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Autore: _Extraordinarygirl_    13/09/2014    1 recensioni
“Mamma, Papà,
ho deciso di scendere in cantina, dove mai mi avete fatto scendere in tutti i miei 17 anni. Sentivo qualcosa nella mia mente che mi chiamava, mi diceva di scendere e io non ho saputo resistere.
Non so come mai sto scrivendo questa lettera, perché se è come voi avete sempre detto, per scendere lì non mi succederà nulla, ma se c’è realmente qualcosa, come io ho sempre pensato, allora non so cosa potrebbe accadere. Sono sicura che voi sapete cosa c’è in cantina, se c’è qualcosa, e se non tornerò da questa mia esplorazione allora sappiate che potrebbe essere colpa vostra."
Genere: Angst, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'E' UN MOSTRO IN CANTINA
 
 
Ero sola in casa, quando decisi di esplorare la cantina di casa che sempre mi aveva fatto paura; era sempre troppo buia e troppo fredda, per di più sentivo sempre dei suoni provenire da lì. I miei hanno sempre detto che nulla poteva essere in quel posto gelido e che io immaginavo tutto, ma la mia mente mi diceva che qualcuno, o qualcosa, viveva lì, nella cantina. Non so perché osai tanto coraggio, in fondo non ne avevo mai avuto, ma sentivo che dovevo andare lì, quel qualcosa che viveva in cantina mi stava chiamando, come se dovessi vedere qualcosa che mi era stato nascosto da quando ero nata. Però avevo paura, paura che quel qualcosa che mi stava chiamando mi potesse risucchiare o uccidere e così decisi di scrivere una lettera, una lettera in cui spiegare tutto quello che stavo facendo. Quindi salì in camera mia e presi dei fogli, erano rosa; e iniziai a scrivere
 
Mamma, Papà,
ho deciso di scendere in cantina, dove mai mi avete fatto scendere in tutti i miei 17 anni. Sentivo qualcosa nella mia mente che mi chiamava, mi diceva di scendere e io non ho saputo resistere.
Non so come mai sto scrivendo questa lettera, perché se è come voi avete sempre detto, per scendere lì non mi succederà nulla, ma se c’è realmente qualcosa, come io ho sempre pensato, allora non so cosa potrebbe accadere. Sono sicura che voi sapete cosa c’è in cantina, se c’è qualcosa, e se non tornerò da questa mia esplorazione allora sappiate che potrebbe essere colpa vostra.
Detto questo probabilmente non troverete mai questo foglio, nascosto nei miei cassetti e io sto solo sprecando tempo, scrivendo cose che non leggerete mai, ma io volevo avvisarvi lo stesso
 La vostra Naila
 
Dopodiché nascosi il foglio rosa piegato in uno dei miei cassetti: se non avessi trovato nulla in cantina lo avrei buttato, ma se al contrario davvero mi fosse successo qualcosa almeno i miei avrebbero saputo il perché.
Scesi le scale per arrivare al piano terra molto velocemente, contrariamente a come scesi quelle verso la cantina, il terrore mi assalì e non appena iniziai la mia avanzata tornai subito indietro di corsa: c’era del vento che proveniva da quella porta in fondo alla scalinata. Ma la mia discesa doveva essere completata e questo me lo ricordava la voce nella mia testa "Naila, devi vedere cosa c’è qui, devi sapere… i tuoi genitori ti nascondono troppe cose da troppo tempo. È giunto il momento di scoprirle” era questo ciò che sentivo. In realtà sentivo queste voci da qualche settimana, prima di decidermi a scendere, un po’ per paura un po’ perché c’era sempre troppa gente intorno a me, ma in quel momento non riuscii più a resistere, dovevo fare quello che la voce mi suggeriva di fare; dopotutto anche io sapevo che mia madre e mio padre mi nascondevano cose da troppo tempo e io volevo sapere cosa mi nascondevano. Allora scesi ad occhi chiusi tutte le scale, ma la porta continuava ad essere chiusa, non avevo il coraggio di aprirla, ma proprio quando stavo per desistere si aprì da sola con un forte getto di vento che mi trascinò dentro, non vedevo nulla tanta era la velocità con cui sono entrata, per non parlare della botta che avevo preso. Credo anche di essere svenuta per un momento, fino a che non ho sentito la stessa voce che parlava nella mia testa “ti senti bene? Non ti sei fatta male, vero?” ma questa volta non era solo nella mia testa, la sentivo con le mie orecchie. Alzai lo sguardo per capire chi mi stesse parlando ma non so quanto si potesse definire chi, era più un cosa: era azzurro, sembrava un budino e tremava come un budino, ma non capivo se per la sua consistenza o per il terrore che io potessi essermi ferita, anche se in quel momento non pensavo molto a cosa pensasse lui, pensavo solo che ci fosse un mostro nella mia cantina “AAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH” infatti fu l’unico suono che uscì dalla mia bocca, ma questo non fece altro che spaventare ancora di più il mostro che fece un balzo indietro, scontrandosi col muro e spiaccicandocisi, per poi tornare di nuovo insieme e tremolante come prima in meno di un minuto. “Non volevo spaventarti, non volevo farti male, volevo solo che tu mi aiutassi” disse lui, sempre più terrorizzato, io però rimasi ferma e non parlavo, ero ancora pietrificata dalla  scoperta di un mostro nella mia cantina; il mostro intanto continuava a parlare “ Io sono Armol,” spiegava “la mia specie un tempo abitava questo pianeta, vivevamo sottoterra e ci nutrivamo proprio di terra, ma quando la vostra di specie ha iniziato a costruire creando fondamenta ci hanno sterminato. Io sono uno dei pochi rimasti ancora in vita e per quanto ne so potrei anche essere l’unico..” ma io lo fermai, non mi interessava conoscere la sua storia, volevo sapere altro “Sì, è davvero interessante chi tu sia, ma ora dimmi perché sei qui. Perché vivi nella mia cantina? E soprattutto come hai fatto a chiamarmi, a far uscire il vento e persino a catapultarmi qui dentro” “Se mi fai parlare ci arrivo…” si fermò, aspettando il mio consenso a farlo continuare e io glielo diedi “Quando tuo padre costruì questa casa trovò me nel sottosuolo.  Tua madre fece degli esperimenti su di me e scoprì che unendo il mio DNA con del terriccio si poteva ricavare energia” e io infatti notai allora degli enormi contenitori di uno strano colore tra il marrone e l’azzurro, che avevano dei fili che, credo, conducevano nel resto della casa “e sono esattamente 20 anni che sono sfruttato in questo modo. Prendono dei pezzi di me, ormai sanno che mi riformo, e lo usano per creare energia. E ora si arriva a come e perché ti ho chiamato: sapevo che i tuoi avevano una figlia, ne parlavano sempre, una certa Naila, che poi saresti tu, e così ho usato dei poteri che neppure io conoscevo fino a qualche mese fa e ho iniziato a farmi sentire: volevo che tu sapessi di me; non riesco più a subire questo sfruttamento che continua da anni, preferirei morire piuttosto” Armol tremava sempre di più e io non sapevo cosa fare, dopotutto stava parlando dei miei genitori, che io ho sempre amato, ma mi resi conto che dei genitori così avrei preferito non averli “Armol, è così che ti chiami vero? Ora ti devo lasciare qui, chiamo qualcuno per aiutarti, da sola non potrei fare nulla” così salì e presi il telefono, chiamai la polizia perché in quel momento non sapevo chi altro chiamare e raccontai tutta la storia, ma non mi credettero; chiamai ancora, cercando di usare il tono di voce più convincente che avevo e dopo la quarta chiamata finalmente risposero in maniera seria “Signorina, resti in casa e non si faccia prendere dal panico, arriveremo presto.” E io appena mi dissero queste parole corsi a dirlo a quel mostro che viveva nella mia cantina, anche se forse erano i miei genitori i veri mostri, e lo rassicurai, dicendo che presto lo avrebbero aiutato.
Appena bussarono alla porta corsi subito ad aprire, senza neppure guardare chi c’era alla porta e corsi avanti, quando sentii un come un ago entrarmi nel collo e persi conoscenza, per ritrovarla più tardi su un’ambulanza che scoprì poi starmi portando nell’ospedale psichiatrico. Mi fecero qualche domanda sulla mia esperienza, ma io continuavo a dire solo e soltanto la verità e cioè che i miei genitori tenevano chiuso un mostro nella cantina sfruttandolo per avere energia gratis in casa e dopo molte mie risposte uguali mi ricoverarono definitivamente. Potevo vedere i miei genitori una volta a settimana, ma rinunciai, non volevo che la causa del mio ricovero mi venisse a fare visita come se nulla fosse successo. Da allora non vidi più i miei genitori, ma continuai a sentire nella mia testa la voce di Armol.
 
Sono ormai passati due anni e sono ancora in quest’ospedale, ma domani dovrebbero dimettermi. Credo ancora che i miei genitori abbiano tenuto per 20 anni un mostro prigioniero in casa, il quale continua a parlarmi, ma io ai medici sono mesi che non lo dico, loro credono che abbia accettato il fatto che non esistono mostri e che non ci sono voci nella mia testa, ma quando avrò ucciso i miei genitori e liberato Armol dovranno ricredersi.

SPAZIO AUTRICE
Chi ha già letto altre mie storie probabilmente sa che sono un po' strana, la fine dei miei racconti sono sempre abbastanza... come osso dire... non lo so... possiamo dire che non finiscono quasi mai bene, non sono una ragazza molto ottimista e questo si vede, ma spero che questo mio lato, almeno per quanto riguarda la scrittura, vi piaccia e anzi fatemelo sapere tramite le recensioni.
Detto questo non so realmente che genere di storia sia questa e se non ci ho azzeccato con il genere scelto ditemelo, così lo correggo.
grazie,
la vostra Ilaria
   
 
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