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Autore: nitratodisodio    12/09/2014    2 recensioni
Fissai il mio riflesso nello specchio, inorridito per l’orribile aspetto che avevo. Avrei dovuto curarmi di più in questa settimana. Semplicemente non potevo. La tristezza mi assaliva, continuavo a ritrovarmi a pensare a loro due provocando solo altre fitte al mio cuore già spezzato.
Come aveva potuto farmi una cosa del genere? Non aveva forse detto che mi amava? Ero certo fosse così, finchè non ho visto quelle mani intrecciate e quei sorrisi fin troppo dolci.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NA: Questa è una one shot Larry che dedico ad un mio caro amico, T. Ti voglio bene, T.
Spero vi piaccia, fatemelo sapere con delle recensioni, ne sarei molto felice. Baci, L.

PS: la parte in corsivo è un flashback del loro primo incontro.



Fissai il mio riflesso nello specchio, inorridito per l’orribile aspetto che avevo.  Avrei dovuto curarmi di più in questa settimana. Semplicemente non potevo.  La tristezza mi assaliva, continuavo a ritrovarmi a pensare a loro due provocando solo altre fitte al mio cuore già spezzato.
Come aveva potuto farmi una cosa del genere? Non aveva forse detto che mi amava? Ero certo fosse così, finchè non ho visto quelle mani intrecciate e quei sorrisi fin troppo dolci. Continuavo a dire che io dovevo trovarmi al posto di lei, a stringere la sua mano e a renderlo felice.
Scacciai quei pensieri dalla mente e tornai all’immagine che avevo davanti. I ricci prima morbidi e luminosi sembravano aver perso tutto il loro fascino, ora erano arruffati e opachi, segno che li avevo trascurati troppo a lungo. Gli occhi erano rossi e gonfi per gli eccessivi pianti che avevano accompagnato le nottate (e, perché no, anche le giornate) precedenti, ancora lucidi e circondati da scure linee violacee per la mancanza di sonno.
Ero uno schifo.
Decisi di ficcarmi sotto la doccia e cercare di dimenticare tutto, o per lo meno cercare di rilassarmi un po’. Appena il getto di acqua calda colpì la mia pelle mi sentii subito meglio (per quanto la parola meglio possa avere quel significato); il calore scioglieva i miei nervi tesi e mi riportava ad un senso di relax che non sentivo da giorni.
Quella bella sensazione durò poco, non potevo certo stare lì sotto per il resto della mia vita. Uscii dalla doccia e presi un asciugamano per coprirmi e asciugarmi, poi tornai in camera e mi buttai sul letto.
Gli ultimi dieci giorni erano stati un inferno, letteralmente; continuavo a chiedermi in cosa avessi sbagliato per meritarmi tutto questo. I ricordi tornarono improvvisamente chiari nella mia mente: le loro mani intrecciate, i loro sorrisi felici, i loro baci fugaci e timidi.
Non auguro a nessuno questo tipo di dolore, non credevo neanche potesse esistere un dolore del genere. Decisamente peggio di quello fisico, che a confronto è niente.
Desideri scomparire dalla faccia della terra.
Ti chiedi cosa ci sia di sbagliato in te, perché ti abbia abbandonato.
Pensavo che con il passare dei giorni questo sentimento devastante sarebbe migliorato, ma non ha fatto altro che peggiorare, ogni secondo.
I primi giorni potrei anche dire che sia andata abbastanza bene; non avevo ancora realizzato ciò che avevo visto, non volevo crederci. Continuavo a dirmi “E’ solo una buona amica, lui non mi farebbe mai una cosa del genere..”. Più tempo passava più non credevo a quello che dicevo.
L’ho chiamato parecchie volte, nella speranza di ricevere una qualche spiegazione che non volevo, ma dovevo sentire. Niente. Non ricevetti mai risposta. Solo un messaggio
FROM: Lou.
TEXT: *Mi dispiace, non volevo lo venissi a sapere in quel modo. Perdonami Haz.*
Da quel momento è iniziata la discesa.
Sgranai gli occhi. Dovetti rileggere quelle parole per ben quattro volte prima di assimilarle del tutto. Senza che potessi controllarmi, le lacrime cominciarono a scendere rigandomi le guance, sentivo il loro sapore salato insinuarsi agli angoli della mia bocca spalancata.
Il labbro inferiore tremava, così come il resto del mio corpo. Lanciai il telefono al muro sperando di sfogarmi e ottenere una qualche reazione da me stesso. Ho ottenuto solo una crescita di dolore e delle dannate crepe sullo schermo diventato nero.
“Non è reale. È solo un brutto sogno da cui presto mi risveglierò. Lui mi ama.”
Mi diedi qualche pizzicotto e qualche schiaffo ripetutamente per diverso tempo, ma niente.
Era tutto reale. Fottutamente reale.
Le mie ginocchia presero a tremare e non riuscivo più a reggere il mio peso, così sono crollato sul letto in preda a singhiozzi e urla strozzate che quasi mi impedivano di respirare.
Presi una foto dal comodino del letto e la osservai dicendo a me stesso di calmarmi. Decisamente la foto sbagliata.
Quel maledetto pezzo di carta ritraeva me e lui in uno dei nostri primi incontri: tutti e due avevamo degli enormi sorrisi luminosi stampati in faccia e i suoi occhi di ghiaccio erano fermi nei miei smeraldo. Le mie braccia cingevano le sue spalle e le sue, invece, erano intorno alla mia vita. La sua pettinatura (che ha cambiato di continuo in questi anni) nella foto era quella che preferivo: una frangia mossa e scomposta ricadeva sulla sua fronte e i suoi riflessi color miele brillavano alla luce del sole. Indossava le sue irrinunciabili righe e io ero nella fase in cui indossavo spesso giacche eleganti, di conseguenza ne indossavo una.
Le lacrime presero a scendere in maggior quantità alla vista di quella foto.
Perché l’avevo presa?
La strinsi al petto come per cercare conforto e mi addormentai tra i singhiozzi e i ricordi dei momenti passati insieme e tra le contrastanti immagini delle loro mani intrecciate.



“Buongiorno, cosa vuole ordinare?”
Il cassiere mi fece quella domanda con decisamente troppa allegria.
“Vorrei una pasta e un caffè grazie, tu Gemma?”
“Io solo un bicchiere d’acqua”
“Sono 2.30 in tutto.”
Pagai, presi lo scontrino e andai verso il bancone. Cercai quel ragazzo con lo sguardo, senza farmi notare da Gemma, ma rimasi deluso quando non lo vidi da nessuna parte. Al bancone ci accolse una donna alta e bionda che prese il nostro scontrino e lo strappò, girandosi verso le macchine del caffè.
Mi girai ancora una volta sperando di essere fortunato e andai a sbattere contro qualcuno.
“Oops!”
“Ciao!”
“Mi dispiace tanto,non volev..”
Alzai lo sguardo per incontrare per la quarta volta quel giorno un paio di occhi azzurri. Rimasi a bocca aperta per qualche secondo ad ammirare il viso di quel ragazzo prima di poter essere riportato alla realtà.
“Non fa nulla. Comunque ci stiamo per caso seguendo? È la quarta volta che ti incontro in soli 30 minuti.”
Un sorriso dolce e timido si fece spazio in quel viso già perfetto e io mi limitai a ricambiarlo annuendo.
“Ah, non mi sono presentato. Io sono Louis, e tu?”
“Harry, Harry Styles..”
La mia voce suonava a dir poco imbarazzata e sentii le mie guance infiammarsi.
“Che fai Haz, non mi presenti?”
“Uh, bhe, lei è mia sorella Gemma!”
Un lampo di sollievo illuminò gli occhi di Louis. Sollievo?
“Molto piacere di conoscerti Gemma”
Io ero bloccato, non sapevo cosa dire. Ero troppo preso a fissare quello che avevo davanti che neanche mi accorsi che la donna bionda del bancone ci aveva portato il nostro ordine.
“Allora Louis, vuoi sederti con noi?”
Sorella, cosa stai facendo?
“Con piacere!”



I giorni seguenti erano stati anche peggio, non smettevo mai di piangere. Non si sarebbero dovuti prosciugare i rubinetti a un certo punto, o qualcosa del genere? Ho continuato su questa strada per una settimana buona. Passati otto giorni mi sono accorto di non aver mai controllato il telefono, magari qualcuno mi aveva cercato, magari lui mi aveva cercato. Era ancora sul pavimento da quando lo avevo lanciato, l’ho preso e l’ho collegato alla carica nella speranza che si accendesse. Spinsi il tasto in cima e aspettai per qualche reazione. Niente. Stavo per rilanciarlo di nuovo, ma nel momento in cui alzai la mano una fastidiosa musichetta arrivò alle mia orecchie.
Grazie.
Mi irritai vedendo che avevo decisamente troppe chiamate perse e troppi messaggi, mi limitai a guardare le chiamate: mamma, Gemma, Zayn e quattro da Louis.
Cosa?
Mille domande frullavano nella mia mente. Cosa dovevo fare? Dovevo richiamarlo? Forse si vuole scusare, forse tornerà da me dicendo che è stato tutto un malinteso? O forse vorrà semplicemente dirmi che ho visto proprio quello che ho visto e stava per dirmelo ma l’ho colto di sorpresa.
* Mi dispiace, non volevo lo venissi a sapere in quel modo. Perdonami Haz.*
Sicuramente l’ultima opzione.
Decisi che richiamarlo sarebbe stata la cosa giusta da fare, ma decisi anche che non avrei dato ascolto alla parte “giusta” di me stesso per il momento. Quindi posai di nuovo il telefono. Ma come venne a contatto con la superficie del mio comodino cominciò a vibrare.
Mi sentii la bocca asciutta. Degluitii prima di guardare lo schermo.
Louis.
Non risposi.
Come ho detto, decisi di non ascoltare la parte “giusta” di me stesso. Non ero ancora pronto ad affrontarlo, a sentire la verità, anche se sapevo che prima o poi avrei dovuto. Più poi che prima.
Erano le dieci di sera ormai e decisi di andare a dormire, con le lacrime che non mi tormentavano più. Finalmente quei dannati rubinetti si erano prosciugati. Andai a dormire, ma fu il sonno più tormentato della mia vita.
Ed eccomi qui di nuovo steso sul mio letto a pensare agli ultimi dieci giorni. Sono stato chiuso dentro casa troppo a lungo, dovevo reinserirmi nella vita di tutti i giorni. Mi sforzai di alzarmi e andarmi a vestire.
Presi dei jeans neri e una maglietta bianca, il mio solito outfit, e andai verso la porta d’ingresso del mio vuoto appartamento.
Una visita inaspettata mi sorprese appena aprii la porta.
“Ciao Harry.”
Due occhi blu cercarono il mio sguardo e quando lo trovarono un piccolo sorriso spuntò su quel viso perfetto.
“Cosa ci fai qui”
“Dobbiamo parlare non credi?”
Perché era venuto a casa mia? Perché non poteva semplicemente aspettare che fossi io a cercarlo?
“Di cosa Louis? Di come tu mi abbia spezzato il cuore? Di come tu mi abbia fatto stare male per tutti questi giorni? Di come mi hai lasciato di punto in bianco senza dire nulla per andartene con quella ragazza?”
Altre lacrime minacciavano di scendere. No ti prego non ora.
Le ricacciai indietro stringendo gli occhi e facendo un respiro profondo.
“Quella ragazza ha un nome Harry..”
“Non me ne fotte un cazzo del suo nome. Voglio sapere perché ho visto il mio ragazzo che girava mano nella mano con un’altra persona!”
Urlavo. Gli stavo letteralmente urlando contro. Non volevo farlo.
Lui si fece piccolo piccolo; i suoi occhi lasciavano trasparire un lampo di delusione. Gli angoli della sua bocca erano rivolti verso il basso. Il Louis solare e sorridente che ero solito vedere era stato rimpiazzato da una maschera di pura tristezza.
“Mi fai entrare per favore?”
Non mi ero accorto che eravamo ancora sull’uscio, quindi mi spostai e feci passare la piccola figura. Si sedette sul divano in salone.
“Vieni qua Harry.”
Non potevo non andare da lui.
Dovevo comunque ascoltare cosa aveva da dire.
“Mi avevi detto che mi amavi, che non ci saremo mai divisi.”
“Lo so Harry.”
“E allora perché? Perché stai facendo tutto questo?”
Sospirò.
Alzò lo sguardo verso di me e vidi i suoi bellissimi occhi blu contornati da una ragnatela di fili rossi. Aveva pianto, lo potevo vedere.
Forse era venuto qua per dirmi che quella ragazza per lui non significava nulla, che è stato tutto un malinteso, che ora saremmo potuti tornare insieme felici e nulla ci avrebbe più separato.
“Non posso continuare questa storia. Accettalo e basta, non fare altre domande. Non rendere questa situazione più difficile di quanto non sia già.”
La sua voce si spezzò alla fine.
“Ti prego Lou. Non dire così. Affronteremo tutto insieme, qualsiasi cosa. Io sarò con te e tu con me.”
Non riuscivo a vedere la mia vita senza Lou.
Lui mi completava, era la mia costante.
Piano piano stavo vedendo crollare tutti i miei sogni, tutto quello che avevamo costruito nel corso degli anni. Era stata un’inutile bugia?
Io gli avevo donato una parte di me e ora me la stava restituendo stracciata e a pezzi. Non si era preso neanche la briga di provare a riaggiustarla. Mi aveva servito la verità nuda e cruda senza troppi giri di parole, non aveva usato aggettivi per ammorbidirla o comunque per farla sembrare meno dura. “Non posso continuare questa storia” aveva detto.
“Ti prego Lou.”
Alle mie parole lui si alzò, mi guardò ancora per qualche secondo poi si avviò verso la porta.
“Non posso Harry.”
“Non te ne andare ti prego.”
“Non ti dimenticherò. Sarai sempre nel mio cuore. Addio harry.”
Detto questo aprì la porta e se ne andò.
Mi aveva lasciato lì, solo in compagnia delle mie emozioni.
In compagnia della tristezza.
In compagnia dei ricordi.
In compagnia delle lacrime.
Mi buttai in ginocchio davanti alla porta, con le mani tra i capelli e il viso completamente bagnato.
“Ti prego Louis, ritorna da me. Ti amo.”
 
Queste furono le ultime parole che dissi prima di immergermi nei ricordi e nei singhiozzi, prima di affogare tra le mie stesse lacrime.

 
   
 
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