul nulla grazie ai suoi poteri, ma le erano sempre piaciuti lo sfarzo e le comodità. Questo era testimoniato dal resto dell’arredamento della stanza: il calamaio e la piuma usati da Dante Alighieri in persona per scrivere la “Divina Commedia”; “La Gioconda” e “Guernica” appesi alle due pareti laterali rispetto alla scrivania (i quadri esposti nei musei erano dei falsi perfetti dipinti da lei stessa).
Sopra un mobile e protetti da una teca di vetro c’erano molte opere come l’autoritratto di Leonardo, alcuni componimenti originali di Beethoven, poesie di Petrarca e Boccaccio (tutti gli originali, se esposti o conosciuti, erano stati ovviamente sostituiti da dei falsi impeccabili).
Tutta la stanza era foderata di legno di pino e dal soffitto pendeva un candelabro a cinquanta bracci completamente in oro e rubini, che rifrangevano la luce, dando allo studio una calda sfumatura di rosso.
Iulia abbassò lo sguardo sulla scrivania; a un suo gesto gli oggetti si spostarono dal centro del tavolo; un altro gesto e di fronte a lei apparve un sottilissimo piatto metallico senza bordi.
Dentro di esso vi era stata versata una sostanza ambrata, simile al miele: il sangue di Trikker, un esserino malefico apparso nel Perù durante il periodo dei Conquistadores spagnoli.
Simile a una scimmia, tranne che per la testa, il Trikker aveva una lunga coda biforcuta e due denti da vampiro che gli conferivano un’aria inquietante; la sua pelliccia che vale più del diamante dai giusti compratori, era solitamente di un bianco perlaceo, gli altri colori erano ancora più rari. Aveva il busto magro e i muscoli sorprendentemente possenti; il muso dall’aria furba tradiva la reale natura dell’essere. Nonostante la sua bellezza esteriore, il Trikker era malvagio e attratto da scherzi… di cattivo gusto.
A un certo punto il liquido si fece trasparente al centro, ma ancora ambrato vicino i bordi del bacile.
“Bene” disse Iulia, il suo Golem si stava risvegliando, era ormai pronto per svolgere il suo compito. Mentre la creatura si tirava fuori da un’aiuola, quelli vicini guardavano attoniti lo spettacolo terrificante del terreno che si apriva per lasciare il passo a quell’essere infernale.
Ne prese il controllo mentale e si guardò intorno, per capire cosa poteva fare.
Improvvisamente la porta del suo studio si aprì (avevano sempre la brutta abitudine di venire a chiamarla nei momenti meno opportuni). Il suo maggiordomo varcò la soglia, fece un inchino e disse a voce alta e chiara:
“Il Signor De Lellis chiede il permesso di incontrarla madame, dice che è urg…”
Non fece in tempo a finire la frase, dal dito di Iulia era già partita una saetta che lo centrò in pieno petto lasciandogli un buco bruciacchiato e facendolo volare per la stanza mandandolo a finire contro la parete del corridoio, dove lasciò un cratere profondo dieci centimetri prima di accasciarsi al suolo inerte. Era stato Zeus in persona a insegnarglielo quando aveva solo 15000 anni.
Non sopportava le interruzioni mentre divinava.
Cerco di concentrarsi nuovamente sulla divinazione.
Dopo circa dieci secondi l’essere captò qualcosa; vide riflesse nel sangue di Trikker le immagini, con i colori tendenti sul rosso, catturate dagli occhi preistorici della creatura.
C’erano molte persone, ma nessuna le interessava.
Poi la vide; camminava tranquilla al fianco di un bel ragazzo conversando amabilmente di chissà quale problema mondano. Iulia sorrise. Le era successo molte volte, nei confronti di numerosi individui, ma aveva sempre un pensiero che l’assillava: – È strano stare a guardare tutte quelle persone tranquille e ignare che non sanno di star per morire – .          
Sentì i passi di De Lellis che camminava a passo svelto per il corridoio venendo da lei. Irruppe nella stanza senza degnare di uno sguardo il corpo del maggiordomo steso per terra di fronte alla porta dello studio.
“Insomma signora Falco! Le avevo fatto dire che era urgente! Io sono un uomo d’affari che non ha tempo da perdere!”
“E io sono una donna d’affari a cui non piace essere interrotta mentre sta lavorando” gli rispose con tranquillità; ma la sua voce aveva lo stesso tono minaccioso che aveva messo in fuga Attila, dopo una sua pessima battuta sulle donne in guerra.
De Lellis, però, arrabbiato com’era, evidentemente non lo colse e continuò la sua predica.
“Senta, tra meno di dieci minuti io devo stare all’aeroporto, a tre chilometri da qui e aggiunga che è l’ora di punta; quindi, o lei mi sta a sentire o si può scordare…”
Neanche lui riuscì a completare la frase e gli toccò la stessa sorte del maggiordomo.
Iulia prese nota di modificare la sua memoria per fargli credere che avevano trattato l’affare e che lui era arrivato in perfetto orario all’aeroporto facendo un confortevole volo; in realtà lei stessa l’avrebbe fatto portare dal suo jet privato. Si concentrò nuovamente sulla divinazione.
Diede un solo comando al golem: Uccidi la ragazza! Ora!





 
Note dell'autore:

Questo secondo capitolo della storia vede la fine della vita tranquilla di Diana. Da ora in poi entrerà in gioco quel mondo fantasy e magico che aspettavate
Come al solito ringrazio te che stai leggendo queste parole e che sei arrivato fino a questo punto. Ci vuole fegato a leggere tutto sto popo di roba scrito in un italiano poco scorrevole.
Ovviamente sto sempre cercando di migliorare la qualità dei capitoli rivedendoli ancora, ancora e ancora, perchè non sono mai sicuro di essere pronto a pubblicarne un'altro.
Spero di star andando bene, e se è così chiedo a chiunque stia leggendo di farmelo sapere, magari con una recensione. Non c'è assolutamente bisogno di scrivere chissà che cosa; anche solo un "bravo continua così", o un "stai andando bene" aiuta molto. In tal modo io capisco che sono sulla strada giusta e sono invogliato ancora di più a continuare.
Vi ringrazio un'ultima volta e vi saluto.
Al prossimo capitolo ragazzi.

Il Dottore
   
 
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